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Marx

Gli studi su Marx.

Quello che può definirsi l’esordio filosofico di Gentile fu il suo studio sulla filosofia di Marx, una rielaborazione della sua tesi per l’abilitazione all’insegnamento secondario, dal titolo Una Critica del Materialismo Storico, che apparve a Pisa nel 1897. A questo testo seguì La filosofia della prassi che venne pubblicata, insieme al primo studio, nel 1899, nel volume, edito sempre a Pisa, dal titolo La filosofia di Marx. L’ incontro tra Gentile ed il pensatore tedesco si deve in gran parte alle sollecitazioni di Benedetto Croce, che in quegli stessi anni, sotto la spinta del suo maestro, Antonio Labriola, stava cercando di definire la sua posizione rispetto al dibattito sulla dottrina marxista, in un periodo in cui l’Italia era attraversata da forti tensioni sociali. La formazione del Partito Socialista nel 1892 e la diffusione dei testi di Marx e Engels all’interno della nuova componente politica avevano contribuito alla diffusione di studi e articoli sull’argomento. L’approccio di Gentile alla filosofia di Marx e alla “questione sociale”, fu però distaccato e, per alcuni versi, prevenuto (come ebbe modo di costatare lo stesso Croce); ciò dipese sia dalla noncuranza eccessiva nei confronti del clima che si respirava in Italia alla fine del secolo (peraltro dimostrata dagli scarsi accenni che Gentile fece nelle sue lettere) e sia dalla sua impostazione hegeliana, che gli fece vedere nella filosofia di Marx un mal riuscito tentativo di superamento della filosofia di Hegel. Il tono dei due studi appare ambivalente, perchè, mentre entrambe le conclusioni risultano essere una stroncatura del marxismo, dal il corpo del testo, al contrario, si evince una certa ammirazione per le intuizioni filosofiche di Marx. Gentile rivendica, nel corso dei due saggi, la matrice hegeliana del pensiero di Marx contro l’interpretazione positivistica, e contro il dilettantismo filosofico di coloro che scrivono sull’argomento senza una reale preparazione filosofica. Il primo studio si occupa di rispondere alla domanda se il materialismo storico possa essere definito o no una filosofia della storia: secondo Gentile il pensiero di Marx può essere scisso in una visone storica, e quindi una filosofia della storia, e in una metafisica artificiosa su cui lo stesso Marx non insistette; mentre la seconda può considerarsi “una superfetazione del suo pensiero”, la prima ne rappresenta la vera essenza. La conclusione di Gentile ò che la filosofia della storia di Marx sia mutuata da quella di Hegel, sia per quanto riguarda la forma, dialettica per entrambi, sia per quanto riguarda il contenuto: all’Idea hegeliana, Marx ha sostituito la Materia, ma facendo questo ò incorso in una contraddizione, data l’impossibilità  logica di una filosofia della storia del relativo, dell’ a posteriori; il materialismo storico quindi, secondo Gentile, altro non ò se non “uno dei più sciagurati deviamenti dell’hegelismo”. Nel secondo studio, Gentile si sofferma su quello che giudica il maggior risultato della speculazione marxiana, e cioò il concetto di prassi, che elimina il dualismo tra teoria e pratica, conoscere e fare. Per il concetto di prassi la conoscenza non può mai essere disgiunta dell’esperienza, ogni conoscenza si scopre facendola. Ma questo concetto, come nota lo stesso Marx, ò vecchio quanto l’idealismo stesso e Gentile ne traccia la storia partendo da Socrate fino a Hegel, passando per Platone e Vico. Il saggio gentiliano si sviluppa contro il materialismo dualista ( il testo si apre con le Undici Tesi di Marx a Feuerbach ed ò un merito di Gentile averle pubblicate per la prima volta in Italia) e contro ogni metafisica dualista, rivendicando, come nel primo saggio, la paternità  hegeliana del materialismo storico e, nella conclusione, asserendo la finale contraddizione di quest’ultimo. Malgrado il magro successo di pubblico che ebbero, e malgrado il fatto che solo nel 1932 furono pubblicati il Italia L’Ideologia Tedesca e I manoscritti economico-filosofici del 1844 di Marx ( due saggi importanti per l’interpretazione del pensiero marxiano), i due testi gentiliani offrirono un contributo importante al dibattito sul marxismo (Lenin ne terrà  conto e lo giudicherà  uno dei testi migliori di autori non marxisti), e offrono tutt’ora un importante spaccato sullo sviluppo del pensiero di Gentile, che in quel periodo, oltre agli scritti su Marx, pubblicava anche nel 1898 la sua tesi di laurea su Rosmini e Gioberti. Il testo La filosofia di Marx cerca di rispondere alla domanda se la concezione materialistica della storia sia o no una filosofia della storia: a questa domanda aveva risposto positivamente Labriola e negativamente Croce. Ad avviso di Gentile, come accennato, Marx desume da Hegel la forma dialettica, grazie alla quale si può determinare a priori il corso dello sviluppo storico nella sua necessità  e formulare la previsione della sua direzione e dei suoi tratti generali essenziali. In questo consiste il carattere scientifico e non utopistico del materialismo storico, e così si può affermare, stando a Gentile, che, per quel che riguarda la forma, esso ò una filosofia della storia. Ma, per Marx, quel che vi ò di essenziale nel processo storico ò la materia, cioò il fatto economico, non l’idea, come invece era per Hegel. Su questo punto, il marxismo, per Gentile, manifesta la sua inferiorità  e insufficienza rispetto all’hegelismo: per Hegel, infatti, l’idea non ò trascendente la materia, ma ò l’essenza del reale, che comprende al suo interno la materia come un momento relativo. Ritenendo, invece, la materia, che ò il relativo, diversa dall’idea, che ò l’assoluto, e scambiando il relativo con l’assoluto, i marxisti hanno attribuito a quel che ò relativo la funzione dell’assoluto e, dato che l’assoluto si sviluppa dialetticamente e questo sviluppo ò determinabile a priori, come aveva dimostrato Hegel, sono giunti alla conclusione balzana di considerare determinabile a priori anche quel che ò meramente empirico, cioò la materia, il fatto economico, e quindi a considerare prevedibile quel che non può esserlo e, così, non appartiene alla filosofia della storia. Il fatto ò di pertinenza della storiografia, che si occupa del già  accaduto, non della filosofia della storia. Dal punto di vista filosofico, il materialismo storico appare a Gentile una deviazione erronea del pensiero hegeliano (“uno dei più sciagurati deviamenti dell’hegelismo”), proprio perchò concepisce erroneamente “una dialettica, determinabile a priori, del relativo”. Certo Marx ha anche dei meriti, spiega Gentile: ha criticato il materialismo tradizionale poichò esso concepisce l’oggetto come un dato, non come un processo, e il soggetto come una visione o rappresentazione passiva di tale oggetto. Marx invece concepisce “l’oggetto intrinsecamente legato all’attività  umana”: ò la prassi umana che modifica e produce l’oggetto, il quale a sua volta modifica anche il soggetto, in modo che “l’effetto reagisce sulla causa e il loro rapporto si rovescia, l’effetto facendosi causa della causa, che diviene effetto pur rimanendo causa”. In questo consiste il cosiddetto rovesciamento della prassi: “la prassi che aveva come principio il soggetto e termine l’oggetto, si rovescia, tornando dall’oggetto (principio) al soggetto (termine)”. Per Marx reale ò l’individuo sociale, che non può “sciogliersi dai vincoli della società  che ò effetto della sua prassi”, e lo studio della prassi ò possibile a priori, in virtù del ritmo dialettico che la caratterizza: su questa base ò appunto possibile determinare a priori lo sviluppo della storia, ossia costruire una filosofia della storia, cioò uno schema a priori. Lo sviluppo della prassi, infatti, non può non produrre divisioni nella realtà , cosicchò la lotta di classe non ò un fatto accidentale ed ha, anzi, uno sbocco inevitabile: la filosofia della storia di Marx ò dunque caratterizzata dal determinismo o teleologismo. Marx era stato “filosofo prima che rivoluzionario” e una filosofia ò confutabile solo filosoficamente, a differenza di quel che pensava Croce, il quale voleva confutare empiricamente. Dal punto di vista filosofico, però, il marxismo presenta “il radical vizio” di un’indebita mescolanza di schema razionale a priori e di determinazione del contenuto della storia a posteriori, a partire dal fatto economico, che ò puramente empirico. L’errore di Marx consisteva nell’aver preteso di trasportare la storia, che ò propria dello spirito, nella materia, ma proprio il materialismo settecentesco stava a dimostrare l’inconciliabilità  dei 2 princìpi, cioò della forma, identificata con la prassi, con la materia, che ò inerte: il marxismo si configurava dunque come una concezione eclettica composta da elementi contradditori. L’errore di Marx era stato di considerare il pensiero “forma derivata e accidentale dell’attività  sensitiva”. A questo Gentile opponeva una tesi, destinata ad essere il pilastro portante della sua filosofia: “il pensiero ò reale, perchò e in quanto pone l’oggetto. O il pensiero ò, e pensa; o non pensa, e non ò pensiero. Se pensa, fa”. A ben vedere, il Marx teorico della prassi, a cui andava il consenso di Gentile, era già  in qualche modo contenuta, e in forma migliore, nella tradizione idealistica di Fichte e di Hegel: il processo del reale tornava ad essere risolto nella coscienza che il soggetto ne ha. Il problema di Gentile, negli anni successivi, sarebbe stato di fare i conti con questa tradizione.

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