Divina Commedia, Canto 7 Purgatorio: testo, parafrasi e figure retoriche

Divina Commedia, Canto 7 Purgatorio: testo, parafrasi e figure retoriche

Il Canto 7 del Purgatorio rappresenta un momento significativo nel viaggio di Dante Alighieri attraverso il secondo regno dell'aldilà.

Il Canto 7 del Purgatorio rappresenta un momento significativo nel viaggio di Dante Alighieri attraverso il secondo regno dell’aldilà. Questo canto si colloca nell’Antipurgatorio, la zona preliminare della montagna dove le anime attendono di poter iniziare la loro purificazione. A differenza dell’Inferno, caratterizzato da tenebre e disperazione, il Purgatorio è un regno di speranza e attesa, dove le anime hanno la certezza della salvezza futura.

Indice:

Canto 7 Purgatorio della Divina Commedia: testo completo e parafrasi

Testo originaleParafrasi
Poscia che l’accoglienze oneste e lieteDopo che le accoglienze rispettose e gioiose
furo iterate tre e quattro volte,furono ripetute tre e quattro volte,
Sordel si trasse, e disse: «Voi, chi siete?».Sordello si tirò indietro e disse: «Voi, chi siete?».
«Prima che a questo monte fosser volte«Prima che a questo monte fossero dirette
l’anime degne di salire a Dio,le anime degne di salire a Dio,
fur l’ossa mie per Ottavian sepolte.le mie ossa furono sepolte per ordine di Ottaviano.
Io son Virgilio; e per null’altro rioIo sono Virgilio; e per nessun’altra colpa
lo ciel perdei che per non aver fé».persi il cielo se non per non aver avuto fede».
Così rispuose allora il duca mio.Così rispose allora la mia guida.
Qual è colui che cosa innanzi séCome colui che vede all’improvviso davanti a sé
sùbita vede ond’e’ si maraviglia,qualcosa d’inaspettato di cui si meraviglia,
che crede e no, dicendo «Ella è… non è…»,che crede e non crede, dicendo «È… non è…»,
tal parve quelli; e poi chinò le ciglia,tale sembrò quello; e poi abbassò gli occhi,
e umilmente ritornò ver’ lui,e umilmente tornò verso di lui,
e abbracciòl là ‘ve ‘l minor s’appiglia.e lo abbracciò là dove il minore si stringe.
«O gloria di Latin», disse, «per cui«O gloria dei Latini», disse, «per cui
mostrò ciò che potea la lingua nostra,mostrò ciò che poteva la nostra lingua,
o pregio etterno del loco ond’io fui,o eterno vanto del luogo da cui io venni,
qual merito o qual grazia mi ti mostra?quale merito o quale grazia mi ti mostra?
S’io son d’udir le tue parole degno,Se io sono degno di udire le tue parole,
dimmi se vien d’inferno, e di qual chiostra».dimmi se vieni dall’inferno, e da quale cerchio».
«Per tutt’i cerchi del dolente regno»,«Per tutti i cerchi del doloroso regno»,
rispuose lui, «son io di qua venuto;rispose lui, «sono io venuto fin qui;
virtù del ciel mi mosse, e con lei vegno.la virtù del cielo mi ha mosso, e con essa vengo.
Non per far, ma per non fare ho perdutoNon per aver fatto, ma per non aver fatto ho perduto
a veder l’alto Sol che tu disiridi vedere l’alto Sole che tu desideri
e che fu tardi per me conosciuto.e che fu tardi da me conosciuto.
Luogo è là giù non tristo di martìri,C’è un luogo laggiù non afflitto da martiri,
ma di tenebre solo, ove i lamentima solo da tenebre, dove i lamenti
non suonan come guai, ma son sospiri.non suonano come lamenti, ma sono sospiri.
Quivi sto io coi pargoli innocentiLì sto io con i bambini innocenti
dai denti morsi de la morte avantemorti prima
che fosser da l’umana colpa essenti;di essere esenti dalla colpa umana;
quivi sto io con quei che le tre santelì sto io con quelli che le tre sante
virtù non si vestiro, e sanza viziovirtù non indossarono, e senza vizio
conobber l’altre e seguir tutte quante.conobbero le altre e le seguirono tutte quante.
Ma se tu sai e puoi, alcuno indizioMa se tu sai e puoi, qualche indicazione
dà noi per che venir possiam più tostodà a noi per cui possiamo venire più presto
là dove purgatorio ha dritto inizio».là dove il purgatorio ha il suo vero inizio».

Canto 7 Purgatorio della Divina Commedia: riassunto e spiegazione

In questo canto della Divina Commedia, Dante e la sua guida Virgilio incontrano diverse anime di principi e sovrani negligenti, collocati nella “Valletta dei Principi”, un luogo ameno ma separato dal resto del Purgatorio. La struttura del canto è particolarmente interessante poiché segna un passaggio importante: dopo il tramonto del sole, le anime non possono più salire la montagna, costringendo i due pellegrini a fermarsi.

Questo canto si distingue per la ricchezza di figure retoriche, descrizioni paesaggistiche e riflessioni morali sulla negligenza dei governanti terreni, temi centrali dell’intera opera dantesca che riflettono la visione politica e teologica del poeta.

Il Canto 7 del Purgatorio si colloca nell’Antipurgatorio, la zona inferiore della montagna dove le anime attendono di poter iniziare la vera purificazione. Siamo all’imbrunire del primo giorno di Dante nella seconda cantica, dopo il suo attraversamento dell’Inferno. Il canto rappresenta il proseguimento dell’incontro con il trovatore mantovano Sordello, avvenuto nel canto precedente.

L’episodio si apre con il poeta Sordello che, riconosciuto in Virgilio un suo illustre concittadino, lo abbraccia con grande riverenza: “O gloria di Latin”, disse, “per cui / mostrò ciò che potea la lingua nostra, / o pregio etterno del loco ond’io fui”. Questo momento sottolinea l’importanza dell’identità culturale e dell’amor patrio che trascende il tempo, creando un legame immediato tra le anime.

Dopo questo commovente incontro, Sordello spiega a Dante e Virgilio una fondamentale regola del Purgatorio: dopo il tramonto del sole, le anime non possono più procedere nella salita della montagna. Questa limitazione ha un profondo significato allegorico: la luce rappresenta la grazia divina, indispensabile per il cammino di purificazione. Senza questa illuminazione spirituale, simboleggiata dal sole, le anime devono sostare e attendere il nuovo giorno.

“Ma vedi già come dichina il giorno, / e andar sù di notte non si puote; / perché è buon pensar di bel soggiorno”, spiega Sordello, suggerendo di trovare un luogo dove trascorrere la notte. Questa indicazione sottolinea la dipendenza delle anime dalla grazia divina e l’impossibilità di progredire nel cammino verso la salvezza con le sole forze umane.

Sordello conduce quindi i due pellegrini verso la “Valletta dei Principi”, un luogo ameno dell’Antipurgatorio dove si trovano le anime dei sovrani che furono negligenti nell’esercizio dei loro doveri spirituali. La descrizione di questo scenario è di straordinaria bellezza, con un tripudio di colori e profumi naturali che superano qualsiasi pietra preziosa o metallo:

“Oro e argento fine, cocco e biacca, / indaco, legno lucido e sereno, / fresco smeraldo in l’ora che si fiacca, / da l’erba e da li fior, dentr’ a quel seno / posti, ciascun saria di color vinto, / come dal suo maggiore è vinto il meno”.

Questa valle rigogliosa, descritta con minuziosa attenzione ai dettagli cromatici e sensoriali, ospita le anime dei principi negligenti che in vita si preoccuparono troppo degli affari terreni trascurando quelli spirituali. Il contrasto tra la bellezza del luogo e la condizione delle anime crea un potente effetto retorico che evidenzia la vanità delle glorie terrene.

Nella Valletta, Dante osserva le anime dei sovrani che intonano il “Salve Regina”, una preghiera alla Vergine Maria. Sordello indica a Dante un gruppo di anime illustri: l’imperatore Rodolfo d’Asburgo, colpevole di aver trascurato i suoi doveri verso l’Italia; Ottocaro II di Boemia, suo avversario ma descritto come migliore del suo nemico; Filippo III di Francia; Enrico I di Navarra; Pietro III d’Aragona, lodato per il suo valore; e Carlo I d’Angiò.

Questa rassegna di sovrani europei permette a Dante di esporre la sua visione politica. In particolare, il poeta inserisce una riflessione sulla trasmissione della virtù: “Rade volte risurge per li rami / l’umana probitate; e questo vole / quei che la dà, perché da lui si chiami”. Con questi versi, Dante afferma che raramente la virtù si trasmette di padre in figlio, e questo avviene per volontà divina, affinché si riconosca che la virtù proviene da Dio. Viene così criticata l’idea della nobiltà ereditaria, sostenendo invece che la vera nobiltà derivi dalla virtù personale.

Il canto si chiude con l’osservazione delle anime che intonano preghiere al calare della notte, momento in cui due angeli con spade fiammeggianti scendono a protezione della valletta. Questo elemento anticipa l’episodio del serpente tentatore del canto successivo, creando un suggestivo collegamento narrativo.

Il Canto 7 si distingue per la ricchezza di immagini simboliche e per la profonda riflessione politica e teologica. Dante utilizza l’incontro con le anime dei principi negligenti per meditare sul rapporto tra autorità terrena e doveri spirituali, sul valore della vera nobiltà e sull’importanza della grazia divina nel percorso di salvezza. La peculiare legge del Purgatorio che impedisce il progresso notturno diventa emblema della condizione umana, sempre bisognosa dell’illuminazione divina per procedere verso la perfezione spirituale.

Canto 7 Purgatorio della Divina Commedia: i personaggi

Il Canto 7 del Purgatorio presenta figure fondamentali che arricchiscono il viaggio dantesco, ciascuna con un preciso ruolo narrativo e simbolico.

Sordello da Goito

Protagonista che si estende dal canto precedente, Sordello è un trovatore mantovano vissuto nel XIII secolo. La sua figura assume una tripla valenza nel poema:

  • Guida temporanea: affianca Virgilio nell’indicare a Dante la via e nell’illustrare le regole del Purgatorio, anticipando il cambio di guida che avverrà più avanti nel poema
  • Simbolo dell’amor di patria: il suo slancio nell’abbracciare Virgilio al solo sentire nominare Mantova diventa emblema dell’attaccamento alla propria terra
  • Critico politico: attraverso le sue parole, Dante esprime la propria condanna verso i governanti negligenti

La sua conoscenza geografica e morale del Purgatorio lo rende indispensabile per i due pellegrini, specialmente quando spiega loro l’impossibilità di proseguire durante la notte.

I sovrani della Valletta dei Principi

Nella Valletta, Sordello mostra a Dante una serie di anime di principi e governanti che furono negligenti nei loro doveri spirituali, troppo assorbiti dagli affari terreni:

Rodolfo d’Asburgo (1218-1291): imperatore che trascurò i suoi doveri verso l’Italia.

Ottocaro II di Boemia (1230-1278): appare in atteggiamento conciliante, esempio di come le divisioni terrene si dissolvano nell’aldilà.

Filippo III di Francia (1245-1285): definito “dal maschio naso”, simbolo del fallimento militare.

Enrico I di Navarra (1244-1274): descritto come “benigno aspetto”, figura criticata altrove come “mal di Francia”.

Pietro III d’Aragona (1240-1285): lodato per il suo valore militare e la sua virtù.

Carlo I d’Angiò (1226-1285): rappresenta il potere francese in Italia.

Enrico III d’Inghilterra (1207-1272): chiamato “il re della semplice vita”, simbolo di un governo pacifico.

Le figure simboliche

Nel canto compaiono anche figure evocate per il loro significato simbolico, come Alberto I d’Asburgo e la Vergine Maria, quest’ultima attraverso il “Salve Regina” cantato dalle anime.

“Rade volte risurge per li rami\nl’umana probitate; e questo vole\nquei che la dà, perché da lui si chiami”

Questa galleria di sovrani invita a riflettere sulla vanità delle contese terrene e sull’importanza di un governo virtuoso.

Analisi del Canto 7 del Purgatorio: elementi tematici e narrativi

Il Canto 7 del Purgatorio intreccia diversi piani tematici, rivelando la maestria compositiva di Dante. Il tempo, scandito dalla regola del non poter salire la montagna di notte, evidenzia la necessità della luce della grazia divina per la purificazione. La Valletta dei Principi, luogo dove la bellezza naturale contrasta con l’incompiutezza morale, simboleggia la tensione tra aspirazione divina e limiti terreni.

Il tema dell’attesa e della speranza si fonde con la riflessione sul valore della virtù personale, contrapponendosi alla nobiltà ereditaria. L’insieme dei versi, con riferimenti a regimi politici e all’identità culturale, costruisce una narrazione che mette in luce la condizione umana sospesa tra l’ordinato divino e le debolezze terrene.

Figure retoriche nel Canto 7 del Purgatorio della Divina Commedia

Il canto eccelle nell’uso di artifici retorici. Le similitudini, come quella che paragona i colori della natura ai metalli preziosi, stabiliscono una gerarchia che esalta la bellezza divina. La luce solare diventa potente metafora della grazia, mentre le antitesi (gloria terrena vs condizione ultraterrena, giorno vs notte) creano tensione drammatica. Dante arricchisce il testo con personificazioni della natura, sinestesie che fondono sensi e un linguaggio liturgico che eleva la sacralità del momento.

Temi principali del 7 canto del Purgatorio della Divina Commedia

Il canto approfondisce temi fondamentali: il pentimento tardivo delle anime, la critica politica ai governanti e il contrasto tra la bellezza naturale e la vanità terrena. La legge del tramonto sottolinea l’indispensabilità della luce divina per il progresso spirituale. Inoltre, la speranza della salvezza e il valore dell’identità culturale emergono, delineando una visione della vita come pellegrinaggio verso la redenzione.

Il Canto 7 del Purgatorio in pillole

AspettoDettagli principali
AmbientazioneAntipurgatorio, nella Valletta dei Principi fiorita e profumata
Personaggi principaliSordello da Goito, anime dei principi negligenti (Rodolfo d’Asburgo, Ottocaro II, Filippo III, Pietro III d’Aragona, Carlo d’Angiò)
Temi centraliNegligenza dei governanti, impossibilità di ascendere senza la grazia divina, critica alla nobiltà ereditaria
Elementi simboliciTramonto come limite spirituale, colori e profumi della natura che superano quelli artificiali
Struttura narrativaIncontro con Sordello, spiegazione della legge del tramonto, presentazione delle anime dei sovrani negligenti
Figure retoricheSimilitudini cromatiche, antitesi luce/ombra, invettive politiche

Ti potrebbe interessare

Link copiato negli appunti