Il Canto XXX del Purgatorio rappresenta uno dei momenti più significativi dell’intero poema dantesco, segnando il culmine dell’esperienza purgatoriale e il definitivo passaggio dalla guida della ragione umana a quella della fede divina. In questo canto avviene l’atteso incontro con Beatrice, che appare maestosa e severa all’interno di una processione simbolica, mentre Virgilio scompare silenziosamente, avendo completato la sua missione di accompagnare Dante fino al limite consentito alla ragione filosofica.
Siamo nel Paradiso Terrestre, sulla cima del monte del Purgatorio, dove Dante assiste a un evento di straordinaria intensità emotiva e teologica: l’apparizione della sua amata Beatrice, non più come donna terrena ma come figura di autorità spirituale. Questo momento segna una profonda trasformazione interiore per il poeta, che dovrà affrontare un severo rimprovero per le sue deviazioni morali dopo la morte di Beatrice, preparandosi così alla purificazione finale prima dell’ascesa al Paradiso.
Indice:
- Canto 30 Purgatorio della Divina Commedia: testo completo e parafrasi
- Canto 30 Purgatorio della Divina Commedia: riassunto e spiegazione
- Canto 30 Purgatorio della Divina Commedia: i personaggi
- Analisi del Canto 30 Purgatorio: Elementi Tematici e Narrativi
- Figure Retoriche nel Canto 30 Purgatorio della Divina Commedia
- Temi Principali del Canto 30 Purgatorio della Divina Commedia
- Il Canto 30 Purgatorio della Divina Commedia in Pillole
Canto 30 Purgatorio della Divina Commedia: testo completo e parafrasi
| Testo Originale | Parafrasi |
|---|---|
| Quando il settentrion del primo cielo, | Quando le sette stelle della costellazione dell’Orsa Maggiore del primo cielo (Empireo), |
| che né occaso mai seppe né orto | che non conobbero mai né tramonto né sorgere |
| né d’altra nebbia che di colpa velo, | né furono mai offuscate da altra nebbia se non dal velo del peccato, |
| e che faceva lì ciascuno accorto | e che rendevano consapevole ognuno |
| di suo dover, come ‘l più basso face | del proprio dovere, così come la costellazione dell’Orsa Minore (nel cielo più basso) indica |
| qual temon gira per venire a porto, | al timoniere come girare il timone per giungere in porto, |
| fermo s’affisse: la gente verace, | si fermò immobile: la schiera di persone veraci (i ventiquattro seniori), |
| venuta prima tra ‘l grifone ed esso, | che era venuta prima tra il grifone e le sette stelle, |
| al carro volse sé come a sua pace; | si rivolse al carro come alla propria pace; |
| e un di loro, quasi da ciel messo, | e uno di loro, come se fosse un messaggero dal cielo, |
| ‘Veni, sponsa, de Libano’ cantando | cantando ‘Vieni, o sposa, dal Libano’ |
| gridò tre volte, e tutti li altri appresso. | lo gridò per tre volte, e tutti gli altri dopo di lui. |
| Quali i beati al novissimo bando | Come i beati, all’ultimo annuncio |
| surgeran presti ognun di sua caverna, | sorgeranno rapidamente ciascuno dalla propria tomba, |
| la revestita voce alleluiando, | lodando Dio con la voce riacquistata nel corpo risorto, |
| cotali in su la divina basterna | così sopra il carro divino |
| si levar cento, ad vocem tanti senis, | si alzarono cento angeli, alla voce di quel grande anziano, |
| ministri e messaggier di vita etterna. | ministri e messaggeri di vita eterna. |
| Tutti dicean: ‘Benedictus qui venis!’, | Tutti dicevano: ‘Benedetto tu che vieni!’, |
| e fior gittando e di sopra e dintorno, | e gettando fiori sopra e intorno, |
| ‘Manibus, oh, date lilïa plenis!’. | ‘Oh, date gigli a piene mani!’. |
| Io vidi già nel cominciar del giorno | Io ho già visto all’inizio del giorno |
| la parte orïental tutta rosata, | la parte orientale del cielo tutta rosata, |
| e l’altro ciel di bel sereno addorno; | e il resto del cielo adorno di un bel sereno; |
| e la faccia del sol nascere ombrata, | e ho visto nascere il disco del sole velato, |
| sì che per temperanza di vapori | così che, per la moderazione dei vapori, |
| l’occhio la sostenea lunga fïata: | l’occhio riusciva a sostenerlo a lungo: |
| così dentro una nuvola di fiori | allo stesso modo, dentro una nuvola di fiori |
| che da le mani angeliche saliva | che saliva dalle mani angeliche |
| e ricadeva in giù dentro e di fori, | e ricadeva giù sia dentro che fuori del carro, |
| sovra candido vel cinta d’uliva | sopra un velo candido, cinta d’ulivo |
| donna m’apparve, sotto verde manto | mi apparve una donna, sotto un manto verde |
| vestita di color di fiamma viva. | vestita di un colore di fiamma viva. |
| E lo spirito mio, che già cotanto | E il mio spirito, che da tanto tempo |
| tempo era stato ch’a la sua presenza | era rimasto senza la sua presenza |
| non era di stupor, tremando, affranto, | non era, tremando, sopraffatto dallo stupore, |
| sanza de li occhi aver più conoscenza, | senza avere una più chiara conoscenza attraverso gli occhi, |
| per occulta virtù che da lei mosse, | per una misteriosa virtù che emanò da lei, |
| d’antico amor sentì la gran potenza. | sentì la gran potenza dell’antico amore. |
| Tosto che ne la vista mi percosse | Non appena mi colpì nella vista |
| l’alta virtù che già m’avea trafitto | l’alta virtù che già mi aveva trafitto |
| prima ch’io fuor di püerizia fosse, | prima che io uscissi dall’infanzia, |
| volsimi a la sinistra col respitto | mi volsi a sinistra con quell’atteggiamento |
| col quale il fantolin corre a la mamma | con cui il bambino corre dalla mamma |
| quando ha paura o quando elli è afflitto, | quando ha paura o quando è afflitto, |
| per dicere a Virgilio: ‘Men che dramma | per dire a Virgilio: ‘Non mi è rimasta |
| di sangue m’è rimaso che non tremi: | nemmeno una goccia di sangue che non tremi: |
| conosco i segni de l’antica fiamma’. | riconosco i segni dell’antica fiamma’. |
| Ma Virgilio n’avea lasciati scemi | Ma Virgilio ci aveva lasciati privi |
| di sé, Virgilio dolcissimo patre, | di sé, Virgilio dolcissimo padre, |
| Virgilio a cui per mia salute die’ mi; | Virgilio a cui mi affidai per la mia salvezza; |
| né quantunque perdeo l’antica matre, | neppure tutto ciò che perdette l’antica madre (Eva) |
| valse a le guance nette di rugiada | fu sufficiente a impedire che le mie guance, pulite dalla rugiada (del pianto), |
| che, lagrimando, non tornasser atre. | non si rigassero nuovamente di lacrime. |
| ‘Dante, perché Virgilio se ne vada, | ‘Dante, anche se Virgilio se ne va, |
| non pianger anco, non piangere ancora; | non piangere ancora, non piangere più; |
| ché pianger ti conven per altra spada’. | perché dovrai piangere per un’altra ferita’. |
| Quasi ammiraglio che in poppa e in prora | Come un ammiraglio che a poppa e a prora |
| viene a veder la gente che ministra | viene a vedere la gente che governa |
| per li altri legni, e a ben far l’incora; | le altre navi, e la incoraggia a fare bene; |
| in su la sponda del carro sinistra, | sulla sponda sinistra del carro, |
| quando mi volsi al suon del nome mio, | quando mi voltai al suono del mio nome, |
| che di necessità qui si registra, | che per necessità qui si registra, |
| vidi la donna che pria m’appario | vidi la donna che prima mi era apparsa |
| velata sotto l’angelica festa, | velata sotto la festa angelica, |
| drizzar li occhi ver’ me di qua dal rio. | dirigere gli occhi verso di me al di qua del fiume. |
| Tutto che ‘l vel che le scendea di testa, | Nonostante il velo che le scendeva dalla testa, |
| cerchiato de le fronde di Minerva, | circondato dalle fronde di Minerva (l’ulivo), |
| non la lasciasse parer manifesta, | non le permettesse di apparire chiaramente, |
| regalmente ne l’atto ancor proterva | regalmente nell’atteggiamento ancora severa |
| continuò come colui che dice | continuò come chi dice |
| e ‘l più caldo parlar dietro reserva: | e riserva il discorso più acceso per dopo: |
| ‘Guardaci ben! Ben son, ben son Beatrice. | ‘Guardami bene! Sono proprio io, sono proprio Beatrice. |
| Come degnasti d’accedere al monte? | Come hai osato salire al monte? |
| non sapei tu che qui è l’uom felice?’. | non sapevi che qui l’uomo è felice?’. |
| Li occhi mi cadder giù nel chiaro fonte; | Gli occhi mi caddero giù nel chiaro ruscello; |
| ma veggendomi in esso, i trassi a l’erba, | ma vedendomi riflesso in esso, li trassi verso l’erba, |
| tanta vergogna mi gravò la fronte. | tanta vergogna mi pesò sulla fronte. |
| Così la madre al figlio par superba, | Così la madre sembra severa al figlio, |
| com’ ella parve a me; perché d’amaro | come ella sembrò a me; perché di amaro |
| sente il sapor de la pietade acerba. | si sente il sapore della pietà severa. |
| Ella si tacque; e li angeli cantaro | Ella tacque; e gli angeli cantarono |
| di sùbito ‘In te, Domine, speravi’; | improvvisamente ‘In te, Signore, ho sperato’; |
| ma oltre ‘pedes meos’ non passaro. | ma non andarono oltre le parole ‘i miei piedi’. |
| Sì come neve tra le vive travi | Come la neve tra i vivi tronchi |
| per lo dosso d’Italia si congela, | si congela sulla dorsale dell’Italia (gli Appennini), |
| soffiata e stretta da li venti schiavi, | soffiata e compressa dai venti di Schiavonia (venti di nord-est), |
| poi, liquefatta, in sé stessa trapela, | poi, liquefatta, si infiltra in sé stessa, |
| pur che la terra che perde ombra spiri, | purché soffi il vento della terra che non ha ombra (l’Africa), |
| sì che par foco fonder la candela; | così che sembra fuoco che fonde la candela; |
| così fui sanza lagrime e sospiri | così rimasi senza lacrime e sospiri |
| anzi ‘l cantar di quei che notan sempre | prima del canto di quelli che seguono sempre |
| dietro a le note de li etterni giri; | le note delle sfere celesti; |
| ma poi che ‘ntesi ne le dolci tempre | ma dopo che intesi nelle dolci armonie |
| lor compartire a me, par che se detto | il loro rivolgersi a me, come se avessero detto |
| avesser: ‘Donna, perché sì lo stempre?’, | ‘Donna, perché lo fai sciogliere così?’, |
| lo gel che m’era intorno al cor ristretto, | il gelo che si era stretto intorno al mio cuore, |
| spirito e acqua fessi, e con angoscia | si fece spirito e acqua, e con angoscia |
| de la bocca e de li occhi uscì del petto. | uscì dal petto attraverso la bocca e gli occhi. |
| Ella, pur ferma in su la detta coscia | Ella, pur ferma sulla detta sponda |
| del carro stando, a le sustanze pie | del carro, rivolgendosi alle pie sostanze (gli angeli) |
| volse le sue parole così poscia: | rivolse le sue parole così poi: |
| ‘Voi vigilate ne l’etterno die, | ‘Voi vegliate nell’eterno giorno, |
| sì che notte né sonno a voi non fura | così che né la notte né il sonno vi sottraggono |
| passo che faccia il secol per sue vie; | passo che il tempo faccia per le sue vie; |
| onde la mia risposta è con più cura | perciò la mia risposta è con maggior attenzione |
| che m’intenda colui che di là piagne, | affinché mi comprenda colui che di là piange, |
| perché sia colpa e duol d’una misura. | perché la colpa e il dolore siano della stessa misura. |
| Non pur per ovra de le rote magne, | Non solo per opera delle grandi ruote (i cieli), |
| che drizzan ciascun seme ad alcun fine | che indirizzano ciascun seme a qualche fine |
| secondo che le stelle son compagne, | secondo l’influenza delle stelle che lo accompagnano, |
| ma per larghezza di grazie divine, | ma per abbondanza di grazie divine, |
| che sì alti vapori hanno a lor piova, | che hanno piogge di così alti vapori, |
| che nostre viste là non van vicine, | che le nostre viste non vi si avvicinano, |
| questi fu tal ne la sua vita nova | costui fu tale nella sua giovinezza |
| virtüalmente, ch’ogne abito destro | virtualmente, che ogni buona disposizione |
| fatto averebbe in lui mirabil prova. | avrebbe fatto in lui mirabile prova. |
| Ma tanto più maligno e più silvestro | Ma tanto più maligno e selvatico |
| si fa ‘l terren col mal seme e non cólto, | si fa il terreno col cattivo seme e non coltivato, |
| quant’ elli ha più di buon vigor terrestro. | quanto più ha di buon vigore terrestre. |
| Alcun tempo il sostenni col mio volto: | Per qualche tempo lo sostenni col mio volto: |
| mostrando li occhi giovanetti a lui, | mostrando i miei giovani occhi a lui, |
| meco il menava in dritta parte vòlto. | lo conducevo con me rivolto nella giusta direzione. |
| Sì tosto come in su la soglia fui | Appena fui sulla soglia |
| di mia seconda etade e mutai vita, | della mia seconda età e cambiai vita (morii), |
| questi si tolse a me, e diessi altrui. | costui si tolse a me, e si dette ad altri. |
| Quando di carne a spirto era salita, | Quando da carne era salita a spirito, |
| e bellezza e virtù cresciuta m’era, | e bellezza e virtù mi erano cresciute, |
| fu’ io a lui men cara e men gradita; | io fui per lui meno cara e meno gradita; |
| e volse i passi suoi per via non vera, | e volse i suoi passi per una via non vera, |
| imagini di ben seguendo false, | seguendo immagini false di bene, |
| che nulla promession rendono intera. | che non mantengono alcuna promessa per intero. |
| Né l’impetrare ispirazion mi valse, | Né mi valse impetrare ispirazioni, |
| con le quali e in sogno e altrimenti | con le quali sia in sogno che in altri modi |
| lo rivocai: sì poco a lui ne calse! | lo richiamai: così poco gliene importò! |
| Tanto giù cadde, che tutti argomenti | Cadde tanto in basso, che tutti gli strumenti |
| a la salute sua eran già corti, | alla sua salvezza erano ormai insufficienti, |
| fuor che mostrarli le perdute genti. | eccetto mostrargli le genti perdute (i dannati). |
| Per questo visitai l’uscio d’i morti, | Per questo visitai la porta dei morti (l’Inferno), |
| e a colui che l’ha qua sù condotto, | e a colui che l’ha condotto quassù, |
| li prieghi miei, piangendo, furon porti. | i miei prieghi, piangendo, furono porti. |
| Alto fato di Dio sarebbe rotto, | L’alto decreto di Dio sarebbe infranto, |
| se Letè si passasse e tal vivanda | se Lete si attraversasse e tale cibo |
| fosse gustata sanza alcuno scotto | fosse gustato senza alcun pagamento |
| di pentimento che lagrime spanda’. | di pentimento che sparga lacrime’. |
Canto 30 Purgatorio della Divina Commedia: riassunto e spiegazione
Il Canto XXX del Purgatorio si colloca in un ambiente di straordinaria bellezza e simbolismo: il Paradiso Terrestre, posto sulla sommità della montagna del Purgatorio. Questo luogo rappresenta lo stato di perfezione originaria dell’umanità prima del peccato e funge da soglia verso il Paradiso celeste. Dante si trova qui dopo aver completato la purificazione attraverso i sette gironi del Purgatorio, pronto ad affrontare l’ultimo passaggio del suo cammino purgatoriale.
Questo canto della Divina Commedia si apre con Dante che, insieme a Virgilio e Matelda, assiste all’arrivo di una processione divina. Questa processione, già iniziata nel canto precedente, rappresenta in forma allegorica i libri della Bibbia e le virtù teologali e cardinali. Nel momento culminante appare Beatrice, avvolta in una nuvola di fiori sollevati dalle mani degli angeli:
Così dentro una nuvola di fiori
che da le mani angeliche saliva
e ricadeva in giù dentro e di fori
Beatrice si presenta con un velo bianco (simbolo della fede), una veste rossa (simbolo della carità) e un mantello verde (simbolo della speranza). Il suo arrivo è accompagnato da voci che cantano “Benedictus qui venis” (Benedetto colui che viene), una citazione evangelica riferita all’ingresso di Cristo a Gerusalemme, che qui viene applicata a Beatrice per sottolinearne la funzione salvifica.
L’apparizione di Beatrice coincide con la scomparsa di Virgilio, che si allontana senza preavviso, lasciando Dante improvvisamente solo. Questo abbandono rappresenta un momento cruciale: la ragione umana (Virgilio) ha raggiunto il suo limite e deve lasciare spazio alla grazia divina (Beatrice) per il proseguimento del viaggio verso Dio. Il dolore di Dante per questa separazione è intenso e si esprime nella triplice ripetizione del nome della sua guida:
Ma Virgilio n’avea lasciati scemi
di sé, Virgilio dolcissimo patre,
Virgilio a cui per mia salute die’mi
Nel riconoscere Dante, Beatrice non lo accoglie con dolcezza, ma lo rimprovera severamente. Le sue prime parole sono infatti un duro monito:
Guardaci ben! Ben son, ben son Beatrice.
Come degnasti d’accedere al monte?
non sapei tu che qui è l’uom felice?
Il rimprovero di Beatrice si sviluppa come una vera e propria requisitoria: ella accusa Dante di averla dimenticata dopo la sua morte, di essersi allontanato dalla retta via seguendo “false immagini di bene” e di aver tradito le promesse di virtù che la sua ispirazione aveva suscitato. Questo momento rappresenta una confessione pubblica delle colpe di Dante, necessaria prima del suo ingresso in Paradiso.
La severità di Beatrice contrasta con la compassione degli angeli, che intervengono cantando il salmo “In te, Domine, speravi”, esprimendo così la speranza nella misericordia divina. Questo intervento, però, non attenua la durezza del giudizio di Beatrice, che continua a rimproverare Dante per la sua ingratitudine.
Il canto si chiude con Dante sopraffatto dal pentimento e dalla vergogna, incapace di rispondere alle accuse e di sostenere lo sguardo della sua amata. Il suo cuore è trafitto dal riconoscimento delle proprie colpe, preparandolo così alla purificazione finale che avverrà nei canti successivi.
Questo momento di severa verità rappresenta un passaggio fondamentale nel percorso spirituale di Dante: solo attraverso il riconoscimento delle proprie mancanze e un sincero pentimento egli potrà essere degno di ascendere al Paradiso, guidato ora non più dalla ragione umana ma dalla rivelazione divina incarnata in Beatrice.
Canto 30 Purgatorio della Divina Commedia: i personaggi
Beatrice emerge come figura centrale, facendo la sua tanto attesa apparizione dopo essere stata preannunciata fin dall’inizio del viaggio. Non è più la donna gentile della Vita Nova, ma una figura di autorità spirituale rivestita dei colori delle virtù teologali: il velo bianco della fede, la veste rossa della carità e il manto verde della speranza. Dante la descrive “sotto verde manto / vestita di color di fiamma viva”, sottolineando la sua natura divina. Il suo atteggiamento severo verso Dante rappresenta la giustizia divina che richiede consapevolezza e pentimento. Come allegoricamente rappresenta la Teologia, Beatrice incarna la rivelazione che sola può guidare l’anima verso la beatitudine celeste.
Virgilio scompare proprio nel momento in cui appare Beatrice, segnando il limite della ragione umana di fronte alla grazia divina. La sua partenza, non preannunciata, provoca un profondo dolore in Dante, espresso nella triplice invocazione: “Ma Virgilio n’avea lasciati scemi / di sé, Virgilio dolcissimo patre, / Virgilio a cui per mia salute die’mi”. Questa ripetizione enfatizza il legame profondo tra il pellegrino e la sua guida, ma anche il necessario superamento della ragione per accedere alle verità divine che solo la fede può rivelare.
Dante-personaggio vive uno dei momenti più intensi del suo percorso. Di fronte al rimprovero di Beatrice, egli sperimenta vergogna, confusione e pentimento. Le sue lacrime rappresentano la purificazione necessaria prima dell’accesso al Paradiso. La sua reazione emotiva – “lo gel che m’era intorno al cor ristretto, / spirito e acqua fessi, e con angoscia / de la bocca e de li occhi uscì del petto” – mostra il processo di scioglimento interiore che precede la vera conversione.
Le figure angeliche svolgono un ruolo complementare ma essenziale. Gli angeli che spargono fiori intorno a Beatrice sottolineano la sua natura sacra, mentre il coro che intona il salmo “In te, Domine, speravi” manifesta la compassione divina verso il pentimento di Dante. La loro presenza crea un’atmosfera di solennità liturgica che eleva l’incontro a evento salvifico.
Matelda, sebbene in secondo piano in questo canto, rappresenta lo stato di felicità naturale che precede la grazia. La sua figura fa da ponte tra la dimensione terrena e quella divina, assistendo Dante nel processo di preparazione all’incontro con Beatrice.
Analisi del Canto 30 Purgatorio: Elementi Tematici e Narrativi
Il Canto 30 del Purgatorio rappresenta uno dei momenti più significativi dell’intero poema dantesco, caratterizzandosi per la sua straordinaria ricchezza tematica e narrativa. È qui che avviene la transizione fondamentale dal percorso purgatoriale alla preparazione per l’ascesa paradisiaca, segnata dall’apparizione di Beatrice e dalla scomparsa di Virgilio.
Il tema della transizione spirituale emerge con forza attraverso il cambio di guida: Virgilio, simbolo della ragione umana, abbandona silenziosamente Dante, il quale si trova ora affidato a Beatrice, figura della rivelazione divina. Questo passaggio sottolinea i limiti della filosofia razionale che, pur necessaria al cammino di purificazione, non può da sola condurre alla visione di Dio. Come evidenziato nei versi: “Ma Virgilio n’avea lasciati scemi / di sé, Virgilio dolcissimo patre / Virgilio a cui per mia salute die’mi“, il distacco produce in Dante un profondo senso di smarrimento e dolore, reso magistralmente dalla triplice ripetizione del nome della sua guida perduta.
Particolarmente rilevante è l’elaborata costruzione narrativa che Dante poeta crea per questo momento cruciale. L’apparizione di Beatrice avviene infatti all’interno di una processione solenne, dove elementi liturgici e biblici si fondono in una simbologia complessa. Il corteo, già iniziato nel canto precedente, si arricchisce ora di una dimensione celeste con l’arrivo degli angeli che spargono fiori, creando un’atmosfera di sacralità che prepara l’epifania di Beatrice.
La dimensione del pentimento costituisce un altro elemento tematico fondamentale. Contrariamente alle aspettative di un incontro gioioso, Dante si trova davanti una Beatrice severa, che lo rimprovera per i suoi errori. Questo confronto rappresenta narrativamente il necessario processo di purificazione finale: prima di poter accedere al Paradiso, Dante deve pienamente riconoscere e confessare le proprie colpe. Il rimprovero di Beatrice non è dunque sterile condanna, ma atto d’amore volto alla salvezza del poeta.
Da notare come Dante autore sviluppi un parallelismo con la tradizione biblica: l’incontro richiama elementi dell’Apocalisse e del profetismo veterotestamentario, mentre Beatrice assume tratti cristologici, come suggerito dal saluto “Benedictus qui venis“, chiaro riferimento all’ingresso di Cristo a Gerusalemme. Questa sovrapposizione di piani narrativi conferisce al canto una profondità teologica straordinaria.
L’elemento della memoria gioca inoltre un ruolo cruciale nella struttura narrativa del canto. Beatrice rievoca il passato di Dante: “Sì tosto come in su la soglia fui / di mia seconda etade e mutai vita, / questi si tolse a me, e diessi altrui“. Questo richiamo alla biografia del poeta non è solo un dettaglio personale, ma si inserisce in una più ampia riflessione sul rapporto tra esperienza terrena e destino eterno. La rievocazione del passato diventa così occasione per un’analisi morale che trascende la dimensione individuale.
La drammatizzazione delle emozioni rappresenta un ulteriore aspetto narrativo distintivo del canto. Dante personaggio attraversa una gamma di stati d’animo intensi: dalla meraviglia iniziale al dolore per la perdita di Virgilio, dalla vergogna sotto il rimprovero di Beatrice fino al pianto catartico. Questo percorso emotivo riflette il processo interiore di trasformazione spirituale che è al centro dell’intera Commedia.
L’ambiente del Paradiso Terrestre, luogo dell’incontro, non è solo sfondo ma diventa elemento narrativo attivo, caricandosi di valenze simboliche. L’Eden rappresenta infatti lo stato di perfezione originaria che l’umanità ha perduto e verso cui Dante, purificato, può ora incamminarsi nuovamente. La scelta di collocare in questo spazio il cambio di guida sottolinea come il pellegrino abbia recuperato l’innocenza necessaria per proseguire verso la visione beatifica.
Figure Retoriche nel Canto 30 Purgatorio della Divina Commedia
Il Canto 30 del Purgatorio presenta un’architettura retorica straordinariamente ricca, funzionale alla solennità dell’incontro tra Dante e Beatrice. Questa complessità stilistica non è meramente ornamentale, ma sostanziale: le figure retoriche amplificano la tensione emotiva e il significato teologico di questo momento cruciale.
L’anafora è tra le figure più significative del canto. La triplice ripetizione del nome di Virgilio (“Ma Virgilio n’avea lasciati scemi / di sé, Virgilio dolcissimo patre, / Virgilio a cui per mia salute die’mi”) esprime con intensità crescente il dolore di Dante per l’improvviso abbandono della sua guida. L’effetto è quello di un lamento che sottolinea il trauma emotivo dello strappo, proprio mentre il pellegrino avrebbe bisogno di conforto davanti all’apparizione di Beatrice.
Le metafore abbondano nel canto, cariche di significato simbolico. Quando Beatrice appare “sotto verde manto / vestita di color di fiamma viva”, i colori delle vesti (verde, rosso e bianco del velo) rappresentano rispettivamente le tre virtù teologali: speranza, carità e fede. Particolarmente significativa è la citazione virgiliana “conosco i segni dell’antica fiamma” che Beatrice pronuncia, trasformando l’originale passione d’amore di Didone in un riferimento alla fiamma spirituale.
Numerose similitudini arricchiscono il tessuto narrativo. Beatrice viene paragonata a un “ammiraglio che viene a vedere la gente / che ministra per li altri legni, e a ben far l’incora”, evidenziando la sua autorità spirituale e il suo ruolo di guida. L’immagine militare contrasta efficacemente con le immagini floreali della sua apparizione, creando una tensione stilistica che riflette la duplice natura di Beatrice: amorevole ma severa.
La sinestesia “color di fiamma viva” fonde percezione visiva e tattile, conferendo alla figura di Beatrice una qualità trascendente che va oltre la normale percezione sensoriale. Questo espediente contribuisce a elevare Beatrice dal piano umano a quello divino.
Compaiono anche significative allitterazioni, come nei versi latini “Manibus, oh, date lilïa plenis!”, dove la ripetizione di suoni liquidi evoca la musicalità celestiale del corteo divino. Queste cadenze sonore creano un effetto di solennità liturgica, rafforzando la dimensione sacrale dell’evento.
L’anastrofe è frequente nei versi che descrivono Beatrice, come in “Donna m’apparve sotto verde manto”, dove l’inversione dell’ordine sintattico amplifica la potenza dell’apparizione, mettendo in risalto prima la figura (“Donna”) e poi i suoi attributi simbolici.
L’iperbole caratterizza il pianto di Dante, descritto come un ghiaccio che si scioglie in lacrime e sospiri: un’esagerazione che trasmette l’intensità della reazione emotiva del poeta al rimprovero ricevuto, rappresentando fisicamente il processo di scioglimento della sua durezza interiore.
La personificazione della natura che circonda la scena (“le fronde, che già tanto / rigide parvero”) contribuisce a creare un’atmosfera in cui l’intero creato partecipa al dramma spirituale di Dante. Il Paradiso Terrestre non è semplice sfondo, ma teatro vivente che reagisce agli eventi simbolici che vi si svolgono.
Queste figure retoriche non sono meri ornamenti stilistici, ma componenti essenziali del messaggio teologico e spirituale che Dante intende trasmettere. Attraverso di esse, il poeta riesce a rendere concreto e percepibile ciò che altrimenti resterebbe inesprimibile: il passaggio dalla guida della ragione umana a quella della grazia divina, dall’amore terreno alla contemplazione celestiale.
Temi Principali del Canto 30 Purgatorio della Divina Commedia
Il Canto 30 del Purgatorio rappresenta uno snodo cruciale dell’intera Divina Commedia, ricco di temi fondamentali che illuminano il percorso spirituale di Dante e, per estensione, dell’umanità intera.
Il passaggio dalla ragione alla fede costituisce l’elemento cardine del canto. La scomparsa improvvisa di Virgilio, rappresentante della ragione umana, e l’apparizione di Beatrice, simbolo della rivelazione divina, segnano la transizione da una guida filosofica a una teologica. Questo cambio non è solo narrativo ma profondamente allegorico: indica i limiti della conoscenza razionale che, pur conducendo l’uomo fino alla purificazione, non può da sola permettergli di accedere alla beatitudine celeste.
Il pentimento e la confessione emergono come processi necessari per la redenzione spirituale. Il severo rimprovero di Beatrice non è punizione fine a sé stessa, ma strumento pedagogico per indurre in Dante il riconoscimento delle proprie colpe. Le lacrime del poeta non rappresentano solo un dolore emotivo, ma una purificazione spirituale indispensabile prima di poter procedere verso il Paradiso. La vergogna provata davanti a Beatrice diventa così catarsi.
Il tema della memoria e del riconoscimento percorre l’intero canto. Dante, pur non vedendo il volto di Beatrice ancora velato, la riconosce attraverso la “virtù antica” che aveva provato in gioventù. Questo riconoscimento non è solo emotivo ma spirituale: rappresenta la capacità dell’anima di riconnettersi con la verità divina anche dopo lo smarrimento.
Il simbolismo cromatico arricchisce il tessuto tematico del canto con straordinaria efficacia. I colori delle vesti di Beatrice – il bianco del velo (fede), il rosso dell’abito (carità) e il verde del mantello (speranza) – incarnano le tre virtù teologali, indicando che l’accesso al Paradiso richiede l’acquisizione di queste qualità spirituali. La nuvola di fiori che circonda Beatrice simboleggia la purezza e la resurrezione, mentre i colori dell’aurora evocano un nuovo inizio spirituale.
La contrapposizione tra amore terreno e amore divino rappresenta un altro tema cruciale. Beatrice rimprovera Dante per aver seguito “false immagini di bene” dopo la sua morte, mostrando come l’amore autentico debba dirigersi verso il divino. La citazione “conosco i segni dell’antica fiamma” trasforma significativamente il verso virgiliano originariamente riferito alla passione profana di Didone in simbolo di un amore spirituale e salvifico.
Infine, il tema dell’autorità spirituale emerge con forza nella rappresentazione di Beatrice come figura autorevole, paragonata a un ammiraglio che ispeziona la sua flotta. Questo nuovo ruolo di Beatrice, non più solo donna angelicata ma guida spirituale con autorità divina, riflette la maturazione della visione teologica di Dante e la comprensione che la verità rivelata comporta non solo consolazione, ma anche correzione e guida.
Il Canto 30 Purgatorio della Divina Commedia in Pillole
| Aspetto | Dettagli |
|---|---|
| Ambientazione | Paradiso Terrestre, sulla cima del monte del Purgatorio |
| Evento principale | Apparizione di Beatrice e scomparsa di Virgilio |
| Personaggi cruciali | Dante (protagonista in stato di pentimento), Beatrice (nuova guida), Virgilio (guida che scompare), angeli (accompagnano Beatrice) |
| Struttura narrativa | Arrivo del corteo celestiale (vv. 1-48), scomparsa di Virgilio (vv. 49-54), rimprovero di Beatrice (vv. 55-81), reazione emotiva di Dante (vv. 82-145) |
| Temi principali | Transizione dalla ragione alla fede, passaggio dal Purgatorio al Paradiso, pentimento e purificazione, rimprovero come atto d’amore |
| Simbolismo | Velo bianco (fede), veste rossa (carità), mantello verde (speranza), nube di fiori (purezza), pianto di Dante (purificazione) |
| Figure retoriche | Anafora (ripetizione di “Virgilio”), metafora (“antica fiamma”), allitterazioni, sinestesie, anastrofe |
| Significato teologico | Necessità del pentimento per la salvezza, limite della ragione umana davanti alla Rivelazione divina |
| Elementi stilistici | Linguaggio solenne, citazioni bibliche e liturgiche, riferimenti all’Eneide |
| Passaggi memorabili | “Guardaci ben! Ben son, ben son Beatrice” (v. 73); “Virgilio dolcissimo patre” (v. 50); “Manibus, oh, date lilïa plenis!” (v. 21) |