Contrariamente ai neopositivisti, Popper ritiene che la base empirica delle scienze non ò qualcosa di assoluto, cosicchè non ò possibile sostenere che la scienza poggia ” su un solido strato di roccia “. Egli paragona le teorie scientifiche a edifici costruiti su palafitte, che si elevano sopra una palude; quando ci si arresta ad una teoria, non ò perchè si sia trovato un terreno solido, ma perchè si ritiene che i sostegni disponibili siano abbastanza stabili, almeno per il momento, per reggere la struttura. Da Novalis, egli riprende un’altra metafora che paragona le teorie a reti gettate per catturare quello che chiamiamo il mondo; per catturare il più possibile si cerca, dunque, di rendere la trama delle reti sempre più sottile. Questo avviene attraverso la critica e la sostituzione delle teorie con altre migliori: ” Quel che in ultima analisi – dice Popper – decide del destino di una teoria ò il risultato di un controllo”. Grazie a questa dinamica la scienza risulta caratterizzata da un progresso che Popper interpreta sulla falsariga del modello evoluzionistico darwiniano: come la lotta per la vita conduce alla selezione e alla sopravvivenza dei più adatti, così la competizione tra e teorie scientifiche dà luogo ad una selezione della teoria che si dimostra la più adatta a sopravvivere, in quanto sino ad allora ò l’unica ad aver superato i controlli più severi e a poter essere controllata nel modo più rigoroso. Tipica della conoscenza scientifica ò, pertanto, la sua capacità di crescere e di progredire, non nel senso di accumulare risultati, ma nel senso di sostituire teorie con teorie via via migliori. In vari saggi, successivi alla Logica, Popper illustra la dinamica di questo processo di crescita. La conoscenza, secondo Popper, non parte mai da zero, ha sempre una tradizione alle spalle, cosicchè si può dire che ” il progresso della conoscenza consiste principalmente nella modificazione delle nostre conoscenze precedenti “. Le sue fonti possono essere di ogni genere, credenze o miti o osservazioni o teorie, ma nessuna di questi fonti ha un’autorità privilegiata. In opposizione alle epistemologie ottimistiche, secondo le quali la verità ò qualcosa di dato che si tratta soltanto di mettere in luce una volta per tutte, e quelle pessimistiche, per le quali la conoscenza ò impossibile, Popper sostiene il carattere fallibile della conoscenza umana e la sua possibilità di progredire attraverso la critica: per questo aspetto la sua concezione ò denominata fallibilismo. Egli interpreta l’aggettivo critico come sinonimo di razionale; dai primi pensatori greci, i cosiddetti presocratici, la civiltà occidentale avrebbe ereditato, a suo avviso, la tradizione razionalistica, la quale consiste nella discussione critica delle teorie via via avanzate per risolvere i problemi, nell’intento della ricerca della verità . Il punto di partenza nel cammino della conoscenza ò sempre dato da problemi per risolvere i quali si avanzano congetture, ossia ipotesi o teorie, le quali vengono sottoposte alla discussione e al controllo, ossia a confutazioni, dalle quali scaturiscono nuovi problemi, che inducono a escogitare nuove e migliori teorie e così via. La verità non ò la proprietà definitiva di specifiche teorie, che restano sempre ipotesi o congetture, ma ò una sorta di ideale regolativo, che guida il processo di crescita della conoscenza: questo può essere inteso come approssimazione alla verità , nel senso che la massima approssimazione ò data dalla teoria meglio controllata sino a quel momento. La verità non può, pertanto, essere confusa con la semplice coerenza interna o non contraddittorietà tra gli enunciati di una teoria o con l’utilità di una teoria come strumento di azione e pressione. Popper ritiene che sia stato merito di Tarski l’aver dimostrato la possibilità di definire la verità come corrispondenza con la realtà . Il fallibilismo di Popper si differenzia da due concezioni alternative della conoscenza umana. La prima, da lui definita essenzialismo, ripone lo scopo della scienza nella scoperta di spiegazioni ultime, le quali consistono nel rispondere alla domanda: “Che cos’ò x? “, indicando l’essenza di x. Questa concezione, secondo Popper ò dogmatica e incoraggia l’oscurantismo e l’autoritarismo, impedendo l’esercizio della critica e il sollevare nuovi problemi. In questo senso, essa ò giustamente respinta dallo strumentalismo, che Popper vede esemplificato in Berkeley e in Mach e nella pratica di molti scienziati contemporanei: per esso le teorie scientifiche sono soltanto strumenti di calcolo e di previsione e non sono affatto guidate dall’intento di pervenire a spiegazioni. Contro quest’ultima concezione, Popper rivendica il carattere conoscitivo e non puramente strumentale delle teorie scientifiche; lo scopo ò di condurre a problemi sempre più profondi e interessanti. Ma allora diventa fuorviante, secondo Popper, coltivare l’ideale di una scienza come completamente assiomatizzato e formalizzato ed ò futile preoccuparsi soltanto delle parole del linguaggio quotidiano e dei loro significati, come fanno Wittgenstein e i filosofi analitici, anzichè della teoria, delle validità , dei ragionamenti e della crescita della conoscenza scientifica. Queste posizioni, infatti, perdono di vista il problema più importante, che ò di ” comprendere il mondo, compresi noi stessi e la nostra conoscenza, in quanto parte del mondo “.
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- Filosofia - 1900