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Genitori a processo perché non portavano figlio a scuola per paura del Covid

Una coppia di genitori dovrà rispondere al giudice di pace per non aver portato il figlio a scuola durante la pandemia per paura del Covid.
Genitori a processo perché non portavano figlio a scuola per paura del Covid

L’articolo 34 della Costituzione Italiana parla chiaro: “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.” Si tratta dell’obbligo di istruzione, che deve essere fatto osservare (anche e soprattutto) dai genitori. Cosa che, in questo caso, non è avvenuta. Portando, così, due genitori a finire sotto processo. Ma cosa li ha spinti a prendere un tale provvedimento? E cosa rischiano ora?

Genitori a processo perché non portavano figlio a scuola

E’ successo che, in piena pandemia, ovvero nel periodo compreso tra gennaio e marzo del 2021, una coppia non ha portato il figlio a scuola per paura del contagio da Covid. E’ stata quindi notificata loro una «citazione diretta» davanti al giudice di pace da parte della procura. Dovranno comparire di fronte all’autorità – il 14 febbraio prossimo – per difendersi da quanto viene ascritto loro. Ovvero l’inosservanza dell’obbligo di istruzione.

I due al momento rischiano solamente il pagamento di una ammenda di 30 euro. Ma vogliono comunque far sentire le proprie ragioni. Il loro legale, infatti, ha dichiarato in proposito:

“Si tratta di un reato abbastanza infamante per persone incensurate. Spiegheremo al magistrato le ragioni della scelta di papà e mamma”.

Le ragioni dei genitori

Il periodo nel quale il reato sarebbe avvenuto è lo stesso nel quale la nostra penisola era suddivisa in tre distinte aree: la zona gialla, la zona arancione e la zona rossa. Zone alle quali erano attribuiti diverso gradi di restrizioni.  l Dpcm che regolava le aree recava in sé l’obbligo per le scuole materne ed elementari  di restare aperte anche in zona rossa (anche se i singoli governatori delle Regioni potevano disporre diversamente).

In Piemonte, regione di residenza del bambino e dei suoi genitori, si scelse di mantenerle aperte, perlomeno fino al mese di marzo 2021, momento che coincise con l’insediamento del presidente del consiglio Mario Draghi. Il quale dispose di fermare le lezioni in presenza.

Ad aggravare la situazione, in questo caso, ci sarebbe stata anche una patologia a carico del piccolo, l’epilessia, che lo ha reso di fatto un soggetto fragile. Questo il quadro nel quale i genitori hanno scelto, per paura del contagio da Covid, di non portare il proprio figlio a scuola.

Date le numerose assenze, l’istituto ha dovuto segnalare la situazione ai servizi sociali, che hanno comunque ritenuto corrette le ragioni dei genitori. Non è avvenuta la stessa cosa con la Procura che adesso, anziché archiviare il caso, ha deciso di portarlo davanti al giudice di pace.

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