Il titolo dell’opera “Decameron” è un termine coniato dalla lingua greca che significa letteralmente “dieci giorni”: dieci sono infatti le giornate in cui dieci giovani si dedicano a raccontare cento novelle.
La composizione del Decameron è sicuramente posteriore al 1348, anno in cui si diffuse un’epidemia di peste, che fa da sfondo alla vicenda.
Nel proemio del Decameron Boccaccio scrive di voler recare conforto con i suoi racconti a tutti i coloro i quali soffrono per delle pene d’amore, così come egli stesso ha ottenuto conforto ai suoi dolori d’amore nell’opera intitolata “ragionamenti d’alunno amico […]”.
L’autore intende con il suo “raccontare” restituire il favore ricevuto. Destinatari principali dell’opera sono le donne che nella loro solita malinconia possono essere allietate dal racconto delle novelle.
Parlando della loro inferiorità sociale l’autore introduce il tema centrale dell’opera: l’individuo che vince l’ostilità del destino.
La letteratura è lo strumento illustre capace di superare, con l’ordine che dà al mondo, il disordine del destino, in tal caso rappresentato dalla situazione inferiore in cui si trovano le donne rispetto agli uomini.
Nell’introduzione alla IV giornata Boccaccio controbatte le accuse che gli sono state rivolte. Le accuse convergono, in sostanza, su due punti: Boccaccio bada troppo alle donne e si intrattiene più con loro che con le muse; tratta argomenti leggeri, di amore in particolare non consoni alla sua non più giovane età. Farebbe meglio a lavorare per guadagnare abbastanza e condurre una vita più dignitosa. Alle accuse a lui rivolte egli risponde che chi cerca la ricchezza va incontro alla sconfitta, chi invece si dedica alla natura e alla letteratura magari non si arricchisce in prima persona, ma arricchisce il proprio tempo e l’intera umanità. La cultura vale più della ricchezza e chi ha fede nel suo valore sopporta anche la povertà.
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- Letteratura Italiana - 200 e 300