Leibniz: Dio - Studentville

Leibniz: Dio

La concezione di Dio secondo Leibniz.

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Dio Così come già avveniva in Aristòtele , la metafisica di Leibniz culmina di sua natura in una teoria di Dio. Il primo passo consiste nel dimostrarne l’esistenza. Differenti prove vengono ritenute valide. La prima è la prova a priori di Anselmo , che era stata ripetuta da Cartesio : data la nozione di essere perfettissimo, ad essa bisogna necessariamente riconoscere l’esistenza, perché altrimenti le si negherebbe una perfezione, cadendo in contraddizione : l’ essere perfettissimo , per essere tale , non può mancare di esistenza , altrimenti non sarebbe il più perfetto . Se Dio esistesse solo come concetto mentale ( così come esiste un ippogrifo o un drago ) non potrebbe essere l’ ente ” più perfetto ” perchè già solo l’ uomo in quanto esistente sia come concetto astratto ( al pari dell’ ippogrifo e del drago ) sia come ente reale avrebbe una maggiore perfezione rispetto a Dio . A tale prova va però aggiunto un passo preliminare, e cioè la dimostrazione che la nozione di essere perfettissimo è effettivamente possibile e cioè non contraddittoria: il che è facilmente fatto quando si osserva che la contraddizione, e cioè l’incompatibilità tra differenti perfezioni, può nascere solo quando nella nozione di una sia contenuto un elemento contrario alla nozione di un altro, il che però non può avvenire quando si suppongono perfezioni assolutamente positive e semplici. La validità di questo argomento mostra che la nozione di Dio è l’unica che implica l’esistenza, e dunque Dio è l’unico essere necessario. La seconda prova usa in maniera peculiare il principio di ragion sufficiente, e viene talvolta giudicata da Leibniz la più solida: Posto questo principio, la prima questione che si ha il diritto di porre è: perché esiste qualcosa anziché nulla? Infatti il nulla è più semplice e più facile del qualcosa. … Ora, questa ragione sufficiente dell’universo non potrebbe trovarsi nella serie delle cose contingenti, cioè dei corpi e delle rappresentazioni loro nelle anime: perché, essendo la materia in sé stessa indifferente al moto e alla quiete, e a questo o a quel movimento, è impossibile trovarvi la ragione del movimento, e ancor meno d’un determinato movimento. E benché il movimento attuale della materia venga dal precedente, e questo ancora da uno precedente, non ci si trova in una situazione migliore, quand’anche si vada lontano quanto si voglia: infatti, resta sempre la stessa questione. È necessario, quindi, che la ragion sufficiente, la quale non abbia più bisogno di un’altra ragione, sia fuori della serie delle cose contingenti, e si trovi in una sostanza che ne sia causa, ovvero in un essere necessario, portante con sé la ragione della sua esistenza; altrimenti non s’avrebbe ancora una ragione sufficiente a cui fermarsi. Quest’ultima ragione delle cose è chiamata Dio (Princìpi della natura e della grazia, 7-8). Altre due prove sono tratte l’una dall’esistenza delle verità eterne, l’altra dall’armonia prestabilita. Secondo la prima, le verità eterne o di ragione non potrebbero esistere e dunque essere conosciute se non ci fosse l’intelletto di Dio che le pensasse. Secondo l’altra, le sostanze non potrebbero mostrare quella perfetta reciproca armonia se non ci fosse un essere perfetto che le ha create così armonizzate. Entrambe queste due ultime prove appaiono in realtà molto fragili. Quella basata sulle verità eterne sembra essere una petitio principii, perché suppone già la loro dipendenza dall’intelletto divino. La seconda, benché talvolta venga citata da Leibniz come evidente, sembra in realtà basarsi sul presupposto che la conoscenza sia causata dagli oggetti esterni, dei quali quindi si possa accertare l’armonia: il che è proprio ciò che la teoria dell’armonia prestabilita esclude! Tale sostanziale difetto si aggira soltanto ritenendo questa (segue nel file da scaricare)

  • Filosofia

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