Hobbes: Leviathan (Leviatano) - Studentville

Hobbes: Leviathan (Leviatano)

Riassunto dell'opera Leviathan (Leviatano) di Hobbes.

Hobbes ò il massimo teorico dell’assolutismo. E’ il primo caso in cui all’unità  del Corpus Christianum medievale si contrappone una potenza puramente e totalmente terrena dello STATO SOVRANO (le prime monarchie assolute in Francia, Spagna, Inghilterra che affermavano la loro indipendenza dal papato ne erano comunque, sebbene in parte, influenzate). La vita sociale diventa vita politica. Punto di partenza di Hobbes La ricerca non ò più il genere umano ma lo stato, unione stretta dagli individui per formare una società  armata di potere sovrano. Quindi lo STATO E’ UNA FORMA SUPREMA DI ORGANIZZAZIONE SOCIALE RISPETTO CUI L’INDIVIDUO E’ TOTALMENTE SUBORDINATO e viene costituito a partire da una nuova società  borghese: uomini liberi, indipendenti ed eguali che si uniscono in vista della conservazione della vita e del benessere. Metodo di Hobbes E’ improntato sul metodo galileiano e consiste nella scomposizione dei principi primariamente e nella composizione del corpo politico successivamente. Lo stato ò necessario da un punto di vista razionale perchè la relazione fra protezione ed obbedienza dà  agli uomini pace e vita per cui IL POTERE DELLO STATO NON E’ SOLO IL SUPREMO DOVERE MA ANCHE IL PRIMO INTERESSE DEGLI UOMINI. Si evince da qui che la filosofia politica di Hobbes ha come supremo valore la pace e si basa sul fatto che tale pace si consegue solo alla creazione di un sovrano assoluto che freni passioni ed interessi individuali. Lo stato padrone di Hobbes segna la rottura definitiva col mondo ecclesiastico del medioevo perchè si fonda sull’interesse degli individui, quindi sul calcolo. E’ facile perciò comprendere come Hobbes teorizzi un assolutismo essenziale per lo sviluppo borghese. Due sono le figure cardine del suo pensiero: l’ individuo ( alla ricerca del proprio profitto) il sovrano ( proiezione di tutti i diritti della società ) Lo stato di natura Definizione delle qualità  originarie dell’uomo per giustificare una concezione di stato: questa ò la definizione hobbesiana (e non solo). Esso quindi (lo stato di natura) non ò semplicemente una condizione storica ma un’ ipotesi necessaria al fine di riconoscere il problema centrale che ò L’ORIGINE DEL POTERE POLITICO IN RAPPORTO ALLA NATURALE INDIPENDENZA DELL’UOMO. Locke: l’uomo precede la società  perchè UOMO ( creatura sociale e razionale); condizione naturale dell’uomo ò la comunità  retta dalla ragione. Pertanto, secondo John Locke lo ststo di natura ò uno stato di pace Hobbes: forte antitesi fra condizione naturale e condizione civile (che sono sfere opposte che si escludono l’un l’altra). Condizione naturale (fuori dalla stato): guerre, paure, passioni Stato civile (nello stato): ragione, pace, sicurezza L’uomo ò uomo solamente come suddito di uno STATO dato che la condizione naturale dell’uomo ò uno stato di isolamento e guerra dettati dagli interessi dei singoli che si contrastano a vicenda mossi da spinte esclusivamente egoistiche (amor proprio). Fuori dallo stato la vita NON E’ MORALE L’indole degli uomini ò caratterizzata dalle passioni che determinano forze che mirano alla sola superiorità  di se stessi sugli altri NON ESISTE PROPENSIONE DEGLI UOMINI ALLA SOCIETA’ MA SOLO UN LORO VANTAGGIO Lo stato di natura ò quindi uno stato di guerra. La tesi hobbesiana dice quindi che lo stato di natura ò sicuramente una condizione di libertà  ed uguaglianza ma che questa libertà  ò lontanissima dalle tesi liberaliste lockiane: libertà  significa per Hobbes il PURO NON IMPEDIMENTO, cioò licenza sfrenata che determina un conflitto universale. IL CONCETTO DI LIBERTA’ E’ QUINDI INCOMPATIBILE CON QUELLO DI PACE: essa equivale ad una ricerca di DOMINIO e pertanto deve essere ALIENATA NELLO STATO. Essere uguali vuol dire avere la stessa capacità  di nuocersi a vicenda NON ESISTE UNA SOCIETA’ NATURALE. CIO’ COMPORTA IL VENIR MENO DI OGNI PRINCIPIO CHE CONSIDERI L’UOMO AL DI FUORI DELLO STATO. Giustizia ed ingiustizia non appartengono nè al corpo nè alla mente perchè se lo fossero si troverebbero in ogni singolo uomo, cosa dimostratasi non vera, perciò esse appartengono solamente all’uomo IN SOCIETA’. L’amor proprio e le passioni fanno dell’indipendenza originaria dell’uomo una condizione miserabile ed impongono una necessità  primaria: uscire da tale condizione. Pertanto Hobbes non distingue società  civile da società  naturale, perchè quest’ultima non ò società  e pone come base del suo discorso politico LA CONCILIAZIONE DEGLI INTERESSI UMANI: essa presuppone che i privati cessino di essere tali e si regolino pubblicamente in modo tale da far nascere immediatamente la società  nel momento in cui nasce un ordinamento politico. L’uomo, per la sua natura bellicosa, ò uno strano animale per cui la società  si presenta come OPPOSIZIONE DI ALTRI UOMINI CHE OSTACOLANO IL RAGGIUNGIMENTO DEI PROPRI FINI ( carattere individualistico ed antagonistico dell’uomo). Per questa ragione lo stato deve essere fornito di POTERE ASSOLUTO per assicurare la pace e l’unità  sotto la protezione del SOVRANO. La nature egoistica dell’uomo crea però grosse difficoltà  all’istituzione dello stato: infatti, spesso, per soddisfare le passioni e gli orgogli personali l’uomo compromette la propria vita, infrange il bonum sibi per PAURE PERSONALI: la sottomissione allo stato ha quindi lo scopo utilitaristico di regolamentare secondo ragione e prudenza i rapporti umani. Il giusnaturalismo hobbesiano Hobbes quindi volge il concetto di stato di natura per giustificare il potere assoluto dello stato. Giusnaturalismo medievale: partecipazione razionale all’ordine divino Giusnaturalismo di Hobbes: IUS QUIA IUSSUM: la giustizia dipende dal volere politico La legge di natura proibisce di fare all’uomo ciò che ò dannoso per la sua vita ( infrazione del bonum sibi). Nella condizione di natura l’uomo finisce con lo scendere in guerra con i suoi simili: LA RAGIONE SUGGERISCE REGOLE IN BASE ALLE QUALI GLI UOMINI POSSONO VIVERE IN MOLTITUDINE tali sono le leggi di natura I Legge di natura (fondamentale): ogni uomo tende alla pace finchò ha speranza di ottenerla II Legge di nature: ogni uomo depone il diritto a tutte le cose (che originerebbe un conflitto universale) per mezzo di patti. Le altre leggi (sono 19) si basano tutte sulla legge fondamentale. Il giusnaturalismo hobbesiano implica un restringimento della sfera di ciò che ò lecito per natura, introducendo limiti individuali con la differenza (rispetto al liberalismo) che diritti e doveri non scaturiscono dalla natura ma DALLO STATO. Tale teoria si appoggia ad una tradizione medievale razionalistica: LEGGE MORALE = ETERNA LEGGE DELLA RAGIONE. Ma ò proprio per questo che essa non può essere considerata legge: “Autoritas non veritas facit legem” Questa conclusione porta alla difesa di se stessi, rendendo il concetto di legge proprietà  di colui che per diritto ha il potere. La ragione di Hobbes perde il carattere metafisico per essere uno strumento umano, un calcolo: LA FILOSOFIA MORTALE NON INDICA I FINI MA I MEZZI L’insieme delle leggi fondamentali sono impotenti a frenare le passioni umane, pertanto NON COSTITUISCONO LIMITE GIURUDICO: chi si comporta socievolmente non fa altro che darsi in preda agli altri perchè LE LEGGI NATURALI NON GARANTISCONO PACE E SICUREZZA Quale rapporto c’ò dunque tra leggi naturali e leggi civili? 2 soluzioni proposte da Hobbes: Le leggi naturali costituiscono il contenuto di quelle civili che le rendono valide (soluzione poco credibile) L’obbligo di obbedire alla legge si fonda su un patto con cui i sudditi si impegnano ad obbedire al sovrano. C’ò impossibilità  di contrasto tra i 2 ordini di diritto: se la legge civile ordina di compiere azioni contrarie alla legge naturale l’obbedienza sarà  uguale in virtù di quella legge di natura che impone il rispetto dei patti. (soluzione più coerente) Il contratto e lo stato L’idea del contratto nasce dal fatto che nessuna obbligazione può essere contratta se non grazie ad un atto personale. Il contrattualismo di Hobbes elabora una teoria del potere politico che porta ad una rigorosa teoria della sovranità . Tale teoria ò una sintesi del doppio contratto della dottrina tradizionale: Pactum unionis: gli individui formano la società  Pactum subiectionis: gli individui delegano il potere al sovrano * Hobbes nega tale presupposto: il popolo, come tale, non può esistere prima del potere sovrano. Prima di tale istituzione può esistere solamente un consenso fondato sulla forza delle parole. Esiste infatti una differenza tra moltitudine e popolo: MOLTITUDINE: collezione di volontà  indipendenti POPOLO: persona unica in grado di esprimere una sola volontà  Solo il popolo può presentarsi come parte di un contratto e di conseguenza non può esistere prima del contratto nè tantomeno prima del sovrano o di un potere sovrano: LA MOLTITUDINE DIVENTA POPOLO ESCLUSIVAMENTE NELLA SOGGEZIONE AD UN POTERE. LA SOCIETA’, pertanto, NASCE CON L’ISTITUZIONE DELLO STATO E NON PRIMA. Detto ciò il problema diventa ora il principio di unità , cioò bisogna dare una volontà  unica a tutti i membri dello stato: tale volontà  si ottiene solamente ALIENANDO LE VOLONTA’ PARTICOLARI NELLO STATO (cioò come sottomissione ad un sovrano che si faccia portatore di una sola volontà  del popolo) C’ò quindi una connessione necessaria tra unione e sottomissione (vedi sopra *) Tema centrale del contrattualismo hobbesiano. CONTRATTO POLITICO = alienazione del diritto naturale, cioò della libertà  piena ed assoluta L’unico modo in cui gli uomini possono erigere un potere comune ò quello di conferire tutto il loro potere e la loro forza ad un uomo o ad una assemblea di uomini che, a maggioranza di voti, possa ridurre tutte le loro volontà  ad una volontà  unica al fine di creare una persona sola tramite un patto. Il patto ha in sè quindi i concetti di autorizzazione e rappresentanza, che consentono di pensare le parole di un uomo come fossero quelle di un altro. E’ un po’ come il rapporto autore – attore: l’attore rappresenta gli atti di un altro, agisce in nome dell’autore. Solamente così una moltitudine può divenire popolo.

  • Filosofia del 1600

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