Il Canto XXXI del Paradiso rappresenta uno dei momenti più sublimi dell’intero viaggio ultraterreno di Dante Alighieri. In questo canto, il poeta fiorentino ci conduce nell’Empireo, il cielo più alto del Paradiso e dimora di Dio, dove la visione beatifica raggiunge il suo apice. Siamo ormai nelle fasi conclusive della Divina Commedia, e il pellegrinaggio spirituale di Dante sta per culminare nella visione di Dio stesso.
Indice:
- Canto 31 Paradiso della Divina Commedia: testo completo e parafrasi
- Canto 31 Paradiso della Divina Commedia: riassunto e spiegazione
- Canto 31 Paradiso della Divina Commedia: i personaggi
- Analisi del Canto 31 Paradiso: elementi tematici e narrativi
- Figure retoriche nel Canto 31 Paradiso della Divina Commedia
- Temi principali del 31° canto del Paradiso della Divina Commedia
- Il Canto 31 del Paradiso in pillole
Canto 31 Paradiso della Divina Commedia: testo completo e parafrasi
| Testo Originale | Parafrasi |
|---|---|
| In forma dunque di candida rosa si mostrava la milizia santa che nel suo sangue Cristo fece sposa; | Dunque in forma di bianca rosa si mostrava la schiera dei beati che Cristo rese sua sposa con il suo sangue; |
| ma l’altra, che volando vede e canta la gloria di colui che la ‘nnamora e la bontà che la fece cotanta, | ma l’altra schiera (degli angeli), che volando contempla e canta la gloria di Dio che la innamora e la bontà divina che la rese così grande, |
| sì come schiera d’ape che s’infiora una fïata e una si ritorna là dove suo laboro s’insapora, | come uno sciame d’api che ora si posa sui fiori e ora ritorna nell’alveare dove il suo lavoro si trasforma in dolce miele, |
| nel gran fior discendeva che s’adorna di tante foglie, e quindi risaliva là dove ‘l süo amor sempre soggiorna. | scendeva nel grande fiore che si adorna di tante foglie (i beati), e poi risaliva là dove il suo amore (Dio) sempre dimora. |
| Le facce tutte avean di fiamma viva e l’ali d’oro, e l’altro tanto bianco, che nulla neve a quel termine arriva. | Tutti gli angeli avevano volti di fiamma viva e ali d’oro, e il resto del corpo così bianco che nessuna neve può raggiungere quel livello di candore. |
| Quando scendean nel fior, di banco in banco porgevan de la pace e de l’ardore ch’elli acquistavan ventilando il fianco; | Quando scendevano nel fiore, di ordine in ordine diffondevano la pace e l’ardore d’amore che essi acquisivano agitando le ali; |
| né l’interporsi tra ‘l disopra e ‘l fiore di tanta moltitudine volante impediva la vista e lo splendore: | né l’interporsi tra Dio e il fiore di una così grande moltitudine di angeli volanti impediva la visione e lo splendore divino: |
| ché la luce divina è penetrante per l’universo secondo ch’è degno, sì che nulla le puote essere ostante. | perché la luce divina penetra l’universo secondo quanto ciascun essere merita, così che nulla può esserle d’ostacolo. |
| Questo sicuro e gaudïoso regno, frequente in gente antica e in novella, viso e amore avea tutto ad un segno. | Questo regno sicuro e gioioso, popolato sia da anime dell’Antico che del Nuovo Testamento, rivolgeva sguardo e amore tutto verso un unico punto (Dio). |
| O trina luce che ‘n unica stella scintillando a lor vista, sì li appaga! guarda qua giuso a la nostra procella! | O luce trina (la Trinità) che in un’unica stella brillando alla loro vista, così li appaga! Volgi lo sguardo quaggiù alle nostre tempeste terrene! |
| Se i barbari, venendo da tal plaga che ciascun giorno d’Elice si cuopra, rotante col suo figlio ond’ella è vaga, | Se i barbari, venendo da una regione che ogni giorno è coperta dall’Orsa Maggiore, rotante con l’Orsa Minore di cui essa si compiace, |
| veggendo Roma e l’ardüa sua opra, stupefaciensi, quando Laterano a le cose mortali andò di sopra; | vedendo Roma e i suoi ardui monumenti, restavano stupefatti, quando il Laterano superava tutte le cose mortali; |
| io, che al divino da l’umano, a l’etterno dal tempo era venuto, e di Fiorenza in popol giusto e sano, | io, che dal mondo umano ero giunto al divino, dal tempo all’eternità, e dalla corrotta Firenze a un popolo giusto e sano, |
| di che stupor dovea esser compiuto! Certo tra esso e ‘l gaudio mi facea libito non udire e starmi muto. | di quale stupore dovevo essere pieno! Certamente lo stupore e la gioia mi rendevano gradito non ascoltare e restare in silenzio. |
| E quasi peregrin che si ricrea nel tempio del suo voto riguardando, e spera già ridir com’ello stea, | E come un pellegrino che si ristora osservando il tempio meta del suo pellegrinaggio, e già spera di raccontare come esso sia, |
| su per la viva luce passeggiando, menava ïo li occhi per li gradi, mo sù, mo giù e mo recirculando. | camminando attraverso la viva luce, io muovevo gli occhi per i vari gradi della rosa, ora in alto, ora in basso e ora girando intorno. |
| Vedëa visi a carità süadi, d’altrui lume fregiati e di suo riso, e atti ornati di tutte onestadi. | Vedevo volti persuasi alla carità, ornati della luce divina e del proprio sorriso, e atteggiamenti adorni di ogni virtù. |
| La forma general di paradiso già tutta mïo sguardo avea compresa, in nulla parte ancor fermato fiso; | La forma generale del paradiso il mio sguardo aveva già tutta abbracciata, senza ancora fissarsi in alcun punto particolare; |
| e volgeami con voglia rïaccesa per domandar la mia donna di cose di che la mente mia era sospesa. | e mi volgevo con desiderio riacceso per domandare a Beatrice di cose su cui la mia mente era incerta. |
| Uno intendëa, e altro mi rispuose: credea veder Beatrice e vidi un sene vestito con le genti glorïose. | Intendevo vedere una persona, e invece mi rispose un’altra: credevo di vedere Beatrice e vidi invece un vecchio vestito come le anime beate. |
| Diffuso era per li occhi e per le gene di benigna letizia, in atto pio quale a tenero padre si convene. | Il suo volto era illuminato negli occhi e sulle guance da una benigna letizia in atteggiamento pietoso quale si addice a un tenero padre. |
| E «Ov’è ella?», sùbito diss’io. Ond’elli: «A terminar lo tuo disiro mosse Beatrice me del loco mio; | E «Dov’è Beatrice?», dissi subito. Al che egli: «Per soddisfare il tuo desiderio Beatrice mi ha fatto alzare dal mio posto; |
| e se riguardi sù nel terzo giro dal sommo grado, tu la rivedrai nel trono che suoi merti le sortiro». | e se guardi in alto nel terzo giro a partire dal gradino più alto, tu la rivedrai sul trono che i suoi meriti le hanno assegnato». |
| Sanza risponder, li occhi sù levai, e vidi lei che si facea corona reflettendo da sé li etterni rai. | Senza rispondere, alzai gli occhi, e vidi Beatrice che si faceva corona riflettendo da sé i raggi eterni. |
| Da quella regïon che più sù tona occhio mortale alcun tanto non dista, qualunque in mare più giù s’abbandona, | Da quella regione del cielo che più in alto tuona (l’Empireo), occhio mortale non dista tanto, anche se si trova nelle più profonde acque del mare, |
| quanto lì da Beatrice la mia vista; ma nulla mi facea, ché süa effige non discendëa a me per mezzo mista. | quanto lì distava la mia vista da Beatrice; ma ciò non mi impediva la visione, perché la sua immagine giungeva a me senza ostacoli. |
| «O donna in cui la mia speranza vige, e che soffristi per la mia salute in inferno lasciar le tue vestige, | «O donna in cui vive la mia speranza, e che per la mia salvezza accettasti di lasciare le tue impronte nell’inferno, |
| di tante cose quant’i’ ho vedute, dal tuo podere e da la tua bontate riconosco la grazia e la virtute. | di tutte le cose che ho veduto, dal tuo potere e dalla tua bontà riconosco di aver ricevuto la grazia e la virtù. |
| Tu m’hai di servo tratto a libertate per tutte quelle vie, per tutt’i modi che di ciò fare avei la potestate. | Tu mi hai tratto dalla schiavitù del peccato alla libertà, per tutte quelle vie, per tutti i modi che avevi il potere di usare. |
| La tua magnificenza in me custodi, sì che l’anima mia, che fatt’hai sana, piacente a te dal corpo si disnodi». | Custodisci in me la tua magnificenza, affinché la mia anima, che hai reso sana, si sciolga dal corpo essendo a te gradita». |
| Così orai; e quella, sì lontana come parea, sorrise e riguardommi; poi si tornò a l’etterna fontana. | Così pregai; e Beatrice, pur così lontana come sembrava, sorrise e mi guardò; poi si volse nuovamente verso Dio. |
| E ‘l santo sene: «Acciò che tu assommi perfettamente», disse, «il tuo cammino, a che priego e amor santo mandommi, | E il santo vecchio: «Affinché tu porti a perfezione», disse, «il tuo cammino, per il quale preghiera e santo amore mi inviarono, |
| vola con li occhi per questo giardino; ché veder lui t’acconcerà lo sguardo più al montar per lo raggio divino. | vola con gli occhi per questo giardino celeste; poiché vederlo preparerà il tuo sguardo a salire meglio attraverso il raggio divino. |
| E la regina del cielo, ond’ïo ardo tutto d’amor, ne farà ogne grazia, però ch’i’ sono il suo fedel Bernardo». | E la regina del cielo, per la quale io ardo tutto d’amore, ci farà ogni grazia, perché io sono il suo fedele Bernardo». |
| Qual è colui che forse di Croazia viene a veder la Veronica nostra, che per l’antica fame non sen sazia, | Come colui che forse dalla Croazia viene a vedere la nostra Veronica, e per l’antica fama non se ne sazia, |
| ma dice nel pensier, fin che si mostra: «Segnor mio Iesù Cristo, Dio verace, or fu sì fatta la sembianza vostra?»; | ma dice nel pensiero, finché l’immagine è esposta: «Signor mio Gesù Cristo, Dio verace, fu così il vostro vero aspetto?»; |
| tal era io mirando la vivace carità di colui che ‘n questo mondo, contemplando, gustò di quella pace. | così ero io ammirando la vivace carità di san Bernardo che in questo mondo, contemplando Dio, gustò quella pace celeste. |
| «Figliuol di grazia, quest’esser giocondo», cominciò elli, «non ti sarà noto, tenendo li occhi pur qua giù al fondo; | «Figlio della grazia divina, questo stato gioioso», cominciò egli, «non ti sarà pienamente noto, se terrai gli occhi solo quaggiù in basso; |
| ma guarda i cerchi infino al più remoto, tanto che veggi seder la regina cui questo regno è suddito e devoto». | ma guarda i cerchi fino al più lontano, finché tu veda sedere la regina del cielo a cui questo regno è suddito e devoto». |
| Io levai li occhi; e come da mattina la parte orïental de l’orizzonte soverchia quella dove ‘l sol declina, | Io alzai gli occhi; e come al mattino la parte orientale dell’orizzonte supera in luminosità quella dove tramonta il sole, |
| così, quasi di valle andando a monte con li occhi, vidi parte ne lo stremo vincer di lume tutta l’altra fronte. | così, quasi andando con gli occhi da una valle a un monte, vidi una parte nell’ultimo cerchio superare in luminosità tutto il resto della rosa. |
| E come quivi ove s’aspetta il temo che mal guidò Fetonte, più s’infiamma, e quinci e quindi il lume si fa scemo, | E come là dove si attende il timone che Fetonte guidò male, più s’infiamma il cielo, e da una parte e dall’altra la luce si fa più debole, |
| così quella pacifica oriafiamma nel mezzo s’avvivava, e d’ogne parte per igual modo allentava la fiamma; | così quel pacifico vessillo (Maria) nel mezzo si ravvivava, e da ogni parte allo stesso modo diminuiva lo splendore; |
| e a quel mezzo, con le penne sparte, vid’io più di mille angeli festanti, ciascun distinto di fulgore e d’arte. | e intorno a Maria, con le ali aperte, vidi più di mille angeli festanti, ciascuno distinto per splendore e funzione. |
| Vidi a lor giochi quivi e a lor canti ridere una bellezza, che letizia era ne li occhi a tutti li altri santi; | Vidi nei loro giochi e nei loro canti risplendere una bellezza (Maria) che gioia infondeva negli occhi a tutti gli altri santi; |
| e s’io avessi in dir tanta divizia quanta ad imaginar, non ardirei lo minimo tentar di sua delizia. | e se io avessi tanta ricchezza di parole quanta ne ho nell’immaginazione, non oserei tentare di esprimere nemmeno minimamente la sua gioia. |
| Bernardo, come vide li occhi miei nel caldo suo calor fissi e attenti, li suoi con tanto affetto volse a lei, | Bernardo, quando vide i miei occhi fissi e attenti sul suo ardente amore (Maria), rivolse i suoi occhi a lei con tanto affetto, |
| che i miei di rimirar fé più ardenti. | che rese i miei occhi ancora più desiderosi di contemplarla. |
Canto 31 Paradiso della Divina Commedia: riassunto e spiegazione
Nel Canto 31 del Paradiso, Dante raggiunge l’Empireo, il cielo più alto della cosmologia medievale e dimora di Dio. Qui il poeta contempla la maestosa visione della “candida rosa”, una formazione circolare dove siedono i beati. Questo canto segna un momento cruciale nell’itinerario spirituale dantesco: il passaggio dalla guida razionale di Beatrice alla guida contemplativa di San Bernardo di Chiaravalle.
Il canto si apre con la descrizione della “candida rosa”, immagine sublime che rappresenta l’assemblea dei beati disposti in cerchi concentrici:
In forma dunque di candida rosa
mi si mostrava la milizia santa
che nel suo sangue Cristo fece sposa;
In questa visione, gli angeli vengono paragonati a sciami di api che volano continuamente tra Dio e i beati, portando pace e ardore divino. Questa potente metafora evidenzia il flusso incessante della grazia divina e l’armoniosa disposizione dell’ordine celeste. Gli angeli, infatti, discendono e risalgono attraverso la rosa, in un movimento perpetuo che simboleggia la comunicazione costante tra Dio e le anime salvate.
Il nucleo centrale del canto è dedicato a un momento di grande intensità emotiva: il commiato da Beatrice. Dante, assorto nella visione della rosa, non si accorge subito che Beatrice non è più al suo fianco. Quando alza lo sguardo, la vede seduta nel suo seggio celeste, coronata dalla luce divina. La distanza che ora li separa è immensa, paragonabile a quella tra la superficie del mare e il suo punto più profondo:
Da quella regïon che più sù tona
occhio mortale alcun tanto non dista,
qualunque in mare più giù s’abbandona,quanto lì da Beatrice la mia vista;
Nonostante la distanza, Dante può ancora vederla chiaramente, poiché nell’Empireo non esistono barriere fisiche che impediscano la visione. Il poeta le rivolge allora una preghiera di ringraziamento, riconoscendo il ruolo fondamentale che Beatrice ha avuto nel suo viaggio di redenzione:
O donna in cui la mia speranza vige,
e che soffristi per la mia salute
in inferno lasciar le tue vestige,di tante cose quant’i’ ho vedute,
dal tuo podere e da la tua bontate
riconosco la grazia e la virtute.
Beatrice risponde con un sorriso e poi torna a rivolgere lo sguardo verso “l’etterna fontana”, cioè Dio stesso. Questo momento segna il compimento della missione di Beatrice come guida di Dante.
Al posto di Beatrice, Dante trova accanto a sé un venerabile anziano, San Bernardo di Chiaravalle, figura chiave della mistica medievale e grande devoto della Vergine Maria. La scelta di San Bernardo come guida finale non è casuale: rappresenta il passaggio dalla conoscenza teologica (Beatrice) alla contemplazione mistica, necessaria per l’ultima tappa del viaggio dantesco. San Bernardo si presenta come:
“Perfetta vita e alto merto inciela
donna più sù”, mi disse, “a la cui norma
nel vostro mondo giù si veste e vela”.
San Bernardo esorta Dante a contemplare la disposizione della “candida rosa”, preparando così il suo sguardo alla visione finale di Dio. Gli indica la disposizione gerarchica dei beati e gli mostra il seggio riservato all’imperatore Enrico VII, che Dante considerava l’unica speranza per la restaurazione dell’ordine politico in Italia.
Nella parte finale del canto, San Bernardo invita Dante a osservare attentamente la struttura dell’Empireo, presentato come un “giardino” divino:
Vola con li occhi per questo giardino;
ché veder lui t’acconcerà lo sguardo
più al montar per lo raggio divino.
Questa esortazione sottolinea la necessità di una preparazione graduale alla visione di Dio, che avverrà nei canti successivi. Lo sguardo deve essere esercitato attraverso la contemplazione dell’ordine celeste prima di poter sostenere la visione diretta della divinità.
La struttura dell’Empireo riflette la perfetta armonia del disegno divino: i beati sono disposti in gradinate concentriche, con i bambini innocenti nella parte inferiore e figure di particolare importanza in posizioni privilegiate. Questa disposizione geometrica esprime visivamente il concetto teologico della predestinazione e della gerarchia celeste.
Il Canto 31 si configura quindi come un momento di transizione fondamentale nella struttura complessiva del Paradiso. Segnando il passaggio da Beatrice a San Bernardo, Dante prepara il lettore alla visione finale di Dio, culmine e compimento dell’intero viaggio ultraterreno. La “candida rosa” rappresenta non solo l’ordine matematico e teologico dell’universo dantesco, ma anche l’armonia suprema che attende l’anima al termine del suo percorso di purificazione.
Canto 31 Paradiso della Divina Commedia: i personaggi
Nel Canto 31 del Paradiso, Dante presenta un numero limitato ma significativo di personaggi, ciascuno con un ruolo preciso nel momento culminante del viaggio spirituale del poeta. I protagonisti di questo canto rappresentano non solo figure storiche o letterarie, ma incarnano anche precise funzioni allegoriche nel percorso di elevazione spirituale del pellegrino.
Dante pellegrino
Il personaggio di Dante in questo canto si trova in uno stato di profonda trasformazione. Giunto ormai nell’Empireo, sta per completare il suo viaggio ultraterreno. Lo vediamo smarrito quando si accorge dell’assenza di Beatrice, in un momento di vulnerabilità emotiva che sottolinea il passaggio cruciale che sta affrontando:
«Sanza risponder, li occhi sù levai,
e vidi lei che si facea corona
refletendo da sé li etterni rai.»
La sua reazione mostra un misto di meraviglia, turbamento e desiderio spirituale. Dante personaggio si trasforma progressivamente in questo canto: da discepolo della ragione illuminata (Beatrice) diventa contemplatore mistico sotto la guida di San Bernardo, preparandosi alla visione diretta di Dio.
Beatrice
Beatrice appare per l’ultima volta come guida di Dante in questo canto. La sua funzione di guida attraverso i cieli del Paradiso giunge a compimento, e ora la vediamo tornare al suo posto glorioso nella rosa celeste:
«Da quella regïon che più sù tona
occhio mortale alcun tanto non dista,
qualunque in mare più giù s’abbandona,quanto lì da Beatrice la mia vista;»
Questo distacco rappresenta un momento di grande intensità emotiva. Beatrice, simbolo della teologia e della sapienza divina, ha condotto Dante attraverso la comprensione razionale dei misteri divini, ma ora deve lasciare spazio alla pura contemplazione mistica. Il suo ultimo sorriso rivolto a Dante prima di tornare a contemplare “l’etterna fontana” è carico di significato: indica il compimento della sua missione e il passaggio a una nuova fase della visione beatifica.
San Bernardo di Chiaravalle
La nuova guida che sostituisce Beatrice è San Bernardo di Chiaravalle, figura storica di grande importanza nella spiritualità medievale. La scelta di questo personaggio non è casuale: Bernardo era noto per la sua devozione mariana e per i suoi scritti sulla contemplazione mistica, in particolare nel trattato “De consideratione”:
«E ‘l santo sene: “Acciò che tu assommi
perfettamente”, disse, “il tuo cammino,
a che priego e amor santo mandommi,»
Il santo è descritto come un “santo sene” (santo vecchio), che incarna la sapienza contemplativa e l’esperienza mistica diretta. Il suo compito è quello di preparare Dante all’ultimo passo del suo viaggio: la visione di Dio stesso. San Bernardo rappresenta quindi la contemplazione pura che trascende la conoscenza razionale rappresentata da Beatrice.
Gli Angeli
Sebbene non siano personaggi individuali, gli angeli hanno un ruolo importante nel canto, descritti nella loro funzione di mediatori tra Dio e i beati:
«sì come schiera d’ape che s’infiora
una fïata e una si ritorna
là dove suo lavoro s’insapora»
Paragonati a uno sciame d’api, gli angeli manifestano il movimento perpetuo dell’amore divino, portando pace e ardore dalla fonte divina agli beati e viceversa, in un ciclo continuo di grazia e adorazione.
Analisi del Canto 31 Paradiso: elementi tematici e narrativi
Il Canto 31 del Paradiso rappresenta una tappa fondamentale nel percorso di ascensione spirituale di Dante, caratterizzandosi per una particolare ricchezza di elementi tematici e narrativi che ne evidenziano la centralità nell’economia complessiva della Commedia.
La rappresentazione dell’Empireo come “candida rosa” costituisce l’elemento visivo dominante del canto. Questa immagine floreale non è una semplice metafora ornamentale, ma una struttura cosmica che riflette l’ordine divino nella sua perfezione matematica e geometrica. La rosa dei beati è organizzata in gradinate concentriche attorno al punto luminoso che rappresenta Dio, secondo un principio gerarchico che rispecchia i diversi gradi di beatitudine. Tale disposizione incarna l’ordinamento provvidenziale dell’universo, dove ogni elemento occupa il posto che gli spetta secondo un disegno perfetto.
Significativo è il fatto che Dante percepisca questa struttura come un insieme unitario e armonioso. La visione della rosa mistica inaugura una nuova modalità percettiva nel poeta, che può finalmente contemplare l’intera comunità dei beati in un colpo d’occhio, superando i limiti della temporalità e della parzialità che avevano caratterizzato la sua esperienza nei cieli precedenti. Questo ampliamento della capacità visiva costituisce una tappa cruciale nella preparazione alla visione diretta di Dio.
Il movimento narrativo del canto si articola secondo una tripla transizione che segna il progressivo avvicinamento di Dante alla meta ultima del suo viaggio. Innanzitutto, vi è la transizione spaziale dall’ultimo cielo mobile (il Primo Mobile) all’Empireo immobile ed eterno. Questa transizione corrisponde al passaggio dalla dimensione temporale a quella dell’eternità. In secondo luogo, si assiste alla transizione dalla visione indiretta e mediata dei cieli precedenti alla visione diretta della comunità celeste nella sua interezza. Infine, vi è la cruciale transizione delle guide, con il commiato da Beatrice e l’arrivo di San Bernardo.
Questo passaggio di consegne tra le guide è carico di implicazioni teologiche e simboliche. Beatrice, che ha accompagnato Dante attraverso tutti i cieli del Paradiso, rappresenta la teologia, la conoscenza razionale illuminata dalla fede. San Bernardo, illustre mistico medievale, incarna invece la contemplazione pura, l’esperienza diretta del divino che trascende le capacità discorsive della ragione. La sostituzione della guida segnala quindi la necessità di abbandonare anche gli ultimi supporti razionali per accedere alla pura contemplazione mistica.
Il distacco da Beatrice è narrato con toni di grande intensità emotiva, che rivelano la complessità del rapporto tra Dante personaggio e la sua guida. Da un lato, vi è la gratitudine per il percorso compiuto insieme; dall’altro, la consapevolezza della necessità di questo distacco per il compimento ultimo del viaggio. La preghiera che Dante rivolge a Beatrice (“O donna in cui la mia speranza vige…”) rappresenta un momento di straordinaria densità lirica, in cui convergono sentimenti personali e significati teologici.
La narrazione si sviluppa secondo una progressione che riflette la gradualità dell’esperienza mistica. Dante deve esercitare il suo sguardo, abituandolo progressivamente alla luce sempre più intensa dell’Empireo. San Bernardo lo invita infatti a “volare con gli occhi” per il giardino celeste, in modo da preparare la vista alla contemplazione diretta del divino. Questa metafora del volo visivo suggerisce il superamento delle limitazioni corporee e l’acquisizione di una modalità percettiva più spirituale e immediata.
Particolarmente significativa è l’immagine degli angeli paragonati alle api, che volano continuamente tra Dio e i beati, portando pace e ardore. Questa immagine dinamica introduce un elemento di movimento in un contesto altrimenti caratterizzato dalla stasi eterna dell’Empireo. Il continuo scambio tra Dio e i beati mediato dagli angeli rappresenta la circolazione incessante della grazia divina, che alimenta e sostiene la beatitudine dei salvati.
Da notare è anche la presenza dei bambini innocenti nei petali più bassi della rosa. Questa collocazione riflette la concezione teologica medievale secondo cui anche i bambini morti prima dell’età della ragione godono della visione beatifica, pur in un grado proporzionato alla loro capacità. La loro presenza anticipa il tema della predestinazione e della grazia, che sarà sviluppato nei canti successivi.
La struttura dell’Empireo, con la sua disposizione gerarchica dei beati, riflette anche la concezione sociale medievale, fondata sull’idea di un ordine universale voluto da Dio, in cui ogni elemento occupa una posizione predeterminata. Tuttavia, questa gerarchia non implica disuguaglianza nella beatitudine: ogni anima è perfettamente appagata nella sua condizione e gode della visione divina secondo la propria capacità.
Nel tessuto narrativo del canto si intrecciano continuamente due dimensioni: quella verticale dell’ascesa spirituale e quella orizzontale della comunione dei santi. La prima rappresenta il percorso individuale di Dante verso Dio; la seconda, la dimensione collettiva della Chiesa trionfante, la comunità dei salvati uniti nell’amore divino. Il poeta fiorentino riesce a fondere magistralmente queste due dimensioni nella visione unitaria della rosa celeste.
Figure retoriche nel Canto 31 Paradiso della Divina Commedia
Il Canto 31 del Paradiso rappresenta uno dei momenti stilisticamente più elevati dell’intera Commedia, dove Dante impiega un ricco arsenale retorico per rappresentare l’ineffabile realtà dell’Empireo. La complessa architettura figurativa del canto serve a tradurre in parole ciò che, per definizione, trascende il linguaggio umano.
La metafora più potente e strutturante dell’intero canto è quella della “candida rosa”, che domina fin dai versi d’apertura: “In forma dunque di candida rosa / mi si mostrava la milizia santa / che nel suo sangue Cristo fece sposa“. Questa immagine non è solo decorativa, ma costituisce l’architettura simbolica dell’Empireo stesso, evocando purezza, perfezione e ordine divino. La bianchezza della rosa simboleggia la purificazione completa delle anime, mentre la sua forma circolare e simmetrica richiama l’armonia cosmica e la perfezione del disegno divino.
Subito dopo, troviamo una delle similitudini più elaborate del canto, quella delle api: “sì come schiera d’ape che s’infiora / una fïata e una si ritorna / là dove suo lavoro s’insapora“. Gli angeli sono paragonati alle api che si muovono tra i fiori e l’alveare, rappresentando il continuo fluire della grazia divina tra Dio e le anime beate. La similitudine crea un’immagine dinamica che contrasta con la staticità della rosa, suggerendo come l’ordine celeste combini permanenza e movimento.
Particolarmente significativa è anche l’iperbole utilizzata per descrivere la distanza tra Dante e Beatrice: “Da quella regïon che più sù tona / occhio mortale alcun tanto non dista, / qualunque in mare più giù s’abbandona“. Qui il poeta impiega l’iperbole per trasmettere non tanto una distanza fisica, quanto l’incommensurabile distanza spirituale che ora separa Beatrice, ormai tornata alla beatitudine eterna, dal pellegrino ancora in cammino.
L’apostrofe rivolta a Beatrice (“O donna in cui la mia speranza vige“) esprime con intensità emotiva la gratitudine di Dante verso la sua guida, creando un momento di profonda intimità in uno spazio cosmico. Questo contrasto tra l’immensità dell’Empireo e il legame personale tra Dante e Beatrice è reso ancora più intenso dalla personificazione della speranza che “vige” (vive con forza) nella figura femminile.
Il canto è ricco di sinestesie, figure retoriche che combinano percezioni sensoriali diverse, come nell’espressione “vede e canta la gloria“, dove vista e udito si fondono per descrivere l’esperienza angelica. Questo espediente retorico comunica l’unità delle percezioni nell’Empireo, dove i sensi spirituali superano la frammentazione tipica dell’esperienza terrena.
Anche l’antitesi gioca un ruolo fondamentale, soprattutto nel contrasto tra ascesa e discesa: “nel gran fior discendeva che s’addorna / di tante foglie, e quindi risaliva“. Questo movimento oppositivo degli angeli simboleggia il flusso bidirezionale della grazia divina e l’interconnessione tra Dio e le anime beate.
La metonimia appare quando Beatrice viene descritta mentre “si facea corona / reflettendo da sé li etterni rai“, dove la corona di luce riflessa rappresenta la beatitudine e la gloria divina di cui partecipa. Similmente, la sineddoche del “gran mar dell’essere” esprime l’immensità della creazione divina attraverso l’immagine marina.
L’anafora della triplice ripetizione di “tanto” (“tanto maggio / quanto più di bontate in sé comprende“) sottolinea la proporzione diretta tra la capacità ricettiva dell’anima e la sua vicinanza a Dio, creando un ritmo che rafforza il concetto teologico espresso.
Particolarmente efficace è l’uso dell’allegoria estesa che permea l’intero canto: il passaggio di consegne da Beatrice a San Bernardo rappresenta allegoricamente il passaggio dalla ragione illuminata dalla fede (Beatrice) alla contemplazione mistica (Bernardo). Questa transizione è sottolineata anche dall’uso di metafore luminose, come il “lume che venia” che introduce la figura del santo.
Infine, il canto presenta numerosi esempi di iperbato e anastrofe, inversioni sintattiche che contribuiscono alla solennità del tono e riflettono l’ordine trascendente dell’Empireo: “Da quella regïon che più sù tona / occhio mortale alcun tanto non dista“. Queste figure di costruzione creano un effetto di sospensione e attesa che rispecchia la progressiva elevazione spirituale del pellegrino.
Temi principali del 31° canto del Paradiso della Divina Commedia
Il Canto XXXI del Paradiso rappresenta uno dei momenti più elevati dell’intero poema dantesco, caratterizzato da temi profondi che si intrecciano in una visione di straordinaria bellezza spirituale e teologica.
Il tema della visione mistica emerge come elemento portante in tutto il canto. Dante, giunto all’Empireo, si trova di fronte alla manifestazione più pura della gloria divina, rappresentata nella forma della candida rosa dei beati. Questa visione non è solo uno spettacolo da contemplare, ma un’esperienza trasformativa che prepara il poeta all’incontro finale con Dio. La visione assume quindi carattere iniziatico: Dante deve gradualmente abituare gli occhi alla luce divina, in un processo di elevazione che richiede il passaggio da una guida all’altra.
La gerarchia celeste costituisce un altro tema centrale. La disposizione dei beati nella rosa segue un ordine preciso che riflette la perfezione del disegno divino. Ogni anima occupa il posto che le è destinato secondo un criterio di giustizia e grazia, rappresentando così l’armonia perfetta del Paradiso. Questa struttura geometrica non è casuale: simboleggia l’ordine cosmico voluto da Dio, in cui ogni elemento trova la sua collocazione ideale in relazione al tutto.
Il passaggio di consegne tra guide spirituali rappresenta forse il tema più significativo del canto. Beatrice, che ha accompagnato Dante attraverso i cieli del Paradiso, lascia il passo a San Bernardo di Chiaravalle. Questo avvicendamento ha un profondo significato allegorico: Beatrice, simbolo della teologia e della ragione illuminata dalla fede, cede il passo a San Bernardo, emblema della contemplazione mistica e dell’unione con Dio oltre ogni mediazione razionale. Il percorso di Dante rappresenta così l’evoluzione dell’anima che, dalla comprensione intellettuale delle verità divine, passa alla loro contemplazione diretta.
Il tema della gratitudine emerge con particolare intensità nell’ultimo dialogo tra Dante e Beatrice. Il poeta esprime riconoscenza verso colei che l’ha salvato dalla “selva oscura” e guidato fino alle soglie della beatitudine. Questo sentimento di gratitudine si manifesta in una preghiera che riassume l’intero percorso spirituale di Dante, dalla condizione di smarrimento iniziale fino alla libertà ritrovata attraverso l’amore divino.
La preparazione dello sguardo costituisce un altro tema ricorrente. San Bernardo invita Dante a “volare con gli occhi” per il giardino paradisiaco, esercitando la vista in preparazione alla visione finale di Dio. Questo tema visivo è centrale nel canto: lo sguardo diventa strumento di conoscenza spirituale, capace di penetrare oltre le apparenze per cogliere l’essenza del divino.
Il tema del compimento percorre l’intero canto. L’Empireo rappresenta il culmine del viaggio di Dante, la meta finale verso cui tutto il percorso precedente era orientato. La visione della rosa dei beati segna l’ingresso del poeta nella dimensione dell’eterno, dove il tempo è sospeso e ogni desiderio trova pieno appagamento. In questo senso, il canto XXXI prepara il terreno per la visione di Dio che avverrà nei canti successivi, rappresentando un momento di transizione verso l’apice dell’esperienza mistica.
Il tema della comunione dei santi si manifesta nella rappresentazione della rosa celeste. I beati formano una comunità perfetta, unita nell’amore di Dio e disposta secondo un ordine che riflette i diversi gradi di beatitudine. Questa immagine della Chiesa trionfante esprime la visione dantesca della comunione spirituale che lega tutti i credenti in un unico corpo mistico, il cui capo è Cristo stesso.
Tutti questi temi si fondono in una visione unitaria che esprime la concezione dantesca della beatitudine come partecipazione all’amore divino, in una comunione perfetta con Dio e con tutte le anime che hanno raggiunto la salvezza.
Il Canto 31 del Paradiso in pillole
| Elemento | Descrizione |
|---|---|
| Ambientazione | L’Empireo, cielo più alto del Paradiso dove risiede Dio |
| Immagine centrale | La “candida rosa” formata dai beati disposti in cerchi concentrici |
| Personaggi principali | Dante pellegrino, Beatrice (che si congeda), San Bernardo (nuova guida) |
| Passaggio chiave | Transizione dalla guida razionale-teologica (Beatrice) alla guida contemplativa-mistica (San Bernardo) |
| Versi memorabili | “In forma dunque di candida rosa / mi si mostrava la milizia santa / che nel suo sangue Cristo fece sposa” (vv. 1-3) |
| Similitudine principale | Gli angeli paragonati alle api che si muovono tra i fiori e l’alveare |
| Struttura della rosa | Anime beate disposte in gradinate concentriche attorno a Dio; nella parte inferiore i bambini innocenti |
| Movimento narrativo | Contemplazione della rosa → ricerca di Beatrice → incontro con San Bernardo → preparazione alla visione divina |
| Temi fondamentali | Ordine divino, gerarchia celeste, contemplazione mistica, passaggio dalla ragione alla fede |
| Significato simbolico | Compimento del percorso di purificazione spirituale in preparazione alla visione diretta di Dio nei canti finali |