Aforismi - Studentville

Aforismi

Pensieri di Freud.

“Psiche” ò un vocabolo greco che significa “anima”. Perciò per “psichico” s’intende “trattamento dell’anima”; si potrebbe quindi pensare che voglia dire trattamento dei fenomeni patologici della vita dell’anima. Ma il significato dell’espressione ò diverso. Trattamento psichico vuol dire invece trattamento a partire dall’anima, trattamento di disturbi psichici o somatici, con mezzi che agiscono in primo luogo e direttamente sulla psiche umana. Questo mezzo ò costituito anzitutto dalla parola, e le parole sono anche strumento fondamentale del trattamento psichico. Certo, difficilmente il profano potrà  comprendere come le “sole” parole del medico possano rimuovere disturbi patologici somatici e psichici. Penserà  che gli si chieda di credere nella magia. E non ha tutto il torto; le parole dei nostri discorsi di tutti i giorni sono solo magia attenuata. Per un processo di valutazione ingiusto ma facilmente comprensibile si arrivò al punto che i medici si interessarono solo del corpo, lasciando senz’altro che fossero i filosofi, che essi disprezzavano, ad occuparsi del lato psichico. Nell’animale come nell’uomo, il rapporto tra corpo ed anima ò un rapporto di reciproco completamento. Solo con lo studio del patologico si arriva a comprendere il normale. Da sempre si conoscevano molte cose sull’influsso della psiche sul corpo, ma solo ora queste acquistavano il giusto rilievo. La cosiddetta “espressione dei moti d’animo” costituisce l’esempio più comune di azione della psiche sul corpo, e si può osservare regolarmente e in tutti. La tensione ed il rilassamento dei muscoli facciali, l’adattamento degli occhi, l’afflusso del sangue alla pelle, la sollecitazione impressa all apparato vocale, la disposizione delle membra, specie delle mani, rivelano quasi tutti gli stati psichici di un uomo. In genere i profani tengono in poco conto i dolori provocati dall’immaginazione, al contrario di quanto fanno per quelli provocati da ferita, malattia o infezione. Ma ciò ò palesemente ingiusto; qualunque sia la loro causa, sia pure l’immaginazione, non per questo i dolori sono meno veri e meno intensi. Così come si provocano o si esagerano i dolori dando loro importanza nello stesso modo questi scompaiono quando se ne distoglie l’attenzione. àˆ lecito pensare che la volontà  di guarire o il desiderio di morire non siano irrilevanti per l’esito di casi gravi ed incerti di malattia. L’attesa speranzosa e fiduciosa, costituisce una forza attiva che dobbiamo senz’altro tenere in considerazione in tutti i nostri tentativi di terapia e guarigione. Non c’ò alcun bisogno di tirare in ballo altre forze che non siano psichiche per spiegare le guarigioni miracolose. In tutti i tempi ci sono cure alla moda, medici alla moda, soprattutto nell’alta società  nella quale il desiderio di superarsi vicendevolmente e di imitare i membri più in vista costituiscono potentissime forze motrici psichiche. Gli effetti terapeutici ottenuti con queste cure alla moda non rientrano nel loro effettivo potere, e usati dal medico alla moda che, ad esempio, si ò fatto una certa fama soccorrendo un personaggio in vista, gli stessi strumenti sortiscono effetti molto maggiori che nel caso di altri medici. Così, accanto a taumaturghi divini, esistono taumaturghi umani; ma questi uomini, resi famosi dalla moda e dall’imitazione, si consumano rapidamente, cosa che corrisponde al genere di forze che agiscono in loro favore. I medici hanno praticato il trattamento psichico in tutti i tempi, e nell’antichità  ancora più di oggi. Intendendo per trattamento psichico il tentativo di provocare nel paziente gli stati e le condizioni psichiche più favorevoli alla guarigione, possiamo dire che, storicamente, questo ò il tipo più antico di trattamento medico. Le parole costituiscono il mezzo più efficace per l’innuenza esercitata da una persona sull’altra; le parole costituiscono un valido strumento per indurre modificazioni psichiche in colui al quale si dirigono e, perciò, l’affermazione per cui la magia della parola ò in grado di sopprimere fenomeni patologici, anzitutto quelli basati su condizioni psichiche, non ha più un significato enigmatico. àˆ naturale che il medico, che ai giorni nostri non può incutere rispetto come sacerdote o come detentore d’una scienza occulta, si valga della propria personalità  per accattivarsi la fiducia e un po’ di simpatia del proprio paziente. La suggestione porta all’eliminazione dei fenomeni patologici, ma solo transitoriamente. I ricordi che sono divenuti fattori determinanti dei fenomeni isterici, persistono a lungo con stupefacente freschezza e con tutta la loro coloritura affettiva. Il materiale psichico patologico sembra essere proprietà  di un’intelligenza non necessariamente inferiore a quella dell’Ego normale. Grazie alle ricchissime connessioni causali, ogni idea patogena di cui non ci si ò ancora sbarazzati, agisce quale motivazione di tutti i prodotti della nevrosi ed ò solo con l’ultima parola dell’analisi che scompare l’intero quadro clinico, così come avviene dei ricordi rievocati individualmente. Io vedo solo le cime della catena di pensieri che si sprofonda nell’inconscio (il contrario di quanto si ha nei nostri processi psichici normali). Spesso dentro di me ho paragonato la psicoterapia catartica all’intervento chirurgico. Ho descritto le mie cure come operazioni psicoterapeutiche e ho messo in rilievo la loro analogia con l’apertura di una cavità  piena di pus, il raschiamento di una zona necrotica, ecc. Un’analogia di questo genere trova giustificazione non tanto nella rimozione di ciò che ò patologico quanto nello stabilire condizioni che abbiano maggiori probabilità  di incanalare il corso del processo verso la guarigione. Se i venereologi dovessero ancora dipendere dalle dichiarazioni dei loro pazienti per ricollegare un’infezione iniziale dei genitali a un rapporto sessuale, finirebbero con l’attribuire un grandissimo numero di sifilomi primari, in persone che si proclamano vergini, al fatto di aver preso il raffreddore, e i ginecologi non troverebbero difficoltà  a confermare il miracolo della partenogenesi tra le loro clienti nubili. Spero che un giorno si farà  strada l’idea che anche i neuropatologi possono, quando raccolgono l’anamnesi delle principali nevrosi, trovarsi di fronte a pregiudizi etiologici analoghi. Non vedo alcuna ragione per cercare di nascondere le lacune e i punti deboli della mia teoria. Secondo me, il punto principale della questione delle fobie ò questo: le fobie non compaiono affatto se la vita sessuale ò normale, cioò se non sussiste quella specifica condizione che ò rappresentata da un perturbamento della vita sessuale, nel senso di una deviazione dallo psichico nel somatico. Per quanto vi possano essere molti altri punti oscuri nel meccanismo delle fobie, la mia teoria non potrà  essere rigettata prima che mi si dimostri che vi sono fobie in casi in cui la vita sessuale ò normale o, a fianco, vi sia un disturbo di natura non specifica. Alla base di tutti i casi di isteria vi sono uno o più casi di esperienze sessuali precoci, che risalgono ai primissimi anni dell’infanzia e che, pure, possono essere rievocate grazie al lavoro psicoanalitico, nonostante i decenni che sono trascorsi. Io penso che questa sia una scoperta importante, il ritrovamento di un caput Nili della neuropatologia. I sintomi isterici sono i derivati di ricordi che operano a livello inconscio. Non ò vero che le domande poste [ai] pazienti e la conoscenza dei loro affari sessuali diano al medico un pericoloso potere su di essi. Nei tempi andati accadeva che la stessa obiezione fosse sollevata contro l’uso degli anestetici, i quali privano il paziente della coscienza e dell’esercizio della volontà  lasciando decidere al dottore se e quando egli li riacquisterà . Eppure oggi gli anestetici sono diventati indispensabili perchè sono, più di ogni altra cosa, di valido aiuto al medico nella sua opera, che, tra i numerosi altri gravi obblighi, vede anche quello della responsabilità  del loro impiego. Un medico può sempre far del danno se ò incapace o senza scrupoli, e questo ò ugualmente vero sia ove si tratti di dover indagare sulla vita sessuale del paziente sia ove si tratti di altre cose. Naturalmente, se qualcuno, dopo uno scrupoloso esame di coscienza, sente di non possedere il tatto, la serietà  e la discrezione necessaria a esaminare dei pazienti nevrotici, e se si rende conto che rivelazioni di carattere sessuale potrebbero provocare in lui eccitazioni lascive più che interesse scientifico, allora farà  bene a evitare l’argomento dell’etiologia delle nevrosi. Anzi, ci sembra giusto pretendere che egli si astenga dal prendere in cura pazienti affetti da malattie nervose. Moltissime donne che trovano abbastanza gravoso il dovere di vivere nascondendo le proprie sensazioni sessuali, si sentono sollevate quando si rendono conto che il medico, trattando simili argomenti, mira soltanto alla loro guarigione, ed esse gli sono grate perchè per una volta ò stato loro consentito di assumere un atteggiamento normale riguardo alla sessualità . In materia di sessualità  oggi noi, uno per uno, siamo, malati o sani, nient’altro che degli ipocriti. Sarebbe un bene per tutti noi se, come risultato di tale onestà  generale, venisse raggiunto un certo grado di tolleranza nelle cose sessuali. In ogni caso di nevrosi c’ò una etiologia sessuale; ma nella nevrastenia ò una etiologia di tipo presente, mentre nelle psiconevrosi i fattori sono di natura infantile. L’angoscia ò sempre libido distolta dal suo [normale] impiego.. L’ereditarietà  ò inaccessibile all’influenza del medico. Ognuno nasce con le proprie tendenze ereditarie alle malattie, e noi non possiamo fare niente per cambiarle. La nevrastenia (in entrambe le forme) ò una di quelle affezioni che ognuno può facilmente acquistare senza aver alcuna tara ereditaria. Lo stato della nostra civiltà  ò anch’esso qualcosa che non può essere modificato dall’individuo. Per di più questo fattore, essendo comune a tutti i membri della stessa società , non può mai spiegare il fatto della selettività  nell’incidenza della malattia. Il medico non nevrastenico ò esposto alla stessa influenza di una civiltà  presumibilmente nociva alla quale ò esposto il paziente che egli deve trattare. Nessuno può mai diventar nevrotico attraverso il lavoro o l’eccitamento soltanto. Il lavoro intellettuale ò anzi una protezione contro la possibilità  di ammalarsi di nevrastenia; sono proprio i lavoratori intellettuali più assidui a restare esenti dalla nevrastenia, e ciò che i nevrastenici lamentano come “superlavoro che li fa ammalare” di regola non merita affatto di essere chiamato “lavoro intellettuale” nè per qualità  nè per quantità . I medici dovranno abituarsi a spiegare a un impiegato che si ò “affaticato” dietro una scrivania o a una casalinga per la quale le attività  domestiche sono divenute troppo pesanti, che essi si sono ammalati non perchè abbiano cercato di compiere doveri che in verità  possono essere facilmente eseguiti da un cervello civilizzato, ma perchè in tutto questo tempo hanno pericolosamente trascurato e danneggiato la propria vita sessuale. L’attuale trattamento della nevrastenia – così come viene applicato negli stabilimenti idroterapici – si propone di migliorare le condizioni nervose per mezzo di due fattori: proteggendo il paziente e rinvigorendolo. Secondo la mia esperienza, ò quanto mai opportuno che i direttori medici di tali stabilimenti si rendano ben conto che trattano non con vittime della civiltà  o dell’ereditarietà , ma – sit venia verbo – con persone minorate nella sessualità . Oggi non possediamo alcun metodo di prevenzione del concepimento che sia tale da soddisfare ogni legittima esigenza – cioò, che sia certo e comodo, che non diminuisca la sensazione del piacere durante il coito e che non ferisca la sensibilità  della donna. Questo pone ai medici un compito pratico alla cui soluzione potranno dedicare le loro energie non senza soddisfazione. Chiunque colmi questa lacuna della tecnica medica preserverà  la gioia di vivere e conserverà  la salute di innumerevoli persone, sebbene, per la verità , darà  anche l’avvio a un mutamento drastico delle nostre condizioni sociali. Nella mia esperienza ho visto che i bambini sono capaci di ogni attività  sessuale psichica e molti anche di attività  sessuali somatiche. Le psiconevrosi, come genere di malattia, non sono affatto malattie lievi. Una volta insorto l’isterismo, nessuno può predire quando finirà . Noi in gran misura ci consoliamo con la vana profezia che “un giorno improvvisamente sparirà “. La guarigione molto spesso risulta essere semplicemente un accordo sulla tolleranza reciproca tra la parte malata dei paziente e la parte sana; ò il risultato di un sintomo di una fobia. Tra di noi ò diffuso un detto relativo ai gioielli falsi che non sono d’oro, ma forse sono stati qualche volta accanto a qualcosa d’oro. Questa stessa similitudine vale per certe esperienze nell’infanzia che sono rimaste nella memoria non perchè fossero d’oro, ma perchè vicine all’oro. La convinzione spontanea della persona che si ò appena svegliata ò che i suoi sogni, anche se non sono venuti essi stessi da un altro mondo, lo hanno comunque trasportato in un altro mondo. Tutto il materiale che costituisce il contenuto di un sogno ò in qualche modo derivato dall’esperienza, cioò ò stato riprodotto o ricordato nel sonno: questo almeno può essere considerato un fatto indiscusso. Una delle fonti dalle quali i sogni traggono il loro materiale per la riproduzione, materiale che in parte non ò nè ricordato nè usato nell’attività  mentale della vita da svegli; ò l’esperienza infantile. I sogni in genere sono privi di intelligibilità  e ordine. Le composizioni che costituiscono i sogni sono prive di quelle qualità  che renderebbero possibile ricordarli e vengono dimenticate perchè in genere si scompongono un momento dopo. I sogni cedono il posto alle impressioni di un nuovo giorno come lo splendore delle stelle cede alla luce del sole. Chiunque, conducendo ricerche scientifiche, presti attenzione ai sogni per un determinato periodo di tempo, sognerà  più del solito, il che vuol dire che ricorda i sogni con più facilità  e frequenza. Lo studio scientifico dei sogni parte dalla supposizione che essi sono il prodotto della nostra attività  mentale. Ciononostante il sogno finito ci colpisce come qualcosa di estraneo. Siamo così poco portati a riconoscere la nostra responsabilità , che diciamo altrettanto facilmente mir hat getraumt [“ho avuto un sogno”] che ich habe getraumt [“ho fatto un sogno”]. I sogni […] pensano prevalentemente con immagini visive, ma non esclusivamente; essi infatti fanno uso anche di immagini auditive e, in misura minore, delle impressioni degli altri sensi. Molte cose si manifestano nei sogni (proprio come fanno nella vita da svegli) semplicemente come pensieri o idee, probabilmente cioò in forma di residui di rappresentazioni verbali. Tuttavia, ciò che ò veramente caratteristico nel contenuto dei sogni, sono quegli elementi che si comportano come immagini, cioò più simili a percezioni che a rappresentazioni della memoria. Tralasciando tutte le argomentazioni, così note agli psichiatri, sulla natura delle allucinazioni, concorderemo con tutte le opinioni autorevoli sull’argomento nell’affermare che i sogni allucinano, che sostituiscono le allucinazioni ai pensieri. Da lungo tempo ò stata richiamata l’attenzione sull’affinità  intima tra sogni e malattie mentali, che si rivela nell’ampia concordanza delle loro manifestazioni. Maury dice che il primo a rilevarla fu Cabanis e dopo di lui Lèlut, J. Moreau e, in particolare, il filosofo Maine de Biran. Senza dubbio il confronto risale a tempi ancora più lontani; Radestock inizia il capitolo nel quale ne tratta con delle citazioni che stabiliscono un’analogia tra i sogni e la pazzia. Kant dice in un punto: “Il pazzo ò un sognatore sveglio”. Krauss dichiara che “la pazzia ò un sogno sognato mentre i sensi sono svegli”. Schopenhauer chiama i sogni una breve follia e la follia un lungo sogno. Hagen descrive il delirio come vita onirica prodotta non dal sonno ma da malattia. Wundt scrive: “Noi stessi, in realtà , possiamo sperimentare nei sogni quasi tutti quei fenomeni che si verificano nei manicomi”. L’indiscutibile analogia tra i sogni e la follia, così come si estende ai dettagli in particolare, ò uno dei più potenti sostegni della teoria medica della vita onirica, che considera il sognare come un inutile processo disturbatore e come l’espressione di un’attività  ridotta dalla mente. Tuttavia non ci si deve aspettare che troveremo la definitiva spiegazione dei sogni partendo dai disturbi psichici; infatti ò generalmente riconosciuto l’insoddisfacente stato della nostra conoscenza riguardo all’origine di questi ultimi. àˆ abbastanza probabile, al contrario, che un cambiamento di atteggiamento riguardo ai sogni influenzerà  nello stesso tempo le nostre opinioni sul meccanismo interno dei disordini mentali, e che lavoreremo per la spiegazione delle psicosi mentre stiamo cercando di chiarire il mistero dei sogni. L’avversione ad imparare qualcosa di nuovo […] ò caratteristica degli uomini di scienza. Con parole ironiche Anatole France dice: “Les savants ne sont pas curieux” [“I saggi non sono curiosi”]. Ciò che Schiller descrive come un allentamento della sorveglianza alle porte della ragione, cioò l’atteggiamento di autosservazione priva di critica, non ò affatto difficile. La maggior parte dei miei pazienti lo realizza dopo le prime istruzioni. Io stesso posso farlo perfettamente aiutandomi con lo scrivere le idee come mi vengono in mente. La quantità  di energia psichica con la quale ò possibile ridurre l’attività  critica e aumentare l’intensità  dell’autosservazione varia considerevolmente secondo l’argomento sul quale uno cerca di fissare l’attenzione. I sogni non devono essere paragonati ai suoni discordanti che provengono da uno strumento musicale percosso da un tocco estraneo invece che dalla mano del musicista, non sono privi di significato, non sono assurdi; non implicano che una parte delle nostre rappresentazioni sia addormentata, mentre un’altra parte comincia a svegliarsi. Al contrario, sono fenomeni psichici pienamente validi e cioò soddisfazioni di desideri; essi possono essere inseriti nella catena degli atti mentali comprensibili della veglia; essi vengono elaborati da un’attività  mentale estremamente complicata. Spesso i sogni si rivelano, senza alcuna maschera, come appagamenti di desideri; cosicchè ci si può meravigliare che il linguaggio dei sogni non sia stato già  compreso da lungo tempo. Per esempio, c’ò un sogno che io posso produrre in me quando voglio, per così dire sperimentalmente. Se la sera mangio sardine, olive o qualsiasi altro cibo molto salato, durante la notte mi viene sete e mi sveglio. Ma il mio risveglio ò preceduto da un sogno che ha sempre lo stesso contenuto cioò che sto bevendo. Sogno che sto già  bevendo a grandi sorsi dell’acqua, che ha quel sapore delizioso delle bevande fredde per chi ò arso dalla sete. I sogni dei bambini sono spesso mere soddisfazioni di desideri e in questo caso sono ben poco interessanti in confronto ai sogni degli adulti. Essi non sollevano problemi da risolvere, ma d’altra parte hanno una grandissima importanza al fine di dimostrare che i sogni, nella loro essenza, rappresentano l’adempimento dei desideri. Quando, nel corso di un lavoro scientifico, ci si trova di fronte ad problema difficile da risolvere, ò spesso un buon sistema quello di aggiungere all’originale un secondo problema, proprio come ò più facile schiacciare due noci insieme piuttosto che separatamente. àˆ vero che ci sono dei sogni […] che sono palesi appagamenti di desideri. Ma nei casi in cui non si può riconoscere la soddisfazione del desiderio, dove questo ò mascherato, ci deve essere stato un atteggiamento di difesa contro di esso: e proprio per questa difesa il desiderio non si ò potuto esprimere se non in una forma distorta. Possiamo […] presumere che, nel singolo individuo, i sogni ricevano una forma dall’azione di due forze psichiche (che possiamo anche chiamare correnti o sistemi), una delle quali costruisce il desiderio espresso dal sogno, mentre l’altra esercita una censura su di esso provocando, di conseguenza, una deformazione della sua espressione. L’identificazione ò un fattore molto importante nel meccanismo dei sintomi isterici: riesce a far esprimere ai pazienti nei loro sintomi non solo le loro esperienze personali, ma anche quelle di un gran numero di altre persone, a farli soffrire in un certo senso per tutta una folla di gente e a recitare tutte le parti di una commedia da soli. L’identificazione viene più frequentemente usata nell’isteria per esprimere un comune elemento sessuale. L’isterica si identifica nei suoi sintomi di preferenza, anche se non esclusivamente, con le persone con le quali ha avuto rapporti sessuali o con quelle che hanno avuto rapporti sessuali con le stesse persone con le quali ne ha avuti lei. C’ò una componente masochista nella costituzione sessuale di molte persone, che deriva dalla trasformazione nel suo contrario della componente aggressiva, sadica. Quelli che provano piacere, non nel dolore fisico inflitto loro, ma nell’umiliazione e tortura mentale, si possono chiamare “masochisti mentali”. Si comprende subito che questo tipo di persone può fare sogni contrari a desideri e sogni spiacevoli, che tuttavia sono realizzazioni di desideri perchè soddisfano le loro tendenze masochiste. Tutti abbiamo dei desideri che preferiremmo non svelare ad altre persone e desideri che non ammettiamo nemmeno di fronte a noi stessi. I sogni di angoscia sono sogni di contenuto sessuale, in cui la libido ò stata trasformata in angoscia. I sogni possono scegliere il loro materiale da qualunque parte della vita del sognatore, purchè ci sia un’associazione di pensieri che leghi l’esperienza del giorno del sogno (le impressioni “recenti”) con quelle più lontane. I nostri pensieri nei sogni sono dominati dallo stesso materiale che ci tiene impegnati durante il giorno, e ci preoccupiamo di sognare solo quelle cose che ci hanno dato ragione di riflettere durante il giorno. Il regno del motto di spirito non conosce frontiere. Se nel corso di un solo giorno abbiamo due o più esperienze adatte a provocare un sogno, questo farà  riferimento ad un tutto unico; esso ò costretto a farne un’unità . Non ci sono sogni “innocenti”. Queste sono le mie opinioni nel senso più rigoroso e più assoluto, se lasciamo da parte i sogni dei bambini e forse le brevi reazioni oniriche a sensazioni provate durante la notte. A parte questo, ciò che sogniamo o si riconosce in modo manifesto come psichicamente significativo, o ò deformato e non può essere giustificato finchè il sogno non ò stato interpretato, dopo di che ancora una volta risulta essere significativo. I sogni non riguardano mai delle sciocchezze; non permettiamo infatti che il nostro sonno venga turbato da inezie. I sogni apparentemente innocenti si rivelano essere l’opposto quando si prende la cura di interpretarli. Si potrebbe dire che sono lupi in veste d’agnelli. Ogni sogno ò legato alle esperienze recenti nel suo contenuto manifesto, mentre si ricollega alle esperienze più lontane nel suo contenuto latente. I sogni spesso sembrano avere più di un significato. Essi, come hanno mostrato i nostri esempi, includono parecchie soddisfazioni di desideri, l’una accanto all’altra; inoltre, una successione di significati o di soddisfazioni di desideri può essere sovrapposta ad un’altra, dove quella più profonda ò la soddisfazione di un desiderio della prima infanzia. E qui ci si dovrebbe chiedere di nuovo se non sia più esatto asserire ciò che avviene “sempre”, piuttosto che “spesso”. Il fatto che i significati dei sogni siano disposti in strati sovrapposti costituisce uno dei più delicati ma anche dei più interessanti problemi dell’interpretazione dei sogni. Chiunque dimentichi questa possibilità  andrà  facilmente fuori strada e arriverà  a fare delle affermazioni insostenibili sulla natura dei sogni. In genere non siamo in grado di interpretare i sogni di un’altra persona, a meno che essa non sia preparata a comunicare i pensieri inconsci che si celano dietro al suo contenuto. In genere ogni persona ha la facoltà  di costruire il suo mondo onirico secondo le proprie caratteristiche individuali, rendendolo così incomprensibile agli altri. Appare evidente, comunque, che in contraddizione con questo, ci sono certi sogni simili per tutti e che si presume abbiano lo stesso significato per tutti. Un interesse particolare ò collegato a questi sogni tipici, poichè essi presumibilmente sorgono dalle stesse fonti in ogni caso e quindi sembrano particolarmente qualificati a chiarire le fonti del sogno. Solo nell’infanzia ci facciamo vedere seminudi da membri della famiglia e da estranei, governanti, cameriere, ospiti, e solo allora non ci vergogniamo della nostra nudità . Possiamo ora osservare che lo spogliarsi ha un effetto quasi inebriante su molti bambini, anche quando sono più grandi, invece di far loro provare vergogna. Ridono e saltano da tutte le parti e si colpiscono, mentre la madre o chiunque sia presente li rimprovera, dicendo: “Vergognati, questo non si fa!”. I bambini spesso manifestano il desiderio di esibirsi. Il paradiso stesso non ò altro che una fantasia collettiva dell’infanzia dell’individuo. Ecco perchè l’umanità  era nuda in paradiso e non c’era vergogna, finchè arrivò il momento in cui si risvegliò la vergogna e l’angoscia, seguì la cacciata e cominciò la vita sessuale e il compito della civiltà . Ma noi possiamo riconquistare questo paradiso ogni notte nei nostri sogni. Nella psicoanalisi si impara ad interpretare la contiguità  temporale come connessione oggettiva. Due pensieri che si susseguono immediatamente senza un nesso apparente, compongono in realtà  un’unità  che deve essere scoperta; allo stesso modo, se scrivo una “a” e una “b” di seguito, devono essere pronunciate come un’unica sillaba “ab”. Lo stesso vale per i sogni. I desideri che il sogno soddisfa non sono sempre desideri attuali. Possono anche essere desideri del passato che sono stati abbandonati, ricoperti da altri, rimossi, e ai quali dobbiamo attribuire una specie di continuazione di esistenza solo a causa del loro rivivere in un sogno. Essi sono morti nel senso che diamo noi alla parola, ma solo nel senso delle ombre dell’Odissea, che si risvegliavano ad una certa forma di vita appena bevevano del sangue. Se qualcuno sogna, con tutte le espressioni di dolore, che il padre o la madre o un fratello o una sorella muoiono, non impiegherei mai il sogno come prova che egli desidera la morte di quella persona in quel momento. La teoria dei sogni non richiede tanto; le basta la deduzione che questa morte ò stata desiderata una volta o l’altra durante l’infanzia del sognatore. Molte persone […] che amano i fratelli e le sorelle e che si sentirebbero desolate per la loro morte, nutrono contro di essi desideri cattivi nell’inconscio da moltissimo tempo; e questi desideri possono essere realizzati dai sogni. I sentimenti ostili tra fratelli e sorelle devono essere molto più frequenti nell’infanzia di quanto possa osservare l’occhio cieco dell’adulto. I sogni di morte dei genitori si applicano con maggiore frequenza al genitore dello stesso sesso del sognatore: cioò, gli uomini sognano soprattutto la morte del padre, le donne quella della madre. Non posso pretendere che ciò sia universalmente vero, ma lo ò nella maggioranza dei casi, in modo così evidente da richiedere una spiegazione basata su un elemento che abbia validità  generale. Grosso modo, ò come se si provasse nei primi anni una preferenza sessuale: come se i ragazzi considerassero i padri e le ragazze le madri dei rivali in amore, la cui eliminazione non potrebbe non avvantaggiarli. Il medico ha spesso occasione di notare che il dolore del figlio per la perdita del padre non riesce a soffocare la soddisfazione per aver infine conseguito la sua libertà . Le occasioni di conflitto tra la figlia e la madre sorgono quando la figlia comincia a crescere e a desiderare la libertà  sessuale, mentre si trova sotto la tutela della madre; e per la madre, d’altra parte, la crescita della figlia ò l’avvertimento che ò venuta per lei l’ora di abbandonare le sue pretese di soddisfazioni sessuali. Il desiderio della morte dei genitori risale alla primissima infanzia. Nel caso di psiconevrotici soggetti all’analisi, questa supposizione trova conferma con certezza assoluta. I genitori dimostrano in genere una parzialità  sessuale: una predilezione naturale fa in genere in modo che l’uomo tenda a viziare le figliolette, mentre la madre prende la parte dei maschietti; ciò anche se entrambi, quando il loro giudizio non ò turbato dalla magia del sesso controllano severamente l’educazione dei loro figli. Il bambino ò ben consapevole di questa parzialità  e si ribella contro quello dei genitori che ad essa si oppone. L’essere amato da un adulto non solo porta al bambino la soddisfazione di una particolare esigenza ma anche la certezza che si cederà  alla sua volontà  in tutto il resto. Così egli seguirà  il suo istinto sessuale e nello stesso tempo rafforzerà  la preferenza mostrata dai genitori, se la sua scelta coincide con la loro. I genitori hanno la parte più importante nella vita psichica di tutti i bambini che diventeranno psiconevrotici. L’amore per un genitore e l’odio per l’altro sono le componenti essenziali del gruppo di impulsi psichici che si forma in quel periodo e che ò tanto importante per la determinazione dei sintomi della successiva nevrosi. I sogni sono brevi, miseri e laconici in confronto all’estensione e abbondanza dei pensieri del sogno. Un sogno scritto riempirà  forse mezza pagina, l’analisi che ricerca i pensieri latenti può prendere uno spazio sei, otto o dieci volte maggiore. Questo rapporto varia a seconda dei sogni, ma la mia esperienza mi fa credere che la direzione non cambia mai. La formazione dei sogni [ò] basata su un processo di condensazione. I sogni prendono in considerazione in generale la connessione che indubbiamente esiste tra tutte le parti dei pensieri del sogno, fondendo tutto il materiale in un’unica situazione o fatto. Essi riproducono la connessione logica mediante la simultaneità  del tempo. E qui agiscono come il pittore che in un quadro della Scuola di Atene o del Parnaso rappresenta in un unico gruppo tutti i filosofi o tutti i poeti. àˆ vero che in realtà  non si sono mai riuniti tutti in un’unica sala o su una cima di montagna, ma certamente formano un gruppo concettualmente. L’altemativa “o-o” non può essere espressa nei sogni in alcun modo. […] Se, nel raccontare un sogno, il narratore si sente portato a servirsi di un “o-o”, – per esempio, “era un giardino o un salotto” -, nei pensieri del sogno non c’era un’alternativa ma un “e”, una semplice aggiunta. Un “o-o” si usa soprattutto per descrivere un elemento del sogno che abbia un carattere vago, che comunque può essere risolto. In questi casi la regola per l’interpretazione ò: considera di uguale valore le due apparenti alternative e collegale con un “e”. So per esperienza, alla quale non ho trovato eccezioni, che ogni sogno tratta del sognatore stesso. I sogni sono completamente egoistici. Ogni volta che il mio Io non appare nel contenuto del sogno, ma c’ò solo qualche sconosciuto, posso ritenere con sicurezza che il mio Io si cela mediante l’identificazione con questa persona; posso inserire il mio Io nel contesto. Altre volte, quando il mio Io appare nel sogno, la circostanza in cui appare può farmi capire che c’ò qualche altra persona nascosta dietro di me per identificazione. In tal caso il sogno dovrebbe ammonirmi di trasferire su me stesso, durante l’interpretazione, l’elemento comune nascosto, che si riferisce a quella persona. Ci sono dei sogni in cui il mio Io appare insieme ad altre persone, che, quando si risolve l’identificazione, risultano essere di nuovo il mio Io. Grazie a queste identificazioni dovrei quindi essere in grado di portare il mio lo a contatto con determinate idee la cui accettazione ò stata proibita dalla censura. Quindi il mio lo può essere rappresentato in un sogno parecchie volte, ora direttamente, ora mediante la identificazione con persone estranee. Molto spesso l’inversione viene impiegata proprio nei sogni che sorgono da impulsi omosessuali repressi. I commenti su un sogno, o le osservazioni apparentemente ingenue, spesso servono a mascherare una parte di quanto si ò sognato nella maniera più sottile; ma in realtà  la tradiscono. In qualsiasi lingua i termini concreti, a causa della storia del loro sviluppo, sono più ricchi di associazione dei termini concettuali. Le parole, poichè sono i centri di collegamento di numerose idee, possono considerarsi come predestinate all’ambiguità ; e le nevrosi (per esempio, le ossessioni e le fobie), non meno dei sogni, si servono spudoratamente dei vantaggi offerti dalle parole a scopo di condensazione e mascheramento. Nell’interpretazione di qualsiasi elemento del sogno in genere ò dubbio: a. se esso vada preso in senso positivo o negativo (come relazione antitetica); b. se debba essere interpretato storicamente (come un ricordo); c. o simbolicamente, o d. se la sua interpretazione debba dipendere dall’espressione verbale. La presenza dei simboli nei sogni non solo per alcuni versi facilita la loro interpretazione, ma la rende per altri versi più difficile. Nessun altro istinto ò stato soggetto fin dall’infanzia a tanta repressione, quanto l’istinto sessuale con le sue numerose componenti. […] Nessun altro istinto lascia tanti desideri inconsci e così forti, pronti a produrre sogni nello stato di sonno. Nell’interpretare i sogni non dovremmo mai dimenticare l’importanza dei complessi sessuali, evitando naturalmente l’esagerazione di attribuire ad essi importanza esclusiva. Possiamo affermare che molti sogni, se attentamente interpretati, sono bisessuali, in quanto ammettono senza dubbio una sovrainterpretazione in cui si realizzano gli impulsi omosessuali del sognatore, gli impulsi, cioò, che sono contrari alle sue normali attività  sessuali. Tuttavia sostenere, come fanno Stekel e Adler, che tutti i sogni devono essere interpretati bisessualmente mi sembra una generalizzazione nello stesso tempo indimostrabile e poco probabile che non mi sento di appoggiare. In particolare poi non posso ignorare il fatto evidente che ci sono numerosi sogni che soddisfano esigenze diverse da quelle erotiche, nel senso più ampio della parola: sogni di fame e di sete, sogni di comodità , ecc. Quando io insisto con i miei pazienti sulla frequenza dei sogni edipici, in cui il sognatore ha un rapporto sessuale con la propria madre, essi rispondono spesso: “Non ricordo di aver mai fatto un sogno simile”. Subito dopo, tuttavia, verrà  fuori un ricordo di qualche altro sogno poco chiaro e indifferente, che il paziente ha fatto ripetutamente. L’analisi mostra allora che questo ò effettivamente un sogno con lo stesso contenuto, ancora una volta un sogno edipico. Posso affermare con certezza che i sogni mascherati di rapporti sessuali con la madre del sognatore sono molto più frequenti di quelli manifesti. L’evoluzione del linguaggio ha facilitato molto le cose ai sogni. La lingua ha infatti a sua disposizione moltissime parole che in origine avevano un significato figurato e concreto, ma oggi sono usate in senso sbiadito e astratto. Tutto quanto i sogni devono fare ò dare a queste parole il loro pieno significato primitivo o retrocedere ad una fase precedente del loro sviluppo. Le impressioni del secondo anno di vita, e a volte anche del primo, lasciano un’impronta durevole sulla vita emotiva di coloro che in seguito si ammaleranno, e […] queste impressioni, anche se deformate e in molti modi esagerate dalla memoria, possono costituire la prima e la più profonda base dei sintomi isterici. I pazienti, cui spiego queste cose al momento giusto, usano parodiare questa conoscenza appena acquisita dichiarando di essere pronti a cercare ricordi che risalgono al tempo in cui non erano ancora in vita. Il distacco degli affetti dal materiale rappresentativo che li ha generati ò la cosa più sorprendente che possa loro accadere durante la formazione dei sogni; ma non ò nè l’unica nè la più essenziale alterazione che essi subiscono nel loro cammino dai pensieri del sogno al sogno manifesto. Se confrontiamo gli affetti dei pensieri del sogno con quelli del sogno, una cosa diventa subito evidente. Ogni volta che c’ò un affetto in un sogno, esso si trova anche nei pensieri del sogno. Ma non viceversa. Un sogno ò generalmente più povero di affetto del materiale psichico dalla cui elaborazione proviene. Quando ho ricostruito i pensieri del sogno, generalmente scopro che in essi i più intensi impulsi psichici lottano per farsi sentire e lottano in genere contro altri che sono in acuto contrasto con essi. Se poi ritorno al sogno esso appare spesso sbiadito e privo di tonalità  emotiva di notevole intensità . Il lavoro onirico ha ridotto a un livello di indifferenza non solo il contenuto ma spesso anche il tono emotivo dei miei pensieri. Si potrebbe dire che il lavoro onirico determina una repressione di affetti. L’inibizione di affetto […] deve essere considerata la seconda conseguenza della censura dei sogni, come la deformazione del sogno ne ò la conseguenza prima. Come le rappresentazioni di cose possono apparire nei sogni trasformate nei loro opposti, così anche gli affetti collegati ai pensieri del sogno; e sembra probabile che questa inversione di affetti sia prodotta in genere dalla censura del sogno. Nella vita sociale, ci serviamo ugualmente della repressione e dell’inversione degli affetti, principalmente a scopo di dissimulazione. Solo i rimproveri in cui c’ò qualcosa di vero feriscono; solo quelli ci turbano. La mia vita emotiva ha sempre richiesto un amico intimo e un nemico odiato. Sono sempre riuscito a procurarmene di nuovi ed ò anzi successo spesso che la situazione ideale dell’infanzia si sia riprodotta così completamente da riunire nella stessa persona l’amico e il nemico, naturalmente non nello stesso momento o con continue oscillazioni, come deve essere successo nella mia prima infanzia. Non si può negare che interpretare e raccontare i propri sogni richieda un alto grado di autodisciplina. Si ò costretti ad emergere come l’unico mascalzone tra una folla di persone nobili con le quali si divide la vita. Ci siamo trovati di fronte all’interrogativo, se la mente impieghi tutte le sue facoltà  senza riserve per la formazione dei sogni o solo una parte di esse funzionalmente limitata. Le nostre indagini ci inducono a rifiutare interamente la forma in cui ò stata posta questa domanda, poichè date le circostanze essa risulta inadeguata. Ma se dovessimo rispondere alla domanda nei termini in cui ò stata posta, saremmo costretti a rispondere in senso affermativo ad entrambe le alternative, anche se apparentemente si escludono a vicenda. L’affermazione fatta in questi termini perentori (“Tutto ciò che interrompe il progresso del lavoro onirico ò una resistenza”) ò facilmente aperta ai malintesi. Naturalmente si deve prendere solo come una regola tecnica, come un avvertimento agli analisti. Non si può confutare che nel corso dell’analisi si possono verificare diversi eventi non imputabili alle intenzioni del paziente. Il padre può morire senza che egli lo abbia assassinato, o può scoppiare una guerra che interrompe l’analisi. Ma al di là  dell’evidente esagerazione, l’affermazione sostiene qualcosa di nuovo e di vero. Anche se l’evento che causa l’interazione ò reale e indipendente dal paziente, dipende spesso da lui l’entità  dell’interazione che provoca; e la resistenza si rivela inequivocabilmente nella prontezza con !a quale accetta un fatto di questo genere e nell’abuso che ne fa. àˆ indubbio che dimentichiamo sempre di più i sogni con il passare del tempo, dopo il risveglio; spesso li dimentichiamo nonostante i più faticosi sforzi per ricordarli. Ma sono dell’opinione che l’entità  di questo oblio sia in genere sopravvalutata; e c’ò anche una sopravvalutazione della limitazione della nostra conoscenza del sogno a causa delle lacune. Spesso ò possibile mediante l’analisi ritrovare tutto quanto ò stato perso dimenticando il contenuto del sogno; o almeno, in numerosi casi si può ricostruire da un frammento non il sogno, che in ogni caso non ò importante, ma l’insieme dei pensieri del sogno. Ciò richiede una certa attenzione e autodisciplina nel compiere l’analisi; questo ò tutto, ma dimostra che non manca un fine ostile (di resistenza) attivo nel dimenticare i sogni. L’oblio dei sogni dipende molto di più dalla resistenza che dalla concezione, messa in rilievo dagli altri autori, che lo stato della veglia e quello del sonno siano estranei l’uno all’altro. Nessuno si deve aspettare che l’interpretazione dei suoi sogni gli cada in grembo come la manna dal cielo. […] Deve ricordarsi del consiglio di Claude Bernard ai ricercatori di un laboratorio fisiologico: “travailler comme une bete”, lavorare, cioò, con l’ostinazione di una bestia e con noncuranza per il risultato. Seguendo questo consiglio, il compito non sarà  più così difficile. Alla domanda se tutti i sogni possano essere interpretati, bisogna rispondere negativamente. Non si deve dimenticare che nell’interpretazione del sogno siamo ostacolati dalle forze psichiche responsabili della sua deformazione. àˆ quindi questione di forza relativa, se, nell’interpretazione del sogno, il nostro interesse intellettuale, la nostra capacità  di autodisciplina, le nostre conoscenze psicologiche e la nostra pratica riescono a dominare le resistenze interne. E’ sempre possibile arrivare fino a un certo punto: in ogni caso fino a convincerci che il sogno ò una struttura con un significato, e in genere anche fino ad avere un’idea sul suo significato. Spesso c’ò una parte anche nel sogno interpretato più a fondo che dev’essere lasciata oscura; ciò avviene perchè ci rendiamo conto durante il lavoro di interpretazione che a quel punto c’ò un nodo di pensieri del sogno che non può essere districato e che inoltre non aggiunge nulla alla nostra conoscenza del contenuto del sogno. Questo ò l’ombelico del sogno, il punto dove si immerge nell’ignoto. I pensieri del sogno, ai quali ci conduce l’interpretazione, non possono, per la natura delle cose, avere dei punti d’arrivo determinati; sono costretti a ramificarsi in tutte le direzioni nell’intricata rete del mondo del pensiero. E il desiderio del sogno emerge in qualche punto in cui questa rete ò particolarmente fitta, come un fungo dal suo micelio. I deliri sono il prodotto della censura che non si preoccupa più di celare la sua attività : invece di collaborare nel produrre una nuova versione che sia ineccepibile, distrugge apertamente ciò che disapprova, così che ciò che rimane diventa piuttosto incoerente. Questa censura agisce esattamente come la censura dei giornali alla frontiera russa, che lascia andare tra le mani dei suoi lettori, che deve proteggere, i giornali stranieri, solo dopo aver cancellato i passaggi pericolosi. I desideri inconsci sono sempre attivi. Ma, nonostante questo, sembra che non siano abbastanza forti da rendersi percettibili durante il giorno. Posso dire che ò di esperienza quotidiana il fatto che il rapporto sessuale tra adulti sembri spaventoso ai bambini che lo osservano e che provochi angoscia in essi. Ho spiegato questa angoscia deducendo che stiamo trattando di una eccitazione sessuale che la loro intelligenza non ò in grado di affrontare, e che inoltre essi indubbiamente rifiutano poichè implica i loro genitori; e quindi si trasforma in angoscia. La nostra teoria dei sogni considera i desideri che risalgono all’infanzia come la forza motrice indispensabile per la formazione dei sogni. Il punto non ò che i sogni creano la fantasia, ma piuttosto che l’attività  inconscia della fantasia contribuisce notevolmente alla formazione dei pensieri del sogno. Le elaborazioni di pensiero più complicate sono possibili senza la partecipazione della coscienza. Il sogno non ò un fenomeno patologico; non presuppone un disturbo dell’equilibrio psichico; non lascia dietro di sè una perdita di efficienza. L’interpretazione dei sogni ò la strada maestra verso la conoscenza delle attività  inconsce della mente. I sogni non sono gli unici fenomeni che ci permettano di trovare nella psicologia una base per la psicopatologia. Il medico e il filosofo si incontrano solo se entrambi riconoscono che l’espressione “processi psichici inconsci” ò “l’espressione giusta e adatta di un fatto assodato con certezza”. Il medico può solo scrollare le spalle, se si sente dire che “la coscienza ò la caratteristica indispensabile di ciò che ò psichico”, e forse, se nutre ancora abbastanza rispetto per le espressioni dei filosofi, penserà  che non si sono occupati della stessa cosa e non hanno lavorato per la stessa scienza. Poichè anche una sola osservazione comprensiva della vita psichica di un nevrotico o un’unica analisi di un sogno devono lasciargli l’irremovibile convinzione che i più complicati e razionali processi del pensiero, cui certamente non si può negare il nome di processi psichici, possono manifestarsi senza eccitare la coscienza del soggetto. àˆ necessario abbandonare la sopravvalutazione della qualità  di essere coscienti per potersi formare una visione esatta dell’origine di ciò che ò psichico. Si deve ritenere che l’inconscio sia la base generale della vita psichica. L’inconscio ò la sfera più larga, che comprende all’interno la più piccola del conscio. Qualsiasi cosa cosciente ha uno stadio preliminare inconscio; mentre ciò che ò inconscio può restare a quello stadio e tuttavia reclamare il valore pieno di processo psichico. L’inconscio ò la vera realtà  psichica; nella sua intima essenza ci ò sconosciuto quanto la realtà  del mondo esterno, e la coscienza ce lo presenta in modo così incompleto come i nostri organi sensori ci comunicano il mondo esterno. Siamo probabilmente portati a sopravvalutare notevolmente il carattere cosciente della produzione intellettuale e artistica. I racconti fatti da alcuni degli uomini più produttivi, quali Goethe e Helmholtz, ci mostrano piuttosto che ciò che ò essenziale e nuovo nelle loro creazioni ò venuto loro senza premeditazione e quasi come un insieme già  pronto. Non c’ò nulla di strano se in altri casi, dove si richiedeva una concentrazione di tutte le facoltà  intellettuali, anche l’attività  cosciente abbia dato il suo contributo. Ma l’attività  cosciente abusa troppo del suo privilegio per cui, ogni volta che ha un ruolo, nasconde ai nostri occhi tutte le altre attività . I molteplici problemi della coscienza si possono afferrare solo mediante un’analisi dei processi di pensiero nell’isteria. Credo che l’imperatore romano che fece uccidere uno dei suoi uomini perchè aveva sognato di assassinare l’imperatore, avesse torto. Avrebbe dovuto cominciare con il cercare di scoprire il significato del sogno; molto probabilmente il suo significato era diverso da quello che sembrava. E anche se un sogno con un contenuto diverso contenesse un atto di lesa maestà  come significato, non sarebbe forse giusto ricordare il detto di Platone, che l’uomo virtuoso si accontenta di sognare ciò che un uomo malvagio fa realmente? Credo che la cosa migliore sia lasciar liberi i sogni. Nell’epoca che possiamo chiamare prescientifica gli uomini non avevano difficoltà  nel trovare una spiegazione ai sogni. Quando al risveglio ricordavano un sogno, lo consideravano una manifestazione favorevole od ostile di potenze superiori, demoniache e divine. Allorchè cominciarono a diffondersi le dottrine naturalistiche, tutta questa ingegnosa mitologia si mutò in psicologia, ed oggi solo un’esigua minoranza delle persone istruite dubita che i sogni siano un prodotto della mente del sognatore. Un giorno ho scoperto con grande stupore che la concezione dei sogni più vicina alla verità  non era quella medica, bensì quella popolare, per quanto fosse ancora per metà  implicata nella superstizione. Le fobie e le ossessioni sono estranee alla coscienza normale come lo sono i sogni per la coscienza vigile, e la loro origine ò ignota alla coscienza come quella dei sogni. Abbiamo tutte le ragioni per aspettarci che una spiegazione dei processi psichici dei bambini, nei quali essi, forse, sono notevolmente semplificati, risulti una premessa indispensabile per le ricerche sulla psicologia dell’adulto. Nel caso degli adulti, chiunque abbia esperienza nell’analizzarne i sogni scoprirà  con stupore che anche quelli che all’apparenza sono di una chiarezza trasparente, raramente sono semplici come nei bambini e che al di là  della realizzazione di desiderio può essere celato qualche altro significato. Solo raramente ricorrono nei sogni delle riproduzioni fedeli e dirette di scene reali. Numerosi fenomeni della vita quotidiana di persone sane, come dimenticanze, lapsus, movimenti goffi ed una particolare classe di errori, sono determinati da un meccanismo psichico analogo a quello dei sogni e degli altri anelli della serie. Il futuro che ci mostra il sogno non ò quello che accadrà , ma quello che vorremmo accadesse. La mente popolare si comporta qui come fa generalmente: crede in ciò che desidera. I sogni ricadono in tre categorie, a seconda del loro atteggiamento nei confronti dell’appagamento di desiderio. La prima categoria ò costituita da quei sogni che rappresentano apertamente un desiderio non rimosso: si tratta dei sogni di tipo infantile che diventano sempre più rari tra gli adulti. In secondo luogo ci sono i sogni che esprimono un desiderio rimosso con un travestimento: questi indubbiamente costituiscono la stragrande maggioranza dei nostri sogni e possono essere compresi solo con l’analisi. Infine ci sono i sogni che rappresentano un desiderio rimosso, senza mascherarlo o con una maschera insufficiente. Questi ultimi sogni sono sempre accomunati dall’angoscia, che li interrompe. In tal caso l’angoscia sostituisce la deformazione onirica, e nei casi della seconda categoria l’angoscia si evita solo grazie al lavoro onirico. Non ò difficile dimostrare che il contenuto rappresentativo che produce l’angoscia era una volta un desiderio, che poi ò stato rimosso. La nostra ipotesi ò che nell’apparato psichico ci siano due agenti di creazione del pensiero, di cui il secondo gode il privilegio di fare accedere liberamente alla coscienza i suoi prodotti, mentre l’attività  del primo ò in sè inconscia e può raggiungere la coscienza solo attraverso il secondo. Qualunque desiderio o bisogno ha l’effetto di inibire Il sonno. àˆ indiscutibile che i bambini credano alle immagini oniriche, poichè queste sono rivestite dell’apparenza psichica di percezioni, ed essi non hanno ancora acquisito la facoltà  di distinguere le allucinazioni o le fantasie dalla realtà . Dopo avere studiato la sessualità  infantile, che ò spesso così riservata nelle sue manifestazioni ed ò sempre trascurata e incompresa, possiamo dire che quasi tutti gli individui civilizzati conservano sotto qualche aspetto le forme infantili di vita sessuale. Possiamo quindi comprendere perchè i desideri sessuali infantili rimossi costituiscano impulsi più frequenti e potenti per la formazione dei sogni. La maggior parte dei simboli del sogno serve a rappresentare persone, parti del corpo e attività  di interesse erotico; in particolare, i genitali sono rappresentati da numerosi simboli spesso sorprendenti, e la più grande varietà  di oggetti serve ad indicarli simbolicamente. Armi appuntite, oggetti lunghi e rigidi, come tronchi e bastoni, rappresentano l’organo genitale maschile; mentre armadi, scatole, carrozze e forni rappresentano l’utero. In linea generale, possiamo distinguere due tipi fondamentali di dimenticanze di nomi: un nome può essere dimenticato sia perchè direttamente collegato a qualcosa di sgradevole, sia per il suo nesso con altre parole le quali, a loro volta, richiamino qualcosa di sgradevole. Dunque, i nomi possono essere perturbati nella riproduzione sia per motivi loro, sia per relazioni associative più o meno prossime. Tutti noi sogniamo prevalentemente in immagini visive. Nei ricordi d’infanzia ritroviamo, in un certo senso, questa stessa regressione: essi si presentano sempre in caratteri plasticamente visivi, e ciò anche nei soggetti i cui ricordi successivi non hanno questa caratteristica. Così, i ricordi visivi si accostano al tipo dei ricordi infantili. I lapsus si verificano spesso in periodo di guerra, fenomeno, del resto, facilmente spiegabile. L’affinità  tra un lapsus ed un gioco di parole può essere molto forte. Dobbiamo osservare che spessissimo gli aristocratici deformano i nomi dei loro medici, dal che si può dedurre che, in fondo, nonostante la cortesia che ostentano nei loro riguardi, in qualche modo li disprezzano. Il lapsus non ha alcun bisogno di essere facilitato dalla rassomiglianza fonetica e […] può essere provocato da rapporti inconsci di natura esclusivamente psichica. La sostituzione di ciò che si vorrebbe dire con il suo contrario ò determinata dalla autocritica, da un’intima opposizione contro le parole che ci si propone di pronunciare. Ci si accorge allora con meraviglia che il tenore di un’affermazione, di una assicurazione, di una protesta, contraddice nettamente all’intenzione verbale e che il lapsus mette a nudo l’assenza di una sincerità  profonda. L’ilarità  e lo scherno che i lapsus linguae provocano in circostanze importanti sono una conferma contro l’opinione generalmente ammessa per cui questi lapsus sarebbero errori puri e semplici, senza altro significato psicologico. La perturbazione del linguaggio sta ad indicare un conflitto interiore. Io escludo che qualcuno possa commettere un lapsus nel corso di una udienza davanti a Sua Maestà , durante un’ardente dichiarazione d’amore o davanti ai giurati, mentre si ò impegnati a difendere il proprio onore, il proprio nome, insomma in tutti quei casi in cui si partecipa totalmente a ciò che si dice. Un modo di scrivere chiaro e piano dimostra che l’autore ò d’accordo con se stesso, mentre frasi contorte ed artificiose ci si presentano, senza tema di errore, come espressione di idee complicate, poco chiare, esposte senza convinzione, come appesantite dall’autocritica dell’autore. Dimenticare di apporre la propria firma ò un caso intermedio tra il lapsus calami e la dimenticanza. Un assegno non firmato equivale ad un assegno dimenticato. A chi tendesse a sopravvalutare lo stato attuale delle nostre conoscenze della vita psichica basterebbe ricordare la funzione della memoria per costringerlo alla modestia. Nessuna teoria psicologica ò stata ancora in grado di fornire una spiegazione generale del fenomeno fondamentale della memoria e della dimenticanza; e perfino l’analisi completa dei dati dell’osservazione ò appena iniziata. L’abilità  inconscia con la quale motivi reconditi, ma importanti, ci fanno perdere degli oggetti, ò paragonabile soltanto alla “sicurezza sonnambolica”. Esaminando attentamente i casi di impossibilità  a ritrovare oggetti smarriti, si ò costretti ad ammettere che non può esservi altra causa che un’intenzione inconscia. La tendenza a dimenticare ciò che ò penoso o riprovevole mi sembra generale, anche se la facoltà  di dimenticare ò più o meno sviluppata secondo gli individui. Nella pratica medica ci imbattiamo in più di un caso in cui i sintomi sono negati e probabilmente non sono altro che dimenticanze. Il principio architettonico dell’apparato psichico ò la sovrapposizione, la stratificazione di più istanze differenti. Riguardo alle tradizioni e alle leggende di un popolo si ammette generalmente che, per capirle a fondo, bisogna tener conto […] del desiderio di far sparire dal ricordo del popolo ogni fatto che possa ferire il suo sentimento nazionale. Forse, in seguito, uno studio più approfondito permetterà  di stabilire una perfetta analogia fra il modo in cui si formano le tradizioni popolari, da una parte, ed i ricordi infantili del singolo individuo, dall’altra. Nell’autobiografia di Darwin, si trova il seguente passo, che rispecchia sia la sua precisione scientifica sia la sua perspicacia psicologica: “Per molti anni ho seguito una regola aurea: ogni volta che mi capitava di leggere o comunque di venire a conoscenza di un fatto o di un’osservazione o di una nuova idea, contraria ai risultati generali ottenuti da me li annotavo fedelmente ed immediatamente, perchè so per esperienza che idee e fatti del genere si scordano più facilmente di quelli che ci sono favorevoli”. Nessuno dimentica di eseguire azioni che reputa importanti, senza esporsi al sospetto di disturbo mentale. Le donne, che hanno un’intuizione più profonda dei processi psichici inconsci, sono generalmente portate a ritenersi offese se non le si riconosce per la strada, cioò se non le si saluta. Non pensano mai per prima cosa che la colpa possa essere della miopia o della disattenzione della persona incontrata. Sostengono che non sarebbe avvenuto se vi fosse stato dell’interesse. Anche negli uomini considerati onestissimi, si scoprono facilmente i segni di un dubbio comportamento nei riguardi del denaro e della proprietà . L’avidità  primitiva del lattante che cerca d’impadronirsi di tutti gli oggetti (per metterseli in bocca) non scompare del tutto, in linea generale, sotto l’influenza della cultura e dell’educazione. In materia di soldi la memoria degli uomini ò particolarmente tendenziosa. Ho potuto constatarlo su me stesso: dimenticare frequentemente di non aver ancora pagato quel che si deve ò un genere di errore molto tenace. Nei casi in cui non ci sono in ballo interessi considerevoli, per esempio il gioco delle carte, l’amore per il guadagno può mostrarsi liberamente. Allora anche gli uomini più onesti commettono facilmente errori di calcolo, errori di memoria, e senza neppure rendersene conto, sono coinvolti in piccole truffe. In questa libertà  si rivela il carattere psichicamente tonificante del gioco. àˆ esatta l’affermazione del proverbio il quale dice che il carattere degli uomini si rivela nel gioco, purchè non s’intenda il carattere manifesto. Anche gli errori di calcolo di camerieri di bar o di ristoranti possono spiegarsi alla stessa maniera. Tra i commercianti si può notare un certo ritardo nel pagare i conti: non ò una prova di cattiva volontà , poichè questo ritardo non gioverà  al guadagno, ma solo l’espressione della resistenza psicologica a staccarsi dal denaro. Brill osserva a questo proposito con perspicacia: “Dimentichiamo più facilmente lettere che contengono fatture che non quelle che contengono assegni”. Il fatto le donne abbiano una particolare avversione a pagare il medico, ò dovuto a motivi molto profondi e non ancora chiariti. Di solito lasciano a casa il portamonete, per cui non possono pagare subito la visita, tornate a casa dimenticano di spedire la somma dovuta (ciò avviene meno di frequente) come se volessero ottenere gratis ciò che hanno ricevuto “per i loro begli occhi”; esse, per così dire, pagano lasciandosi guardare. Ciò che costituisce il carattere essenziale del lavoro scientifico non ò la natura dei fatti trattati, ma il rigore metodico che presiede alla constatazione di quei fatti e la ricerca d’una sintesi più vasta possibile. Un proverbio dimostra che il buon senso popolare sa bene che nelle dimenticanze di propositi non c’ò nulla di accidentale. “Ciò che uno ha dimenticato di fare una volta, lo dimenticherà  molte altre volte.” Quante volte ho sentito dire: “Non mi assumo questo incarico, perchè me ne dimenticherei certamente”. Questa predizione non contiene assolutamente niente di mistico. Chi parlava in questo modo intuiva solo vagamente che non voleva assumersi l’incarico, ma non voleva confessarlo. Più che in qualsiasi altro settore, quello dell’attività  sessuale ci fornisce prove sicure del carattere intenzionale dei nostri atti casuali. Ciò perchè, in questo campo, il limite che negli atti può ancora esistere fra intenzionalità  e accidentalità  ò nullo. Succede spesso per strada che due persone che camminano in senso inverso nel tentativo di evitarsi e di cedersi la strada, perdono qualche secondo a spostarsi di qualche passo a destra o a sinistra, ma entrambi nello stesso senso fino a fermarsi l’uno di fronte all’altro. Si crea una situazione spiacevole ed imbarazzante, in cui generalmente si vede l’effetto di una goffaggine accidentale. Invece ò possibile provare che in molti casi questa goffaggine nasconde intenzioni sessuali e riproduce un atteggiamento maleducato e provocatorio dell’età  giovanile. Ho potuto capire, dalle analisi dei nevrotici, che la cosiddetta spontaneità  dei giovani e dei ragazzi ò una maschera che essi usano per esprimere o fare senza vergogna parecchie cose sconvenienti. Qualsiasi cambiamento del modo abituale di vestirsi, qualsiasi negligenza, per esempio un bottone abbottonato male, una parte del corpo lasciata distrattamente scoperta, significa sempre qualcosa che il proprietario degli abiti non vuol dire direttamente e di cui il più delle volte non ha alcun sospetto. Gli atti sintomatici, di una incredibile varietà  sia negli individui sani che nei nevrotici, meritano il nostro interessamento per più di un motivo. Essi forniscono al medico delle preziose indicazioni che gli permettono d’orientarsi nel cumulo di circostanze nuove o ancora poco note e rivelano all’osservatore profano tutto ciò che desidera sapere e qualche volta anche di più di quel che vorrebbe. Chi sa servirsi di queste indicazioni deve, all’occorrenza, procedere come faceva il re Salomone che, secondo la leggenda, comprendeva il linguaggio degli animali. Non ci si procura sempre degli amici fra coloro ai quali si rivela il significato dei loro atti sintomatici. Osservando la gente mentre ò a tavola si ha occasione di notare chiari atti sintomatici interessanti ed istruttivi. Nella maggior parte dei casi, la perdita di un oggetto ò un atto sintomatico, cioò nasconde un’intenzione inconscia da parte di colui che ha subito la perdita. Spesso la perdita di un oggetto sta a dimostrare il poco valore che gli si attribuisce, l’avversione per esso o per la persona dalla quale proviene; o, ancora, la tendenza a perdere un oggetto ò determinata da una associazione di idee simboliche che riversano l’avversione per un oggetto su di un altro. La perdita di oggetti preziosi esprime i più vari s

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