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Aristotele: Il tempo

La concezione del tempo secondo il pensiero di Aristotele.

Nel IV libro della Fisica (Fisica, IV, 10, 218 a) Aristotele tratta l' annosissimo problema del tempo, lasciatogli in eredità  da Platone: si potrebbe sostenere, dice, che il tempo non esiste, dato che è composto di passato e di futuro, di cui l'uno non esiste più quando l'altro non esiste ancora. Egli pero respinge questa teoria. Il tempo, dice, è moto che ammette una numerazione. Potremmo anche chiedere, continua, se il tempo potrebbe esistere senza l'anima, dato che non ci puo esser nulla da contare se non c'ò nessuno che conta, e il tempo implica la numerazione. Sembra che egli pensi al tempo come a un determinato numero di ore, di giorni e di anni.

Alcune cose, aggiunge, sono eterne, nel senso che non sono nel tempo; probabilmente pensa a cose del tipo dei numeri o delle verità  matematiche: che 2 + 2 = 4 è sempre stato così e sempre sarà  così, anche con un improvviso annichilimento della realtà . C'è sempre stato il movimento, e sempre ci sarà , perchò non ci puo esser tempo senza movimento, e tutti ammettono che il tempo sia increato. Su questo punto, i seguaci cristiani di Aristotele furono obbligati a dissentire da lui, dato che la Bibbia ci dice che l'universo ebbe un inizio. Il concetto di eternità , che è centrale in Aristotele, non può che essere disapprovato dai Cristiani, la cui teoria consiste nel fatto che Dio decise di creare il mondo ad un certo momento; ne consegue che il mondo non è eterno, anzi è destinato a perire. D' altronde, spiega Aristotele, le sfere dei pianeti non fanno nient' altro che imitare nel loro moto circolare l' eternità  di Dio: quale è il moto che meglio rappresenta di quello circolare l' eternità ? Il moto circolare infatti non ha inizio e non ha fine, arriva da dove è partito.

Le sfere rappresentano l'eternità , o meglio, un'eternità  speciale. Sia la realtà  sublunare sia quella celeste ha una sua forma di eternità : il mondo sublunare ha un'eternità  specifica, che cogliamo soprattutto nell'eternità  delle specie, il mondo celeste ha una eternità  numerica: tra queste due forme di eternità  intercorre una forma di rapporto: la ciclicità  degli enti celesti detta l'alternarsi delle stagioni: possiamo quindi affermare che la ciclicità  specifica ò in gran parte dettata da quella numerica. Sant' Agostino dirà : "Non ci fu dunque un tempo, durante il quale avresti fatto nulla, poichò il tempo stesso l'hai fatto tu; e non vi ò un tempo eterno con te [… ]" (Agostino, Confessioni, libro XI, cap. 27, risposta 17) (Fisica, IV, 10, 217 b, 34).

Che dunque o non esista affatto, o che esista a stento e in modo oscuro, si potrebbe supporre da queste considerazioni. In effetti, una parte di esso è stata e non è, una parte sarà  e non è ancora. Aristotele dice che l'infinito esiste solo come potenza o in potenza. Infinito in potenza è, ad esempio, il numero, perchè è possibile aggiungere a qualsivoglia numero sempre un ulteriore numero senza che si arrivi a un numero estremo al di là  del quale non si possa più andare; infinito in potenza è anche lo spazio, perchè è divisibile all'infinito, in quanto il risultato della divisione è sempre una grandezza che, come tale, è ulteriormente divisibile; infinito potenziale, infine, è anche il tempo, che non può esistere tutto insieme attualmente, ma si svolge e si accresce senza fine. Aristotele nega che esista un infinito in atto. Aristotele diceva che il tempo è la condizione del prima e del dopo e l'anima effettua l'operazione del contare. Oggi diremmo la memoria.

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