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Cecilio Stazio

Per tutto il II secolo a.C., la commedia continua ad essere a Roma il genere più popolare e fortunato; esso è praticato da un gran numero di autori di cui spesso non ci rimane che il nome, che scrivono i loro copioni per i ludi. Possiamo pensare che la maggior parte si trattasse di poeti mediocri, che davano vita ad una produzione non originale. In questo panorama spiccano le due grandi personalità di Cecilio Stazio e di Terenzio; che raccolgono l’eredità di Plauto. Cecilio è di una generazione posteriore a Plauto mentre Terenzio è di una generazione posteriore a Cecilio; essi sono gli anelli di una catena che porta la palliata ad evolversi nel senso di un ravvicinamento ai modelli della Commedia Nuova greca. Questo processo troverà sbocco nella forma comica “pensosa” di Terenzio, le cui commedie, pur essendo tratte dagli stessi modelli, sono molto diverse da quelle di Plauto.
Plinio racconta che Pacuvio era nipote di Ennio. Aveva una personalità nuova molto lontana dalle concezioni tradizionaliste e conservatrici. Ebbe molti interessi tra cui l’arte e la musica. Nacque a Brindisi nel 220 a.C. e trasferitosi a Roma entrò anche lui in contatto con gli Scipioni e divenne amico di Lelio e Scipione l’Emiliano. Lasciò poche opere e ci sono pervenuti i titoli di dodici tragedie e 400 versi; sappiamo anche che scrisse alcune Saturae di tipo enfiano, di cui però non ci rimane nulla. Da ciò che ci rimane si può capire che Pacuvio fu un grande conoscitore della tragedia greca classica e postclassica; egli preferì trattare i miti meno noti e riuscì a fondere i suoi interessi e il suo gusto artistico con lo spirito tipicamente romano dei suoi personaggi. Si usa dire che essi siano carichi di pathos, ma è più corretto dire che tendono al sublime, all’elevatezza dei sentimenti. Il teatro di Pacuvio ebbe un grande successo presso le classi più alte e colte. I suoi personaggi si esprimono in una lingua elaborata; egli si serve di parole solenni e spesso utilizza parole usate solo da lui. Cecilio fu autore di palliate; rimangono 44 titoli, alcuni dei quali sono Andria (La donna di Andro), Epistathmos (L’inquilino), Gamos (Il matrimonio), Androgynos (L’ermafrodita), Dardanus (Il troiano), Epicleros (L’erede), Epistola (La lettera), Obolostates Faenerator (Lo strozzino). La maggior parte di queste palliate indica chiaramente che egli si ispirò alle opere del greco Menandro. Alcune commedie hanno infatti titolo greco, altre latino, altre ancora sia greco che latino. La più nota è Plocium (La collana), di cui Aulo Gellio ha riportato un brano, mettendolo a confronto con il corrispondente testo di Menandro.

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