Capitolo 4 - par 1 - 19 - Studentville

Capitolo 4 - par 1 - 19

[1] Da qui, in due tappe, avanza di dieci parasanghe fino al fiume Psaro, largo tre pletri. Poi avanza di cinque parasanghe in una sola tappa fino al fiume Piramo, largo uno stadio. Quindi, in altre due tappe, avanza di quindici parasanghe fino a Isso, l’ultima città della Cilicia, sul mare, popolosa grande e ricca. [2] Vi rimasero tre giorni. Ciro viene raggiunto dalle trentacinque navi provenienti dal Peloponneso: navarco era Pitagora lo spartano. Ma da Efeso aveva preso la guida Tamo l’egizio, comandante anche di altre venticinque navi di Ciro: era la flotta con cui aveva stretto d’assedio Mileto- quando la città era alleata di Tissaferne – in appoggio a Ciro contro Tissaferne stesso. [3] Sulle navi era imbarcato anche Chirisofo lo spartano, venuto su espressa richiesta di Ciro: aveva ai suoi ordini settecento opliti, di cui mantenne il comando sotto Ciro. Le navi erano ormeggiate presso la tenda di Ciro. Qui anche i mercenari greci al séguito di Abrocoma, quattrocento opliti che avevano disertato, passarono dalla parte di Ciro e si unirono alla spedizione contro il re. [4] Poi, in una tappa, avanza di cinque parasanghe fino alle Porte della Cilicia e della Siria. Si trattava di due muraglie: l’una, interna, di fronte alla Cilicia, era tenuta da Siennesi e da una guarnigione di Cilici; l’altra, esterna, antistante la Siria, era sorvegliata, dicevano, da un corpo di guardia del re. Nel mezzo scorreva un fiume di nome Carso, largo un pletro. Tutto quanto lo spazio compreso tra le due muraglie era di tre stadi. Non vi si poteva passare con la forza. La via d’accesso infatti era stretta e le muraglie scendevano fino al mare, sovrastate da rocce scoscese. Le Porte dunque erano a ridosso delle due muraglie. [5] A causa di questo passaggio Ciro aveva mandato a chiamare le navi: avrebbe operato uno sbarco di opliti all’interno e all’esterno delle Porte e si sarebbe fatto largo tra i nemici, forzando le loro difese, se avessero presidiato le Porte della Siria, come doveva fare Abrocoma – così almeno pensava Ciro – con un esercito a disposizione tanto numeroso. Abrocoma invece si comportò in tutt’altro modo. Quando seppe che Ciro era in Cilicia, si ritirò dalla Fenicia e si diresse verso il re, alla guida – correva voce – di trecentomila fanti. [6] Quindi Ciro avanza attraverso la Siria per cinque parasanghe in una sola tappa fino a Miriando, città sul mare, abitata dai Fenici. Era un emporio, dove stavano all’àncora molte navi da carico. [7] Vi rimasero sette giorni. Sennia l’arcade e Pasione il megarese si imbarcarono su una nave con gli oggetti di maggior valore e poi salparono. I più pensavano che Sennia e Pasione fossero stati punti nell’orgoglio: i loro soldati erano passati a Clearco perché volevano ritornare in Grecia e non intendevano marciare contro il re, e Ciro non aveva mosso un dito per impedirlo. Quando Sennia e Pasione non furono più in vista, circolò voce che Ciro avesse mandato delle triremi al loro inseguimento: c’era chi pregava che li prendessero quegli infami, mentre altri provavano compassione, se fossero caduti nelle mani di Ciro. [8] Ciro convocò gli strateghi e disse: «Sennia e Pasione ci hanno abbandonato. Ma, è chiaro, non l’hanno scampata. So dove sono diretti, non sono ancora al sicuro. Non mi mancano certo triremi per raggiungerli. Ma, per gli dèi, non sarò io a dar loro la caccia e nessuno dirà che finché uno resta con me mi servo di lui, mentre quando se ne vuole andare lo catturo, gli faccio del male, lo spoglio dei beni. Vadano pure, ma sappiano che loro si sono macchiati nei nostri confronti più di quanto noi nei loro. Eppure ho in mano mia i loro figli e le loro mogli, sotto custodia a Tralle. Non li priverò dei loro cari, anzi li riavranno con sé in ragione del valore che hanno dimostrato in passato al mio fianco». [9] Tali furono le sue parole. Quanto ai Greci, se prima c’erano degli indecisi a proposito della marcia verso l’interno, non appena appresero della magnanimità di Ciro, si unirono alla spedizione con maggior gioia ed entusiasmo. Dopo di che, Ciro avanza di venti parasanghe in quattro tappe fino al Calo, un fiume largo un pletro, pieno di pesci grandi e innocui: i Siri li consideravano divini e non permettevano che venisse fatto loro del male[come per le colombe]. I villaggi nei quali si attendarono, appartenevano a Parisatide: le erano stati concessi per la cintura. [10] Quindi, in cinque tappe, avanza per trenta parasanghe fino alle sorgenti del fiume Dardas, largo un pletro. Là sorgeva la reggia di Belesi, il governatore della Siria: intorno, un parco immenso e splendido, con piante che danno frutti in tutte le stagioni. Ciro lo abbatté e diede fuoco alla reggia. [11] Quindi tre tappe per quindici parasanghe fino all’Eufrate, un fiume largo quattro stadi. E lì sorgeva una città grande e prospera, di nome Tapsaco. Vi si trattenne cinque giorni. Ciro, dopo aver mandato a chiamare gli strateghi greci, disse che l’obiettivo era il gran re a Babilonia. Li invita a riferirlo ai soldati e a convincerli a seguirlo. 12] Riunita l’assemblea, gli strateghi danno la notizia. Le truppe però se la presero con gli strateghi: li accusavano di saper già tutto fin dall’inizio, ma di averlo tenuto nascosto. Si rifiutavano di proseguire, a meno di percepire altro denaro, come era accaduto nella precedente spedizione con Ciro [per raggiungere il padre]: e poi quelli non si erano mica mossi per combattere, perché Ciro era stato convocato dal padre. [13] I comandanti riferirono la risposta dell’esercito a Ciro, che promise cinque mine d’argento a testa, una volta giunti a Babilonia, e per i Greci la paga interafino al loro ritorno in Ionia. Il grosso dell’esercito greco si lasciò così persuadere. Menone, prima che fossero note le decisioni degli altri soldati, e cioè se avrebbero seguito Ciro o no, raccolse in disparte le proprie truppe e disse: [14] «Miei uomini, se date retta a me, vi guadagnerete la stima di Ciro più degli altri soldati, senza pericoli o fatiche. Che cosa vi spingo a fare? Ora Ciro ha bisogno che i Greci lo seguano nella sua spedizione contro il re. Perciò vi dico che voi dovete varcare l’Eufrate prima che tutti conoscano la risposta degli altri Greci a Ciro. [15] Se infatti voteranno di unirsi a lui, si avrà l’impressione che il merito sia vostro, perché avrete dato il via al passaggio del fiume. Ciro vi sarà grato perché vi sarete dimostrati i soldati più zelanti nei suoi confronti e vi ricompenserà. E sa farlo come nessun altro. Se invece voteranno contro, ce ne torneremo tutti indietro, ma Ciro si avvarrà di voi [i più fedeli] per i presìdi e per i compiti di comando perché, unici, avrete rispettato i suoi ordini, e di qualunque cosa abbiate bisogno io so che come amici l’otterrete da Ciro». [16] Udite le sue parole, obbedirono e varcarono il fiume prima che gli altri decidessero. Ciro, quando seppe del loro passaggio, si allietò e mandò Glua dire all’esercito: «Per ora, o uomini, avete il mio elogio: ma sarà mia premura che anch’io possa ricevere il vostro; se no, che io non mi chiami più Ciro». [17] I soldati dunque nutrivano grandi speranze e pregavano che la sua impresa andasse a buon fine. E a Menone, si diceva, Ciro aveva inviato doni di straordinario valore. Dopo attraversò il fiume. Al suo séguito era anche il resto dell’esercito, compatto. Durante il passaggio nessuno si bagnò al di sopra del petto. [18] Gli abitanti di Tapsaco dissero che questo fiume non lo si era mai potuto attraversare a piedi – se non nella circostanza attuale – bensì per mezzo di imbarcazioni, ma Abrocoma, prevenendo Ciro, le aveva incendiate per impedire il passaggio. Lo si ritenne un segno divino: il fiume si era piegato dinnanzi a Ciro, come dinnanzi a chi è destinato al trono. [19] Da qui si spinge in avanti attraverso la Siria, nove tappe per cinquanta parasanghe: giunge al fiume Arasse. Qui sorgevano molti villaggi pieni di grano e vino. Vi rimasero tre giorni e si rifornirono di viveri.

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