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Federico II e il ritorno dell’antico

Federico II: la cultura alla corte di Federico II e i dettami riguardo alle opere d'arte.

FEDERICO II E IL RITORNO ALL’ANTICO. Nei primi secoli del Medioevo il Mezzogiorno gravita nella sfera dell’Impero bizantino; ciò comporta per l’Italia meridionale strette relazioni anche culturali con il mondo mediterraneo, mentre sono allentati i legami con l’Italia settentrionale e l’Europa. Questa situazione muta con l’ascesa al potere di Federico II, figlio del re di Germania Enrico VI e di Costanza d’Altavilla. Federico II pone nel meridione d’Italia uno dei capisaldi della propria potenza, vi risiede e vi svolge attività di governo. Due sono gli aspetti che permettono di comprendere il programma culturale dell’imperatore e, soprattutto, la finalità politica che a esso viene attribuita: il diritto e l’architettura.  Colloca la figura dell’imperatore e la sua azione in un contesto di regole di cui egli stesso è sorgente e garante. All’imperatore, considerato rappresentante di Dio in terra, viene affidata la cura degli uomini che vivono sui domini. Anche l’architettura civile e militare, esprime la potenza e la maestà dell’imperatore, cioè il suo dominio sul territorio. Il castello svolge, infatti, sia funzioni pratiche, sia funzioni simboliche, in quanto luogo ove si esercita il potere.

FEDERICO II: I CASTELLI. Durante il regno di Federico II, vengono erette duecentocinquanta strutture castellari; si tratta di fortificazioni di vario tipo, denominate nei documenti dei castra, domus, palatia. Molte si trovano in Puglia; fra queste spicca Castel del Monte tra il 1240 e il 1246. Castel del Monte presenta valenze simboliche leggibili anche in chiave politica, per esempio nella struttura ottagonale che riprende la forma della corona sveva.
Nella struttura ottagonale è anche possibile riconoscere un programmatico riferimento alla cappella Palatina di Aquisgrana legata alla figura di Carlo Magno, fondatore del rinato Impero occidentale e dunque evocativa della dignità imperiale. Nei cantieri dei castelli federiciani, accanto a maestranze locali e saracene sono attivi monaci cistercensi, di comprovata esperienza in diversi settori.
Il rigore geometrico e l’essenzialità lineare sono le caratteristiche dell’architettura cistercense che più dovevano corrispondere ai gusti di Federico II.
È cistercense anche quel “dominus Bisancius” che negli anni Trenta dirige i lavori alla porta di Capua. Oltre alle osservazioni stilistiche, la porta – ponte di Capua, sebbene oggi ridotta allo stato frammentario, rappresenta in modo emblematico il punto saliente del programma politico di Federico: la restaurazione dell’Impero. La costruzione ricorda nelle forme quelle di un’antica porta di città romana, ma nello stesso tempo evoca le forme di un arco trionfale romano, anche per la presenza di numerose sculture classicheggianti.
Il recupero di antichi attributi quali le corone d’alloro e le toghe, l’uso di un linguaggio celebrativo che si evidenzia per esempio nell’inserimento dei busti, come pure il riutilizzo di opere della romanità come la statua di Diana, originariamente inserita nella nicchia di sinistra, sono il segno che il ricorso dell’arte federiciana alla solennità celebrativa della statuaria antica va letto come un preciso programma politico. Il naturalismo dell’arte federiciana non risulta mai esasperato fino alla deformazione: la realtà, osservata con occhi curiosi nei più diversi aspetti, conserva toni composti, classici, ma non per questo meno efficaci.
L’arte antica non viene interpretata in chiave religiosa, anzi viene riletta in chiave politico imperiale. In lui l’avvicinarsi alla realtà naturale conserva quella dimensione di equilibrio, di concretezza storica e di sintesi narrativa ereditati dal mondo latino; sono proprio tali fattori a costituire una delle qualità peculiari del Gotico italiano.

  • Storia dell'arte

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