Divina Commedia, Canto 8 Purgatorio: testo, parafrasi e figure retoriche

Divina Commedia, Canto 8 Purgatorio: testo, parafrasi e figure retoriche

Il Canto ottavo del Purgatorio descrive il viaggio simbolico di Dante nell'Antipurgatorio, affrontando temi di tentazione e protezione divina.

Il Canto ottavo del Purgatorio rappresenta uno dei momenti più suggestivi e simbolicamente densi del viaggio ultraterreno di Dante. Ambientato nell’Antipurgatorio, nella Valle dei Principi Negligenti, questo canto della Divina Commedia si svolge al crepuscolo, momento di transizione carico di significati spirituali e allegorici.

In questa sezione della Divina Commedia, il poeta fiorentino ci offre un quadro di straordinaria bellezza poetica, aprendo con la celebre similitudine dei naviganti nostalgici e proseguendo con scene di grande intensità emotiva e teologica. La narrazione si sviluppa in un’atmosfera di serena contemplazione iniziale che viene drammaticamente interrotta dall’apparizione del serpente tentatore, simbolo del male che persiste anche nel cammino di purificazione delle anime.

La Valle dei Principi Negligenti, ultima tappa dell’Antipurgatorio, accoglie le anime di coloro che, pur avendo ricoperto importanti cariche politiche, hanno rimandato il loro pentimento fino agli ultimi istanti di vita terrena. Qui Dante incontra figure storiche significative come Nino Visconti e Corrado Malaspina, intrecciando ricordi personali, riflessioni politiche e insegnamenti morali nel tessuto narrativo del canto. L’ambientazione al tramonto non è casuale: rappresenta un momento di vulnerabilità spirituale, quando le anime sono più esposte alle tentazioni, ma anche quando la protezione divina si manifesta con maggior evidenza.

Indice:

Canto 8 Purgatorio della Divina Commedia: testo completo e parafrasi

Testo OriginaleParafrasi
Era già l’ora che volge il disioEra ormai giunta l’ora che risveglia il desiderio
ai navicanti e ‘ntenerisce il corenei naviganti e intenerisce il cuore
lo dì ch’han detto ai dolci amici addio;nel giorno in cui hanno detto addio ai cari amici;
e che lo novo peregrin d’amoreed è quando il nuovo viaggiatore, per amore,
punge, se ode squilla di lontanosi sente pungere, se ode da lontano una campana
che paia il giorno pianger che si more;che sembri piangere il giorno che muore;
quand’io incominciai a render vanoquando io cominciai a non prestare più attenzione
l’udire e a mirare una de l’almeall’udito e a osservare una delle anime
surta, che l’ascoltar chiedea con mano.alzatasi in piedi, che chiedeva di essere ascoltata con un gesto della mano.
Ella giunse e levò ambo le palme,Essa congiunse e alzò entrambe le palme,
ficcando li occhi verso l’orïente,fissando lo sguardo verso oriente,
come dicesse a Dio: ‘D’altro non calme’.come se dicesse a Dio: ‘Non mi importa d’altro’.
‘Te lucis ante’ sì devotamente‘Te lucis ante’ così devotamente
le uscìo di bocca e con sì dolci note,le uscì dalla bocca e con note così dolci,
che fece me a me uscir di mente;che fece uscire me da me stesso (mi fece dimenticare di me);
e l’altre poi dolcemente e devotee le altre anime poi dolcemente e devotamente
seguitar lei per tutto l’inno intero,la seguirono per tutto l’inno completo,
avendo li occhi a le superne rote.tenendo gli occhi rivolti alle sfere celesti.
Aguzza qui, lettor, ben li occhi al vero,Aguzza qui, lettore, bene gli occhi alla verità,
ché ‘l velo è ora ben tanto sottile,perché il velo è ora così sottile,
certo che ‘l trapassar dentro è leggero.che certamente il passarvi attraverso è facile.
Io vidi quello essercito gentileIo vidi quella schiera nobile
tacito poscia riguardare in sùe,tacere poi e guardare verso l’alto,
quasi aspettando, palido e umìle;quasi in attesa, pallido e umile;
e vidi uscir de l’alto e scender giùee vidi uscire dall’alto e scendere giù
due angeli con due spade affocate,due angeli con due spade infuocate,
tronche e private de le punte sue.spezzate e private delle loro punte.
Verdi come fogliette pur mo nateVerdi come foglioline appena nate
erano in veste, che da verdi penneerano nelle vesti, che da verdi penne
percosse traean dietro e ventilate.colpite e ventilate si trascinavano dietro.
L’un poco sovra noi a star si venne,Uno si fermò a stare un poco sopra di noi,
e l’altro scese in l’opposita sponda,e l’altro scese sulla sponda opposta,
sì che la gente in mezzo si contenne.così che la gente si trovò in mezzo.
Ben discernëa in lor la testa bionda;Distinguevo bene la loro testa bionda;
ma ne la faccia l’occhio si smarria,ma nel viso lo sguardo si confondeva,
come virtù ch’a troppo si confonda.come una facoltà che si confonda per troppa intensità.
“Ambo vegnon del grembo di Maria”,“Entrambi vengono dal grembo di Maria”,
disse Sordello, “a guardia de la valle,disse Sordello, “a guardia della valle,
per lo serpente che verrà vie via”.a causa del serpente che verrà tra poco”.
Ond’io, che non sapeva per qual calle,Perciò io, che non sapevo per quale sentiero,
mi volsi intorno, e stretto m’accostai,mi voltai intorno, e stretto mi accostai,
tutto gelato, a le fidate spalle.tutto impaurito, alle fidate spalle (di Virgilio).
E Sordello anco: “Or avvalliamo omaiE Sordello ancora: “Ora scendiamo ormai
tra le grandi ombre, e parleremo ad esse;tra le grandi ombre, e parleremo con esse;
grazïoso fia lor vedervi assai”.sarà loro molto gradito vedervi”.
Solo tre passi credo ch’i’ scendesse,Credo di essere sceso solo tre passi,
e fui di sotto, e vidi un che miravae fui in basso, e vidi uno che guardava
pur me, come conoscer mi volesse.solo me, come se volesse riconoscermi.
Temp’era già che l’aere s’annerava,Era già tempo che l’aria si oscurava,
ma non sì che tra li occhi suoi e ‘ mieima non tanto che tra i suoi occhi e i miei
non dichiarisse ciò che pria serrava.non si chiarisse ciò che prima nascondeva.
Ver’ me si fece, e io ver’ lui mi fei:Verso me si mosse, e io verso lui mi diressi:
giudice Nin gentil, quanto mi piacqueo nobile giudice Nino, quanto mi piacque
quando ti vidi non esser tra ‘ rei!quando ti vidi non essere tra i dannati!
Nullo bel salutar tra noi si tacque;Nessun bel saluto fu taciuto tra noi;
poi dimandò: “Quant’è che tu venistipoi domandò: “Da quanto tempo sei venuto
a piè del monte per le lontane acque?”.ai piedi del monte attraverso le acque lontane?”
“Oh!”, diss’io lui, “per entro i luoghi tristi“Oh!”, dissi a lui, “attraverso i luoghi tristi (l’Inferno)
venni stamane, e sono in prima vita,sono venuto stamattina, e sono ancora nella prima vita (sono vivo),
ancor che l’altra, sì andando, acquisti”.benché, così andando, acquisti anche l’altra (la vita eterna)”.
E come fu la mia risposta udita,E non appena la mia risposta fu udita,
Sordello ed elli in dietro si raccolseSordello ed egli si ritrassero indietro
come gente di sùbito smarrita.come persone improvvisamente smarrite.
L’uno a Virgilio e l’altro a un si volseL’uno si rivolse a Virgilio e l’altro a uno
che sedea lì, gridando: “Sù, Currado!che sedeva lì, gridando: “Su, Corrado!
vieni a veder che Dio per grazia volse”.vieni a vedere ciò che Dio per grazia volle”.
Poi, vòlto a me: “Per quel singular gradoPoi, rivolto a me: “Per quel singolare favore
che tu dei a colui che sì nascondeche tu devi a colui che così nasconde
lo suo primo perché, che non lì è guado,il suo primo perché (la ragione prima), che non c’è guado (non è attraversabile),
quando sarai di là da le larghe onde,quando sarai al di là delle larghe onde (tornato sulla Terra),
dì a Giovanna mia che per me chiamidi’ a Giovanna mia che preghi per me
là dove a li ‘innocenti si risponde.là dove agli innocenti si risponde (in cielo).
Non credo che la sua madre più m’ami,Non credo che sua madre mi ami ancora,
poscia che trasmutò le bianche bende,dopo che cambiò le bianche bende (si risposò),
le quai convien che, misera!, ancor brami.le quali è necessario che, misera!, ancora desideri.
Per lei assai di lieve si comprendeGrazie a lei si comprende facilmente
quanto in femmina foco d’amor dura,quanto in una donna dura il fuoco dell’amore,
se l’occhio o ‘l tatto spesso non l’accende.se l’occhio o il tatto spesso non lo riaccende.
Non le farà sì bella sepulturaNon le farà una sepoltura così bella
la vipera che Melanesi accampa,la vipera che i Milanesi accampano (stemma dei Visconti),
com’avria fatto il gallo di Gallura”.come avrebbe fatto il gallo di Gallura (stemma dei Visconti di Pisa)”.

Canto 8 Purgatorio della Divina Commedia: riassunto e spiegazione

Il Canto ottavo del Purgatorio si apre con una delle immagini più liriche e suggestive dell’intera Divina Commedia. Dante introduce la scena con una celebre similitudine marinaresca che evoca la nostalgia del tramonto: “Era già l’ora che volge il disio / ai navicanti e ‘ntenerisce il core / lo dì c’han detto ai dolci amici addio” (vv. 1-3). Questo incipit descrive l’ora in cui i naviganti appena partiti sentono nostalgia per gli affetti lasciati, paragonandola allo stato d’animo del pellegrino che, udendo le campane vespertine, si commuove pensando alla fine del giorno.

Siamo nell’Antipurgatorio, precisamente nella Valle dei Principi Negligenti, dove si trovano le anime di coloro che, pur essendo stati governanti virtuosi, hanno rimandato il pentimento agli ultimi istanti di vita. In questa cornice temporale del tramonto, momento di passaggio e vulnerabilità spirituale, le anime intonano l’inno liturgico Te lucis ante terminum (Prima che la luce finisca), chiedendo protezione divina contro le tentazioni notturne.

L’atmosfera di raccoglimento e preghiera viene improvvisamente interrotta dall’apparizione di due angeli con spade fiammeggianti ma spuntate, che scendono dal cielo come sentinelle divine. Dante, invitando il lettore a guardare oltre il velo allegorico (“Aguzza qui, lettor, ben li occhi al vero“, v. 19), sottolinea l’importanza simbolica della scena. Gli angeli, vestiti di verde – colore della speranza – sono descritti con ali dello stesso colore, a rappresentare la virtù teologale che guida il cammino purgatoriale.

In questo contesto spirituale, il poeta incontra due anime illustri. La prima è quella di Nino Visconti, giudice di Gallura e amico personale di Dante, che si stupisce di vedere il poeta ancora vivo in quel luogo. L’incontro è caratterizzato da grande affetto e riconoscimento reciproco, evidenziando come nel Purgatorio, a differenza dell’Inferno, le anime mantengano la loro dignità e nobiltà. Nino chiede a Dante di portare il suo ricordo alla figlia Giovanna e si lamenta amaramente del comportamento della moglie risposatasi dopo la sua morte, rivelando come persistano ancora legami emotivi con il mondo terreno, seppur destinati ad attenuarsi nel processo di purificazione.

La seconda anima significativa che Dante incontra è quella di Corrado Malaspina, nobile della Lunigiana, il cui incontro consente al poeta di rendere omaggio alla famiglia che lo ospitò durante l’esilio. Attraverso Corrado, Dante inserisce una profezia sul proprio futuro, prevedendo l’ospitalità che riceverà dai Malaspina entro sette anni (“non si ricorca sette volte nel letto […] il Montone“, vv. 133-135).

Il momento culminante del canto è rappresentato dall’improvvisa apparizione di un serpente, chiaro simbolo della tentazione e del male, che striscia attraverso l’erba verso la valletta. Non è Virgilio (simbolo della ragione) a notarlo per primo, ma Sordello, che rappresenta un’anima già in cammino verso la purificazione. Il serpente, descritto come simile a quello che offrì “il cibo amaro” a Eva, incarna la persistenza della tentazione anche nel percorso di redenzione.

Di fronte a questa minaccia, i due angeli verdi scendono rapidamente a protezione delle anime. La scena è carica di tensione drammatica: “Sentendo fender l’aere a le verdi ali, / fuggì ‘l serpente, e li angeli dier volta” (vv. 110-111). Il serpente fugge senza combattere, mostrando come la sola presenza della grazia divina sia sufficiente a sconfiggere il male. Questo episodio allegorico illustra perfettamente la natura del Purgatorio come luogo di lotta continua contro le tentazioni, ma anche di protezione divina.

Il canto si chiude con il dialogo tra Dante e Corrado Malaspina, che offre al poeta l’occasione per tessere un elogio della famiglia Malaspina, celebre per liberalità e valore (“sola va dritta e ‘l mal cammin dispregia“, v. 132). Questa lode non è solo un ringraziamento per l’ospitalità ricevuta, ma anche un’affermazione dei valori di nobiltà e virtù che Dante considera fondamentali nell’ideale politico di una società giusta.

La struttura narrativa del Canto 8 è costruita con maestria: si parte dalla serenità contemplativa del tramonto, si attraversa il momento di tensione rappresentato dalla tentazione del serpente, per giungere infine alla risoluzione positiva grazie all’intervento divino. Questa progressione rispecchia il percorso stesso delle anime purganti, che passano dalla vulnerabilità alla protezione attraverso la preghiera e la grazia divina. Il canto riesce così a condensare, in un episodio apparentemente semplice, la complessa teologia del Purgatorio come regno di purificazione e speranza.

Canto 8 Purgatorio della Divina Commedia: i personaggi

Il Canto ottavo del Purgatorio si distingue per la presenza di due figure storiche di notevole rilievo: Nino Visconti e Corrado Malaspina. Attraverso questi incontri, Dante intreccia il piano personale con quello politico, ricostruendo legami affettivi e celebrando valori morali che rispecchiano la sua visione etica.

Nino Visconti, giudice di Gallura in Sardegna e membro della potente famiglia pisana dei Visconti, rappresenta una figura cara a Dante. L’incontro è caratterizzato da un intenso trasporto emotivo, testimoniato dal reciproco riconoscimento e dalla gioia che ne consegue. Nino, sorpreso di vedere Dante ancora vivo, si rivolge all’amico Corrado esclamando: «Vedi chi è colui che ‘l nostro monte / cerchia prima che morte l’abbia dato?». La familiarità del loro rapporto emerge chiaramente quando Nino prega Dante di portare un messaggio alla figlia Giovanna perché interceda per lui, rivelando così il permanere dei legami affettivi anche dopo la morte.

Particolarmente toccante è il momento in cui Nino esprime amarezza per il comportamento della moglie Beatrice d’Este, risposatasi dopo la sua morte con Galeazzo Visconti. Nei versi: «Per lei assai di lieve si comprende / quanto in femmina foco d’amor dura, / se l’occhio o ‘l tatto spesso non l’accende», traspare un’amara riflessione sulla fugacità dell’amore mondano, ma priva di acredine, in linea con lo spirito penitenziale che pervade il Purgatorio.

La figura di Nino incarna la nobiltà d’animo che persiste oltre la morte. La sua presenza tra i principi negligenti suggerisce che, pur essendo stato un buon governante, rimandò il pentimento fino agli ultimi istanti di vita. Il suo ritratto complesso unisce la dimensione privata e quella pubblica, offrendo uno spaccato delle relazioni politico-familiari dell’epoca.

Corrado Malaspina, l’altro personaggio centrale, appartiene alla nobile casata della Lunigiana che aveva ospitato Dante durante il suo esilio. Presentato come «l’anima divisa / dal corpo suo per astio e per inveggia», Corrado incarna gli antichi valori cavallereschi della liberalità e dell’ospitalità. La sua presenza consente a Dante di tessere un elogio della famiglia Malaspina, celebrandone la virtù e la rettitudine morale.

Il dialogo con Corrado si conclude con una profezia sul futuro di Dante, a cui viene annunciata l’ospitalità che riceverà dai Malaspina entro sette anni. Questo elemento autobiografico trasforma un’esperienza personale del poeta in materia poetica e allegorica, confermando come il viaggio ultraterreno si intrecci costantemente con la vita terrena dell’autore.

Entrambi i personaggi condividono il destino di espiare nell’Antipurgatorio il peccato di negligenza, ma rappresentano anche l’ideale dantesco di nobiltà vera, fondata non sul sangue ma sulle virtù personali. Il loro incontro con Dante rivela come nel Purgatorio le anime mantengano la propria identità e dignità, a differenza delle anime dell’Inferno, deformate dal peccato.

Sordello da Goito, già incontrato nel canto precedente, svolge qui un ruolo complementare, fungendo da guida locale nella Valle dei Principi. È lui a notare per primo l’arrivo del serpente tentatore, dimostrando una sensibilità spirituale che deriva dalla sua condizione di anima purgante.

Non va dimenticato il ruolo di Virgilio, che in questa scena appare più in disparte, a sottolineare come in alcuni momenti del cammino purgatoriale la ragione umana (rappresentata dal poeta latino) necessiti dell’integrazione con l’esperienza diretta del peccato e della redenzione.

Analisi del Canto 8 del Purgatorio: elementi tematici e narrativi

Il Canto ottavo del Purgatorio rappresenta un punto di svolta narrativo e simbolico nel percorso dantesco, intrecciando diverse dimensioni tematiche che ne arricchiscono il significato profondo. La narrazione si sviluppa attraverso una studiata progressione che conduce da un paesaggio sereno fino al drammatico confronto con il male, offrendo una potente allegoria della condizione spirituale umana.

Il tema della tentazione emerge come elemento centrale del canto. Il serpente che si insinua nella Valle rappresenta non solo un riferimento al peccato originale, ma anche la persistenza delle forze maligne che continuano ad assalire le anime, persino in Purgatorio. Questa rappresentazione chiarisce come il percorso di purificazione non sia un semplice stato passivo, ma una continua lotta attiva contro il male. Significativo è il fatto che la tentazione giunga al tramonto, momento di passaggio e vulnerabilità, suggerendo come il male cerchi sempre i momenti di debolezza per manifestarsi.

La protezione divina si concretizza nell’intervento degli angeli dalle vesti verdi, che discendono per sconfiggere il serpente tentatore. Questa scena non è solo un momento di azione drammatica, ma una potente metafora della grazia che sostiene l’essere umano nel suo cammino spirituale. Il fatto che gli angeli non debbano combattere, ma la loro sola presenza faccia fuggire il serpente, sottolinea la superiorità assoluta della grazia divina sul male.

La preghiera come strumento di protezione spirituale viene valorizzata attraverso l’inno Te lucis ante terminum che le anime intonano prima dell’apparizione del serpente. Questo elemento evidenzia come la vigilanza spirituale e l’invocazione della protezione divina siano essenziali nel cammino di redenzione. La melodia che risuona nella valle anticipa l’intervento divino, creando un legame causale tra preghiera e salvezza.

Un ruolo fondamentale nella struttura narrativa è assegnato alle guide. Virgilio, rappresentante della ragione umana, mostra qui un limite significativo non percependo immediatamente la presenza del serpente. È invece Sordello, anima purgante, a notare per primo il pericolo. Questo passaggio suggerisce come talvolta l’esperienza diretta della tentazione e del pentimento fornisca una sensibilità che nemmeno la sapienza razionale può garantire, introducendo una sottile riflessione sui limiti della ragione umana.

L’ambientazione temporale al tramonto non è casuale ma funzionale alla narrazione. Questo momento di transizione tra luce e tenebre simboleggia la condizione delle anime nell’Antipurgatorio, sospese tra la loro vita terrena e il percorso di purificazione. La nostalgia evocata nell’incipit riflette lo stato emotivo delle anime, ancora legate al ricordo terreno ma proiettate verso la salvezza.

La progressione narrativa del canto segue un andamento che alterna momenti di quiete contemplativa (la descrizione del tramonto, gli incontri cordiali) a improvvise tensioni drammatiche (l’apparizione del serpente), creando un ritmo che riflette la natura stessa del percorso purgatoriale, fatto di meditazione e lotta spirituale. Questa alternanza di toni e atmosfere rappresenta magistralmente la complessità del cammino verso la purificazione, dove quiete e pericolo, nostalgia e speranza coesistono continuamente.

Figure retoriche nel Canto 8 Purgatorio della Divina Commedia

Il Canto 8 del Purgatorio si distingue per la ricchezza e la varietà delle figure retoriche impiegate da Dante, che contribuiscono a intensificare la potenza espressiva e il significato allegorico del testo.

L’apertura del canto è dominata da una delle più celebri similitudini dantesche, quella dei naviganti: «Era già l’ora che volge il disio / ai navicanti e ‘ntenerisce il core / lo dì c’han detto ai dolci amici addio». Con questa immagine, Dante paragona la nostalgia delle anime alla malinconia dei marinai che, al calar del sole, ripensano con tenerezza agli affetti lasciati. La figura si estende nei versi successivi con il pellegrino che si commuove al suono della campana che sembra «piangere il giorno che si muore», creando una profonda personificazione del tempo.

Particolarmente significativa è la sinestesia presente al verso 6, dove «lo novo peregrin d’amore punge» fonde sensazioni fisiche (pungere) ed emotive (amore), rendendo più vivida l’esperienza del viaggiatore.

Il canto è caratterizzato da un sapiente uso del simbolismo cromatico. Il verde delle vesti angeliche («Verdi come fogliette pur mo nate / erano in veste») rappresenta la speranza e il rinnovamento spirituale, contrapponendosi simbolicamente all’oscurità crescente del tramonto e alla minaccia del serpente. Questa antitesi cromatica sottolinea visivamente il contrasto tra bene e male.

La descrizione degli angeli è arricchita da metafore e similitudini che ne esaltano la natura celeste: vengono paragonati ad «astor celestiali» (astori celesti), rapaci che si lanciano sul serpente tentatore. La loro difesa è rappresentata attraverso l’iperbole delle «spade affocate», simbolo intensificato della protezione divina.

Nella parte centrale del canto troviamo un’efficace anafora con la ripetizione di «Io vidi», che scandisce le osservazioni di Dante, conferendo ritmo e intensità alla narrazione e sottolineando il ruolo testimoniale del poeta.

Un esempio raffinato di perifrasi astronomica si trova nei versi 133-135, dove Corrado Malaspina profetizza: «Or va; che ‘l sol non si ricorca / sette volte nel letto che ‘l Montone / con tutti e quattro i piè cuopre e inforca». Attraverso questa immagine articolata, Dante indica un periodo di sette anni senza ricorrere a un’espressione diretta, dimostrando la sua vasta cultura scientifica e astronomica.

Il serpente tentatore è introdotto attraverso un’allusione biblica: «forse qual diede ad Eva il cibo amaro» (v. 99), creando un immediato collegamento con il peccato originale e arricchendo la scena di risonanze teologiche.

La struttura metrica del canto, come in tutta la Divina Commedia, si basa sulle terzine incatenate (terza rima) con schema ABA, BCB, CDC. Questa architettura formale non è solo un virtuosismo tecnico, ma un elemento che riflette la progressione spirituale del viaggio dantesco, legando ogni momento al precedente e al successivo in una catena ininterrotta.

Significativo è anche l’uso dell’apostrofe al lettore: «Aguzza qui, lettor, ben li occhi al vero» (v. 19), figura che crea un’interazione diretta tra poeta e pubblico, invitando a una lettura più profonda del significato allegorico.

Il chiasmo e il parallelismo contribuiscono a strutturare le idee in modo armonioso, mentre l’uso di allitterazioni («spade spuntate») intensifica la musicalità dei versi e rafforza l’impatto fonico delle immagini descritte.

Temi principali del Canto 8 Purgatorio della Divina Commedia

Il Canto ottavo del Purgatorio è ricco di tematiche profonde che si intrecciano nel tessuto narrativo, illuminando sia il percorso spirituale di Dante che la visione teologica e morale dell’intero poema. La preghiera come strumento di protezione spirituale emerge come primo tema fondamentale: l’inno Te lucis ante terminum intonato dalle anime evidenzia come la preghiera rappresenti uno scudo contro le forze del male, particolarmente necessario nei momenti di vulnerabilità simboleggiati dal tramonto.

Il contrasto tra bene e male si manifesta nella drammatica apparizione del serpente tentatore, simbolo biblico che richiama il peccato originale. La scena rappresenta visivamente come la tentazione persista anche nel cammino di purificazione, sottolineando che nemmeno le anime purganti sono completamente libere dall’assalto del maligno. Questo elemento narrativo sottolinea la visione dantesca della continua lotta morale che accompagna l’essere umano anche dopo la morte fisica.

L’intervento della grazia divina attraverso gli angeli dalle spade fiammeggianti e dalle vesti verdi costituisce un tema cruciale del canto. Questi messaggeri celesti incarnano la protezione che Dio offre a coloro che, pur imperfetti, sono sulla via della salvezza. Il loro immediato intervento evidenzia come la grazia divina sia sempre presente e pronta a soccorrere chi è minacciato dal male.

La nostalgia e il legame con la vita terrena emergono nell’incontro con Nino Visconti, il cui interesse per la figlia Giovanna e il disappunto per il nuovo matrimonio della moglie rivelano come le anime, pur avviate verso la beatitudine, mantengano un legame emotivo con il mondo che hanno lasciato. Questo tema riflette la concezione dantesca dell’umanità delle anime purganti, che non rinunciano completamente alla loro identità terrena.

La riflessione politica e morale sulla nobiltà si sviluppa attraverso la figura di Corrado Malaspina e l’elogio della sua casata. Dante esplora qui l’ideale di nobiltà autentica, basata non sul mero lignaggio ma sulle virtù morali e sulla giustizia nell’esercizio del potere. Questa riflessione si inserisce nel più ampio progetto politico della Commedia, che cerca di delineare un modello di governance virtuosa.

Il valore dell’amicizia e della memoria permea gli incontri di questo canto, mostrando come i legami affettivi rappresentino un valore che trascende la morte. La cordialità con cui Dante viene accolto da Nino e Corrado illustra come l’amicizia genuina costituisca un bene spirituale che accompagna l’anima nel suo percorso verso Dio.

La simbologia del tempo e degli spazi costituisce un ulteriore tema significativo: il tramonto, con la sua carica di vulnerabilità e nostalgia, e la valle protetta ma esposta alle insidie, rappresentano metaforicamente la condizione umana sospesa tra fragilità e protezione, tra oscurità e luce. Questa dimensione temporale e spaziale non è solo sfondo, ma elemento attivo nella costruzione del messaggio morale.

Il Canto 8 Purgatorio in pillole

SezionePunti chiaveNote
AmbientazioneValle dei Principi Negligenti al tramontoMomento liminale tra luce e oscurità, simbolo della vulnerabilità alle tentazioni
IncipitSimilitudine dei naviganti e nostalgiaVersi 1-6 tra i più lirici della Commedia, evocano il tema del distacco e del desiderio
Personaggi principaliNino Visconti, Corrado MalaspinaFigure storiche legate all’esperienza personale di Dante e alla sua visione politica
Momento centraleApparizione del serpente e intervento degli angeliDrammatizzazione della lotta tra bene e male nel processo di purificazione
Elementi simboliciSerpente (tentazione), angeli verdi (speranza), spade fiammeggianti (giustizia divina)Il simbolismo cromatico rafforzato dal contrasto tra luce e oscurità
PreghieraTe lucis ante terminumInno serale della liturgia cristiana che invoca protezione dalle tentazioni notturne
Temi teologiciTentazione persistente, protezione divina, vigilanza spiritualeDimostrazione che anche nel Purgatorio il male tenta ancora di ostacolare il cammino di redenzione
Temi politiciElogio della famiglia Malaspina, critica implicita alla nobiltà corrottaRiferimento all’esperienza personale dell’ospitalità ricevuta da Dante durante l’esilio
Figure retoricheSimilitudine dei naviganti, metafore astronomiche, simbolismo cromaticoFusione di linguaggio poetico e allegoria teologica
ProfeziaPredizione dell’esilio di Dante attraverso complessa metafora astronomicaRiferimento ai sette anni (“sette volte”) prima che Dante sperimenti l’ospitalità dei Malaspina

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