La vita sul nostro Pianeta finirà presto? - Studentville

La vita sul nostro Pianeta finirà presto?

Saggio breve sulla precarietà della vita sul nostro pianeta.

TRACCIA:

Sviluppa in forma di saggio breve l’argomento trattato nel seguente testo, utilizzando i dati che lo corredano e dando un titolo alla tua trattazione
Svolto da Stefania Annunziata

DOCUMENTI

ABBIAMO TUTTO: CI MANCA L’ARIA
di Giorgio Nebbia

Si sono moltiplicate le discussioni, le polemiche e le diverse maniere in cui ci si può avvicinare ai problemi della conservazione di un mondo umano da abitare: non è facile tracciare un confine netto fra le une e le altre, pertanto proverò, più che altro come base di discussione, a indicare le tre principali scuole di pensiero sui rapporti fra l’uomo e l’ambiente.
La prima è la filosofia di coloro che hanno una sterminata fiducia nel progresso e nelle risorse della tecnica: anche se si preoccupano dei reali crescenti bisogni d’energia, minerali, alimenti ecc, essi pensano che questi possono essere tratti dalla Terra continuando col ritmo di produzione attuale. Lo spirito che anima queste persone è però ancora basato sull’errato presupposto che le risorse del pianeta Terra siano sterminate e possano essere devastate senza esitazione, perché la capacità della biosfera di assorbire e neutralizzare i veleni e i rifiuti è infinita. Autorevoli studiosi, come l’economista inglese Colin Clark, sostengono che la Terra può sfamare decine di miliardi di individui, se opportunamente coltivata con tecniche agricole progredite. Sulla stessa linea, il fisico statunitense Edward Teller ha di recente discusso le nuove, grandi strade del progresso tecnico e i mezzi sterminati offerte, per esempio, dall’energia nucleare.
Una posizione più blanda e sensibile ai problemi della conservazione considera la necessità di affrontare i “dilemmi tecnologici” usando più intensamente la stessa tecnica: per esempio usando l’energia nucleare per trarre acqua dolce dal mare e mettere a coltura i deserti.
La terza posizione è quella che potremmo chiamare “radicale” e che sta attirando sempre maggiore interesse: predica l’“astinenza dai consumi”, che tende alla riconquista di un mondo non inquinato in cui sia possibile una vita a misura d’uomo.
L’“astinenza tecnologica” richiede molte azioni di cui citerò qualche esempio:
a) la limitazione della popolazione in modo che il numero degli abitanti sulla Terra si stabilizzi;
b) la drastica diminuzione dell’uso delle auto private, fonte prima di inquinamento dell’aria e di congestione delle città: si dovrebbero imporre pesanti tasse sulla benzina in modo da diminuire l’eccessivo sfruttamento delle risorse petrolifere e la produzione di ferro e acciaio, altra fonte d’inquinamento;
c) evitare l’uccisione di animali che vivono allo stato naturale, soprattutto se tale uccisione è provocata da futili motivi quali procurare le pelli o lo pseudo sport della caccia;
d) la lotta all’inquinamento dell’aria e dell’acqua perseguendo i dirigenti industriali per tali danni;
e) l’applicazione di una tassa su ogni imballaggio, che dovrebbero essere ridotti al minimo perché altamente inquinanti, soprattutto quelli di materie plastiche;
f) la diminuzione di consumo di combustibili, fonti di inquinamento della biosfera;
g) la cautela nella realizzazione di centrali idroelettriche, che con le loro dighe alterano l’ecologia di intere valli;
h) la protezione delle zone ancora allo stato naturale;
i) l’opposizione all’uso degli antiparassitari ed erbicidi che sono responsabili di alterazioni ecologiche e intossicazione globale della biosfera;
j) l’opposizione all’uso dell’energia nucleare anche per usi pacifici, a causa dell’inquinamento dovuto allo smaltimento dei residui radioattivi;
k) come conseguenza l’opposizione all’uso delle armi nucleari, chimiche e biologiche e alla guerra in generale.
Anche se alcune di queste posizioni sembrano, nella realtà delle cose, difficilmente raggiungibili, questa nuova utopia che aspira alla modestia, al silenzio, alla riconquista di un ambiente pulito non può essere considerata con grande fascino, soprattutto nei paesi industrializzati, soffocati dall’inquinamento e dalla congestione. Inoltre tale posizione è appoggiata da personalità scientifiche di grande prestigio, che propagandano la riconquista di un mondo non inquinato, in cui sia possibile una vita “a misura d’uomo”.

(Giorgio Nebbia, da Premesse culturali all’attuale crisi ecologica, in Proteus, 1971)

SVOLGIMENTO

TITOLO: La vita sul nostro Pianeta finirà presto?
DESTINAZIONE: rivista scientifica

Fin dai tempi più antichi, la Terra è stata la “casa” dell’uomo. In tutti questi millenni di storia egli è riuscito a rendere migliore il proprio tenore di vita, riuscendo a rispettare la Natura. Adesso che si è giunti al terzo millennio, si può notare come il progresso abbia preso il sopravvento: ogni uomo dei paesi industrializzati possiede cellulari, computer, palmari… Si può anche osservare, però, come la nostra adorata Terra sia cambiata. Da un po’ di anni, per esempio, non ci sono più le stagioni intermedie (autunno e primavera), ma si passa direttamente dal caldo al freddo e viceversa, la desertificazione sta aumentando, viene addirittura colpito l’ozono, il protettore del nostro pianeta, che si sta assottigliando sempre più. Tutto questo sta influenzando anche il modo di vita degli uomini: sono più frequenti catastrofi naturali, come alluvioni, tempeste, tifoni che mietono numerose vittime. Ma perché sta succedendo tutto questo disastro? La causa principale è, purtroppo, lui, l’uomo, che, pur di rendere sempre migliore il proprio modo di vivere, è pronto a tutto, anche ad intervenire senza rispetto su Madre Natura. I rapporti tra uomo e ambiente, quindi, si sono modificati. Se prima l’uomo riusciva a vivere in simbiosi con la Natura progredendo nel suo modo di vita nel rispetto dell’ambiente in cui viveva, ora, invece, si sta assistendo sempre più a una “umanizzazione” dell’ecosistema in quanto tutto viene sottoposto a un intensivo sfruttamento per il miglioramento della qualità di vita. Nel brano tratto dall’opera Premesse culturali all’attuale crisi ecologica, Giorgio Nebbia cerca di esaminare l’ormai difficile rapporto uomo-natura. Egli afferma che ci sono tre principali scuole di pensiero. La prima è formata da coloro che ritengono erroneamente che le risorse della Terra siano infinite e che possano essere distrutte perché la biosfera è in grado di annullare l’effetto nocivo di veleni e rifiuti. Chi afferma questa linea, teorizza anche la necessità dell’utilizzo dell’energia nucleare. La seconda linea è caratterizzata da quelli che sostengono che bisogna «affrontare i “dilemmi tecnologici” usando più intensamente la stessa tecnica: per esempio usando l’energia nucleare per trarre acqua dolce dal mare e mettere a coltura i deserti». Infine, la terza scuola di pensiero è più radicale, perché afferma il ritorno a un mondo a misura d’uomo non inquinato a cui si può giungere tramite l’“astinenza dai consumi”. Questa teoria pone in evidenza anche i metodi per ritornare a un mondo privo di inquinamento. Per prima cosa è necessario che il numero degli abitanti della Terra si stabilizzi, poiché le risorse del Pianeta non sono sufficienti per il bisogno materiale di ogni singolo individuo. In secondo luogo, bisogna usare di meno le auto private. I combustibili da esse utilizzate, infatti, sottopongono a un immoderato sfruttamento le risorse petrolifere e sono la causa principale dell’inquinamento dell’aria. L’uomo deve anche evitare la pratica della caccia, in quanto risulta dannoso per la catena alimentare uccidere in modo non controllato gli animali che vivono allo stato naturale. Si pensi come molti animali stanno scomparendo dalla faccia del Pianeta anche perché molto ricercati dagli uomini per la produzione di pelli o avorio. Di conseguenza, bisogna anche proteggere le zone che sono ancora allo stato naturale. Utile sarebbe imporre tasse sui dirigenti industriali per i danni che le loro industrie provocano all’ambiente e sugli imballaggi che sono altamente inquinanti. L’uomo deve fare attenzione anche alla costruzione delle centrali idroelettriche perché la costruzione di dighe altera l’equilibrio delle valli. Ancora, non si dovrebbero usare i pesticidi, dannosi sia per la natura che per gli uomini, e non bisognerebbe far ricorso all’energia nucleare né per scopi pacifici né per motivi bellici.
Attuare questi propositi, però, è difficile. Ormai l’uomo non sa fare più a meno di alcune conquiste: basti pensare che la benzina ormai è diventato quasi un bene primario, in quanto senza di esso non si possono mettere in moto alcuni motori di automobili e macchine industriali. L’unico modo per evitare eccessivi sfruttamenti delle risorse del Pianeta è quello di investire sempre più sulle risorse energetiche rinnovabili, quelle, cioè, provenienti dal Sole, dal vento e dall’acqua. Anche i progressi in questo campo sono limitati perché ci sono in ballo enormi interessi economici. L’uomo, quindi, deve rendersi conto della terribile situazione in cui sta portando il Pianeta. Se non si dà una regolata e se non mette da parte i suoi interessi, c’è veramente il rischio che la vita sulla Terra scompaia per sempre.

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