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Herbart

Il pensiero del filosofo.

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Johann Friedrich Herbart Johann Friedrich Herbart (1776-1841) va senz’altro annoverato tra quel nutrito manipolo di pensatori che si schierarono contro Hegel; accanito oppositore dell’idealismo fichtiano, prima, ed hegeliano, dopo, Herbart studiò a Jena, seguendo le lezioni di Fichte in persona, di cui fu anche in un primo momento intelligente seguace. Abbandonata Jena prima del termine dei suoi studi, Herbart si spostò a Berna, dove condusse l’attività di precettore. In questo periodo, dedicato ad uno studio intenso, egli effettuò letture che lo portarono a prendere a mano a mano le distanze dalla filosofia di Fichte e dall’idealismo in generale, sviluppando un sistema filosofico volto a ‘ fondare il realismo a confutazione dell’idealismo ‘. Egli condivise con l’antico ontologo Parmenide la tesi secondo cui l’oggetto del vero sapere é un ‘essere immutabile che si contrappone alla molteplicità e variabilità dell’esperienza. Questo lo portò ad una più accurata riflessione sull’opera di Kant, cercando di reinterpretare in termini più oggettivi, ossia meno dipendenti dalle forme a priori del conoscere, il rapporto fra fenomeno e noumeno. Anche Schelling ebbe modo di influire sulla preparazione culturale di Herbart, il quale fu tra i primi ad intenderne fin da principio l’esigenza (che lo contrapponeva a Fichte) di riconoscere la realtà dell’oggetto rispetto al soggetto. Conclusi gli studi a Gottinga nel 1802, Herbart divenne professore nel 1808 di Filosofia e Pedagogia a Königsberg sulla cattedra che a suo tempo fu di Kant. Morto Hegel, Herbart sperò di essere chiamato a sostituire il posto vacante, ma, svanita questa speranza, si stabilì definitivamente a Gottinga, la cui università era meno periferica e più importante di quella di Königsberg, e qui insegnò fino alla morte, che lo colse nel 1841. Ma tutte le sue opere più importanti risalgono al periodo di Königsberg e sono Pedagogia generale (1806), Filosofia pratica generale (1808), Corso di introduzione alla filosofia (1813), Manuale di psicologia (1816) e Metafisica generale (1828-1829). Il punto d’avvio della ricerca filosofica herbartiana é l’ esperienza , proprio come era per Kant; però, a differenza del pensatore di Königsberg, Herbart non vede nell’esperienza l’unica realtà conoscibile: anzi, come per Hegel, essa é sede di insormontabili contraddizioni che rimandano necessariamente ad un oggetto di conoscenza che va al di là della sfera meramente empirica. La prima evidente contraddizione é data dal rapporto tra la ‘cosa’ (la sostanza) e le sue ‘note’, ossia le sue qualità: per un verso infatti la cosa appare una, per un altro verso appare molteplice , dato che la sua unità di cosa é frantumata nella pluralità delle qualità. La seconda contraddizione é data dal concetto di causalità , già ampiamente criticato da Hume un secolo prima: la causalità può essere spiegata solo facendo riferimento ad una serie infinita di cause, il che é assurdo agli occhi di Herbart, come già lo era agli occhi degli antichi greci, primo fra tutti Aristotele, che per non ripercorrere all’infinito la catena causale aveva introdotto una causa che causasse senza essere causata (Dio). Ma soprattutto per Herbart é contradditorio il divenire , che non può essere spiegato nè con una causa esterna (si ricadrebbe nella contraddizione della causalità), nè con una causa interna (che rimanda ad una causa interna precedente), nè come divenire assoluto, cioè privo di causa, come avevano inteso Eraclito ed Hegel stesso: infatti in ogni caso si presuppne qualcosa che cambia, ossia un principio interno del mutamento, e qualcosa che rimane, come fondamento dell’identità della cosa con se stessa. Ed alla metafisica spetta il compito di spiegare le contraddizioni dell’esperienza, passando dalla sfera dell’apparenza a quella dell’essere assoluto; bisogna pertanto presupporre l’esistenza di una pluralità di enti o reali (semplici, indivisibili, senza estensione e atemporali) per la cui definizione non é stata in (segue nel file da scaricare)

  • Filosofia

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