Divina Commedia, Canto 27 Purgatorio: testo, parafrasi e figure retoriche

Divina Commedia, Canto 27 Purgatorio: testo, parafrasi e figure retoriche

Il Canto 27 del Purgatorio rappresenta un momento cruciale nel viaggio dantesco, segnando il passaggio finale attraverso l'ultima prova purificatrice.

Il Canto 27 del Purgatorio rappresenta un momento cruciale nel viaggio dantesco, segnando il passaggio finale attraverso l’ultima prova purificatrice prima di accedere al Paradiso Terrestre. In questo fondamentale snodo narrativo, Dante affronta il muro di fuoco che lo separa da Beatrice, completando il suo percorso di purificazione e preparandosi all’incontro con la sua amata guida celeste.

La Divina Commedia, capolavoro di Dante Alighieri composto tra il 1306 e il 1321, si articola in tre cantiche (Inferno, Purgatorio e Paradiso) che rappresentano il viaggio allegorico dell’anima verso la salvezza. Il Purgatorio, regno intermedio tra la dannazione e la beatitudine eterna, è strutturato come un monte suddiviso in sette cornici, ciascuna dedicata alla purificazione da uno dei sette peccati capitali.

Indice:

Canto 27 Purgatorio della Divina Commedia: testo completo e parafrasi

Testo OriginaleParafrasi
Sì come quando i primi raggi vibraCome quando il sole vibra i suoi primi raggi
là dove il suo fattor lo sangue sparse,là dove il suo creatore (Cristo) sparse il suo sangue (a Gerusalemme),
cadendo Ibero sotto l’alta Libra,mentre il fiume Ebro cade sotto la costellazione della Bilancia,
e l’onde in Gange da nona riarse,e le onde del Gange sono riarse dall’ora nona (pomeriggio),
sì stava il sole; onde ‘l giorno sen giva,così stava il sole; per cui il giorno se ne andava,
come l’angel di Dio lieto ci apparse.quando l’angelo di Dio ci apparve lieto.
Fuor de la fiamma stava in su la riva,Stava fuori dalla fiamma sulla riva,
e cantava ‘Beati mundo corde!’e cantava ‘Beati i puri di cuore!’
in voce assai più che la nostra viva.con una voce molto più vivace della nostra.
Poscia «Più non si va, se pria non morde,Poi disse: «Non si procede oltre, se prima non morde (purifica),
anime sante, il foco: intrate in esso,anime sante, il fuoco: entrate in esso,
e al cantar di là non siate sorde»,e non siate sorde al canto che sentirete dall’altra parte»,
ci disse come noi li fummo presso;ci disse quando gli fummo vicini;
per ch’io divenni tal, quando lo ‘ntesi,per cui io divenni tale, quando lo sentii,
qual è colui che ne la fossa è messo.come colui che viene messo nella fossa (sepolcro).
In su le man commesse mi protesi,Mi protesi sulle mani giunte,
guardando il foco e imaginando forteguardando il fuoco e immaginando intensamente
umani corpi già veduti accesi.corpi umani già visti bruciare.
Volsersi verso me le buone scorte;Le mie buone guide si volsero verso di me;
e Virgilio mi disse: «Figliuol mio,e Virgilio mi disse: «Figlio mio,
qui può esser tormento, ma non morte.qui può esserci tormento, ma non morte.
Ricorditi, ricorditi! E se ioRicordati, ricordati! E se io
sovresso Gerión ti guidai salvo,ti guidai sano e salvo sopra Gerione,
che farò ora presso più a Dio?cosa farò ora che siamo più vicini a Dio?
Credi per certo che se dentro a l’alvoCredi per certo che se dentro al ventre
di questa fiamma stessi ben mille anni,di questa fiamma tu stessi ben mille anni,
non ti potrebbe far d’un capel calvo.non potrebbe renderti calvo di un solo capello.
E se tu forse credi ch’io t’inganni,E se tu forse credi che io t’inganni,
fatti ver’ lei, e fatti far credenzafatti verso di essa, e fattene dare prova
con le tue mani al lembo d’i tuoi panni.con le tue mani al lembo dei tuoi abiti.
Pon giù omai, pon giù ogne temenza;Deponi ormai, deponi ogni timore;
volgiti in qua e vieni: entra sicuro!».volgiti in qua e vieni: entra sicuro!».
E io pur fermo e contra coscienza.E io pur fermo e contro la mia coscienza.
Quando mi vide star pur fermo e duro,Quando mi vide stare ancora fermo e duro,
turbato un poco disse: «Or vedi, figlio:turbato un poco disse: «Ora vedi, figlio:
tra Beatrice e te è questo muro».tra Beatrice e te c’è questo muro».
Come al nome di Tisbe aperse il ciglioCome al nome di Tisbe aprì gli occhi
Piramo in su la morte, e riguardolla,Piramo in punto di morte, e la guardò,
allor che ‘l gelso diventò vermiglio;allora quando il gelso diventò rosso;
così, la mia durezza fatta solla,così, la mia durezza fattasi molle,
mi volsi al savio duca, udendo il nomemi volsi alla saggia guida, udendo il nome
che ne la mente sempre mi rampolla.che nella mente sempre mi germoglia.
Ond’ei crollò la fronte e disse: «Come!Onde egli scosse la fronte e disse: «Come!
volenci star di qua?»; indi sorrisevogliamo restare di qua?»; quindi sorrise
come al fanciul si fa ch’è vinto al pome.come si fa col fanciullo che è vinto dalla mela.
Poi dentro al foco innanzi mi si mise,Poi dentro al fuoco davanti a me si mise,
pregando Stazio che venisse retro,pregando Stazio che venisse dietro,
che pria per lunga strada ci divise.che prima per lungo tratto ci aveva divisi.
Sì com’fui dentro, in un bogliente vetroCome fui dentro, in un vetro bollente
gittato mi sarei per rinfrescarmi,mi sarei gettato per rinfrescarmi,
tant’era ivi lo ‘ncendio sanza metro.tanto era lì l’incendio smisurato.
Lo dolce padre mio, per confortarmi,Il mio dolce padre, per confortarmi,
pur di Beatrice ragionando andava,andava ragionando solo di Beatrice,
dicendo: «Li occhi suoi già veder parmi».dicendo: «I suoi occhi già mi sembra di vedere».
Guidavaci una voce che cantavaCi guidava una voce che cantava
di là; e noi, attenti pur a lei,di là; e noi, attenti solo a lei,
venimmo fuor là ove si montava.venimmo fuori là dove si saliva.
‘Venite, benedicti Patris mei’,‘Venite, benedetti del Padre mio’,
sonò dentro a un lume che lì era,suonò dentro a una luce che lì era,
tal che mi vinse e guardar nol potei.tale che mi vinse e non potei guardarla.
«Lo sol sen va», soggiunse, «e vien la sera;«Il sole se ne va», soggiunse, «e viene la sera;
non v’arrestate, ma studiate il passo,non fermatevi, ma affrettate il passo,
mentre che l’occidente non si annera».mentre l’occidente non si oscura».
Dritta salia la via per entro ‘l sassoLa via saliva diritta dentro la roccia
verso tal parte ch’io toglieva i raggiverso tale direzione che io toglievo i raggi
dinanzi a me del sol ch’era già basso.davanti a me del sole che era già basso.
E di pochi scaglion levammo i saggi,E di pochi gradini facemmo prova,
che ‘l sol corcar, per l’ombra che si spense,che il sole tramontare, per l’ombra che si spense,
sentimmo dietro e io e li miei saggi.sentimmo dietro io e i miei saggi.
E pria che ‘n tutte le sue parti immenseE prima che in tutte le sue parti immense
fosse orizzonte fatto d’uno aspetto,l’orizzonte fosse fatto d’un unico aspetto,
e notte avesse tutte sue dispense,e la notte avesse tutte le sue disposizioni,
ciascun di noi d’un grado fece letto;ciascuno di noi d’un gradino fece letto;
ché la natura del monte ci affranseperché la natura del monte ci spezzò
la possa del salir più e ‘l diletto.la capacità di salire ulteriormente e il desiderio.
Quali si stanno ruminando manseCome stanno ruminando mansuete
le capre, state rapide e protervele capre, state rapide e proterve
sovra le cime avante che sien pranse,sopra le cime prima che siano sazie,
tacite a l’ombra, mentre che ‘l sol ferve,tacite all’ombra, mentre il sole arde,
guardate dal pastor, che ‘n su la vergaguardate dal pastore, che sulla verga
poggiato s’è e lor di posa serve;si è appoggiato e serve loro da guardia;
e quale il mandrïan che fori alberga,e come il mandriano che alloggia all’aperto,
lungo il pecuglio suo queto pernotta,tranquillo pernotta lungo il suo gregge,
guardando perché fiera non lo sperga;vigilando affinché belva non lo disperda;
tali eravamo tutti e tre allotta,tali eravamo tutti e tre allora,
io come capra, ed ei come pastori,io come capra, ed essi come pastori,
fasciati quinci e quindi d’alta grotta.circondati da una parte e dall’altra dall’alta roccia.
Poco parer potea lì del di fori;Poco poteva apparire lì del mondo esterno;
ma, per quel poco, vedea io le stellema, per quel poco, vedevo io le stelle
di lor solere e più chiare e maggiori.del loro consueto e più chiare e più grandi.
Sì ruminando e sì mirando in quelle,Così rimuginando e così guardando in quelle,
mi prese il sonno; il sonno che sovente,mi prese il sonno; il sonno che spesso,
anzi che ‘l fatto sia, sa le novelle.prima che il fatto avvenga, ne sa le novelle.
Ne l’ora, credo, che de l’orïente,Nell’ora, credo, che dall’oriente,
prima raggiò nel monte Citerea,prima raggiò nel monte Venere (Citerea),
che di foco d’amor par sempre ardente,che di fuoco d’amore pare sempre ardente,
giovane e bella in sogno mi pareagiovane e bella in sogno mi appariva
donna vedere andar per una landauna donna che andava per una landa
cogliendo fiori; e cantando dicea:cogliendo fiori; e cantando diceva:
«Sappia qualunque il mio nome dimanda«Sappia qualunque il mio nome domanda
ch’i’ mi son Lia, e vo movendo intornoch’io sono Lia, e vado movendo intorno
le belle mani a farmi una ghirlanda.le belle mani per farmi una ghirlanda.
Per piacermi a lo specchio, qui m’addorno;Per piacermi allo specchio, qui mi adorno;
ma mia suora Rachel mai non si smagama mia sorella Rachele mai non si distoglie
dal suo miraglio, e siede tutto giorno.dal suo specchio, e siede tutto il giorno.
Ell’è d’i suoi belli occhi veder vagaElla è desiderosa di vedere i suoi begli occhi
com’io de l’addornarmi con le mani;com’io di adornarmi con le mani;
lei lo vedere, e me l’ovrare appaga».lei il vedere, e me l’operare appaga».

Canto 27 Purgatorio della Divina Commedia: riassunto e spiegazione

Il Canto 27 si colloca nella parte conclusiva della seconda cantica, quando Dante ha già attraversato tutte le cornici e si appresta a varcare la soglia dell’Eden, completando così la sua metamorfosi spirituale sotto la guida di Virgilio, simbolo della ragione umana che sta per cedere il passo alla rivelazione divina incarnata da Beatrice.

Il Canto 27 del Purgatorio si apre con una precisa indicazione astronomica: mentre il sole tramonta a Gerusalemme, sta sorgendo al Purgatorio. In questo momento cruciale, Dante e Virgilio incontrano un angelo che intona il canto “Beati mundo corde” (beati i puri di cuore) e annuncia che per proseguire è necessario attraversare un muro di fuoco purificatore.

All’invito dell’angelo, Dante rimane paralizzato dalla paura. Il fuoco rappresenta l’ultima prova prima di accedere al Paradiso Terrestre, la purificazione finale dal peccato della lussuria. Virgilio cerca di rassicurare il poeta, ricordandogli che in quel luogo può esserci tormento ma non morte, e che se ha potuto guidarlo salvo sopra Gerione nell’Inferno, tanto più potrà proteggerlo ora che sono più vicini a Dio.

Nonostante le rassicurazioni, Dante rimane immobile, vinto dal terrore. Solo quando Virgilio pronuncia il nome di Beatrice, dicendo “Tra Beatrice e te è questo muro”, il poeta trova il coraggio di affrontare la prova. Il desiderio di rivedere l’amata diventa più forte della paura e Dante si getta nel fuoco, scoprendo che, nonostante l’intenso calore, le fiamme non lo uccidono.

Superata la prova del fuoco, i tre viandanti (Dante, Virgilio e Stazio) si ritrovano al tramonto su una scala che conduce verso l’alto. Non potendo proseguire nell’oscurità, si fermano per riposare. Durante la notte, poco prima dell’alba, Dante ha un sogno significativo: gli appare Lia, figura biblica che rappresenta la vita attiva, intenta a raccogliere fiori per intrecciarsi una ghirlanda. Nel sogno, Lia parla anche della sorella Rachele, simbolo invece della vita contemplativa, che trascorre il tempo a guardarsi allo specchio.

Questo sogno allegorico anticipa l’imminente ingresso nel Paradiso Terrestre e la distinzione tra vita attiva e contemplativa, fondamentale per la teologia medievale. Al risveglio, Dante nota che Virgilio e Stazio sono già in piedi, pronti a riprendere il cammino.

Il momento più emozionante del canto arriva quando, raggiunta la sommità della scala, Virgilio pronuncia le sue ultime parole a Dante. Il maestro dichiara conclusa la sua guida, affermando che ha condotto il discepolo attraverso l’Inferno e il Purgatorio con ingegno e arte, ma ora non può accompagnarlo oltre. È giunto il momento per Dante di seguire il proprio piacere come guida, poiché il suo giudizio è ormai “libero, dritto e sano”. Con le solenni parole “per ch’io te sovra te corono e mitrio” (perciò ti incorono e ti mitrio signore di te stesso), Virgilio conferisce a Dante la piena autonomia morale, segnando il completamento del percorso purificatorio e preparando l’incontro con Beatrice nel Paradiso Terrestre.

Canto 27 Purgatorio della Divina Commedia: i personaggi

Nel Canto 27 del Purgatorio, i personaggi rivestono un ruolo fondamentale nel rappresentare il momento cruciale di transizione che caratterizza questo segmento del poema dantesco. L’interazione tra i protagonisti assume un significato particolarmente profondo, poiché si avvicina il momento del cambio di guida per Dante pellegrino.

Dante, protagonista e pellegrino del poema, attraversa qui una delle più significative trasformazioni interiori. Lo vediamo inizialmente paralizzato dalla paura di fronte al muro di fuoco, in un atteggiamento che rivela la sua persistente umanità e fragilità. La sua esitazione rappresenta l’ultimo residuo di attaccamento alla dimensione terrena prima della purificazione definitiva.

Quando Virgilio pronuncia il nome di Beatrice, assistiamo a una trasformazione immediata: il desiderio di raggiungere l’amata supera finalmente la paura fisica. Questo momento segna la vittoria dello spirito sulla carne, dell’amore spirituale sulle paure materiali.

Virgilio, in questo canto, giunge al culmine del suo ruolo di guida. La sua figura assume toni particolarmente paterni e affettuosi, chiamando Dante “figlio mio” mentre lo rassicura sulla natura purificatrice e non distruttiva del fuoco. L’apice della sua missione si concretizza quando pronuncia le celebri parole: “libero, dritto e sano è tuo arbitrio”, conferendo a Dante la piena autonomia morale.

Con l’espressione “te sovra te corono e mitrio”, Virgilio riconosce formalmente la maturità spirituale del poeta, investendolo di dignità regale (corona) e sacerdotale (mitria).

L’angelo custode appare all’inizio del canto, lieto e raggiante, a indicare la via attraverso il fuoco. La sua figura rappresenta il messaggero divino che accompagna i penitenti nell’ultima purificazione. La sua voce, descritta come “più viva assai che la nostra”, sottolinea la natura ultraterrena e il suo ruolo di tramite tra la dimensione umana e quella divina. Il suo canto “Beati mundo corde” (beati i puri di cuore) anticipa la condizione spirituale che i viandanti stanno per raggiungere.

Particolarmente significativa è la figura di Lia, che appare nel sogno premonitore di Dante. Personaggio biblico, sorella di Rachele, Lia rappresenta la vita attiva in contrapposizione alla vita contemplativa simboleggiata dalla sorella. Nel sogno, Lia raccoglie fiori per intrecciare una ghirlanda, metafora delle buone opere che adornano l’anima.

Questo sogno anticipa l’incontro con Matelda nel Paradiso Terrestre e introduce la dicotomia fondamentale tra azione e contemplazione che caratterizzerà l’esperienza paradisiaca di Dante.

Beatrice, sebbene fisicamente assente, permea l’intero canto attraverso la sua attesa. Il suo nome diventa la chiave che sblocca la paralisi di Dante di fronte al fuoco. La promessa dell’imminente incontro con lei rappresenta la transizione dalla guida della ragione umana (Virgilio) a quella della rivelazione divina. Beatrice, evocata attraverso le parole di Virgilio, diventa così il simbolo della grazia che attende Dante oltre l’ultima prova.

Analisi del Canto 27 del Purgatorio: elementi tematici e narrativi

Il Canto 27 del Purgatorio rappresenta un punto di svolta fondamentale nel viaggio dantesco, caratterizzato da tematiche profonde che si intrecciano con una struttura narrativa accuratamente orchestrata per amplificare il significato teologico dell’esperienza.

La purificazione finale attraverso il fuoco costituisce il tema dominante del canto. Questo elemento non è solo un ostacolo fisico da superare, ma incarna la trasformazione spirituale definitiva che Dante deve affrontare prima di accedere al Paradiso Terrestre. Il fuoco purificatore, simbolo dello Spirito Santo, brucia gli ultimi residui del peccato della lussuria, completando il percorso di purificazione iniziato nelle cornici precedenti.

La descrizione dantesca del fuoco come “più chiaro assai che fiamma” evidenzia la sua natura trascendente, rappresentando non tanto una punizione quanto un passaggio necessario verso la perfezione morale.

Parallelamente, il tema del superamento dei limiti umani emerge con forza nel momento in cui Dante esita di fronte alle fiamme. La paura istintiva rappresenta l’ultimo attaccamento alla dimensione terrena, l’ultima resistenza della natura umana di fronte alla purificazione totale. Solo il richiamo a Beatrice, pronunciato da Virgilio, permette al poeta di vincere questa resistenza, illustrando come l’amore spirituale possa trascendere il timore fisico.

La transizione dalla guida della ragione alla grazia divina costituisce un altro tema cruciale, materializzato nel congedo di Virgilio. Le parole “libero, dritto e sano è tuo arbitrio” sanciscono il compimento del percorso educativo condotto dalla ragione umana e l’acquisizione dell’autonomia morale da parte di Dante. Questo momento segna il passaggio dalla filosofia razionale alla teologia rivelata, dalla conoscenza umana alla sapienza divina che sarà incarnata da Beatrice.

Il canto è arricchito dal simbolismo temporale legato ai momenti di transizione. L’autore utilizza precise indicazioni astronomiche per collocare gli eventi in un tramonto e un’alba, momenti liminali che riflettono perfettamente lo stato transitorio del protagonista. Il tramonto rappresenta la fine del percorso purgatoriale mentre l’alba simboleggia il nuovo inizio nel Paradiso Terrestre. Questa alternanza luce-ombra amplifica la dimensione trasformativa dell’esperienza dantesca.

La struttura narrativa del canto si articola in tre momenti fondamentali che seguono un ritmo ascendente: la prova del fuoco, il riposo notturno con il sogno profetico e il risveglio con il definitivo congedo di Virgilio. Questa progressione tripartita, tipica della poetica dantesca, accompagna il lettore attraverso un percorso che dalla tensione iniziale conduce alla risoluzione finale.

Il ritmo poetico, scandito dalle terzine incatenate, contribuisce all’intensità emotiva del canto. Particolarmente efficace è il contrasto tra i versi che descrivono la paura di Dante di fronte al fuoco e quelli che narrano la sua determinazione dopo aver ascoltato il nome di Beatrice. Questa variazione ritmica sottolinea la trasformazione interiore del protagonista.

La centralità del sogno di Lia nella costruzione narrativa merita particolare attenzione. Posizionato strategicamente tra la prova del fuoco e il congedo di Virgilio, questo episodio anticipatorio introduce attraverso il simbolismo biblico la contrapposizione tra vita attiva e contemplativa che Dante approfondirà nel Paradiso Terrestre, creando così un ponte tematico che collega le diverse sezioni del poema.

Figure retoriche nel Canto 27 del Purgatorio della Divina Commedia

Il Canto 27 del Purgatorio è caratterizzato da un ricco tessuto retorico che Dante impiega magistralmente per enfatizzare il momento cruciale di transizione che sta vivendo. L’intensità emotiva e spirituale del canto viene amplificata attraverso l’uso sapiente di figure retoriche che ne potenziano l’impatto sul lettore.

La similitudine è una delle figure più significative nel canto. Nei versi iniziali, Dante paragona il tramonto su Gerusalemme e l’alba nel Purgatorio attraverso una complessa similitudine astronomica che collega il suo percorso spirituale all’ordine cosmico. Particolarmente efficace è anche la similitudine in cui il poeta paragona la sua paura davanti al fuoco a quella di un uomo che sta per essere sepolto vivo, rendendo tangibile il suo terrore.

Le metafore abbondano nel testo e sono portatrici di profondo significato simbolico. Il fuoco stesso è una potente metafora della purificazione finale, mentre il “muro” che separa Dante da Beatrice rappresenta l’ultimo ostacolo prima della grazia divina. Quando Virgilio dice: “tra Beatrice e te è questo muro”, utilizza una metafora che trasforma immediatamente la percezione di Dante, facendogli vedere il fuoco non più come minaccia ma come passaggio necessario.

L’anafora viene impiegata per sottolineare momenti di particolare intensità emotiva. La ripetizione di “ricorditi, ricorditi” nelle esortazioni di Virgilio enfatizza l’urgenza del suo messaggio e marca l’importanza della memoria nell’economia del poema dantesco.

Dante arricchisce il canto con numerose allitterazioni che creano effetti sonori particolari. Si notino le consonanze in “vibra/Libra” e le ripetizioni foniche in “fuoco/foco” che intensificano la presenza dell’elemento purificatore nel tessuto fonico del canto.

La personificazione è utilizzata per dare vita a elementi naturali e temporali. L’alba viene descritta come una creatura vivente che avanza, mentre il sole che “ferisce” con i suoi raggi acquisisce qualità umane, creando un paesaggio animato che rispecchia la vitalità del processo di rinnovamento spirituale di Dante.

Il chiasmo compare in momenti chiave, come nel verso “Lia con sue belle mani”, dove l’inversione sintattica evidenzia l’importanza simbolica del personaggio onirico e delle sue azioni.

La solenne dichiarazione finale di Virgilio, “per ch’io te sovra te corono e mitrio”, contiene una potente metonimia, dove corona e mitria rappresentano rispettivamente il potere temporale e spirituale che Dante ha conquistato attraverso il suo percorso di purificazione.

Particolarmente significativa è la perifrasi con cui Dante si riferisce a Beatrice, mai nominata direttamente ma evocata come “colei” che guiderà il poeta nel paradiso, caricando di attesa e mistero la sua imminente apparizione.

Queste figure retoriche non sono meri ornamenti stilistici, ma strumenti essenziali attraverso cui Dante trasmette la complessità teologica e la profondità emotiva del suo viaggio spirituale. La ricchezza retorica del canto sottolinea il passaggio dalla dimensione terrena alla spiritualità paradisiaca, evidenziando come il linguaggio stesso si trasformi e si elevi mentre Dante si avvicina alla visione divina.

Temi principali del 27 canto del Purgatorio della Divina Commedia

Il Canto 27 del Purgatorio rappresenta uno snodo cruciale nel percorso spirituale di Dante, racchiudendo temi fondamentali che segnano il compimento del processo di purificazione e l’inizio della dimensione paradisiaca. Questi temi si intrecciano in una struttura simbolica complessa che riassume l’intera visione teologica dantesca.

La purificazione finale costituisce il tema dominante, rappresentato fisicamente dal muro di fuoco che Dante deve attraversare. Questo fuoco non è solo l’ultimo ostacolo del percorso purgatoriale, ma simboleggia la definitiva liberazione dal peccato della lussuria. Il fuoco, elemento purificatore per eccellenza nella tradizione cristiana, viene descritto con un’intensità che sottolinea la drammaticità della prova: Dante lo paragona addirittura a “vetro bollente”, evidenziando sia il tormento che la trasformazione spirituale che comporta.

La purificazione attraverso il fuoco rappresenta la necessaria abluzione finale dell’anima prima di accedere alla condizione edenica del Paradiso Terrestre.

Strettamente connesso a questo tema è quello della maturazione spirituale e dell’autocoscienza. Il congedo di Virgilio segna il riconoscimento della piena maturità morale raggiunta da Dante, espressa nelle celebri parole: “libero, dritto e sano è tuo arbitrio”. Questo momento rappresenta l’acquisizione di una nuova autonomia spirituale, dove il pellegrino non necessita più della guida della ragione umana, avendo interiorizzato i principi morali che ora può applicare spontaneamente.

La corona e la mitria che Virgilio simbolicamente pone sul capo di Dante indicano rispettivamente la sovranità su se stesso e la capacità di discernimento spirituale.

Il libero arbitrio emerge come ulteriore tema centrale, celebrato nel momento in cui Virgilio dichiara Dante finalmente libero di seguire il proprio giudizio. Questa libertà non è arbitraria o svincolata dalla morale, ma rappresenta la capacità di scegliere autonomamente il bene, avendo purificato la volontà da ogni inclinazione peccaminosa. È significativo che questa libertà venga conquistata solo dopo un percorso di purificazione, suggerendo che il vero libero arbitrio non si esercita nella licenza ma nella scelta consapevole del bene.

La transizione dalla ragione alla fede costituisce forse il tema più profondo del canto. Il congedo di Virgilio, simbolo della ragione umana e della filosofia, preannuncia l’incontro con Beatrice, figura della rivelazione divina e della grazia. Questo passaggio rappresenta la concezione dantesca dei limiti della ragione umana, che può guidare l’uomo fino a un certo punto del suo cammino spirituale, oltre il quale è necessaria la luce della grazia divina.

Non si tratta di un rifiuto della ragione, ma del riconoscimento che le verità più alte richiedono una forma di conoscenza superiore, illuminata dalla fede.

Il simbolismo temporale permea l’intero canto, con frequenti riferimenti all’alba e al tramonto. Questi momenti di transizione rispecchiano il passaggio spirituale che Dante sta compiendo: il tramonto rappresenta la fine del percorso purgatoriale, mentre l’alba annuncia la nuova vita nel Paradiso. Il sogno di Lia, collocato nell’ora che precede l’alba, anticipa simbolicamente la felicità della vita attiva in stato di innocenza che Dante troverà nel Paradiso Terrestre.

Infine, il tema dell’anticipazione e del desiderio si manifesta nell’impazienza di Dante di vedere Beatrice. Questo desiderio spirituale agisce come potente motivazione che gli consente di superare la paura del fuoco. Come afferma Virgilio: “Tra Beatrice e te è questo muro”, frase che racchiude il senso dell’ultima prova: solo attraverso la completa purificazione è possibile accedere alla visione della verità divina.

Il Canto 27 del Purgatorio in pillole

Elemento PrincipaleDettaglio Sintetico
Posizione nell’operaUltimo canto prima dell’ingresso al Paradiso Terrestre, conclusione del percorso purgatoriale
AmbientazioneSettima cornice del Purgatorio, al tramonto; alba del giorno seguente
Riassunto NarrativoDante affronta l’ultimo ostacolo: un muro di fuoco purificatore. Inizialmente spaventato, lo attraversa pensando a Beatrice. Durante la notte ha il sogno allegorico di Lia. All’alba, Virgilio pronuncia il suo congedo definitivo
PersonaggiDante pellegrino, Virgilio, l’angelo custode, Lia (nel sogno), riferimento a Beatrice e Rachele
SimbologiaFuoco purificatore (lussuria), alba e tramonto (transizione spirituale), sogno di Lia (vita attiva vs contemplativa)
Elementi TematiciPurificazione finale, conquista della libertà morale, passaggio dalla ragione alla fede, completamento del percorso purgatoriale
Figure RetoricheMetafore del fuoco, similitudini astronomiche, anafora (“ricorditi, ricorditi”), perifrasi per indicare Beatrice
Momenti CrucialiEsitazione di Dante davanti al fuoco, attraversamento delle fiamme, sogno profetico di Lia, congedo solenne di Virgilio
Riferimenti Biblici“Beati mundo corde” (Matteo 5:8), “Venite, benedicti Patris mei” (Matteo 25:34), Lia e Rachele (Genesi)
Aspetto TeologicoCompletamento della purificazione, conquista del libero arbitrio “dritto e sano”, passaggio dalla guida della ragione alla luce della grazia divina
Versi Emblematici“Per ch’io te sovra te corono e mitrio” (v. 142) – Virgilio incorona Dante signore di se stesso

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