La vera funzione dell'oratore - Studentville

La vera funzione dell'oratore

Scitis enim magnam illam et duraturam eloquentiae famam non minus in diversis subselliis parari quam suis; inde quin immo constantius surgere, ibi fidelius corroborari. Atque hercule sub eius modi praeceptoribus iuvenis ille, de quo loquimur, oratorum discipulus, fori auditor, sectator iudiciorum, eruditus et adsuefactus alienis experimentis, cui cotidie audienti notae leges, non novi iudicum vultus, frequens in oculis consuetudo contionum, saepe cognitae populi aures, sive accusationem susceperat sive defensionem, solus statim et unus cuicumque causae par erat. Nono decimo aetatis anno L. Crassus C. Carbonem, uno et vicesimo Caesar Dolabellam, altero et vicesimo Asinius Pollio C. Catonem, non multum aetate antecedens Calvus Vatinium iis orationibus insecuti sunt, quas hodieque cum admiratione legimus.

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Sapete, infatti, che la fama di eloquenza, grande e duratura, è preparata non meno sui banchi avversari che sui propri: là, piuttosto, sorge più costantemente e lì affonda le sue radici in modo più saldo. E, per Ercole, con maestri di questo tipo quel giovane di cui parliamo, allievo di oratori, ascoltatore nel foro, che segue le cause in tribunale, erudito e allenato dalle esperienze altrui, che conosce le leggi, poiché ne sentiva parlare quotidianamente, che conosce bene il volto dei giudici, che per lunga pratica, aveva sempre davanti agli occhi le assemblee, che aveva sperimentato spesso i gusti del popolo, costui era in grado di affrontare, da solo e subito, qualsiasi causa, sia l'accusa sia la difesa. Lucio Crasso, a diciannove anni, sostenne un'accusa contro Gaio Carbone, Cesare contro Dolabella a ventun anni, Asinio Pollione a ventidue contro Gaio Catone, Calvo, non molto più grande, contro Vatinio, le cui orazioni leggiamo ancora oggi con ammirazione.

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