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L’ esperienza Come per gli altri pragmatisti, anche per Dewey il punto di partenza è l’ esperienza . Ma, come Peirce e James, egli non riduce l’esperienza al concetto che di essa formulò l’empirismo classico e che fu generalmente condiviso dalla filosofia tradizionale, anche quando questa si attestò su posizioni lontane dall’empirismo. Innanzi tutto, l’esperienza non si colloca per Dewey sul piano della conoscenza, ma su quello dell’azione pratica. L’esperienza è data, infatti, dall’ interazione tra l’organismo e l’ambiente in cui esso opera: è un sentire che è sempre anche un reagire. Esperienza è camminare in una strada, consumare un pasto, parlare con un vicino, costruire un garage o innamorarsi. Di conseguenza l’esperienza è attività non meno che passività: l’organismo che esperisce qualcosa da un lato, riceve uno stimolo in una risposta (è qui particolarmente evidente l’influenza della psicologia di James). L’esperienza non è quindi, semplice registrazione di dati che, quando vengono percepiti sono ormai passati, ma è una risposta proiettata verso il futuro. Inoltre, se per l’empirismo classico, il materiale dell’esperienza era costituito da dati isolati e indipendenti l’uno dall’altro, l’esperienza pragmatistica coglie soprattutto le relazioni tra le cose, sia quelle che riguardano i nessi tra gli oggetti della realtà naturale e sociale, sia quelle che concernono il rapporto tra l’organismo che esperisce e la realtà esperita. Proprio perché riguarda l’interdipendenza tra l’organismo e il suo ambiente, l’esperienza non è sempre armonica . Non sempre l’ambiente agisce sull’individuo senziente in modo conforme alle sue necessità e alle sue aspettative. In parte, le energie dell’ambiente naturale favoriscono le funzioni organiche, promuovendo la crescita, la salute, l’adattamento. In parte, quelle energie agiscono invece contro le funzioni dell’organismo provocando disturbi, malattia e morte. Analogamente, l’ambiente sociale agisce sull’individuo in parte favorevolmente, in parte sfavorevolmente. La nostra esperienza è quindi anche esperienza di disagi, di errori, di mancanze, di disordine, in ogni caso di una insufficiente capacità dell’organismo di adattarsi all’ambiente. E’ così possibile anche l’esperienza di cose puramente negative, come la morte, in risposta alla quale l’individuo reagisce in maniera diversissima, dall’indifferenza alla disperazione, dal rifugio nella religione alla stipulazione di un’assicurazione sulla vita. L’esperienza è però precedente ad ogni intellettualizzazione . L’empirismo classico ha sbagliato ritenendo che essa mi dia, ad esempio, la sensazione del blu. La mia “sensazione” del blu è infatti già il risultato di una successiva riflessione sull’esperienza, in realtà, l’esperienza consiste nel fatto che io scrivo una lettera con una penna blu o sono infastidito da una luce blu. Analogamente, l’esperienza non è ancora riflessione consapevole sugli aspetti problematici dell’esistenza, che pure ci vengono dati da essa. Soltanto quando portiamo alla coscienza questi aspetti problematici, cominciamo a riflettere su di essi: e qui si inizia la conoscenza , che deriva dall’esperienza, ma non è identica con essa. Se non si presenta alcuna situazione di disagio, l’esperienza può non concettualizzarsi e non diventare conoscenza, che deriva dall’esperienza, ma non è identica con essa. Se non si presenta alcuna situazione di disagio, l’esperienza può non concettualizzarsi e non diventare conoscenza: se era mia intenzione scrivere una lettera, uso la penna blu senza avvertire questo fatto. In questo caso ho esperienza dello scrivere con la penna blu, ma non conoscenza di esso. Se invece sono disturbato da una luce blu, oppure, intendo sottolineare una parola in rosso, mi trovo tra le mani una penna blu, porto il fatto alla coscienza e ne faccio un problema. A questo punto non ho più soltanto esperienza, ma concettualizzazione, ragionamento, inizio di conoscenza. (segue nel file da scaricare)
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