Divina Commedia, Canto 31 Purgatorio: testo, parafrasi e figure retoriche

Divina Commedia, Canto 31 Purgatorio: testo, parafrasi e figure retoriche

Nel Canto 31 del Purgatorio emergono pochi ma fondamentali personaggi che giocano ruoli decisivi nel percorso di purificazione spirituale di Dante.

Nel Canto 31 del Purgatorio emergono pochi ma fondamentali personaggi che giocano ruoli decisivi nel percorso di purificazione spirituale di Dante all’interno della Divina Commedia. La loro presenza e interazione creano un complesso intreccio di significati allegorici e teologici.

Indice:

Canto 31 Purgatorio della Divina Commedia: testo completo e parafrasi

Testo OriginaleParafrasi
«O tu che se’ di là dal fiume sacro»,«O tu che ti trovi al di là del fiume sacro»,
volgendo suo parlare a me per punta,rivolgendo direttamente a me le sue parole,
che pur per taglio m’era paruto acro,che pure indirettamente mi erano sembrate severe,
ricominciò, seguendo sanza cunta,ricominciò, continuando senza indugio,
«dì, dì se questo è vero: a tanta accusa«dimmi, dimmi se questa accusa è vera: a un’accusa così grave
tua confession conviene esser congiunta».è necessario che si accompagni la tua confessione».
Era la mia virtù tanto confusa,La mia capacità di parlare era così confusa,
che la voce si mosse, e pria si spenseche la voce si mosse, ma si spense
che da li organi suoi fosse dischiusa.prima di uscire dalla mia bocca.
Poco sofferse; poi disse: «Che pense?Beatrice attese un poco, poi disse: «A cosa pensi?
Rispondi a me; ché le memorie tristeRispondimi, poiché i tristi ricordi
in te non sono ancor da l’acqua offense».non sono ancora cancellati in te dall’acqua [del Lete]».
Confusione e paura insieme misteConfusione e paura mescolate insieme
mi pinsero un tal «sì» fuor de la bocca,mi spinsero fuori dalla bocca un tale «sì»,
al quale intender fuor mestier le viste.che per essere compreso ebbe bisogno di essere visto [con gli occhi].
Come balestro frange, quando scoccaCome una balestra si spezza quando scocca
da troppa tesa, la sua corda e l’arco,per l’eccessiva tensione, la sua corda e l’arco,
e con men foga l’asta il segno tocca,e con minor violenza la freccia colpisce il bersaglio,
sì scoppia’ io sottesso grave carco,così io scoppiai sotto il grave peso,
fuori sgorgando lagrime e sospiri,versando lacrime e sospiri,
e la voce allentò per lo suo varco.e la voce si affievolì nel suo percorso.
Ond’ella a me: «Per entro i miei disiri,Perciò lei mi disse: «In mezzo ai miei desideri,
che ti menavano ad amar lo beneche ti guidavano ad amare il bene
di là dal qual non è a che s’aspiri,al di là del quale non c’è nulla cui si possa aspirare,
quai fossi attraversati o quai catenequali fossati attraversati o quali catene
trovasti, per che del passare innanzitrovasti, per cui l’idea di procedere oltre
dovessiti così spogliar la spene?dovesti così abbandonare?
E quali agevolezze o quali avanziE quali facilitazioni o quali profitti
ne la fronte de li altri si mostraro,si mostrarono sul volto degli altri [beni],
per che dovessi lor passeggiare anzi?».per cui dovessi preferire il passeggiare davanti a loro?».
Dopo la tratta d’un sospiro amaro,Dopo aver emesso un amaro sospiro,
a pena ebbi la voce che rispuose,a stento ebbi la voce che rispose,
e le labbra a fatica la formaro.e le labbra la formarono con fatica.
Piangendo dissi: «Le presenti cosePiangendo dissi: «Le cose presenti
col falso lor piacer volser miei passi,con la loro falsa attrattiva distolsero i miei passi,
tosto che ‘l vostro viso si nascose».non appena il vostro volto si nascose».
Ed ella: «Se tacessi o se negassiEd ella: «Se tu tacessi o negassi
ciò che confessi, non fora men notaciò che confessi, non sarebbe meno nota
la colpa tua: da tal giudice sassi!la tua colpa: è conosciuta da un tale giudice!
Ma quando scoppia de la propria gotaMa quando sgorga dalla propria guancia
l’accusa del peccato, in nostra cortel’accusa del peccato, nella nostra corte
rivolge sé contra ‘l taglio la rota.la mola si volge contro il filo [smussandolo].
Tuttavia, perché mo vergogna porteTuttavia, affinché ora tu provi vergogna
del tuo errore, e perché altra volta,del tuo errore, e perché un’altra volta,
udendo le serene, sie più forte,ascoltando le sirene, tu sia più forte,
pon giù il seme del piangere e ascolta:smetti di piangere e ascolta:
sì udirai come in contraria partecosì udrai come in direzione contraria
mover dovieti mia carne sepolta.avrebbe dovuto muoverti la mia carne sepolta.
Mai non t’appresentò natura o arteMai non ti presentò la natura o l’arte
piacer, quanto le belle membra in ch’iopiacere, quanto le belle membra in cui io
rinchiusa fui, e che so’ ‘n terra sparte;fui racchiusa, e che sono ora disperse nella terra;
e se ‘l sommo piacer sì ti fallioe se il sommo piacere ti venne meno così
per la mia morte, qual cosa mortalea causa della mia morte, quale cosa mortale
dovea poi trarre te nel suo disio?avrebbe poi dovuto attrarti nel suo desiderio?
Ben ti dovevi, per lo primo straleCertamente dovevi, al primo dardo
de le cose fallaci, levar susodelle cose ingannevoli, alzarti
di retro a me che non era più tale.dietro a me che non ero più tale.
Non ti dovea gravar le penne in giuso,Non ti dovevano gravare le ali verso il basso,
ad aspettar più colpo, o pargolettaad aspettare nuovi colpi, né una fanciulla
o altra novità con sì breve uso.o altra vanità con così breve durata.
Novo augelletto due o tre aspetta;Un nuovo uccellino aspetta due o tre [colpi];
ma dinanzi da li occhi d’i pennutima davanti agli occhi dei [volatili] già impiumati
rete si spiega indarno o si saetta».si stende invano la rete o si scaglia la freccia».
Quali fanciulli, vergognando, mutiCome i fanciulli, vergognandosi, muti
con li occhi a terra stannosi, ascoltandocon gli occhi a terra se ne stanno, ascoltando
e sé riconoscendo e ripentuti,e riconoscendo [la loro colpa] e pentiti,
tal mi stav’io; ed ella disse: «Quandotale mi stavo io; ed ella disse: «Quando
per udir se’ dolente, alza la barba,per udire sei addolorato, alza il volto,
e prenderai più doglia riguardando».e proverai più dolore guardando».
Con men di resistenza si dibarbaCon minor resistenza si sradica
robusto cerro, o vero al nostral ventouna robusta quercia, oppure al vento del nord
o vero a quel de la terra di Iarba,o a quello della terra di Iarba [il vento africano],
ch’io non levai al suo comando il mento;di quanta ne opposi io prima di alzare il mento al suo comando;
e quando per la barba il viso chiese,e quando chiese il viso nominando la barba,
ben conobbi il velen de l’argomento.ben compresi il veleno dell’argomento.
E come la mia faccia si distese,E non appena il mio viso si alzò,
posarsi quelle prime creature[vidi] fermarsi quegli angeli
da loro aspersi on, che li occhi mieidal loro spargimento di fiori, tanto che i miei occhi
vider Beatrice volta in su la fieravidero Beatrice rivolta verso la creatura
ch’è sola una persona in due nature.che è una sola persona in due nature [il grifone].
Sotto ‘l suo velo e oltre la riveraSotto il suo velo e al di là del fiume
vincer pariemi più sé stessa antica,mi sembrava vincere la sua antica bellezza,
vincer che l’altre qui, quand’ella c’era.superare le altre donne quando era sulla terra.
Di penter sì mi punse ivi l’ortica,Lì mi punse l’ortica del pentimento,
che di tutte altre cose qual mi torsetanto che, di tutte le altre cose che mi avevano distolto
più nel suo amor, più mi si fé nemica.maggiormente dal suo amore, più me ne feci nemico.
Tanta riconoscenza il cor mi morse,Una tale consapevolezza mi morse il cuore,
ch’io caddi vinto; e quale allora femmi,che io caddi vinto; e quale divenni allora,
salsi colei che la cagion mi porse.lo sa colei che me ne diede l’occasione.
Poi, quando il cor virtù di fuor rendemmi,Poi, quando il cuore mi restituì la forza esteriore,
la donna ch’io avea trovata solala donna [Matelda] che avevo trovato sola
sopra me vidi, e dicea: «Tiemmi, tiemmi!».vidi sopra di me, e diceva: «Reggiti, reggiti!».
Tratto m’avea nel fiume infin la gola,Mi aveva trascinato nel fiume fino alla gola,
e tirandosi me dietro sen givae tirandomi dietro di sé se ne andava
sovresso l’acqua lieve come scola.sull’acqua, leggera come una spola.
Quando fui presso a la beata riva,Quando fui vicino alla beata riva,
‘Asperges me’ sì dolcemente udissi,‘Asperges me’ così dolcemente udii,
che nol so rimembrar, non ch’io lo scriva.che non lo so ricordare, e tanto meno scriverlo.
La bella donna ne le braccia aprissi;La bella donna aprì le braccia;
abbracciommi la testa e mi sommersemi abbracciò la testa e mi sommerse
ove convenne ch’io l’acqua inghiottissi.dove fu necessario che io inghiottissi l’acqua.
Indi mi tolse, e bagnato m’offersePoi mi tolse, e bagnato mi offrì
dentro a la danza de le quattro belle;all’interno della danza delle quattro belle [le virtù cardinali];
e ciascuna del braccio mi coperse.e ciascuna mi coprì con il braccio.
«Noi siam qui ninfe e nel ciel siamo stelle;«Noi qui siamo ninfe e in cielo siamo stelle;
pria che Beatrice discendesse al mondo,prima che Beatrice scendesse al mondo,
fummo ordinate a lei per sue ancelle.fummo destinate a lei come sue ancelle.
Merrenti a li occhi suoi; ma nel giocondoTi condurremo davanti ai suoi occhi; ma nella gioiosa
lume ch’è dentro aguzzeranno i tuoiluce che è dentro aguzzeranno i tuoi occhi
le tre di là, che miran più profondo».le tre di là [le virtù teologali], che guardano più a fondo».
Così cantando cominciaro; e poiCosì iniziarono cantando; e poi
al petto del grifon seco menarmi,mi condussero con loro davanti al petto del grifone,
ove Beatrice stava volta a noi.dove Beatrice stava rivolta verso di noi.
Disser: «Fa che le viste non risparmi;Dissero: «Fa’ in modo di non risparmiare gli sguardi;
posto t’avem dinanzi a li smeralditi abbiamo posto davanti agli smeraldi
ond’Amor già ti trasse le sue armi».da cui Amore un tempo ti scagliò le sue armi».
Mille disiri più che fiamma caldiMille desideri più ardenti della fiamma
strinsermi li occhi a li occhi rilucenti,mi spinsero gli occhi verso gli occhi rilucenti,
che pur sopra ‘l grifone stavan saldi.che stavano fissi solamente sul grifone.
Come in lo specchio il sol, non altrimentiCome il sole in uno specchio, non diversamente
la doppia fiera dentro vi raggiava,la doppia creatura [il grifone] dentro vi si rifletteva,
or con altri, or con altri reggimenti.ora con un aspetto, ora con un altro.
Pensa, lettor, s’io mi maravigliava,Pensa, o lettore, se io mi meravigliavo,
quando vedea la cosa in sé star queta,quando vedevo la cosa [il grifone] stare ferma in sé,
e ne l’idolo suo si trasmutava.e nella sua immagine si trasformava.
Mentre che piena di stupore e lietaMentre piena di stupore e lieta
l’anima mia gustava di quel cibola mia anima gustava di quel cibo
che, saziando di sé, di sé asseta,che, saziando di sé, di sé fa venire sete,
sé dimostrando di più alto tribomostrandosi di più alto lignaggio
ne l’atto, l’altre tre si fero avanti,nell’atto, le altre tre [virtù] si fecero avanti,
danzando al loro angelico caribo.danzando al loro angelico ritmo.
«Volgi, Beatrice, volgi li occhi santi»,«Volgi, Beatrice, volgi gli occhi santi»,
era la sua canzone, «al tuo fedeleera la loro canzone, «al tuo fedele,
che, per vederti, ha mossi passi tanti!che, per vederti, ha fatto tanti passi!
Per grazia fa noi grazia che disvelePer grazia, facci la grazia di svelare
a lui la bocca tua, sì che discernaa lui la tua bocca, così che discerna
la seconda bellezza che tu cele».la seconda bellezza che tu celi».
O isplendor di viva luce etterna,O splendore di viva luce eterna,
chi palido si fece sotto l’ombrachi mai, fattosi pallido all’ombra
sì di Parnaso, o bevve in sua cisterna,del Parnaso, o avendo bevuto alla sua fonte,
che non paresse aver la mente ingombra,non sembrerebbe avere la mente confusa,
tentando a render te qual tu parestitentando di descrivere te quale apparisti
là dove armonizzando il ciel t’adombra,là dove, con la sua armonia, il cielo ti adombra,
quando ne l’aere aperto ti solvesti?quando nell’aria aperta ti svelasti?

Canto 31 Purgatorio della Divina Commedia: riassunto e spiegazione

Siamo ancora nel Paradiso Terrestre, dove si conclude il percorso di Dante nel Purgatorio. Il canto si apre con Beatrice che continua a rimproverare Dante per aver abbandonato la “diritta via” dopo la sua morte. La donna lo invita a non piangere per il dolore, ma a ricordare le proprie colpe, così da liberarsi del peccato e potersi purificare completamente.

Dante, sopraffatto dalla vergogna e dal pentimento, confessa i propri errori: ammette di essersi lasciato distrarre dai beni terreni e di aver dimenticato la via della virtù. Beatrice, dopo aver ascoltato la confessione, ordina a Matelda di condurre Dante alle sacre acque del Lete, il fiume che fa dimenticare i peccati.

Matelda immerge Dante nelle acque del Lete, ed egli dimentica per sempre le proprie colpe. Quando riemerge, viene condotto davanti a Beatrice, che lo accoglie con un sorriso pieno di amore e di grazia. Intanto, quattro donne (le virtù cardinali) invitano le tre donne che rappresentano le virtù teologali (Fede, Speranza e Carità) a mostrarsi a Dante: insieme formano un coro di bellezza e armonia spirituale.

Il canto si chiude con Beatrice che alza il volto verso il cielo, dando il segnale che il tempo della purificazione è compiuto: Dante è pronto a salire al Paradiso.

Il Canto 31 è il culmine della purificazione morale di Dante. Dopo il pentimento (inizio della redenzione) e la confessione (riconoscimento del peccato), arriva la catarsi definitiva: il lavacro nel Lete cancella il ricordo del male.

Beatrice, ancora severa, rappresenta la coscienza illuminata dalla grazia divina. Il suo atteggiamento duro serve a spingere Dante alla piena consapevolezza del suo peccato: solo riconoscendolo potrà essere davvero purificato. Il suo amore, dunque, non è terreno ma spirituale e redentore: Beatrice agisce come strumento di Dio.

Il pianto di Dante non è solo dolore, ma segno del suo ritorno alla verità. Egli riconosce di essersi lasciato distrarre da “parvenze di bene”, cioè dalle illusioni mondane, dimenticando il vero Bene (Dio). Questa confessione richiama il sacramento della penitenza: peccato, confessione e assoluzione.

L’immersione nel Lete è un momento simbolico fortissimo: l’acqua cancella la memoria del peccato, ma non quella del bene. Dante rinasce spiritualmente, come un nuovo Adamo purificato nel giardino dell’Eden. Il Lete, insieme all’Eunoè (che incontrerà nel canto successivo), rappresenta la purificazione completa della memoria: dimenticare il male e ricordare solo il bene.

Le quattro donne che invitano le altre tre simboleggiano il rapporto tra ragione e fede. Le virtù cardinali (Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza) rappresentano le qualità morali acquisite con la ragione, mentre le virtù teologali (Fede, Speranza e Carità) sono infuse direttamente da Dio. Dante, ormai purificato, può contemplarle perché è pronto alla visione divina.

Il canto mostra il passaggio dalla penitenza alla grazia: Dante, confessando i propri peccati e purificandosi nel Lete, diventa degno di accedere al Paradiso. Beatrice, che all’inizio era giudice, ora diventa guida amorosa e salvifica: il suo sorriso finale segna il perdono divino e la riconciliazione tra l’uomo e Dio.

Canto 11 Paradiso della Divina Commedia: i personaggi

In questo canto si manifesta con particolare evidenza la duplice natura di Dante come personaggio del viaggio ultraterreno e come poeta che compone l’opera. Dante personaggio vive un’esperienza emotiva intensa: confuso, vergognoso, pentito e infine rinnovato. La sua reazione alle severe parole di Beatrice rivela un uomo che, riconoscendo i propri errori, prova un sincero rimorso tanto da perdere momentaneamente la facoltà di parlare e scoppiare in lacrime.

Le sue emozioni sono rappresentate fisicamente: la voce che si spegne prima di uscire dalle labbra, il “sì” tanto flebile da essere quasi impercettibile, le lacrime abbondanti che accompagnano la confessione.

Dante poeta, invece, orchestrando questa scena di pentimento e purificazione, trasforma un’esperienza personale (il rimorso per aver dimenticato Beatrice dopo la sua morte) in un esempio universale di redenzione cristiana. Questa capacità di integrare dimensione autobiografica e significato allegorico è una delle caratteristiche più straordinarie dell’intera Commedia.

Beatrice: da donna amata a guida celeste

La Beatrice del Canto 31 rappresenta una figura profondamente trasformata rispetto alla giovane donna celebrata nella Vita Nova. Se nella giovinezza di Dante era oggetto di un amore stilnovistico, idealizzato ma ancora terreno, nella Commedia è diventata una potente figura teologica, capace di guidare il poeta verso la contemplazione divina.

In questo canto, Beatrice si presenta inizialmente come giudice severo che richiama Dante alle sue responsabilità morali. Il suo atteggiamento è quello di chi conosce già le colpe del poeta ma richiede comunque una confessione esplicita, seguendo il modello del sacramento della penitenza.

Successivamente, dopo il pentimento e la purificazione di Dante, il suo volto si svela in tutta la sua bellezza celestiale, preannunciando le meraviglie del Paradiso.

I suoi occhi, paragonati a smeraldi, rappresentano lo specchio attraverso cui la luce divina si riflette e raggiunge l’anima di Dante. La loro bellezza trascendente indica la transizione da un amore terreno a una contemplazione mistica, segnando la completa trasfigurazione di Beatrice in guida spirituale.

Le quattro virtù cardinali

Nella parte finale del canto compaiono quattro ninfe danzanti che accolgono Dante dopo la sua immersione nel Lete. Queste figure femminili sono la personificazione delle quattro virtù cardinali della tradizione filosofica classica, poi incorporate nella teologia cristiana: Prudenza (la capacità di discernere il bene dal male), Giustizia (la volontà costante di dare a ciascuno il suo), Fortezza (la fermezza nell’affrontare le difficoltà) e Temperanza (la moderazione nel soddisfare i desideri).

Le ninfe stesse si presentano dichiarando: “Qui siamo ninfe e in cielo siamo stelle”, rivelando la loro duplice natura terrestre e celeste. La loro danza intorno a Dante simboleggia l’acquisizione di queste virtù fondamentali da parte del poeta dopo la purificazione, un passaggio necessario per procedere verso la contemplazione delle verità divine.

Esse rappresentano il primo livello di perfezione morale, preliminare alle tre virtù teologali (fede, speranza e carità) che saranno personificate da altre tre ninfe.

Matelda

Sebbene abbia un ruolo minore in questo canto rispetto ai precedenti, Matelda è la figura femminile che guida fisicamente Dante nell’immersione nel fiume Lete. Personificazione della felicità edenica e custode del Paradiso terrestre, Matelda rappresenta l’innocenza primordiale dell’umanità prima del peccato originale.

La sua funzione è quella di mediare tra la condizione di pentimento di Dante e il suo rinnovamento spirituale, accompagnandolo nel passaggio cruciale della purificazione attraverso le acque che cancellano la memoria del peccato.

Il Canto 31 del Purgatorio rappresenta un momento cruciale nel percorso di redenzione di Dante attraverso la seconda cantica. Questo canto si sviluppa attorno a tre elementi tematici fondamentali che costituiscono l’ossatura narrativa del testo: la confessione dei peccati, il pentimento sincero e la purificazione finale.

La struttura del canto segue una progressione spirituale che rispecchia il sacramento della penitenza cristiana. Inizialmente, Dante si trova a dover rispondere alle domande incalzanti di Beatrice, che lo spinge a una confessione esplicita delle sue colpe.

Questa prima fase è caratterizzata da un intenso scambio dialogico, in cui il poeta appare confuso e sopraffatto dal senso di vergogna, tanto da perdere quasi l’uso della parola. Il suo “sì” flebile e appena percettibile rappresenta il momento dell’ammissione della colpa, primo passo necessario verso la redenzione.

Il pentimento rappresenta il secondo nucleo tematico del canto. Non si tratta di un semplice rimorso, ma di un dolore profondo per i peccati commessi, che si manifesta in Dante attraverso un pianto incontenibile. Significativa è l’immagine della balestra che si rompe per l’eccessiva tensione, utilizzata per descrivere lo stato d’animo del poeta sopraffatto dalla consapevolezza delle proprie mancanze.

Il pentimento sincero è rappresentato come una condizione necessaria per procedere nel cammino di purificazione.

Il simbolismo dell’acqua costituisce uno degli elementi più potenti del canto. L’immersione nel fiume Lete rappresenta la cancellazione della memoria del peccato, non come oblio delle colpe, ma come liberazione dal loro peso dopo la confessione e il pentimento. Questo passaggio cruciale della narrazione si carica di un profondo significato teologico: il sacramento della penitenza nella dottrina cristiana prevede infatti che, dopo la confessione e il pentimento sincero, i peccati vengano perdonati attraverso la grazia divina.

Il Lete, fiume dell’oblio nella mitologia classica, viene reinterpretato da Dante in chiave cristiana come simbolo della misericordia divina che cancella il ricordo doloroso del peccato. È importante notare come questa immersione rappresenti solo la prima parte della purificazione, che si completerà poi con l’immersione nel fiume Eunoè, le cui acque rafforzano il ricordo del bene compiuto.

Questo duplice passaggio simboleggia la completezza della redenzione cristiana, che non consiste solo nell’eliminazione del male ma anche nel rafforzamento della disposizione al bene.

Altra dimensione tematica fondamentale è la trasformazione interiore di Dante. Il canto traccia un percorso di metamorfosi spirituale che porta il pellegrino da uno stato di confusione e vergogna a una condizione di rinnovata purezza. Questa trasformazione è rappresentata anche attraverso elementi visivi e corporei: Dante viene immerso nell’acqua, viene accolto dalle quattro virtù cardinali personificate e infine condotto davanti al volto svelato di Beatrice.

Il tema della visione assume particolare rilevanza nella parte finale del canto. Gli occhi di Beatrice, paragonati a smeraldi, rappresentano il mezzo attraverso cui la grazia divina illumina la coscienza di Dante. La visione del volto svelato di Beatrice, dopo la purificazione nel Lete, simboleggia l’accesso a una dimensione più alta di comprensione spirituale, preliminare all’ascesa al Paradiso.

Sul piano narrativo, questo canto segna un punto di svolta decisivo: l’abbandono definitivo della dimensione terrena del peccato e l’ingresso in una dimensione di rinnovata purezza spirituale. La narrazione si sviluppa attraverso un sapiente intreccio di dialoghi, descrizioni e momenti di introspezione, creando un ritmo che accompagna la progressione spirituale del protagonista.

Il canto si inserisce perfettamente nel più ampio disegno architettonico della Divina Commedia, segnando il completamento del percorso purgatoriale e preparando Dante all’ascesa al Paradiso. La sua collocazione strategica, quasi alla fine della seconda cantica, ne sottolinea l’importanza come momento di transizione e trasformazione.

Figure retoriche nel Canto 31 Purgatorio della Divina Commedia

Il Canto 31 del Purgatorio presenta una ricchezza stilistica notevole, dove Dante utilizza diverse figure retoriche per intensificare il significato allegorico e l’impatto emotivo del testo. Questa varietà stilistica contribuisce a rendere particolarmente efficace la rappresentazione del momento cruciale della confessione e purificazione del poeta.

Le similitudini occupano un posto di rilievo nel canto, con esempi memorabili che illustrano efficacemente gli stati d’animo del poeta. Particolarmente significativa è la similitudine della balestra (vv. 16-18), dove Dante paragona la propria difficoltà nell’esprimere il pentimento a una balestra troppo tesa che si rompe: “Come balestro frange, quando scocca / da troppa tesa, la sua corda e l’arco / e con men foga l’asta il segno tocca”.

Altrettanto potente è la similitudine della neve che si congela sugli Appennini (vv. 91-93): “Sì come neve tra le vive travi / per lo dosso d’Italia si congela / soffiata e stretta da li venti schiavi”, utilizzata per descrivere il suo irrigidimento emotivo.

Le metafore arricchiscono il tessuto poetico del canto con immagini di grande densità simbolica. Il fiume Lete diventa metafora dell’oblio dei peccati, mentre gli occhi di Beatrice, descritti come “smeraldi” (v. 116), rappresentano metaforicamente la luce della grazia divina.

Particolarmente suggestiva è la metafora del cibo spirituale (vv. 128-129): “l’anima mia gustava di quel cibo / che, saziando di sé, di sé asseta”, che esprime splendidamente il paradosso della contemplazione divina che soddisfa e contemporaneamente aumenta il desiderio spirituale.

L’anafora viene impiegata strategicamente, come nei versi iniziali con la ripetizione di “dimmi” (vv. 2-3) che enfatizza l’urgenza dell’interpellazione di Beatrice verso Dante, creando un effetto di incalzante interrogatorio. Anche il termine “confessione” viene ripetuto in posizioni chiave, sottolineando l’importanza di questo atto nel processo di redenzione.

Le antitesi pervadono il canto, creando tensioni significative tra elementi opposti: tra il ricordo del peccato e l’oblio purificatore, tra la morte spirituale e la rinascita, tra la vergogna della colpa e la gioia della redenzione. Questi contrasti rispecchiano efficacemente la transizione spirituale che Dante sta attraversando.

L’uso dell’iperbole è evidente nella descrizione degli stati emotivi del poeta, come l’intensità del suo pianto o la profondità del pentimento, che vengono amplificati per sottolineare la gravità del momento penitenziale e l’autenticità della conversione.

L’allegoria, figura fondamentale in tutta la Divina Commedia, raggiunge nel Canto 31 una particolare intensità. Le quattro ninfe danzanti personificano allegoricamente le virtù cardinali (Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza), mentre l’immersione nel Lete rappresenta allegoricamente il sacramento della penitenza.

Beatrice stessa assume un valore allegorico complesso, incarnando la Sapienza divina e la Rivelazione.

Il simbolismo si manifesta in elementi chiave come l’acqua del Lete, simbolo di purificazione e oblio dei peccati, e gli “smeraldi” degli occhi di Beatrice, simbolo della luce divina che illumina l’anima.

Particolarmente efficace è anche l’uso del contrappunto tra il discorso diretto di Beatrice, severo e diretto, e le risposte di Dante, confuse e frammentate, che riflette stilisticamente la dinamica spirituale tra guida e discepolo, tra correttore e corretto.

Temi principali del Canto 31 Purgatorio della Divina Commedia

Il Canto 31 del Purgatorio rappresenta un momento cruciale nel percorso spirituale di Dante, articolandosi intorno a temi fondamentali che riflettono la dottrina cristiana della redenzione e della purificazione dell’anima.

Il tema della confessione domina la prima parte del canto, evidenziando l’importanza del riconoscimento verbale delle proprie colpe. Beatrice, con il suo atteggiamento severo ma amorevole, incarna il giudice divino che richiede l’ammissione delle proprie mancanze come primo passo verso la salvezza.

La confessione di Dante non è solo un momento autobiografico, ma rappresenta un percorso universale: l’anima che, di fronte alla verità divina, non può che riconoscere i propri errori.

Strettamente connesso alla confessione è il tema del pentimento sincero. Le lacrime di Dante, descritte con intensa forza emotiva, simboleggiano la contrizione necessaria per la remissione dei peccati secondo la teologia cristiana. Il pentimento non è solo dolore per le colpe commesse, ma anche desiderio di cambiamento interiore, una trasformazione che prepara l’anima alla purificazione.

La purificazione spirituale si concretizza nell’immersione nelle acque del fiume Lete, elemento simbolico di straordinaria potenza. Il Lete, fiume dell’oblio nella mitologia classica, viene reinterpretato da Dante in chiave cristiana: le sue acque non cancellano ogni ricordo, ma specificamente la memoria del peccato dopo la confessione e il pentimento.

Questo processo rappresenta la grazia divina che libera l’anima dal peso della colpa, permettendole di procedere verso la beatitudine.

Il contrappunto al Lete è rappresentato dal fiume Eunoè, in cui Dante si immergerà nel canto successivo. Se il Lete cancella il ricordo del male, l’Eunoè rafforza la memoria del bene compiuto. Questa duplice immersione simboleggia la completezza del processo di redenzione cristiana, che non si limita all’eliminazione del peccato ma comprende anche il rafforzamento delle virtù.

Il tema della trasformazione interiore percorre l’intero canto, manifestandosi nel cambiamento che Dante sperimenta: dall’iniziale vergogna e dolore alla gioia finale di fronte alla bellezza rivelata di Beatrice. Questo percorso emotivo rispecchia il cammino dell’anima che, attraverso la purificazione, si rinnova completamente preparandosi alla visione divina.

La bellezza come manifestazione del divino emerge con forza nella parte finale del canto, quando gli occhi di Beatrice vengono paragonati a smeraldi. Questa bellezza non è più terrena, ma trascendente, capace di riflettere la luce divina e di attrarre l’anima verso Dio.

Il tema estetico si fonde così con quello teologico, in un’unità tipicamente dantesca che verrà ulteriormente sviluppata nel Paradiso.

Infine, il canto sviluppa il tema del ritorno all’innocenza originaria, simboleggiato dal Paradiso terrestre in cui la scena si svolge. La purificazione di Dante rappresenta un ritorno simbolico allo stato di perfezione naturale dell’uomo prima del peccato originale, condizione necessaria per accedere alle verità soprannaturali del Paradiso.

Il Canto 31 Purgatorio della Divina Commedia in pillole

ElementoDescrizione
Struttura del cantoPrima parte (vv. 1-63): Confessione di Dante e rimproveri di Beatrice
Seconda parte (vv. 64-105): Pentimento sincero e immersione nel fiume Lete
Terza parte (vv. 106-145): Incontro con le quattro virtù cardinali e contemplazione del volto di Beatrice
Personaggi principaliDante: protagonista che vive il processo di confessione e purificazione
Beatrice: guida spirituale che rimprovera Dante e lo conduce alla redenzione
Le quattro ninfe: personificazioni delle virtù cardinali (Prudenza, Giustizia, Fortezza, Temperanza)
Figure retoricheSimilitudini: la balestra che si spezza (vv. 13-18), la neve sugli Appennini (vv. 91-93)
Metafore: il cibo che sazia e accresce il desiderio (vv. 127-129), gli occhi come smeraldi
Allegorie: le ninfe come virtù, il fiume Lete come oblio dei peccati
Anafore: ripetizione di “dimmi” nei versi iniziali
Temi principaliRedenzione: percorso di pentimento e purificazione dell’anima
Trasformazione spirituale: passaggio dallo stato di peccato alla purezza
Confessione: riconoscimento delle proprie colpe come primo passo per la salvezza
Memoria: dialettica tra ricordo del peccato e sua cancellazione attraverso il Lete
Elementi simboliciFiume Lete: rappresenta l’oblio dei peccati dopo la confessione
Gli occhi di Beatrice: simboleggiano la luce della grazia divina
L’immersione nelle acque: rituale di purificazione simile al battesimo
Posizione nell’operaMomento culminante del percorso purgatoriale, preparazione all’ingresso nel Paradiso terrestre e successivamente nel Paradiso

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