Daniele Novara, figura di spicco nel panorama pedagogico italiano e direttore del CPP (Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti), ha recentemente sollevato una questione cruciale riguardante gli adolescenti contemporanei. La sua analisi, emersa durante un’intervista al Corriere della Sera, si innesta sul pensiero di Franco Fornari, uno dei più influenti psicoanalisti italiani del XX secolo.
Il pedagogista ha ripreso la teoria dei codici affettivi elaborata da Fornari tra gli anni Sessanta e Ottanta, evidenziando come i ruoli genitoriali abbiano subito trasformazioni radicali negli ultimi decenni. Secondo Novara, stiamo assistendo a un preoccupante diffondersi di culture educative che evitano sistematicamente il confronto e il conflitto, creando un ambiente artificialmente privo di contrasti.
Questo cambiamento non rappresenta una semplice evoluzione dei modelli familiari, ma una vera e propria rivoluzione nelle dinamiche educative. Il paragone con il passato risulta particolarmente illuminante: dove un tempo esisteva un equilibrio tra codici materni e paterni, oggi si registra uno sbilanciamento che può avere conseguenze significative sulla crescita emotiva e sociale dei giovani.
La crisi dei ragazzi ritirati: un fenomeno preoccupante
Il fenomeno degli adolescenti ritirati rappresenta oggi un’emergenza educativa allarmante. Secondo Novara, tra il 20% e il 25% delle ragazze si isola nella propria camera, spesso assorta nei videogiochi. Questa “catastrofe dei ragazzi ritirati” ha radici profonde nell’eclissamento del codice paterno, fondamentale per stimolare l’avventura e la scoperta tipiche dell’adolescenza.
Al suo posto domina una “bolla materna” che impedisce ai giovani di sviluppare autonomia. Il pedagogista evidenzia come l’educazione contemporanea sia pervasa da un narcisismo dilagante, dove il consumismo diventa modello pedagogico: bambini serviti fino a tarda età, esposti precocemente agli smartphone, costantemente intrattenuti per evitare la noia.
Il valore del conflitto come antidoto alla guerra
Nella visione di Novara, il conflitto rappresenta un autentico “antidoto alla guerra”, un concetto che trae ispirazione dagli studi di Franco Fornari. Il pedagogista sottolinea come imparare a liberarsi dalla paranoia verso chi non condivide le nostre opinioni sia essenziale: “Se riusciamo a vivere il disaccordo come un punto di vista che possiamo non solo tollerare ma anche ascoltare, si aprono le porte alla vera convivenza”. Questo approccio costituisce quello che Novara definisce “apprendimento primario”.
Significativa è stata la decisione di modificare il nome dell’organizzazione da Centro Psicopedagogico per la pace a Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti. “Abbiamo tolto il termine pace perché era troppo equivoco”, spiega Novara, evidenziando il paradosso identificato da Fornari: spesso gli uomini fanno la guerra proprio in nome della bontà e della pace. Per superare questa contraddizione, il Centro ha spostato “il baricentro sui conflitti”, riconoscendo nella discordanza e nel disaccordo un’opportunità di relazione e crescita. La formula proposta è semplice ma potente: “finché c’è conflitto non c’è guerra”, suggerendo che l’abilità di gestire il confronto rappresenta un fondamentale strumento educativo e sociale.