Foscolo e l'attualizzazione del mito - Studentville

Foscolo e l'attualizzazione del mito

L'educazione della società contemporanea attraverso esempi mitici in Foscolo.

Foscolo e l'attualizzazione del mito.
Dei sepolcri (1806 )

Il percorso che si snoda attorno alla contrapposizione tra divino cristiano e divino pagano  segna due diverse concezioni culturali, ideologiche e religiose del pensiero dell’’800. La contrapposizione più netta si ha tra la poetica foscoliana (neoclassicista e rivolta al recupero del mito) e  quella manzoniana (romantica e tesa al recupero delle verità cristiane). Per Foscolo il mito ha un valore emblematico (di esempio e segno di verità profonde, capace di incarnare valori universali).  Pensiamo al mito di Ulisse (A Zacinto) che ritorna alla sua Itaca, al mito di Ettore Dei Sepolcri  che difende la patria troiana fino all’ultimo, sacrificando la sua vita contro il volere del fato o ancora al mito di Elettra la ninfa amata da Giove, che dopo la sua morte inaugura il culto delle tombe nella città di Troia. Al mito delle Grazie (Le Grazie) che portano tra gli uomini la civiltà e le arti belle sottraendoli dallo stato di barbarie.

Il mito non viene solo rievocato da Foscolo nelle forme originarie in cui era custodito dal mondo classico (greco e romano) ma viene ricreato e attualizzato, sovrapponendosi alla vicenda storica  (i morti di Maratona) ed essendo recuperato dalla celebrazione artistica, che ne fa il poeta. In questo senso anche la poeisa di Foscolo come quella di Omero diverrà assimilabile al mito, in quanto capace di rievocare eternamente vicende eroiche ed esemplari per tutta l’umanità.

Ah sí! da quella
religïosa pace un Nume parla:
e nutria contro a' Persi in Maratona
ove Atene sacrò tombe a' suoi prodi,
la virtú greca e l'ira. Il navigante
che veleggiò quel mar sotto l'Eubea,
vedea per l'ampia oscurità scintille
balenar d'elmi e di cozzanti brandi,
fumar le pire igneo vapor, corrusche
d'armi ferree vedea larve guerriere
cercar la pugna; e all'orror de' notturni
silenzi si spandea lungo ne' campi
di falangi un tumulto e un suon di tube
e un incalzar di cavalli accorrenti
scalpitanti su gli elmi a' moribondi,
e pianto, ed inni, e delle Parche il canto.

Il richiamo al Nume (la divinità) che ha ispirato la battaglia dei Greci contro i Persiani a Maratona, ci parla di una religiosità patria che vede l'intervento degli Dei finalizzato alla difesa della propria terra.

Il canto delle Parche (le divinità della vita e della morte) sanziona infine – con un accenno alto e pietoso allo stesso tempo – al compianto dovuto ai caduti in battaglia.

La rievocazione del mito della città di Troia operato da Foscolo nella parte finale del carme, ci fa capire come sia profonda la sua ammirazione per la cultura greca e quanto intensi ed integrati siano i valori di cui si fa portatrice.

Attorno alla memoria della città ruota innanzitutto la leggenda di Elettra, la ninfa compagna di Giove, che, non immortale, avrà comunque il dono di un'altra forma di eternità: quella costituita dal culto riservato alle divinità protettrici della città.

Anche Cassandra la profetessa ha un ruolo importante. Dotata anch'essa di una mente divina, capace di prevedere le sciagure della sua terra, sa anche infondere la speranza di continuità della stirpe troiana esortando a conservare il culto dei defunti.

Tra le macerie di Troia, la città violata dal fato di morte, ma destinata ad essere comunque ricordata dagli uomini di tutti i tempi, si  aggira infine Omero, il sacro poeta dalla mente pura, capace di immortalare i gesti più valorosi e sfortunati.

Ettore, l'eroe ucciso in battaglia dal valoroso Achille, capace di sacrificarsi in un gesto di estrema dedizione alla sua terra, avrà il compianto eterno degli uomini e sarà modello di vita per lo stesso Foscolo.

E' in questi versi che si nota  la profonda sostanza del mito per il poeta di Zante. Esso  è vicenda che confonde natura umana e natura divina, in cui i due poli sembrano riavvicinarsi. Il dio modella la sorte dell'uomo, ma l'uomo sa innalzarsi fino ad impreziosire la sua opera, tanto da renderla modello d'azione per altri uomini.
Il mito dunque educa i contemporanei a tener conto degli alti esempi di virtù del passato e mentre respinge ogni ristretto vincolo storico, si proietta idealmente a dare senso al futuro dell'umanità.

Ed oggi nella Troade inseminata
eterno splende a' peregrini un loco,
eterno per la Ninfa a cui fu sposo
Giove, ed a Giove diè Dàrdano figlio,
onde fur Troia e Assàraco e i cinquanta
talami e il regno della giulia gente.
Però che quando Elettra udí la Parca
che lei dalle vitali aure del giorno
chiamava a' cori dell'Eliso, a Giove
mandò il voto supremo: – E se, diceva,
a te fur care le mie chiome e il viso
e le dolci vigilie, e non mi assente
premio miglior la volontà de' fati,
la morta amica almen guarda dal cielo
onde d'Elettra tua resti la fama. –
Cosí orando moriva. E ne gemea
l'Olimpio: e l'immortal capo accennando
piovea dai crini ambrosia su la Ninfa,
e fe' sacro quel corpo e la sua tomba.
Ivi posò Erittonio, e dorme il giusto
cenere d'Ilo; ivi l'iliache donne
sciogliean le chiome, indarno ahi! deprecando
da' lor mariti l'imminente fato;
ivi Cassandra, allor che il Nume in petto
le fea parlar di Troia il dí mortale,
venne; e all'ombre cantò carme amoroso,
e guidava i nepoti, e l'amoroso
apprendeva lamento a' giovinetti.
E dicea sospiranda: – Oh se mai d'Argo,
ove al Tidíde e di Läerte al figlio
pascerete i cavalli, a voi permetta
ritorno il cielo, invan la patria vostra
cercherete! Le mura, opra di Febo,
sotto le lor reliquie fumeranno.
Ma i Penati di Troia avranno stanza
in queste tombe; ché de' Numi è dono
servar nelle miserie altero nome.
E voi, palme e cipressi che le nuore
piantan di Priamo, e crescerete ahi presto
di vedovili lagrime innaffiati,
proteggete i miei padri: e chi la scure
asterrà pio dalle devote frondi
men si dorrà di consanguinei lutti,
e santamente toccherà l'altare.
Proteggete i miei padri. Un dí vedrete
mendico un cieco errar sotto le vostre
antichissime ombre, e brancolando
penetrar negli avelli, e abbracciar l'urne,
e interrogarle. Gemeranno gli antri
secreti, e tutta narrerà la tomba
Ilio raso due volte e due risorto
splendidamente su le mute vie
per far piú bello l'ultimo trofeo
ai fatati Pelídi. Il sacro vate,
placando quelle afflitte alme col canto,
i prenci argivi eternerà per quante
abbraccia terre il gran padre Oceàno.
E tu onore di pianti, Ettore, avrai,
ove fia santo e lagrimato il sangue
per la patria versato, e finché il Sole
risplenderà su le sciagure umane.

  • Ugo Foscolo
  • Ottocento

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