Le figure del romanzo i Promessi Sposi - Studentville

Le figure del romanzo i Promessi Sposi

Tema per il biennio delle superiori sulle figure del romanzo I Promessi Sposi.

I personaggi più importanti del capitolo XXIII dei Promessi Sposi sono il cardinale Borromeo, l’Innominato e don Abbondio.

La figura del cardinale è immacolata, egli è pronto a morire per la fede. Federigo rappresenta l’unica autorità che, davanti ai mali, alle calamità e alla peste, non si smarrisce, ma sa organizzare i soccorsi. La sua vita è stata come un sentiero tutto disseminato di opere buone. Il Manzoni su di lui dedica un intero capitolo. Per il cardinale, la storia è fatta da Dio, e come tale, è maestra di vita. L’incontro dell’Innominato con il cardinale è di tale altezza, che non esistono paragoni relativamente alla sua sublimità.

Nell’Innominato troviamo un grande turbamento, un’infinita irrequietezza; nel cardinale la gioia del ritrovamento della pecorella smarrita. Quanto male ha compiuto l‘Innominato nel suo passato, altrettanto bene ha posto al suo attivo il cardinale. Il personaggio più infiammato di carità è l’Innominato. La grandezza del cardinale viene messa in risalto dalla bassezza di don Abbondio nelle due conversazioni che hanno luogo, in occasione della visita pastorale, nel paese di Renzo e Lucia, là dove invano il sant’uomo si sforza di vincere l’indole naturale, ma vani risultano gli sforzi per convincere don Abbondio che un prete deve anche rischiare la vita per la fede. Il ritratto del cardinale è sublime, affettivo, poetico. L’Innominato comunque è uno dei personaggi più interessanti del racconto. Lui è una persona malvagia. In preda ad una crisi spirituale, l’Innominato trova nell’incontro con Lucia una luce che lo porta alla conversione. Per alcuni critici, la conversione è miracolo, per altri è evoluzione psicologica ed è un fattore legato alla volontà, alla coscienza, alla determinazione. L’Innominato, dopo la conversione, è un altro uomo; e lo è perché così egli vuole nella piena lucidità mentale.

La figura di Lucia ha grande influsso su di lui. Dalle tenebre del male, nasce nell’Innominato la speranza. Don Abbondio è un uomo pauroso ed egoista. La sua paura nasce all’improvviso quando, svoltato l’angolo del viottolo, vede i due bravi. Quando la conversazione ha inizio egli non sa che balbettare qualche mezza parola e, alla fine, sottomettersi passivamente al sopruso, calpestando i diritti della gente umile, come Renzo e Lucia. Certamente questo atteggiamento di compiacenza verso il potente ci fa balzare innanzi agli occhi la tesi che potrebbe parere fondamentale: la contrapposizione degli umili ai potenti, con la chiara scelta da parte di Manzoni, dei primi, soprattutto perché il Dio evangelico, in tutta la sua dottrina, ha rivelato a loro la sua predilezione. Ecco uno dei motivi per i quali don Abbondio non piace: è disposto a schierarsi dalla parte dei grandi e dei prepotenti per danneggiare i diritti degli umili. Don Abbondio rappresenta la società ligia agli stranieri spagnoli, terrorizzata dai signorotti, incapace di reagire e di affermare i propri diritti. Don Abbondio risulta non essere uguale per tutto il romanzo: ora pare umile e sottomesso, ora diventa bizzoso e prepotente, ora lamentevole. La figura del prete ci si presenta come una dei personaggi più vivi, descritto in ogni particolarità del suo atteggiamento. È il personaggio chiave, il più popolare, il più tormentato, il più grottesco: ma per chi vuole bene a Renzo e Lucia, è anche il più antipatico perché inganna Renzo rimandando un’aspettativa tanto attesa per i giovani: il matrimonio. L’unico don Abbondio che non dispiace è quello che passeggia buttando i sassi del sentiero da una parte all’altra: quello che non dà fastidio a nessuno!

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