Università post-pandemia: 8 studenti su 10 preferiscono le telematiche

Com'è cambiata l'università dopo la pandemia? Ecco i dati dell'Università Telematica Niccolò Cusano, elaborata su un campione di oltre 8mila studenti!
Università post-pandemia: 8 studenti su 10 preferiscono le telematiche

Università post pandemia: cos’è cambiato?

Dopo la pandemia sono cambiate molte cose, soprattutto nel settore scolastico: gli studenti si sono ritrovati a fare i conti con la didattica erogata in modalità e-learning, fino a prima utilizzata solo dalle università telematiche e da pochi corsi delle università statali. A causa del lockdown il sistema è cambiato obbligatoriamente e le lezioni online sono ancora oggi all’ordine del giorno. Non solo. Dall’ultima infografica dell’Università Telematica Niccolò Cusano, elaborata su un campione di oltre 8mila studenti, emerge un quadro ben preciso: l’80 per cento degli studenti, quindi 8 su 10, preferisce la didattica a distanza. Una vera e propria rivoluzione per il mondo scolastico conosciuto fino a ieri.

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Università post pandemia: i vantaggi

In realtà nelle Università Telematiche sono presenti anche caratteristiche proprie degli atenei tradizionali: per esempio la stessa Unicusano mette a disposizione degli iscritti un campus a Roma in cui seguire le lezioni, confrontarsi con docenti e colleghi proprio come nelle università tradizionali. Proprio il 77,2% delle nuove matricole dice di apprezzare molto questa possibilità, mentre il 13,8% dichiara di aver scelto l’ateneo per via telematica prevalentemente per ragioni di salute e sicurezza, infine l’8,9% ha evidenziato una mancanza di efficienza delle università classiche.

Per quanto riguarda la Niccolò Cusano le facoltà che hanno segnato l’aumento più grande nel numero di iscritti ai Corsi di Laurea sono state Ingegneria online e Psicologia online; per quanto riguarda i Master universitari di I o II livello c’è un boom per le aree medico-sanitaria e mondo-scuola.

Università post pandemia: com’era la situazione prima del lockdown

Le università statali non erano preparate a istruire gli studenti in modalità e-learning prima della pandemia. Da una recente indagine dell’Università di Torino, in collaborazione con il Centro Luigi Bobbio e Unires, solo il 72% dei professori di un’università frontale è riuscito ad attivare la didattica a distanza entro il 13 marzo 2020; ancora meno il 67% dei docenti ha modificato sia i contenuti sia la struttura delle proprie lezioni a fronte dell’emergenza sanitaria. Una situazione che ha rallentato notevolmente la corsa alla laurea di alcuni studenti: secondo i dati Istat, rispetto alla media europea (32,8%), in Italia soltanto il 20,1% ha una laurea.

Inoltre più di 500mila studenti hanno lasciato gli studi nel periodo della pandemia. I numeri non finiscono qui: il 41,6% dei ragazzi ha indicato un incremento delle ore di studio a distanza di almeno il 25%; il 17,5% del campione dice di aver raddoppiato il tempo di studio da remoto; il 20,5% degli intervistati ha segnalato un incremento di oltre il 75%.

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