Libro 4, vv. 90-128 - Studentville

Libro 4, vv. 90-128

Quam simul ac tali persensit peste teneri
cara Iovis

coniunx nec famam obstare furori,
talibus adgreditur Venerem Saturnia dictis:
‘egregiam vero laudem et spolia ampla

refertis
tuque puerque tuus magnum et memorabile numen,
una dolo divum si femina victa duorum est.
nec me adeo fallit

veritam te moenia nostra
suspectas habuisse domos Karthaginis altae.
sed quis erit modus, aut quo nunc certamine tanto?

quin potius pacem aeternam pactosque hymenaeos
exercemus? habes tota quod mente petisti:
ardet amans Dido traxitque

per ossa furorem.
communem hunc ergo populum paribusque regamus
auspiciis; liceat Phrygio servire marito
dotalisque

tuae Tyrios permittere dextrae.’
Olli sensit enim simulata mente locutam,
quo regnum Italiae Libycas averteret oras

sic contra est ingressa Venus: ‘quis talia demens
abnuat aut tecum malit contendere bello?
si modo quod memoras

factum fortuna sequatur.
sed fatis incerta feror, si Iuppiter unam
esse velit Tyriis urbem Troiaque profectis,

miscerive probet populos aut foedera iungi.
tu coniunx, tibi fas animum temptare precando.
perge, sequar.’ tum

sic excepit regia Iuno:
‘mecum erit iste labor. nunc qua ratione quod instat
confieri possit, paucis adverte docebo.

venatum Aeneas unaque miserrima Dido
in nemus ire parant, ubi primos crastinus ortus
extulerit Titan radiisque

retexerit orbem.
his ego nigrantem commixta grandine nimbum,
dum trepidant alae saltusque indagine cingunt,
desuper

infundam et tonitru caelum omne ciebo.
diffugient comites et nocte tegentur opaca:
speluncam Dido dux et Troianus

eandem
devenient. adero et, tua si mihi certa voluntas,
conubio iungam stabili propriamque dicabo.
hic hymenaeus

erit.’ non adversata petenti
adnuit atque dolis risit Cytherea repertis.

Versione tradotta

Ma appena s’accorse la cara consorte di Giove

che ella era posseduta da tale peste e l’onore non bloccava la follia,
la Saturnia affronta Venere con tali

parole:
“Davvero enorme gloria e ricchi bottini riportate
sia tu che il tuo fanciullo, grande e memorabile potenza,
se

una donna, da sola fu vinta dall’inganno di due dei!
Né proprio mi inganno che tu temendo le nostre mura
Abbia stimato

sospette le case della grande Cartagine.
Ma quale sarà la regola o dove adesso, con sì grave rivalità?
Perché piuttosto

non concludiamo eterna pace e nozze
pattuite?Hai ciò che con tutto il cuore cercasti:
Brucia Didone amante ed ha tirato

la follia fin al midollo.
Guidiamo dunque questo comune popolo con uguali
protezioni; possa servire a marito frigio
e

affidare alla tua destra i Tirii in dote.”
Capì che le aveva parlato con mente ipocrita,
per volgere il regno d’Italia

alle spiagge libiche,
così di rimando Venere rispose: “ Chi pazza rifiuterebbe
tali cose o preferirebbe contendere in

guerra con te?
Purché la sorte favorisca l’evento che tu ricordi.
Ma sono mossa incerta per i fati, se Giove voglia che

ci sia
una sola città per i Tirii e gli esuli da Troia,
o approvi che i popoli si mischiano o uniscano

alleanze.
Tu da consorte, per te è possibile pregando tentarne il cuore.
Va’ avanti, seguirò”.Allora così riprese la

regale Giunone:
“Per me sarà questo impegno. Ora in che modo si possa
concludere quello che incombe, ascolta, ti

insegnerò.
Enea e insieme la molto infelice Didone si preparano ad andare
a caccia nel bosco, quando il Sole di domani

alzerà
i primi inizi e ricoprirà di raggi il mondo.
Su di essi io dall’alto rovescerò una oscurante nube,
con mista

grandine, mentre i battitori s’affannano e cingono
le gole con la rete e muoverò tutto il cielo col tuono.
Scapperanno i

compagni e saranno coperti di opaca notte:
Didone ed il capo troiano giungeranno alla stessa
spelonca. Presenzierò, e se

la tua volontà mi è garantita,
li unirò si stabile unione e la dichiarerò sua.
Qui ci sarà Imeneo.” Senza opporsi alla

richiedente
annuì e Citerea rise per gli inganni inventati

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