Vita e opere Antonio Labriola nacque a Cassino, in provincia di Frosinone, il 2 luglio 1843, fu professore di filosofia teoretica all’ Università di Roma dal 1847 fino alla morte, sopraggiunta il 12 febbraio 1904, e nel 1887 ottenne anche la cattedra di filosofia della storia. Fu discepolo di Bertrando Spaventa e si orientò dapprima verso l’hegelismo, e solo in un secondo tempo verso la filosofia di Herbart, dedicandosi anche ad intensi studi di psicologia sociale e di filosofia della storia. Ma già intorno al 1879 cominciò a muoversi nell’orbita del pensiero socialista, la cui interpretazione e divulgazione in Italia divennero fin d’allora uno degli impegni maggiori del Labriola nella sua duplice veste di scrittore e di insegnante di filosofia. Inizialmente vicino alla Destra storica, nel 1897 compì un viaggio in Germania, su incarico del ministero dell’ Istruzione Pubblica, per studiarvi l’ordinamento scolastico: qui cominciò a nutrire simpatia per il socialismo, ma solo nel 1890 aderì ufficialmente al marxismo, intrattenendo rapporti epistolari con Engels e Kautsky. Della concezione marxista del materialismo storico chiarì l’origine e spiegò il significato in due scritti di fondamentale importanza, che ancor oggi conservano una loro attualità : In memoria del ‘Manifesto dei comunisti’ (1895) e Del materialismo storico, Dilucidazione preliminare (1896), ambedue tradotte in lingua francese precedute da una prefazione di Sorel. Nel 1898 apparve una raccolta di lettere a Sorel, Discorrendo di socialismo e di filosofia, la quale comprendeva anche un’interessante appendice in cui si discutevano le ben note critiche di Croce alla dottrina del materialismo storico. Postumi invece furono pubblicati da Luigi Dal Pane un quarto saggio, Da un secolo all’altro (1925) e le Lettere ad Engels (1927-1928). Importante fu anche il contributo politico di Labriola: nell’aprile del 1904, all’ottavo congresso del partito tenuto a Bologna, una coalizione tra l’ala sindacalista di Labriola e la sinistra di Ferri riuscì addirittura a mettere in minoranza Turati, conquistando la guida del partito. Significativo fu il programma con cui Labriola si presentò al congresso, perchò fortemente improntato ai princìpi del sindacalismo rivoluzionario. Vi si escludeva ‘la partecipazione socialista a governi borghesi’ e si teorizzava l’astensione dalle attività di riforma coinvolgenti lo stato, non intaccando esse ‘il meccanismo fondamentale della produzione capitalistica’. Il programma affermava alcuni punti basilari: l’inutilità della lotta parlamentare, la necessità di non rinunciare ad alcun mezzo di lotta, anche violenta, e il valore di una scelta in favore di un ordinamento repubblicano. Il programma di Labriola ottenne 7000 voti, che sommati ai 12000 ottenuti da Ferri su una mozione che riaffermava il carattere rivoluzionario del PSI e invitava a mantenere l’unità , valsero alla sinistra del partito la maggioranza. Il pensiero Il grande merito di Herbart e dei suoi discepoli, in particolare della cosiddetta ‘psicologia dei popoli’, consisteva, ad avviso di Labriola, nella ricerca dell’origine storica delle idee, non tanto nella psicologia individuale quanto nella psicologia sociale, tramite la comparazione tra le rappresentazioni mentali dei vari popoli. Labriola riteneva, però, che questa impostazione non fosse in grado di dare una spiegazione unitaria della realtà storica. Nel discorso tenuto nel 1887 su I problemi della filosofia della storia, egli rifiutava le interpretazioni della storia di tipo hegeliano, ma pure quelle evoluzionistiche, ritenendo che i fenomeni storico-sociali fossero la risultante del gioco di tre fattori, 1 ) l’attività produttiva, 2 ) le istituzioni della convivenza civile (cioò il diritto e lo Stato), e 3 ) il piano culturale dell’arte, della religione e della scienza. Labriola escludeva tassativamente che le produzioni politiche e culturali fossero ‘ un puro riflesso e completamento ‘ dei mezzi materiali di esistenza. Nel 1980, poi, la lettura delle opere di Marx e di Engels lo portò a scorgere nel materialismo storico la spiegazione oggettiva della dinamica storica mediante la lotta di classe, in polemica contro l’interpretazione revisionistica che ne aveva dato Bernstein. Labriola indicò il nucleo specifico del materialismo storico non tanto in una concezione materialistica ed evoluzionistica della realtà in generale, quanto nello studio della realtà umana nel suo sviluppo in condizioni storicamente variabili. Alle teorie che separavano il piano dei valori da quello degli interessi materiali di cui le classi sociali sono portatrici, Labriola contrappose la tesi che ‘ le idee non cascano dal cielo ‘ e la storia delle idee ‘ non consiste nel circolo vizioso delle idee che spieghino se stesse ‘. In questo modo, Labriola respingeva la teoria dell’indipendenza dei fattori storici, che non era appunto in grado di cogliere un principio unitario dell’interpretazione storica: questo era invece dato dal materialismo storico, secondo il quale i mutamenti nella struttura economica trovano ‘ la loro adeguata espressione solo nell’alterarsi delle relazioni esistenti fra le diverse classi sociali ‘. Per questa strada Labriola si riagganciava al grande tema del rapporto fra struttura e sovrastruttura, ma respingendo ogni interpretazione deterministica implicante una dipendenza immediata dalla struttura economica. Si trattava invece di un processo complicato di derivazione e mediazione tra questi piani, che invitava a guardarsi dalla tentazione di dedurre meccanicamente i prodotti dell’attività storica umana, che si esplica nella religione, nell’arte e nell’agire morale del singolo, a partire dalla situazione economica e sociale, che pure era il fondamento imprescindibile di essi. Labriola asserisce che ‘ l’uomo produce e sviluppa se stesso, come causa ed effetto, come autore e conseguenza ad un tempo, di determinate condizioni, nelle quali si generano anche determinate correnti di opinioni, di credenze, di fantasia, di aspettazioni ‘. In particolare, il rapporto dell’arte, della religione e della scienza con la realtà economica era molto meno diretto e immediato di quello che intercorreva fra gli ordinamenti giuridici e politici e le condizioni economiche e sociali. L’esposizione che Labriola elaborò del materialismo storico, dunque, rifuggì sempre da impostazioni dogmatiche ed astratte, tendendo anzi a porre in evidenza proprio le caratteristiche di concretezza e di oggettività del marxismo, contrario tanto ad ogni mitologismo ideologico quanto ad ogni forma di verbalismo vuoto. Per Labriola ‘ il materialismo della interpretazione storica non ò se non il tentativo di rifare nella mente, con metodo, la genesi e la complicazione del vivere umano sviluppatosi attraverso i secoli. La novità di tale dottrina non ò difforme da quella di tutte le altre dottrine, che, dopo molte peripezie entro i campi della fantasia, son giunte da ultimo assai faticosamente ad afferrare la prosa della realtà , ed a fermarsi in essa ‘. Pur tenendo fisso, infatti, il principio fondamentale che ogni fatto storico trovi la sua origine necessaria nella struttura economica, la quale condiziona altresì l’arte, la religione e la scienza, tuttavia egli si oppose ad ogni forma di fatalismo deterministico e puntò piuttosto a ricostruire la dialettica interiore della società umana nella sua unità . Contro l’astrattismo Labriola combatte con tutte le sue forze: ‘ nello studio dei rapporti e delle vicende umane, le passioni, e gl’interessi, e i pregiudizi di scuola, di setta, di religione, e poi l’abuso letterario dei mezzi tradizionali della rappresentanza del pensiero, e poi la scolastica non mai vinta e anzi sempre rinascente, o fanno velo alle cose effettuali, o inavvertitamente le trasformano in termini, e parole, e modi di dire astratti e convenzionali ‘. Il ‘verbalismo’, ossia il mito e il culto delle parole, avverso al materialismo propugnato dal marxismo, ‘ oblitera il senso dei problemi, perchò non vede che denominazioni. ‘ Labriola combatte contro le volgari interpretazioni del marxismo date dai cosiddetti ‘riformisti’ o ‘revisionisti’; contro costoro e contro la loro astratta antitesi di reale e ideale, di strutture e di sovrastrutture, ‘ come se le cose stessero da un canto e avessero dall’altro canto le proprie ombre e fantasmi nelle idee ‘, egli ha riaffermato con Marx che la storia, al contrario, ‘ ò sempre tutta d’un pezzo, e poggia tutta sul processo di formazione e di trasformazione della società ‘: per questo reale e ideale o, come dice Labriola, ‘ nocciolo e scorza fanno uno ‘; il grande merito di Labriola resta comunque quello di non aver considerato il marxismo come rigida teoria o come sistema volto a costringere in prefissi schemi l’infinita varietà dei fatti storici, ma solo come metodo di ricerca, come il nuovo metodo per intendere la storia. Perchè, come egli asserisce integrando il pensiero di Marx con quello di Vico, la storia ò il prodotto dell’umano lavoro: ò l’uomo che, producendo i vari ambienti sociali, produce via via se stesso.
- Filosofia
- Filosofia - 1800