Mentre nel resto del mondo i giovani entrano nel mondo del lavoro molto presto, i coetanei italiani iniziano le loro esperienze lavorative in età avanzata e con poche conoscenze pratiche, a causa dell’assenza di un contatto tra il lavoro e lo studio. Anche i servizi di collocamento e orientamento sono molto scarsi, e il passaggio scuola-lavoro diventa veramente lento e difficile.
Questi tempi eccessivamente lunghi alimentano gravi fenomeni di disoccupazione, soprattutto intellettuale. Infatti la maggior parte dei lavoratori diplomati o laureati sono costretti a svolgere una professione in modo non coerente col proprio titolo di studi. E molti giovani, non avendo avuto un sostegno dalle scuole o un orientamento adeguato, indirizzato le loro scelte verso percorsi formativi che non garantiranno sbocchi sul mercato del lavoro. Inoltre, la mancanza di orientamento genera anche l’abbandono del percorso di studi e la dispersione, perché non si riesce ad indirizzare i giovani verso percorsi coerenti con le proprie capacità.
La ricerca del lavoro poi in molti casi avviene tramite conoscente e in modo informale e illegale. Bisognerebbe dunque adottare una serie di interventi che rendano questi passaggi più fluidi e veloci. Le scuole e le università dovrebbero fungere da intermediati tra i giovani e il lavoro, coinvolgendo tutti i docenti e le famiglie, per formarli e prepararli all’inserimento nella società lavorativa. L’apprendistato è un buon metodo per favorire la formazione iniziale, che consente, attraverso la pratica, il completamento del corso di studi.
Mancano inoltre, rispetto a tutti gli altri Paesi, profili tecnici e professionali intermedi e più alti. Di conseguenza, molte imprese lamentano la mancanza di forza lavoro qualificata, che serve per poter competere su mercato mondiale, e un gran numero invece di giovani disoccupati che hanno competenze che non servono al mercato. A questo proposito dovrebbe essere favorita l’istruzione tecnica, che non solo è una grande opportunità per ragazzi e aziende, ma costituisce un’occasione di forte crescita per tutta la nazione. Infatti potrebbe rinascere il settore manifatturiero, ma questo può solo avvenire con una maggiore valorizzazione degli istituti tecnici. Queste scuole inoltre dovrebbero essere collocate in posti strategici, vicino ad aziende, in modo da poter consentire l’apprendistato e altri corsi di formazione direttamente sul luogo di lavoro. In questo modo si ridurrà l’astrattezza dell’impostazione scolastica, basata solamente sull’insegnamento teorico, aumenterà l’occupazione giovanile e ci sarà un inserimento immediato nel mercato lavorativo. Un fattore importante è dunque sviluppare l’assetto degli istituti tecnici e distinguerli dai licei, basati su un metodo d’istruzione completamente diverso.
Occorre inoltre rilanciare il contratto di apprendistato, costruito sull’integrazione tra il sistema educativo e formativo e l’occupazione, che eliminerebbe la distinzione tra formazione interna ed esterna all’impresa, e velocizzerebbe l’ingresso nell’ambito professionale.
Per quanto riguarda la situazione dei tirocini formativi post-laurea, molto frequentemente assistiamo a fenomeni di sfruttamento lavorativo a basso costo o addirittura gratuito, senza una valida formazione o orientamento specifico. E’ necessario dunque che essi mirino alla preparazione di futuri lavoratori qualificati e non allo sfruttamento di forza lavoro. Con un anticipato contatto lavorativo da parte dei giovani, essi potranno comprendere in tempo utile l’importanza di assicurarsi una pensione versando i contributi. E’ anche importante educare alla sicurezza e alla salute sul posto di lavoro, con programmi didattici specifici.
Negli ultimi anni è in forte crescita il numero di diplomati che s’iscrivono all’università. Questo numero però non corrisponde alle reali esigenze lavorative né alle attitudini di alcuni studenti, che dopo un po’ di anni abbandona il corso di studi ritrovandosi senza un aggancio con il mercato
occupazionale. Pochi sono i laureati che riescono a trovare un’occupazione attinente alla propria formazione, svolgendo spesso un lavoro in cui è richiesta una laurea generica oppure semplicemente il diploma. Complicata è anche la situazione di chi ottiene una laurea triennale e prosegue con la laurea magistrale. Il percorso triennale dovrebbe essere semplificato e il numero di corsi dovrebbe essere ridotto, in modo da costituire una base solida e generica che consenta di scegliere la formazione specialistica in base alle proprie attitudini. Inoltre, il contatto con il mondo del lavoro dovrebbe avvenire durante gli anni universitari, in modo che i laureati si trovino già preparati una volta che verranno assunti.
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