Finzioni di Jorge Louis Borges - Studentville

Finzioni di Jorge Louis Borges

Analisi di "Finzioni" di Jorge Louis Borges.

IL LIBRO

La letteratura è più vera di ogni realtà.
La letteratura è un labirinto di specchi.

È questa la letteratura di Borges, la Finzione di Borges, il suo scrivere simmetrico, intelligente, labi-rintico. Geometrico. Fantastico. Così Borges recensisce libri che non esistono, autore di articoli brevi su titoli immaginari, frutto del genio di autori altrettanto frutto d’invenzione. “Tlön, Uqbar, Orbius Tertius” è il racconto che apre il romanzo, e credo sia degno di menzione.

Dopo una cena, i convitati di questa (fra i quali lo stesso Borges) vengono a conoscenza da un vo-lume d’enciclopedia dell’esistenza di Uqbar, fantomatica terra dove le nostre conoscenze scientifi-che e culturali non trovano parallelo, e le cui stesse leggende si riferiscono alle terre immaginarie di Mlejnas e Tlön. Gli abitanti di Uqbar concepiscono l’universo come una serie di processi mentali, che non si svolgono nello spazio, ma, successivamente, nel tempo. Questa cognizione dell’universo si risolve in architetture filosofiche assurde e fantastiche, in un approccio alla matematica e della geometria per noi impensabili, in linguaggi all’interno dei quali non esistono sostantivi, linguaggi la cui unità base è il nome. A Tlön il soggetto della conoscenza è unico ed eterno, ne consegue che tutte le opere di narrativa conteranno su un unico soggetto, con tutte le permutazioni immaginabili, i trattati filosofici conterranno invariabilmente tesi e antitesi, ogni opera conterrà i suoi pro e contro. Questo idealismo, nelle regioni più antiche di Tlön ha finito per influire sulla realtà. Così, se qualcuno perderà un oggetto e quest’ultimo verrà trovato da qualcun altro, la persona che aveva perso l’oggetto la troverà in ogni caso, ma in una variabile più sgraziata dell’originale.

"Le cose, su Tlön, si duplicano; ma tendono anche a
cancellarsi e a perdere i dettagli quando la gente le
dimentichi. E' classico l'esempio di un'antica soglia, che
perdurò finché un mendicante venne a visitarla, e che alla
morte di colui fu perduta di vista. Talvolta pochi uccelli, un
cavallo, salvarono le rovine di un anfiteatro."

Tlön è una terra utopisticamente creata da una società che vuole dimostrare al dio inesistente che i mortali sono capaci di concepire un mondo. Il sapere di questo mondo è rinchiuso in un’enciclopedia di 40 volumi, ormai dimenticati. Borges ci racconta che Tlön è stata ritrovata, e il mondo artificiale comincia a contaminare quello reale. Incantata dal suo rigore, l’umanità dimentica che si tratta di un rigore di scacchisti, non di angeli.

L’accostamento ad Amoltasim” è a mio parere un racconto carico di simbolismo, come per quanto riguarda “La lotteria a Babilonia ”.Il primo è un’allegoria facilmente riconducibile all’infinita (e sottolineo infinita, tema caro a Borges) ricerca di un’essenza superiore. Il secondo è di più difficile interpretazione, a mio avviso, nonostante sia di più scorrevole lettura, ma lascia aperte più interpre-tazioni discordanti. “Le rovine circolari ” è un racconto intenso, pura allegoria, il racconto di un uomo giunto da lontano che dedica anima e corpo al fine di dar corpo ad un sogno. Riuscito nel suo intento, sorpreso dalle fiamme, decide di lasciarsi abbandonare nel fuoco, così che le sue sofferenze e la sua vecchiaia possano così esser alleviate. Ma, quando s’accorge che le fiamme non lambiscono la sua carne, con sollievo, con terrore, con umiliazione, comprende che egli stesso é un sogno.

L’architettura dei racconti di Borges è sorprendente. La verità acquistata alla loro fine è distrutta nel momento stesso del suo trionfo.
È mistico, razionale, filosofo, matematico, enigmatico, per sua dichiarazione influenzato dalla letteratura di Herbert Quain, autore fantasma da lui stesso inventato.
Illimitata e periodica è “La biblioteca di Babele”, deposito di tutti gli scritti in tutti gli idiomi del mondo, di tomi e tomi di casuali accostamenti di lettere, di tomi e tomi d’infinite variazioni su uno stesso argomento, d’interpolazioni fra un libro e l’altro. Così, ragionarono i bibliotecari, in qualche anfratto della biblioteca deve esistere un libro che è chiave e compendio di tutti gli altri: un bibliotecario che l’ha letto è simile a Dio. L’assurda ricerca dei questo libro mitico viene narrata dal vecchio bibliotecario protagonista del racconto.
“Il giardino dei sentieri che si biforcano” è un poliziesco, nel quale il lettore assiste a tutti i prepara-tivi ad un misterioso delitto, il cui scopo verrà compreso solo nell’ultimo paragrafo.

“Lo ricordo (io non ho diritto di pronunciare questo verbo sacro; un uomo solo, sulla terra, ebbe questo diritto, e quest'uomo è morto) e ricordo la passiflora oscura che teneva nella mano, vedendola come nessuno vide mai questo fiore, né mai lo vedrà, anche se l'avrà guardato dal crepuscolo del giorno a quello della notte, per una vita intera. ”

Borges ritorna sul tema a sé caro dell’infinito con questo racconto, il cui protagonista citato è Inereo Funes, paralizzato da una caduta a cavallo e prigioniero dell’infinito della sua piccola stanza. Funes diviene capace di ricordare tutta la vita, ogni momento trascorso, con l'assurda e terrificante co-scienza di ogni attimo. Con "Funes, o della memoria" Borges sembra voglia ammonirci sul rischio che si corre ad affrontare concetti così universali, seppure in un contesto apparentemente ristretto. Funes ricorda non solo ogni foglia di ogni albero ma anche ogni volta che l'aveva percepita o im-maginata.

“Ireneo aveva diciannove anni; era nato nel 1868; mi parve monumentale come il bronzo, ma antico come l'Egitto, anteriore alle profezie e alle piramidi.
Pensai che ciascuna delle mie parole (ciascuno dei miei movimenti) durerebbe nella sua implacabile memoria; mi gelò il timore di moltiplicare inutili gesti. Inereo Funes Morì nel 1889, di una conge-stione polmonare. ”

“ Io credo che fra tutti i generi quello poliziesco sia forse il più artificiale, perché in effetti i crimini non si risolvono con i ragionamenti, ma con le delazioni. ”
J.L. Borges

Questo è il tema di “La morte e la bussola ”, dove il personaggio è un perspicace detective, Lönrot, alle prese con tre morti misteriose. Troppo perspicace, Lönrot scopre da indizi fittizi che in realtà la serie di delitti non era ispirata da un modello ternale, ma tetraedico. La quarta e ultima morte sarà la sua.
In “ La forma della spada “ e “ Tema del traditore e dell’eroe ”, il simbolismo di Borges è usato in maniera disillusoria, la verità eroica è rappresentata come copertura di una realtà infamante.

Gli ultimi racconti di “Finzioni ” sono di carattere più fantastico e mistico, citando un “miracolo se-greto ” che é redenzione di fronte a dio di un condannato a morte, e “le tre versioni di Giuda ” degli eresiarchi nel corso dei tempi.

OSSERVAZIONI STRUTTURALI

Ritengo che parlare di anacronie analizzando “Finzioni ” sia tempo e carta sprecata, perché il con-cetto di tempo stesso nell’opera di Borges è uguale al concetto di infinito, e il racconto ne occupa null’altro che un’infinitesima parte.
Tuttavia, volendo essere schematici fino alla prolissità, come mi viene richiesto, possiamo perderci nel libro in flashback, prolessi, vere e proprie profezie e sommari..
È più interessante invece analizzare il tempo come elemento simbolico. Ne “il miracolo segreto ”, il tempo si dilata per volere divino, e un secondo diventa un anno, durante il quale un condannato a morte avrebbe avuto il tempo di redimersi, creando un suo dramma teatrale.  In “Funes, o della memoria ”, il tempo viene sfidato dai sistematici ricordi di Funes, tali da non far scomparire nell’oblio alcun minimo particolare, tali da vincere il tempo stesso. La memoria è così sinonimo dell’eternità. In “Pierre Menard, l’autore del Chischiotte ” è invece insufficiente il tempo concesso all’autore per compiere l’irreale opera che si è prefissato. In “la morte e la bussola ” il tempo, nell’unità di un mese, è orologio del delitto. “Il giardino dei sentieri che si biforcano ” è una corsa contro il tempo. Lo spazio è altresì oggetto di rappresentazione allegorica: l’immaginaria terra di Uqbar, l’infinita biblioteca di Babele, la villa labirintica e simmetrica di “La morte e la Bussola ”.
Di assoluto interesse è inoltre l’analisi dei personaggi di Borges. Il narratore corrisponde all’autore, e spesso narra i suoi racconti in prima persona, raccontandoci di personaggi senza volto, quasi mai presentati, o in alternativa, di personaggi che celano nel loro volto un terribile segreto (“La forma della spada ”). Altre volte i personaggi sono solo voci, attraverso le quali parla l’autore stesso (“Funes, o della memoria ”, “la lotteria a Babilonia ”). In altri casi i personaggi sono semplicemente citati, Borges li usa come spunto per una critica ad una sua stessa finzione. Specchio contro specchio in un labirinto di specchi, perdutamente simmetrico…

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