Hegel: La filosofia dello spirito oggettivo - Studentville

Hegel: La filosofia dello spirito oggettivo

Hegel: La realizzazione dello spirito.

Lo spirito oggettivo ò il momento in cui lo spirito si realizza anche esteriormente nella concretezza delle istituzioni storicamente esistenti; ad esso Hegel dedica, oltre ad una parte dell’ Enciclopedia delle scienze filosofiche, anche i Lineamenti di filosofia del diritto (1821), che sono l’unica opera di rilievo pubblicata durante il periodo berlinese. Proprio nella Prefazione dei ò contenuta la famosa affermazione hegeliana relativa alla coincidenza di razionale e reale: ‘ ciò che ò razionale ò reale; e ciò che ò reale ò razionale ‘. Con questo Hegel non intende dire, come talvolta si ò creduto, che tutto quel che esiste ò assolutamente razionale e deve esistere necessariamente: le manifestazioni particolari dell’esistenza, alle quali con compete nessuna razionalità  intrinseca, sono del tutto accidentali e possono indifferentemente esistere o non esistere. Egli vuole invece sostenere che quel che ò in sè intrinsecamente ed assolutamente razionale non piò non essere reale, dal momento che la ragione e la realtà  sono la stessa cosa (identità  di logica e metafisica). E a queste realtà  intrinsecamente razionali appartengono innanzitutto le determinazioni universali dello spirito oggettivo – le istituzioni, i costumi e lo Stato. La prima determinazione dello spirito oggettivo ò il alla diritto astratto o formale. Esso corrisponde in gran parte alla concezione del diritto naturale o razionale come era stata elaborata dalla tradizione giusnaturalistica (nella quale rientrano ancora Kant e Fichte). Lo scopo del diritto ò infatti quello di trovare, attraverso le astratte procedure dell’intelletto, un “sistema delle libertà  individuali” che consenta a ciascun individuo di oggettivare la propria volontà  libera senza interferire con quella degli altri. L’individuo non ò ancora concepito come membro di un organismo politico concreto, ma solo come persona giuridica, ovvero come un’essere astratto caratterizzato esclusivamente dalla facoltà  di essere, appunto, latore di diritti. Il termine “persona” ò qui da prendersi nella sua accezione latina originaria di “maschera teatrale”: in essa quel che conta non ò la vera e semplice natura dell’individuo, diversa da caso a caso, ma la semplice capacità  esteriore, eguale per definizione in tutti gli individui, di compiere atti giuridicamente validi. Per questo la persona giuridica si deve esprimere in una determinazione altrettanto esteriore, che ò la proprietà , così come carattere estrinseco hanno i contratti che regolano i rapporti giuridici tra individui diversi. Se nel diritto si realizza una forma di universalità  astratta ed esteriore, nella alla moralità  ( che ò il secondo momento dello spirito oggettivo) tale universalità  ò completamente interiorizzata. Il protagonista della moralità  ò ancora l’individuo, ma esso viene qui considerano non più nella sua esteriore capacità  di possedere una proprietà  e di entrare in un contratto, bensì nella dimensione interiore della alla coscienza morale. La forma più alta della moralità  ò esemplificata dall’etica kantiana, cioò appunto dalla legge del dovere nella quale la coscienza si erge a legislatrice universale. Ma appunto perchè puramente interiore, la moralità  viene posta di fronte al contrasto tra il bene universale cui essa aspira e il benessere o la felicità  particolare cui ogni uomo naturalmente mira; e soprattutto essa conduce al conflitto tra l’essere e il dover essere, tra la razionalità  oggettiva della realtà  e la razionalità  ideale del comando morale. In altre parole, se il diritto appariva insufficiente a causa della sua esteriorità , della sua incapacità  di coinvolgere l’interiorità  dello spirito, la moralità  ò inadeguata perchè si esaurisce nell’interiorità , senza mai conseguire una vera oggettivazione esterna. Il terzo momento dello spirito oggettivo ò l’ alla eticità , nella quale l’universalità  non si manifesta più nè come legge formale (diritto), nè come identità  interiore (moralità ), bensì come un ordine reale che esprime la vita di un popolo. Il carattere fondamentale dell’eticità  ò quindi la alla concretezza, dal momento che in essa trovano conciliazione gli opposti (e in quanto tali astratti) caratteri del diritto e della moralità . In essa si esprimono insieme l’interiorità  dello spirito, che anima le istituzioni e ne costituisce l’intima razionalità , e l’esteriore oggettività  con cui le istituzioni operano nella vita sociale e politica di una comunità . Oltre alla concretezza, l’eticità  ò essenzialmente caratterizzata dall’ organicità . In essa, infatti, gli individui non sono più considerati nè come astratte persone giuridiche, nè come semplici coscienze, bensì come membri di un tutto di cui sono parti indissolubili: la vita dell’individuo ò un momento della vita stessa della comunità  etica e viene da essa informata in ogni suo aspetto. L’eticità  si articola a sua volta in tre momenti distinti. La alla famiglia ò la prima espressione di concreta società  organica: in essa gli individui non sono più atomi sociali, ma membri di uno stesso organismo. Nonostante abbia ancora un fondamento naturale (l’unione sessuale e la generazione fisica), la famiglia si spiritualizza attraverso il matrimonio e l’educazione dei figli, manifestando così la sua intima sostanza etica. Con il conseguimento della maturità  da parte dei figli, la famiglia si dissolve dal punto di vista etico, preparando il passaggio alla alla società  civile, che ò la seconda determinazione dell’eticità . La società  civile ò infatti concepita innanzi tutto come sistema dei bisogni dei singoli individui. Si tratta cioò di elaborare un sistema nel quale i bisogni “concreti” dell’individuo, che spesso, nella loro particolarità , contrastano con quelli degli altri individui, possano essere trasformati in bisogni più generale (o “astratti”) che interessino non più soltanto il singolo, ma l’intera società . A tale scopo Hegel distingue nella società  civile tre diversi alla ceti o stati (nella stessa concezione del francese ètais) preposti a diverse funzioni complementari. Lo ” alla stato sostanziale ” ò quello legato alla coltivazione della terra (che ò appunto la base, la “sostanza” della vita economica del paese) e riunisce in un’unica finalità  i grandi proprietari terrieri e i contadini che lavorano materialmente nei campi. Lo ” alla stato industriale ” raccoglie tutti quelli che elaborano materie prime o provvedono alla diffusione delle merci. E, dulcis in fundo, lo ” stato generale ” ò quello dei funzionari dello Stato, nei quali l’interesse economico privato coincide con il servizio prestato alla comunità . Per l’individuazione del sistema dei bisogni Hegel fa ampio riferimento all’opera degli economisti classici (Smith, Ricardo, Say), condividendo con essi (oltre all’analisi di alcuni problemi specifici, come la divisione del lavoro, la distribuzione del capitale, l’automazione della produzione) la netta alla distinzione tra società  civile e società  politica. Quest’ultima ò la comunità  dei cittadini (Hegel Si serve del francese citoyens ) che operano per un fine generale, e si identifica con lo Stato. Al contrario, la società  civile ò l’insieme degli individui privati, dei “borghesi” ( bourgeois ) che operano per i propri scopi particolari, e quindi primariamente in vista del proprio utile economico. In quanto particolari, ovvero legati ai fini del singolo privato, gli interessi economici sono originariamente in reciproco contrasto. Di qui sorge il bisogno di elaborare un sistema che trasformi la loro naturale incompatibilità  in una artificiale complementarità . Il sistema dei bisogni, infatti, non rispecchia la sostanziale organicità  della vita etica, ma ò il prodotto artificiale di un’operazione dell’intelletto ( che costitutivamente procede per divisione del tutto in parti ) costruisce non una vera totalità  (che sarebbe la realtà  stessa), ma solamente un aggregato nel quale le parti sono connesse esteriormente e forzosamente le une alle altre. La stessa società  civile soffre dunque di questo vizio d’origine, e appare come uno “Stato esteriore”, come uno “Stato di necessità  e intellettualistico” che deve risolversi nel vero Stato, il quale nasce spontaneamente dall’interno della stessa eticità , come fondamento e coronamento insieme della vita di un popolo.

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