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Kant: La concezione storica e politica

La storia e la politica per Kant.

Nella Risposta alla domanda: che cosa è l’illuminismo? ( 1784 ) Kant scriveva che l’ illuminismo è l’ uscita dell’ uomo dallo stato di minorità  che egli deve imputare a se stesso. Minorità  è l’ incapacità  di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stessi è questa minorità  se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude ! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza ! – è dunque il motto dell’ illuminismo. Il dovere dell’ uomo di sviluppare completamente le proprie facoltà  razionali ritorna in uno scritto dello stesso anno, intitolato l’ Idea di una storia universale dal punto di vista cosmopolitico, che rappresenta la più organica esposizione della filosofia kantiana della storia. Dalla natura l’ uomo ha ricevuto disposizioni dirette all’ uso della ragione che attendono di essere esplicate in tutte le loro possibilità . Attraverso il succedersi delle generazioni la specie realizza progressivamente la sua destinazione razionale, ovvero la cultura, utilizzando come strumento storico l’ antagonismo sociale che contrappone gli individui e li induce a sviluppare i loro talenti in una competizione vicendevole: credendo di perseguire i propri interessi soggettivi, gli uomini realizzano così a poco a poco il disegno di una forza storica impersonale, la Natura – Provvidenza. Per essere storicamente fecondo, tuttavia, l’ antagonismo deve svilupparsi nel contesto di istituzioni politiche che impediscano una sua degenerazione in vera e propria guerra e lo rendano compatibile con il diritto, definito nella Metafisica dei costumi come l’ insieme delle condizioni per mezzo delle quali l’ arbitrio dell’ uno può accordarsi con l’ arbitrio dell’ altro secondo una legge universale della libertà . Diritto e cultura, intesa come esplicazione della ragione umana, procedono dunque di pari passi nel corso della storia. La prima tappa storica nel processo di realizzazione del diritto è il passaggio dallo stato di natura, che Kant connota hobbesianamente come stato di guerra di ciascuno contro tutti gli altri, alla società  civile. Ma lo Stato potrà  realizzare pienamente il diritto solamente quando assumerà  la forma di governo repubblicana, nella quale il sovrano esercita il potere in esclusivo ossequio della legge, ovvero in piena conformità  con la volontà  popolare da cui la legge deve emanare. I connotati politici della costituzione repubblicana sono il carattere rappresentativo e la divisione dei poteri già  propugnata da Montesquieu. Una piena realizzazione del diritto comporta tuttavia una sua estensione dall’ ambito statale a quello internazionale. Nel progetto Per la pace perpetua ( 1795 ), Kant auspica pertanto la costituzione di una federazione degli Stati per la pace, la quale deve respingere per sempre la guerra come strumento per dirimere i conflitti internazionali e sottoporre le future vertenze tra i consociati all’ arbitrato di un Parlamento comune. Nella Francia rivoluzionaria (per la quale Kant nutre forti simpatie), che si è ispirata al modello della costituzione repubblicana, Kant vede, inizialmente il primo nucleo attorno al quale potrà  progressivamente aggregarsi una federazione di quel genere. Successivamente la sua fiducia in una pronta realizzazione del progetto di pace perpetua si attenua, ma esso rimane comunque un ideale cui l’ umanità  deve tendere sempre, dal momento che il rifiuto della guerra e l’ instaurazione del diritto sono imperativi categorici della ragione pratica. Kant ò convinto che in fondo i sovrani han sempre fatto le guerre come varianti dello sport della caccia, senza rimetterci molto; se si vuole davvero ottenere una pace perpetua, ò necessario che a scegliere se fare la guerra o meno sia chi ne paga le conseguenze, ovvero il popolo: se spettasse ad esso la decisione, non vi sarebbero mai guerre, sostiene Kant, il quale non ha però vissuto le guerre del ‘900 appoggiate dal consenso popolare. Kant si colloca perfettamente nel quadro generale delle teorie pacifiste del 1700, l’ età  dei ” lumi della ragione “, che si contraddistinguono appunto anche per il tentativo di delineare un assetto internazionale che escluda per sempre la guerra. Tuttavia in Kant il pacifismo non è più solamente un’ esigenza politica e sociale, ma rappresenta un comando categorico della ragiona pratica. La pace esprime un dover essere, che conserva intatta tutta la sua validità  anche quando non riuscisse mai a realizzarsi nell’ essere. Dunque non si tratta di sapere se la pace perpetua sia una cosa reale o no, e se noi non ci inganniamo nel nostro giudizio quando accettiamo il primo caso: ma dobbiamo agire come se essa fosse una cosa reale, anche se non è così. Il valore della pace come criterio costitutivo e esplicativo del destino storico e politico dell’umanità  ò il segno ò caratteristico del progresso umano. La guerra ò una terribile calamità  che opprime la umanità  e che tiene lontana la pace e la felicità  pubblica. Kant afferma che la logica della guerra non può essere continua, e che essa distrugge più di quanto crei, ed ò una sconfitta anche per chi vince. E’ insomma un male poichè impiega le risorse economiche per impieghi non certo proficui e inoltre le spese militari, che deformano la vita sociale,, fanno apparire la guerra come la soluzione più vantaggiosa per risolvere i gravami imposti dalla corsa agli armamenti. Secondo Kant l’umanità  dovrebbe aprirsi a una visione cosmopolitica radunarsi in una federazione, uniti da una forza comune per raggiungere gli interessi comuni secondo la legge del valore comune. Le varie nazioni raggruppatesi, devono trovare un equilibrio delle loro azioni e reazioni reciproche per evitarne la distruzione. La socialità  ò permanente nell’uomo. E’ da vedere in una realtà  coesistenziale. Kant si oppone alle idee di Hobbes, il quale diceva che la socialità  ò il prodotto della volontà  del potere, che costringe gli uomini a quei vincoli sociali che non darebbero in grado di formare neanche con mediazioni collettive. Secondo Kant la socialità  dell’uomo non ò pura e non ò fondata sull’affidamento immediato degli uni verso gli altri ma ò composta da attrazione e diffidenza, avvicinamento e distacco. Questa viene chiamata da Kant la insocievole socievolezza cioò intesa come la tendenza degli uomini ad unirsi (socievole), collegata alla contraria tendenza alla divisione, alla ostilità  (insocievole). Essa ammette contrasti, situazioni di diffidenza e di tensione poichè la socialità  ò un esperienza aperta. Elemento importante della socialità  ò l’antagonismo che ò indispensabile per il progresso della vita sociale e quindi considerato come garanzia di incivilimento. E’ necessario l’antagonismo poichè senza di esso non ci sarebbero confronti e contrasti tra gli uomini e si rischierebbe di accettare tutto ciò che l’autorità  fa e sceglie per tutti. Altra componente fondamentale della socialità  ò il pluralismo che viene opposto, da Kant, all’egoismo. Il pluralismo ò quel modo di pensare basato sul non ricondurre tutto il mondo a noi stessi, ma nel comportarci come cittadini del mondo. Secondo la logica de pluralismo gli uomini non sono visti come individui a sò, ma come esseri umani che nel loro originale valore sono solidali a latri perchè hanno entrambi lo stesso destino. Secondo Kant l’umanità , come esprime nel famoso imperativo, deve essere trattata da ognuno sempre come fine e mai come mezzo poichè bisogna rispettare il valore di ogni individuo che ò supremo dovere dell’agire umano. Anche le forme solidaristiche di socialità  che hanno il potere di suscitare nell’uomo uno spirito benefico e rigeneratore, hanno un limite. Infatti le unioni sociali molte intense possono rischiare di rompersi e dividersi e ciò può portare a contrasti tra le varie comunità . Il diritto ò l’insieme delle condizioni con le quali l’arbitrio (volontà ) dell’uno si accorda con l’arbitrio degli altri, secondo la legge della libertà . Le regole che lo compongono devono essere corrette (irreprensibili) rispetto a questo fine garantistico del diritto. Il valore del diritto ò basato sul principio a priori di libertà , eguaglianza e indipendenza. La libertà , principale segno distintivo dell’uomo, ò il contrario della costrizione. Kant distingue due tipi di autorità : – governo paterno: il governo vuole distribuire senza controlli, risorse e vantaggi della vita sociale secondo misure di giustizia. -governo patriottico: gli individui si sentono membri di una stessa comunità  e trasformano il loro status politico da quello di sudditi (subordinati) a quello di cittadini. La patria per Kant, ò il luogo dove si sperimenta la libertà  degli individui. Principio ispiratore del diritto ò l’uguaglianza, intesa come uguale trattamento degli individui da parte di regole giuridiche rivolte ai cittadini senza tener conto della classe sociale alla quale ogni individuo appartiene. Kant sostiene che per qualificare la figura del cittadino ò necessaria l’Indipendenza cioò il fatto che egli sia padrone di sò e abbia una qualche proprietà . Solo chi non ò dipendente da un potere esterno, ò capace a dare un libero libero giudizio su qualcosa e abilitato alla pienezza dei diritti di cittadinanza. Kant sostenendo queste idee di libertà  e indipendenza tende a favorire il mondo dell’esistente cioò dell’indipendenza nel lavoro e nella creatività  rispetto al mondo dell’inerente dove il soggetto ò incluso in una realtà  non sua e dalla quale dipende. Lo stato del diritto di Kant considera un modello repubblicano. Kant ò fautore di un costituzionalismo fondato sul sistema della rappresentanza. Lo stato di diritto si propone di garantire la coesistenza delle libertà  dei cittadini ma questo principio deve essere conciliato con il principio di universalità  che Kant dà  alla politica e al diritto. Egli sostiene che di buono veramente c’ò solo la volontà  buona che assume la legge morale per esercitare in modo razionale la libertà . Kant afferma attraverso il primo imperativo categorico che la mia azione ò morale nella misura in cui la mia massima soggettiva può diventare legge, cioò acquisire i caratteri dell’universalità  e necessità . Inoltre gli uomini si devono comportare come se fossero ognuno legislatore per tutti. Il pensiero politico di Kant ò l’opposto di quello di Machiavelli. Infatti secondo Kant l’onestà  ò migliore di ogni politica (Machiavelli diceva il fine giustifica il mezzo). L’universalismo di Kant pone l’esigenza di un formalismo critico inteso come condizione e strumento di ricerca del bene. L’imperativo categorico non prescrive il contenuto perfetto dell’azione. Si deve quindi ricercare questo bene attraverso ripetuti sforzi dove tutti gli individui sono protagonisti. L’ universalismo di Kant non ò distruzione del particolare, eliminazione della pluralità  ma ò la tensione ideale che cerca in ogni determinazione del pensare e dell’agire la valorizzazione della volontà  buona.

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