Fedele all’ obiettivo di ” comprendere il mondo, compresi noi stessi e la nostra conoscenza, in quanto parte del mondo, Popper elabora, nell’ultima fase della sua riflessione, soprattutto nel volume Conoscenza oggettiva, la concezione dei tre mondi. Una teoria scientifica, per poter essere criticata, deve essere formulata oggettivamente, ossia in termini linguistici: in quanto tale, essa fa parte di quello che Popper chiama il mondo 3. Esso ò il mondo dei contenuti oggettivi del pensiero, ormai indipendenti dalla mente umana che li ha prodotti, ossia dagli stati di coscienza del soggetto, che costituiscono a loro volta il mondo 2. Per la loro esistenza autonoma gli oggetti del mondo 3 sono comparabili alle idee platoniche ma a differenza di queste essi sono i risultati dell’evoluzione del linguaggio umano e, quindi, hanno un’origine storica e carattere mutevole. Rispetto a questi mondi si distingue il mondo 1 costituito dagli oggetti fisici. Popper attribuisce ai tre mondi un’esistenza oggettiva: essi sono irriducibili l’uno all’altro, ma possono interagire tra loro. In particolare, ò il mondo 3, che, sviluppandosi, retroagisce sugli altri due, determinando effetti imprevedibili. Esso include, oltre alle teorie, anche i prodotti dell’immaginazione, quelli dell’arte e i valori, i quali non sono derivabili dai fatti e non possono esistere senza i problemi, sia inconsci, sia creati dalla mente umana. L’io stesso come persona ò una novità che emerge dall’interazione con gli oggetti del mondo 3, ossia con i problemi e con i valori: esso, ò dunque, un prodotto culturale e storico. In questo conteso si pone la questione del rapporto tra mente e corpo. Popper respinge il monismo materialistico, che riduce gli stati della mente a stati corporei o, meglio, cerebrali; per questo aspetto, egli ò un dualista, ma non nel senso che mente e corpo siano due sostanze, bensì nel senso che tra stati o eventi mentali e stati o eventi corporei esiste un’interazione. In questa interazione tra l’io, come abitante del mondo 3, e il cervello, come abitante del mondo 1, ò l’io ad avere la funzione attiva di programmatore del cervello. I risultati raggiunti dall’indagine sui caratteri delle teorie scientifiche sono utilizzati da Popper, già prima e soprattutto durante la seconda guerra mondiale, per esaminare la scientificità delle teorie sulla storia e sulla società , che stanno a fondamento delle varie forme di totalitarismo. In particolare, egli assume ad obiettivo polemico lo storicismo, che egli considera una derivazione della teoria sociale primitiva della cospirazione, cioò la secolarizzazione di una superstizione religiosa, secondo cui tutto quel che accade ò risultato dei propositi di determinati individui o gruppi. Propria dello storicismo ò, infatti, la credenza che la storia sia una totalità retta da leggi necessarie: in questo senso lo storicismo ò chiamato da Popper una forma di olismo (dal greco olon, “tutto”). Due sono i tipi fondamentali di storicismo, a seconda che il cammino della storia sia considerato come un regresso o un progresso necessario: al primo tipo appartiene, per esempio, la filosofia di Platone, al secondo quelle di Hegel e di Marx. Tratto comune a tutti ò, però, la convinzione che le leggi dello sviluppo storico possano essere scovate e che consentano di formulare profezie, cioò predizioni certe ad ampio raggio, le quali devono servire da guida all’azione politica. Stando a Popper, esiste una connessione tra storicismo, essenzialismo e totalitarismo: se si ritiene, come fa l’essenzialismo, che la verità possa essere integralmente posseduta, in particolare la verità riguardante lo sviluppo della storia e della società , allora la conseguenza necessaria ò l’ autoritarismo, se non fanatismo, fondato sulla convinzione che solo chi ò malvagio si rifiuta di riconoscere la verità e di sottomettersi ad essa. A conclusioni analoghe perviene il pessimismo epistemologico: la sfiducia dell’uomo porta all’esigenza di stabilire un’autorità e una tradizione che lo salvino dalla sua follia e dalla sua malvagità . A queste impostazioni corrispondono tipi di società chiusa, di tipo tribale, caratterizzata dal predominio della totalità del corpo sociale sugli individui e da un insieme compatto di credenze indiscutibili, fondate su autorità altrettanto indiscutibili. Ad essa, Popper contrappone, riprendendo una distinzione di Bergson, il modello della società aperta, caratterizzata invece dall’atteggiamento razionale della libera discussione critica. Presupposto di essa ò il riconoscimento che dovremo sempre vivere in una società imperfetta e che nessuna società può esistere senza conflitti di valore. In questa situazione, lo Stato appare come un male necessario, ma proprio per questo, come ha sottolineato la tradizione del pensiero liberale cui Popper aderisce pienamente, ad esso non debbono essere attribuiti poteri oltre il necessario. Il vero problema politico non consiste nel chiedersi chi deve comandare, perchè a questa domanda non si potrà che rispondere “i migliori” e questo condurrà ad attribuire un’autorità assoluta a quelli che si ritengono i migliori. L’impostazione corretta consiste, invece, secondo Popper, nel chiedersi come sia possibile organizzare le istituzioni politiche in modo che i governanti cattivi o incompetenti non possano fare troppi danni. Come le teorie scientifiche sono sottoposte a controlli ripetuti, così anche il potere deve essere controllato. In questa prospettiva, la democrazia liberale risulta la forma migliore, non perchè la maggioranza abbia sempre ragione (anzi, potrebbe scegliere la tirannide), ma perchè si tratta del male minore, che consente di sostituire i governi senza fare ricorso alla violenza, proprio come le teorie sono sostituibili grazie alla libera discussione e alla critica. In questo tipo di società , l’agire politico si configura come una tecnologia sociale, che non pretende di riorganizzare globalmente e in maniera definitiva la società , ma affronta via via problemi specifici cercandone le soluzioni più adeguate. Le scienze sociali possono, allora, assumersi il compito di individuare le conseguenze indesiderate delle nostre azioni. Il loro metodo deve consistere, secondo Popper, nell’ analisi situazionale, la quale comprende e spiega le azioni umane particolari come soluzioni relative a specifiche situazioni problematiche, sulla base di determinate scelte di valore.
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- Filosofia - 1900