Catullo - Studentville

Catullo

Catullo è il più grande e geniale dei neóteroi e in assoluto uno dei maggiori poeti latini. Egli pone al centro della sua poesia se stesso e i propri sentimenti, pronto a cantare con versi eterni le gioie e le delusioni d’amore, ma anche a lanciare pesanti invettive contro gli avversari. Le sue liriche sono lo specchio fedele degli ideali di vita e delle nuove tendenze artistiche della generazione letteraria dei “poeti nuovi”.

[T2]La vita[/T]

Gaio Valerio Catullo (Verona 87/84-Sirmione 57-54 a.C.) ebbe una vita breve ma molto intensa, perché trascorsa negli ambienti raffinati e decadenti dell’alta e colta società romana. (. – Sirmione 54 a.C.). Poeta latino, il principale esponente della scuola neoterica. La vita di Catullo ci è nota soprattutto attraverso gli accenni autobiografici contenuti nei suoi componimenti. Nacque a Verona nell’ 87 a.C. circa, appartenne a famiglia abbastanza agiata ed in buona posizione sociale. Poco dopo il 70 si trasferì a Roma, dove si legò di vivissima amicizia con Furio Bibaculo e Licinio Calvo, oltre che con altri esponenti della scuola neoterica. Ostentò sempre una fiera indifferenza nei riguardi della politica militante, anche se, quando gli si presentava l’occasione, non si asteneva dal manifestare le sue scarse simpatie per Pompeo e Cesare, di cui colpì con aspri epigrammi il favorito, Mamurra, praefectus fabrorum, cioè capo del genio militare; ma Cesare gli perdonò sempre. La determinante fondamentale di tutte le vicende romane di Catullo va senz’altro identificata in Lesbia la donna che egli amò di un amore bruciante, sorella del tribuno Clodio, il nemico di Cicerone. Non appare improbabile che Catullo abbia conosciuto Lesbia già nel 62, a Verona, dove ella potrebbe essersi recata con il marito, che era appunto governatore della Gallia Cisalpina. La scelta dello pseudonimo (il suo vero nome era Clodia) potrebbe essere giustificata dall’abitudine, diffusa fra i poeti latini, almeno a quanto afferma Apuleio, di sostituire il nome della donna amata con un altro che avesse però lo stesso numero di lettere, ma non è escluso che Catullo abbia voluto attraverso quel nome esprimere il suo giudizio sulla raffinatissima eleganza e grazia di Clodia, che la rendevano ai suoi occhi paragonabile alle fanciulle della scuola di Saffo. Soltanto i primi tempi di questo amore furono felici per Catullo, poiché Lesbia, che non aveva conosciuto la fedeltà nei riguardi dello sposo, non seppe o non volle imparare la fedeltà nei riguardi dell’amante che pure sinceramente l’amava. Quando Catullo colpito dalla morte del fratello, morto in giovane età durante un viaggio nella Troade, si ritirò a Verona, Lesbia a Roma si abbandonò all’amore di Marco Celio Rufo. Catullo allora decise, nel 57, di partire per la Bitinia, al seguito del propretore C. Memmio. Nel 56 Catullo tornò a Roma, guarito dall’amore, divenuto ormai torbida passione, che l’aveva legato a Lesbia. Vani riuscirono i tentativi che ella fece tramite Furio e Aurelio di riconquistare il cuore del poeta, che l’aveva troppo amata ma nello stesso tempo aveva troppo sofferto per avere la capacità di lasciarsi tormentare ancora.

[T2]Il Liber catulliano[/T]

L’opera più importante di Catullo è una raccolta di 116 carmi: ”Il Liber Catullianus”. La raccolta dei carmi di Catullo è divisa in 3 sezioni: i carmi brevi polimetri ( 1-60) detti anche nugae ( scherzi, passatempi) ; i carmi dotti (carmina docti) ( 61-68) di estensione maggiore e tema più impegnativo; gli epigrammi ( epigrammata) in distici elegiaci ( 69-116).
I temi dei carmi brevi (le nugae e gli epigrammi) sono per larga parte gli stessi: la sezione centrale affronta argomenti di più ampio impegno. I motivi ricorrenti nei carmi brevi di Catullo traggono origine dall’esperienza della vita della cerchia e, dalla storia d’amore con Lesbia. Si hanno così: carmi scherzosi rivolti agli amici; dichiarazioni di poetica; composizioni di attacco contro poetasti o individui di cattivo gusto; poesie che celebrano la felicità dell’amore o lo stupore di Catullo davanti al fascino della donna; carmi risalenti al periodo travagliato del suo amore per Lesbia e, al periodo della loro separazione. In questi ultimi carmi il poeta cerca di analizzare le caratteristiche contraddittorie del sentimento che continua a provare per la donna che lo ha tradito. L’esperienza della vita della cerchia e l’amore per Lesbia sono legati tra loro: l’amicizia lo consola quando l’amore comincia a mostrare il suo aspetto doloroso; Lesbia era integrata nella vita della cerchia dei neòteroi; le poesie dedicate a Lesbia circolavano all’interno del gruppo, lei stessa, come già detto, partecipa alle situazioni sociali della cerchia, inoltre, la vita della cerchia non era limitata alla comunanza di principi di poetica e di esperienze culturali ma, implicava la condivisione di aspetti privati. Ai carmina docta, che tratta temi più impegnativi, appartengono i due epilli scritti da Catullo (i carmi 63 e 64).
L’epillio è un particolare componimento frequente soprattutto nella produzione dei poeti greci del periodo ellenistico e di quelli romani della scuola neoterica. Epillio significa “piccolo epos”, è un poemetto in esametri, di argomento mitologico, di estensione variabile. Il tema dell’epillio è soprattutto quello erotico, legato per lo più alle vicende di sventurate eroine, carico di venature poetiche, sentimentali e con una inclinazione al patologico e al mostruoso. All’interno della narrazione prescelta, il flusso narrativo non procede compatto ed esaustivo, ma opera una serie di accelerazioni e di tagli: l’inizio e la fine del componimento sono sintetici e il procedere della storia si realizza tramite una giustapposizione di scene prive di transizione. L’epillio latino predilige le storie d’amore contenenti elementi fantastici di metamorfosi o elementi di pathos estremo e di scandalo innaturale.
Il carme 64 di Catullo è l’esempio più significativo ed alto di epillio latino. Ha un inizio privo di preamboli; procede per quadri giustapposti; è attento alla psicologia dell’eroina e, da grande spazio al suo monologo; si ha la combinazione di due vicende mitologiche: quella primaria narra delle nozze tra Peleo e Teti, per poi inserirvi la storia di Teseo che abbandona Arianna sull’isola di Nasso; l’attenzione poi ritorna, nuovamente, sul banchetto nuziale dei due sposi.
La conclusione riporta il poeta alla sua epoca ed egli manifesta il suo rimpianto per quei tempi in cui dei e mortali convivevano insieme e, la pietas, la fides, la giustizia erano rispettate o, per lo meno, chi le violava veniva punito. Nella sua opera Catullo utilizza una lingua dolce ed immediata, che include arcaismi e termini da lui coniati, vezzeggiativi e diminuitivi. L’opera e la vita di Catullo sono una testimonianza del fatto che, in quei tempi, si stava verificando un distacco dai valori tradizionali e, la nostalgia, da parte del poeta, dei valori tradizionali che infondevano sicurezza. Catullo sente molto, e lo testimonia anche la sua opera, il senso dell’amicizia e dell’amore.
Per lui l’amicizia è un legame tra individui, autonomo dalle istanze della vita sociale e, dai rapporti di clientela e di potere all’interno della città. Il tradimento, la superficialità, la dimenticanza di un amico sono per Catullo un fatto gravissimo. Per lui l’amicizia è basata sulla fides, la credibilità e l’affidabilità riconosciute all’individuo in un contesto sociale e politico. Per Catullo è importante rispettare, attenersi alla pietas che esprime il rispetto e il dovere del singolo verso i propri familiari e verso gli dei. Gran parte della sua opera e della sua vita ruota intorno al suo amore tormentato per Clodia-Lesbia. A quei tempi, l’amore passionale era accettato, nelle classi alte, solo come elemento marginale della vita del singolo e, poteva essere ammesso solo se aveva come oggetto donne del ceto inferiore.
Quindi la relazione tra Catullo e Lesbia, matrona appartenente alla gens Claudia, non poteva essere accettata.
L’amore, per Catullo, era un continuo ricercare, in una relazione adultera ed informale, quegli elementi di stabilità basati sulla pietas e sulla fides, valori non rispettati da Lesbia. infatti la passione di Lesbia, che era sensuale, superficiale, incline al tradimento, si scontra con il sentimento di Catullo, che vuol far diventare la loro relazione un foedus, un patto d’amore che rispetti la fides e la pietas.
Oltre che nelle poesie d’amore, nel foedus che lo lega a Lesbia, la ricerca della fides e della pietas si manifesta anche nei carmina docta. Infatti in questi carmi il poeta ripropone i valori tradizionali attinenti alla fides e alla pietas. Nel carme 64 dimostra come le nozze tra Peleo e Teti rispettino la fides, la pietas nel loro foedus, nel loro patto d’amore e, come, l’allontanamento da tali valori sia punito severamente dagli dei ( Teseo e Arianna).
Il mondo del mito quindi non si presenta a Catullo privo di macchia, in esso s’incontra sempre dolore, tradimento, passione, ma gli dei ascoltano le preghiere degli uomini ed intervengono per infliggere le giuste punizioni, per salvaguardare la giustizia, i principi di fides e pietas, che Catullo cercava invano di trovare nel presente.

[T2]Catullo e Lesbia[/T]

Il primo quesito con cui il lettore si scontra leggendo le liriche di Catullo riguarda la figura di Lesbia. Non si hanno dati certi per sapere se questa persona, tanto amata dal poeta nei suoi componimenti, fosse esistita realmente o non fosse invece una semplice invenzione letteraria.
Il primo dato certo è che “Lesbia” non è il vero nome della donna, ma solamente uno pseudonimo utilizzato dal poeta per alludere alla poetessa greca Saffo, vissuta nell’isola di Lesbo nel VII secolo. Questa scelta ci indica un’informazione importante: Catullo ha voluto descrivere implicitamente una donna docta, raffinata e molto bella, qualità che destano nel poeta intense passionalità erotiche. Il vero nome molto probabilmente è Clodia, e anche se questa tesi ha avuto diversi oppositori sia da parte di studiosi letterali che da storici, oggi può essere considerata vera.
Altro aspetto interessante da analizzare è il procedere della vicenda. Pur non essendoci una stretta coerenza compositiva, quest’ultima segue una certa logica narrativa: prima il momento dell’amore felice e sfrenato (carmi 5, 51); poi la scoperta del tradimento di Lesbia; le successive riconciliazioni, che risvegliano il fervore erotico ma non sono più sostenute dall’affetto profondo, che può nascere solo dalla stima (carme 72); di conseguenza Catullo non crede più alle promesse di Lesbia (carmi 70, 75); la consapevolezza dell’unilateralità del suo amore, che si tramuta in un complesso sentimento di odio – amore che ogni giorno diventa più tormentoso; la volontà di liberarsene (carme 70), pur nella continuità del rapporto (carme 85). Oltre alla relazione tra Catullo e Lesbia, vicenda cardine nella narrazione, è possibile individuare altri dati biografici sulla vita di Clodia, prima fra tutte, la sua avventura con Celio Rufo avvenuta dopo la morte del marito. È una donna affascinante e sicura di sé, molto risoluta ed ambiziosa, senza troppi scrupoli; nel carme 37 Catullo ce la descrive come una donna che ha diversi legami con l’ambiente politico, non ha limiti morali ed ha comportamenti al limite del buon gusto. L’eccessiva violenza verbale del poeta dimostra la sua rassegnazione a vedere la sua amata come una meretrice da strada intorpidita da sfrenata spregiudicatezza.
La stessa configurazione negativa è presente anche in alcuni discorsi di Cicerone in difesa dell’amico Celio Rufo, accusato di aver avvelenato la sua donna Clodia (che quasi sicuramente è Lesbia) per sottrarle i gioielli. Nel suo discorso Lesbia appare come una donna profondamente immorale, colpevole di aver incestato con il fratello, vista più come amica di tutti piuttosto che nemica di qualcuno.

[T2]La poetica e il mondo spirituale[/T]

I temi delle liriche catulliane e la loro estensione sono molto diversi, né si può assimilare la brevità incisiva e irridente di certe nugae alla complessità compositiva dei carmina docta o alla lancinante intensità emotiva delle liriche amorose: tuttavia l’opera catulliana corrisponde a una visione nuova della poesia. Tralasciata la concezione della letteratura come celebrazione dei valori collettivi della romanità, la lirica di Catullo dà voce al sentimento individuale: è una poesia lirica e soggettiva, in cui le passioni si esprimono con vigore e immediatezza, con ingenua sincerità o con freddo realismo. La spontaneità delle sue poesie d’amore non trova eguali nella letteratura latina. E, soprattutto, l’amore è sentito con una valenza etica personalissima, che il poeta traduce in termini nuovi rispetto alla tradizione. L’amore è foedus (“patto”), fondato sulla pietas (“sentimento religioso”) e sulla fides (“lealtà, fedeltà alla parola data). L’innamorato è legato alla donna amata dallo stesso vincolo di affetti che lega un padre ai suoi figli; il tradimento di questo vincolo porta il poeta ad amare più eroticamente, ma a voler meno bene in senso affettivo.

[T2]Lo stile e la fortuna[/T]

L’esperienza poetica di Catullo matura nell’ambiente dei poetae novi, un gruppo di amici – scrittori legati dall’omogeneità della classe sociale di appartenenza. Si trattava di persone materialmente agiate, provenienti in maggioranza dalla regione cisalpina. I cosiddetti poeti neoterici non sono dei professionisti, non ambiscono ad un’affermazione sociale ed hanno come strumento creativo l’otium. Il disimpegno nasce da una forte esigenza di novità e di ridare vita ad una letteratura che con il passare del tempo si era progressivamente inaridita. Il periodo in cui accade questo è da collocare approssimativamente tra la morte di Silla (78 a.C.) e l’assassinio di Cesare (44 a.C.); la società, dilaniata dalle guerre civili, si stava avviando verso un inesorabile processo di disgregazione. È un periodo in cui vengono a mancare le basi comportamentali che fino ad allora avevano sostenuto la civiltà. La reazione degli intellettuali era duplice: da una parte c’era la volontà ciceroniana di fondere il concetto di humanitas (che appartiene alla sfera privata) con il valore tradizionale della virtus (che invece connota il vir al servizio della res publica), dall’altra i poeti hanno preferito isolarsi dalla realtà politica dedicandosi all’introspezione e all’indagine sul proprio sentire interiore.
I poetae novi legano strettamente le proprie opere con la cultura ellenistica; trova affermazione la “poesia breve”, fatta di pochi versi, ma scritti con stile e profondi di significato.
Questa tendenza è particolarmente evidente in Catullo: la brevitas dei polimetri e degli epigrammata, l’elogio teorico, la lunga elaborazione stilistica, le variazioni espressive e le citazioni allusive sono tutti modelli che prendono spunto dalla cultura greca.
La lirica catulliana non si limita tuttavia ad una semplice imitazione della poesia greca; la personalità del poeta è evidente soprattutto nel soggettivismo che rispecchia le vicende sentimentali.
La componente soggettiva nella poesia latina era già presente nelle satire di Scipione su Lucilio, ma solamente i poetae novi hanno saputo infondere i propri sentimenti, opinioni e giudizi nel testo. Per apprezzare il soggettivismo catulliano bisogna da una parte prendere le distanze dal sentimentalismo a volte eccessivo, dall’altra non bisogna credere che le situazioni narrate siano solamente semplici finzioni letterarie. Il giusto equilibrio tra questi due livelli di interpretazioni assicura sia un effetto immediato sul sentimento del lettore, sia l’innalzamento al livello dell’arte dal filtro della convenzione letteraria e dell’emulazione di modelli ellenici che rende l’opera ad una cerchia ristretta di lettori.
Le liriche di Catullo ebbero subito un grande successo, nonostante l’opinione di Cicerone, e non influenzarono solo i poeti elegiaci dell’età augustea, come Tibullo, Properzio e Ovidio, ma ne risentirono anche Orazio e Virgilio. L’opera catulliana fu amata nella cultura italiana da Petrarca, dagli umanisti, dal Foscolo, che tradusse la Chioma di Berenice e si ispirò al carme 101 per il sonetto In morte del fratello Giovanni.

Versioni e traduzioni di Catullo:

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