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Vita e filosofia di Mendelssohn

Pensiero e vita del filosofo Mendelssohn.

Moses Mendelssohn (1729-1786) ò il massimo rappresentante di quella che ò passata alla storia come filosofia popolare tedesca. Tale indirizzo filosofico prese le mosse nel momento in cui – nel 1745 – Federico II convocò alla presidenza dell’Accademia prussiana delle Scienze lo scienziato francese Maupertius: questi – in perfetta sintonia col programma di Federico II – le diede una svolta decisamente filo-francese, il che contribuì notevolmente all’affermarsi nell’ area tedesca di una viva attenzione per le tematiche proprie dell’illuminismo anglo/francese, fino ad allora poco sentito nell’area germanica. In particolare, venne dato gran peso alla problematica etico/sociale, religiosa e, in generale, antropologica (già  Thomasius aveva spinto, a inizio secolo, in tal direzione), fino ad allora in secondo piano rispetto a quella gnoseologica e teoretica. Si venne così a costituire la “filosofia popolare”, così detta perchè, in perfetta concordanza con le istanze dell’illuminismo francese, si proponeva un discorso filosofico meno specialistico e, pertanto, accessibile ad un più vasto pubblico (anche questo aspetto rientrava nel programma di diffusione culturale portato avanti dall’illuminismo francese). In questo clima fiorì la produzione filosofica di Mendelssohn, le cui opere principali sono le Lettere sulle sensazioni (1755), il Trattato sull’evidenza delle scienze metafisiche (1764), il Fedone o sull’immortalità  dell’anima (1767), Gerusalemme o sul potere religioso e sul giudaismo (1783), Aurora o sull’esistenza di Dio (1785). Nato a Dessau nell’Anhalt da famiglia ebraica non particolarmente agiata, egli compì con grandi sacrifici studi autodidattici a Berlino, ove rimase per tutta la vita. Nel frattempo egli si dedicò con assiduità  all’attività  pubblicistica e a quella commerciale in un’enorme fabbrica di seta di cui diventò in seguito contitolare. Verso l’illuminismo egli intrattenne un rapporto alquanto promiscuo, mostrando un’entusiastica apertura verso la sua ala moderata (condividendo l’esigenza della tolleranza), ma una netta chiusura verso l’ala radicale (pervenuta al laicismo o, in certi casi, all’ateismo). Mendelssohn strinse poi un’amicizia con Nicolai e con Lessing: con il primo aderì attivamente a diverse riviste, col secondo collaborò negli studi di estetica; in particolare, nelle sue Lettere sulle sensazioni (1755) e nelle Considerazioni sulle fonti e connessioni delle belle arti e scienze (1757) in cui si avverte una certa influenza da parte dell’empirismo inglese, era affiorata qualche apertura verso una teoria che valutasse in modo positivo la sensibilità . La dottrina estetica elaborata da Mendelssohn ruota intorno alla facoltà  del sentimento: la percezione del bello deriva da una facoltà  che si distingue sia dalla ragione sia dalla volontà ; tale ò, appunto, il sentimento, che Mendelssohn – in sintonia con quanto sosteneva Bamgarten – connette con la sensazione, concependolo come una rappresentazione sensibile chiara ma confusa (ovvero non distinta). Per questa via, egli può con Baumgarten propugnare l’autonomia dell’estetica. Per molti aspetti, tuttavia, Mendelssohn rimase saldamente legato alla teologia tradizionale: nei tre dialoghi Fedone o sull’immortalità  dell’anima (1767) egli sostiene l’immortalità  dell’anima con argomenti desunti dal Fedone platonico e opportunamente rivisitati alla luce delle istanze cristiane. In particolare, il pensatore tedesco vi afferma che, di fronte all’essenza spirituale dell’uomo – suo vero essere e ponte verso la comprensione di Dio -, l’esistenza umana corporea e sensibile ha un significato assolutamente negativo. Con queste argomentazioni Mendelssohn, più che sciorinare riflessioni originali, riprende le affermazioni a suo tempo fatte da Leibniz sul valore negativo, in sede metafisica, della sensibilità ; del resto egli aveva palesemente preso le difese di Leibniz contro Voltaire nelle Conversazioni filosofiche del 1755. Carattere decisamente tradizionale ha anche il trattato Gerusalemme o sul potere religioso e sul giudaismo: l’opera si configura come un recupero del tutto anti-illuministico dell’intero patrimonio biblico, definito come una “legislazione rivelata”: Mendelssohn obietta all’amico (ormai defunto) Lessino che lo scopo della Provvidenza ò il progresso dell’uomo singolo, non dell’umanità  nel suo insieme. L’atteggiamento teologico assunto da Mendelssohn raggiunge poi l’apice nelle Ore mattutine o lezioni sull’esistenza di Dio (1785), ove viene addirittura ripresa l’antica prova ontologica – di marca anselmiana – dell’esistenza di Dio. Gli interessi di Mendelssohn si appuntano soprattutto sulla problematica religiosa: egli ò convinto che l’esistenza di Dio sia razionalmente dimostrabile e che sia al contempo difendibile un panteismo di tipo spinoziano. Ad accogliere l’interesse di Mendelssohn sono anche i rapporti tra religione e potere: la religiosità  ha sede nella coscienza umana e, di conseguenza, non può in alcun caso rivestirsi di alcun potere ecclesiastico o civile. Ne segue che lo Stato deve non già  farsi sostenitore di una religione contro l’altra, bensì difendere la più totale libertà  di coscienza, separando nettamente le sue funzioni (riguardanti la felicità  terrena dei suoi cittadini da quelle ecclesiali (riguardanti invece la felicità  futura, la salvezza). Il tema della tolleranza – caro a tutti gli Illuministi – ritorna con particolare vigore in Mendelssohn, che dedica gli ultimi anni della sua vita alla lotta contro le discriminazioni e i pregiudizi gravanti sulla vita sociale degli ebrei. Provando a tracciare un bilancio dell’operato filosofico mendelssohniano, potremmo dire che esso – anfibio tra l’accettazione e il rigetto dell’illuminismo e delle battaglie da esso condotte – trovi un innegabile limite nel costante timore di spingere l’ideale dell’emancipazione (che permea l’opera di Mendelssohn) fino in fondo, oltrechò nella scarsa coscienza di metodo filosofico. Sull’altro versante, l’inestimabile pregio della sua filosofia risiede nell’infaticabile opera di divulgazione in termini piani e di senso comune delle idee illuministiche (o, meglio, delle idee illuministiche moderate e non radicali). Particolarmente interessanti e connessi alle tematiche illuministiche sono, ad esempio, gli appelli alla tolleranza religiosa lanciati nella Gerusalemme.

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