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Cimabue

Vita e opere di Cimabue, pittore medievale.

CIMABUE: VITA E OPERE. Di Cenni di Pepo, detto Cimabue (1240 – 1302), sono giunte sino a noi poche notizie documentate. Intorno al 1272 era a Roma, nel 1301 – 1302 a Pisa, dove avrebbe dovuto dipingere una Maestà (oggi perduta o mai eseguita) e condurre a mosaico la figura di San Giovanni, nel catino absidale del Duomo. Il mosaico è concepito per essere visto a distanza. Esige, perciò non tanto lo studio accurato del piccolo dettaglio, quanto il senso della sintesi. È questo che Cimabue eredita dall’antica tradizione, non la ricerca dell’astratto attraverso la bidimensionalità.

  • Il Crocifisso di San Domenico in Arezzo, è una delle prime opere mature di Cimabue. Il corpo di Cristo si stacca dalla croce con decisione, facendoci percepire lo spazio vuoto tra sé e il legno retrostante. Gli sbalzi anatomici sono ottenuti non soltanto con il chiaroscuro disposto intorno alle parti rilevate, ma anche seguendo le curve con le pennellate: queste si sintetizzano nella nostra retina quando siamo collocati alla distanza giusta, dando ai volumi compattezza e risalto possente. Il disegno è netto, la linea incisiva, tesa. Tutto esprime forza dolorosa: il viso, con gli occhi serrati nella morte, reclinato sulla spalla destra, è grandiosamente drammatico; i rialzi anatomici sono ottenuti con pieghe decise.

Probabilmente fra la fine del settimo e l’ottavo decennio del secolo, Cimabue si trova ad Assisi per dipingere, oltre a un’opera nella Basilica Inferiore, l’abside e il transetto di quella Superiore. Purtroppo il tempo ha danneggiato gravemente questi ultimi affreschi: alcuni sono oggi quasi scomparsi; in altri la trasformazione chimica della biacca ha operato l’invasione dei colori, per cui i chiari sono diventati scuri e viceversa.

  • Un poco posteriore deve essere la Maestà, un tempo nella chiesa fiorentina di Santa Trinita, in cui Cimabue riprende il tipo della Madonna odegitria. Il fondo, che negli affreschi ha assunto il colore azzurro del cielo, è ancora d’oro e tale resterà, nelle tavole, fino al ‘400. Da questo sfondo dorato emergono salde le robuste strutture del trono, la cui impostazione tridimensionale è resa manifesta dalla concavità dei gradini, dalla fuga prospettica dei braccioli e dalla disposizione semicircolare degli angeli. Su di esso siede la Madonna, dal volto leggermente chiaroscurato e inclinato, in atto di umana dolcezza, indicando il Bambino ai fedeli. È una epifania, ossia un’apparizione in terra, non un’immagine inconsistente. La Madonna ha misure maggiori degli alti per la sua superiorità gerarchica e le pieghe del suo manto e della sua veste sono ugualmente lumeggiate con strisce dorate, come in opere precedenti.
  • Fra le opere più tarde di Cimabue e fra i suoi raggiungimenti più alti deve essere posto il Crocifisso di Santa Croce,oggi purtroppo ridotto a una larva perché terribilmente colpito dall’alluvione fiorentina del 1966. La somiglianza con il Crocifisso di Arezzo è solo apparente. Cimabue appare meno violento, ma forse più monumentale. Il corpo che ha il colore della morte, anche qui si flette, si inarca, distaccandosi dalla croce. Scompaiono la tripartizione del ventre e la doratura delle pieghe del perizoma. Anzi questo, non più rigido come se fosse metallico, è velato, lasciando trasparire le forme, non simbolo della materia, non peccato, ma corpo che Dio stesso dà all’uomo. Con Cimabue e soprattutto con il Crocifisso di Santa Croce, è nata la pittura fiorentina, o meglio, forse, italiana.
  • Storia dell'arte

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