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Dei delitti e delle pene Dei delitti e delle pene é diviso in 42 brevi capitoli , ognuno dei quali tratta un aspetto specifico della questione dibattuta . Lo scopo dell’ opera nel suo insieme é di dimostrare l’ assurdità e l’ infondatezza del sistema giuridico vigente . Beccaria non esita a farlo passare come un sistema puramente repressivo e rappresentato nei suoi ingiustificati rituali di violenza . Invece di essere al servizio della giustizia , il sistema giudiziario si rivela finalizzato ad un mostruoso meccanismo di potere e di soprusi , dietro il quale si profila l’ ingiustizia che caratterizza l’ intera società che lo esprime . Non il benessere , ma la sofferenza della maggior parte dei cittadini é infine il risultato di una struttura così irrazionale . In particolare Beccaria tuona contro la pena di morte , vertice di inciviltà gestito dallo stato , e contro le pratiche di tortura , inutili e anzi spesso fuorvianti rispetto alla verità e comunque a loro volta barbare . Gli argomenti addotti da Beccaria sono grosso modo gli stessi , davvero difficili da confutare , che ancora oggi vengono ripetuti contro la prosecuzione di pene capitali e di torture : la tortura é quell’ orrenda pratica con la quale si sottopone il presunto colpevole a parlare ; ma se il compito della giustizia é di punire chi commette ingiustizia , la tortura fa l’ esatto opposto perchè colpisce tanto i criminali quanto gli innocenti , cercando di costringerli con la forza ad ammettere atti da loro non compiuti ; e poi sotto tortura anche un innocente finirà per confessare reati che non ha commesso pur di porre fine al supplizio . La tortura poi é ingiustificata perchè si applica ancor prima della condanna : Un uomo non può chiamarsi reo prima della sentenza del giudice . E, paradossalmente, con la tortura l’innocente é posto in peggiore condizione che il reo: infatti l’innocente se viene assolto dopo la tortura ha subito ingiustizia, ma il reo ci ha solo guadagnato, perchè é stato torturato ma , non avendo confessato, é risultato innocente e si é salvato dal carcere! Dunque l’innocente non può che perdere e il colpevole può guadagnare, nel caso in cui venga assolto. Ancora più complessa é la questione della pena di morte , ossia della vendetta istituzionalizzata : Beccaria riconosce la validità della pena di morte in Stati particolarmente deboli in cui i criminali fanno ciò che vogliono . Però nel 1700 , con il progressivo rafforzarsi degli Stati tramite l’ assolutismo illuminato , la pena di morte diventa assolutamente inutile : se lo Stato é forte , allora punirà senz’ altro il criminale , il quale , sapendo che agendo in quel modo verrà punito , non infrangerà la legge : egli non la infrangerà anche in assenza della pena di morte ; secondo Beccaria occorrono pene miti , ma che vengano sempre applicate : se la pena é minima , ma il criminale sa che dovrà scontarla e non potrà farla franca , allora non infrangerà la legge : la pena di morte diventa quindi assurda e inutile proprio perchè lo Stato é forte , capace di punire i criminali . L’ importante é che le pene vengano sempre apllicate , altrimenti il cittadino corretto e rispettoso della legge , vedendo che i trasgressori la fanno franca e non vengono puniti dalla legge , comincerà ad odiare la legge stessa e a trasgredirla anch’ egli , proprio perchè si sentirà preso in giro dallo Stato che vara leggi e poi non le fa applicare . A sostegno della sua battaglia contro la pena di morte , Beccaria porta un altro argomento : la pena , per definizione , ha due funzioni : 1 ) correggere il criminale per riportarlo sulla retta via ; 2 ) garantire alla società la sicurezza , già a suo tempo propugnata da Hobbes . Ma la pena di morte ( pur rendendo più sicura la società ) , evidentemente , non può certo correggere il criminale , in quanto lo fa fuori : la risoluzione del tutto sta , per riagganciarci a quanto detto , nello Stato forte e autoritari (segue nel file da scaricare)
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