Kant: Il giudizio riflettente e il bello - Studentville

Kant: Il giudizio riflettente e il bello

Il giudizio riflettente nella Critica del Giudizio di Kant.

Il giudizio sintetico a priori illustrato nella Analitica della ragion pura ò un giudizio determinante, in quanto per mezzo delle forme a priori dell’ intelletto “determina” il proprio oggetto come tale. Nella Critica del giudizio al giudizio determinante viene contrapposto il giudizio riflettente, il quale non costituisce teoreticamente il proprio oggetto attraverso la sussunzione del molteplice empirico sotto l’ unità  delle categorie dell’ intelletto, ma si limita a interpretare gli oggetti naturali in base al principio della finalità . Tale principio non ha valore conoscitivo (in quanto la finalità  non ò una categoria dell’ intelletto), ma presenta comunque un carattere universale, poichò risponde a un’ esigenza presente a priori nel soggetto trascendentale. Il giudizio riflettente assume una duplice forma, a seconda del modo in cui viene applicato il princìpio della finalità . Se quest’ ultimo viene riferito al rapporto tra il soggetto e la rappresentazione dell’ oggetto, in modo da provare il sentimento dell’ accordo tra di essi, si ha il giudizio estetico Se esso viene invece ricondotto ai rapporti interni all’ oggetto in modo da cogliere l’ ordine finale che vige all’ interno della natura, si dà  il giudizio teleologico. Nel giudizio estetico il sentimento della finalità  scaturisce da un “libero gioco delle facoltà “, ovvero dall’ accordo spontaneo tra l’ immaginazione e l’ intelletto. La prima fornisce l’ elemento sensibile, non però come esso viene originariamente dato dalla sensibilità , bensì liberamente interpretato secondo “progetti” dell’ immagimazione stessa. Malgrado ciò l’ intelletto ritrova nell’ attività  immaginativa una sorta di regolarità  che gli consente di rinvenire in essa, un “libero gioco”, cioò al di fuori delle leggi della sintesi a priori, un accordo con i propri concetti. Su questo accordo dell’ immaginazione con l’ intelletto si fonda il giudizio di gusto, che ha per oggetto la definizione del bello. In questo modo il soggetto percepisce infatti nell’ oggetto bello un’ armonia interna che consente di considerarlo come un fine in se stesso, non subordinato ad alcuno scopo estrinseco: la bellezza ò la forma della finalità  di un oggetto, in quanto questa vi ò percepita senza la rappresentazione di uno scopo. A sua volta, la coscienza di tale finalità  produce nel soggetto un piacere che, diversamente da quello sensibile, non deriva dal godimento fisico dell’ oggetto, ma esclusivamente dalla rappresentazione di esso: il bello ò dunque anche “ciò che piace senza interesse”. Inoltre, l’ accordo tra le facoltà , nonchò il piacere che ne consegue, ò colto per mezzo di un “senso comune” che, pur non rivestendo forma concettuale e non avendo valore conoscitivo, deve valere per tutti i soggetti forniti di gusto: il bello può quindi anche essere definito come “ciò che piace universalmente senza concetto”. In base a queste definizioni si evince che il bello ò distinto sia dall’ utile (legato a uno scopo), sia dal gradevole (connesso con il godimento materiale dell’ oggetto), sia dal vero (esprimentesi nella conoscenza concettuale). Pur avendo una certa affinità  con la vita morale, perchò chi ha interesse per la bellezza della natura può farlo solo in quanto ha già  fermamente fondato il suo interesse sul bene morale, il bello ò anche distinto dal buono, perchò, essendo privo di interesse, non vuole categoricamente, come avviene con i comandi della ragione, la realizzazione del proprio oggetto. Riprendendo una tendenza già  delineatasi nell’ illuminismo e destinata a rafforzarsi con il romanticismo, Kant afferma dunque la completa autonomia del bello rispetto a ogni altro genere di valori. Accanto al bello, il giudizio estetico ha per oggetto il sublime. Quest’ ultimo nasce dal duplice sentimento che l’ uomo prova confrontandosi con la grandezza (sublime matematico) e con la potenza (sublime dinamico) della natura. Di fronte a quest’ esperienza estetica, infatti l’ uomo prova, da un lato, un sentimento di dispiacere per la constatazione dei propri limiti e della propria impotenza; dall’ altro, un sentimento di piacere, derivante dalla consapevolezza che, malgrado ciò, la sua finalità  razionale e morale gli conferisce un valore e una dignità  che lo collocano al di sopra di ogni grandezza e potenza naturale: Kant riprende le teorie esposte nel 1600 da Pascal, che aveva paragonato gli uomini a giunchi pensanti esposti al vento; Kant per spiegare il concetto di sublime ricorre all’ immagine del mare in tempesta: vedendolo l’ uomo non può che provare un sentimento positivo, attratto da quello spettacolo, ma, allo stesso tempo, è inevitabile che egli si senta misero e impotente di fronte alla natura e proprio da questo riconoscere i propri limiti deriva la superiorità  dell’ uomo su ogni altra creatura. La finalità , che nel giudizio estetico ò colta in modo immediato, sotto forma di sentimento, nel giudizio teleologico trova invece espressione concettuale: il concetto di fine che qui interviene non ò tuttavia un concetto dell’ intelletto (cioò una categoria), bensì della ragione. Kant avverte infatti che le categorie dell’ intelletto, se sono indispensabili per la costruzione di una scienza fisica che connetta i fenomeni naturali secondo leggi universali e necessarie, non sono invece sufficienti a spiegare l’ esistenza del più semplice organismo naturale. La vita di un verme o la crescita di un filo d’ erba non potrà  mai essere spiegata, sul piano del giudizio determinante, per mezzo della causalità  meccanica, ma potrà  essere compresa soltanto, sul piano del giudizio riflettente, facendo ricorso al concetto razionale di finalità  interna. L’ organismo non ò un semplice composto meccanico risultante della giustapposizione di parti a se stanti, ma ò una totalità  inscindibile dagli organi che la compongono: in esso si assiste a un’ interazione reciproca tra parti e tutto che obbedisce a un principio interno irriducibile ad alcuna spiegazione meccanicistico -causale. Dal singolo organismo il concetto di fine può inoltre essere esteso per analogia alla totalità  della natura, che si configura allora come un sistema secondo la regola dei fini, vale a dire come unico organismo universale in cui tutto ò subordinato a uno scopo finale. L’ uomo, in quanto soggetto morale fornito di un’ essenza noumenica che va al di là  della natura stessa, può essere identificato con questo scopo finale: per mezzo del giudizio teleologico egli si può quindi rappresentare in modo naturale in modo che esso non ostacoli, bensì favorisca, la realizzazione della moralità . Inoltre, la teleologia, oltrechò confortare l’ uomo nelle sue convinzioni etiche, funge da propedeutica per una fondazione morale della teologia: infatti, il principio della finalità  dell’ intero sistema naturale si fonda sull’ ipotesi di una suprema causa intelligente del mondo, cioò di un Dio che abbia prodotto la natura in vista del suo scopo finale: per mezzo del giudizio teleologico egli si può quindi rappresentare il mondo naturale in modo che esso non ostacoli, bensì favorisca, la realizzazione della moralità . Inoltre, la teleologia, oltrechò confortare l’ uomo nelle sue convinzioni etiche, funge da propedeutica per una fondazione morale della teologia: infatti, il principio della finalità  dell’ intero sistema naturale si fonda sull’ ipotesi di una suprema causa intelligente del mondo, ossia di un Dio che abbia prodotto la natura in vista del suo scopo finale. Kant insiste nel chiarire che il fine, su cui si fonda il giudizio teleologico, non è una categoria intellettuale, ma un concetto della ragione: di conseguenza le rappresentazioni attuate per suo mezzo non hanno valore conoscitivo. Noi possiamo agire come se esistesse una causa intelligente del mondo, ma non possiamo affermare che essa esista. Da un punto di vista conoscitivo il ricorso alla finalità  ha soltanto un valore euristico, cioò può aiutare a far progredire la ricerca scoprendo anche nuovi nessi meccanico-causali, i soli che abbiano validità  teoretica. La stessa comprensione teleologica dell’ organismo vivente, pur essendo la sola possibile, non estende minimamente la conoscenza teoretica, per la quale un filo d’ erba rimane un enigma. Ciononostante Kant si allontana dal meccanicismo cartesiano, che pretendeva di spiegare anche l’ organismo in termini di determinismo causale e, recuperando alcuni aspetti dell’ energetismo leibniziano, prepara la strada alle concezioni organicistiche e vitalistiche della natura che fioriranno nella cultura romantica e idealista.

  • Filosofia

Ti potrebbe interessare

Link copiato negli appunti