Il grande ottimismo alla fine del secondo millennio, incertezza e preoccupazione del nuovo millennio - Studentville

Il grande ottimismo alla fine del secondo millennio, incertezza e preoccupazione del nuovo millennio

Verso la fine del millennio scorso si guardava all’arrivo del Duemila con grande ottimismo. In molti si dicevano certi che sarebbe stato un periodo migliore per l’umanità. Guerre, terrorismo, fame, povertà, inquinamento, disastri ambientali, grande crisi economica, invece, ci fanno guardare, a distanza di un decennio e poco più, al futuro con incertezza e preoccupazione.

Il 9 novembre del 1989 il governo della Germania est sanciva la riapertura delle frontiere con la repubblica federale. Dopo quasi un anno, nell’ottobre del ’90, la riunificazione tedesca veniva completata, mentre nel dicembre del ’91 veniva ufficialmente sciolta l’Unione Sovietica. La fine del grande impero comunista venne accolto da molti, in occidente, come una vera e propria liberazione: la divisione del mondo in due blocchi, la guerra fredda, lo spauracchio di una espansione della rivoluzione socialista in occidente, avevano per molti anni costituito un motivo di tensione ma allo stesso tempo erano riusciti a mantenere una sorta di equilibrio mondiale che aveva portato sì, nella sua prima fase, persino al rischio di un terzo conflitto mondiale (vedi crisi missilistica a Cuba), ma era riuscito, per esempio, a far si che molti altri conflitti venissero evitati, per la paura di un possibile scontro tra le due grandi potenze mondiali, con le ovvie conseguenze che questo avrebbe potuto comportare.
Da un punto di vista geopolitico, insomma, la fine dell’Unione sovietica, forse l’ultimo grande evento storico del Novecento, portava dietro di se vantaggi e svantaggi. Gli Stati Uniti, infatti, diventavano l’unica grande potenza politica mondiale (la Cina, più che una potenza politica è tuttora una potenza economica alle prese con la transizione da un sistema comunista a un sistema capitalista), una situazione che da lì a poco tempo avrebbe comportato non pochi problemi. Se in una prima fase, infatti, la politica degli Stati Uniti (in particolare l’impegno del presidente Clinton nel processo di pace Israele-Palestina) aveva lasciato sperare in un futuro di pace e crescita socio-economica, in una fase successiva la politica americana, di stampo imperialista, ha portato, soprattutto in Medio Oriente, a delle conseguenze forse inimmaginabili fino a pochi anni prima..
L’undici settembre del 2001 i terroristi del gruppo Al Quaeda colpivano gli Stati Uniti con un attacco nel cuore stesso del paese, qualcosa che mai era successo, dirottando quattro aerei civili verso obiettivi non militari. Due di questi aerei si schiantarono contro il World Trade Center di New York, il terzo contro il Pentagono, mentre il quarto precipitava in un campo della Pennsylvania.. Il fenomeno del terrorismo islamico, di stampo antiamericano e antioccidentale, balzava così davanti agli occhi del mondo intero, cambiando per sempre non solo la storia degli Stati Uniti, ma segnando l’inizio di una serie di conflitti che avrebbero caratterizzato poi l’intero primo decennio del terzo millennio In risposta all’aggressione islamica, infatti, gli Stati Uniti attaccano l’Afghanistan, seppur ufficialmente dando supporto ai locali ribelli al regime talebano. L’obiettivo della guerra, appoggiata anche dalla Nato, era quello di rovesciare il regime, sconfiggere il terrorismo e catturare il capo di Al Quaeda, Osama Bin Laden. Quest’ultimo obiettivo fu raggiunto ben dieci anni dopo dall’inizio della guerra, con pesantissime conseguenze sia in termini di distruzioni che di perdite di soldati, da entrambi i fronti. In un’ottica non dissimile da quella che ha portato alla guerra in Afghanistan (ovvero quella della lotta al terrorismo e ai regimi fondamentalisti mediorientali) va inquadrata anche la guerra in Iraq (2003-2011) che ha portato alla destituzione di Saddam Hussein.
Se però questi due conflitti hanno segnato in maniera forte l’inizio del terzo millennio, altri eventi catastrofici hanno di fatto contribuito alla disillusione di chi sperava che il Duemila sarebbe stato il secolo della pace e dell’equilibrio mondiale. Innanzitutto catastrofi naturali, come lo Tzunami, che ha colpito nel 2004 le coste tailandesi e indonesiane, causando quasi cinquantamila vittime. Tanti altri sono stati gli eventi naturali catastrofici degli ultimi anni (in Italia, per esempio, il terremoto in Abruzzo) eventi che hanno sempre portato a un dibattito serrato riguardo l’incapacità da parte dell’uomo nel gestire il proprio territorio, troppo spesso sfruttato in maniera implacabile, svuotato del proprio ruolo, e piegato invece alle esigenze di modernizzazione. In qualche modo è anche quello che è successo in Giappone nel 2011, dove le pompe del reattore nucleare di Fukushima sono rimaste danneggiate in seguito a un terremoto, causando danni non ancora precisamente quantificabili, e forse ben peggiori di quanto non fosse lecito aspettarsi. Oltre le catastrofi naturali, però, sui cui effetti disastrosi l’uomo sembra comunque avere spesso delle responsabilità, a complicare ulteriormente la situazione è la grande crisi economica mondiale, crisi scoppiata per effetto di alcuni mutui “inaffidabili”, e che in pochi anni ha coinvolto le economie di mezzo mondo occidentale, colpendole in maniera devastante. Chi insomma, pensava che dopo la caduta dei regimi del cosiddetto “secolo breve” il Duemila sarebbe stato un secolo diverso, improntato sul rispetto dell’uomo e della natura, sulla pace e sulla prosperità, sembra purtroppo essere stato deluso. C’è ancora tanto tempo, ovviamente, per provare a porre rimedio alla situazione, anche se nessuno sembra intenzionato a farlo in maniera seria e concreta.
Sempre sperando, che la famosa profezia dei Maya, che prevede la fine del mondo per la fine del 2012, venga smentita e archiviata con un sorriso.

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