Malus cum sutor inopia deperditus medicinam ignoto facere coepisset loco et venditaret falso antidotum
nomine, verbosis adquisivit sibi famam strophis. Hic cum iaceret morbo confectus gravi rex urbis, eius experiendi gratia
scyphum poposcit: fusa dein simulans aqua illius se miscere antidoto toxicum, combibere iussit ipsum, posito praemio. Timore
mortis ille tum confessus est, non artis ulla medicum se prudentia, verum stupore vulgi, factum nobilem. Rex advocata contione
haec edidit: ‘Quantae putatis esse vos dementiae, qui capita vestra non dubitatis credere, cui calceandos nemo commisit
pedes?’ Hoc pertinere vere ad illos dixerim, quorum stultitia quaestus impudentiae est.
Versione tradotta
Un cattivo ciabattino rovinato dalla miseria avendo cominciato ad esercitare la medicina in una località
sconosciuta e spacciando con falso nome un contravveleno, si acquistò fama con verbosi raggiri. Allora poiché il re della città
giaceva colpito da grave malattia, per sperimentarlo (ne) chiese un bicchiere: poi, versata acqua, fingendo di mescolare veleno
al suo contravveleno, promesso un premio, ordinò che lo bevesse. Per timore della morte egli allora confessò, che era diventato
un medico famoso, non per qualche conoscenza dellarte, ma per lo stupore del volgo. Il re convocata una assemblea dichiarò
queste cose: Di quale grave stoltezza pensate voi di essere, che non dubitare di affidare le vostre teste, a chi nessuno
affidò i piedi da calzare? Direi che questo veramente si addice a coloro, la cui stoltezza è un affare per la
spudoratezza.
- Letteratura Latina
- Le Fabulae di Gaio Giulio Fedro
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