Pandarus et Bitias, Idaeo Alcanore creti,
quos Iovis eduxit luco silvestris Iaera
abietibus iuvenes
patriis et montibus aequos,
portam, quae ducis imperio commissa, recludunt 675
freti armis, ultroque invitant moenibus
hostem.
ipsi intus dextra ac laeva pro turribus astant
armati ferro et cristis capita alta corusci:
quales aeriae
liquentia flumina circum
sive Padi ripis Athesim seu propter amoenum 9.680
consurgunt geminae quercus intonsaque caelo
attollunt capita et sublimi vertice nutant.
inrumpunt aditus Rutuli ut videre patentis:
continuo Quercens et
pulcher Aquiculus armis
et praeceps animi Tmarus et Mavortius Haemon 685
agminibus totis aut versi terga dedere
aut
ipso portae posuere in limine vitam.
tum magis increscunt animis discordibus irae,
et iam collecti Troes glomerantur
eodem
et conferre manum et procurrere longius audent. 690
Ductori Turno diversa in parte furenti
turbantique viros
perfertur nuntius, hostem
fervere caede nova et portas praebere patentis.
deserit inceptum atque immani concitus ira
Dardaniam ruit ad portam fratresque superbos. 695
et primum Antiphaten ( is enim se primus agebat ),
Thebana de
matre nothum Sarpedonis alti,
coniecto sternit iaculo: volat Itala cornus
aera per tenerum stomachoque infixa sub altum
pectus abit; reddit specus atri vulneris undam 9.700
spumantem, et fixo ferrum in pulmone tepescit.
tum Meropem
atque Erymanta manu, tum sternit Aphidnum
tum Bitian ardentem oculis animisque frementem,
non iaculo neque enim iaculo
vitam ille dedisset,
sed magnum stridens contorta phalarica venit 705
fulminis acta modo, quam nec duo taurea terga
nec duplici squama lorica fidelis et auro
sustinuit; conlapsa ruunt immania membra,
dat tellus gemitum et clipeum
super intonat ingens.
talis in Euboico Baiarum litore quondam 710
saxea pila cadit, magnis quam molibus ante
constructam ponto iaciunt, sic illa ruinam
prona trahit penitusque vadis inlisa recumbit;
miscent se maria et
nigrae attolluntur harenae,
tum sonitu Prochyta alta tremit durumque cubile 715
Inarime Iovis imperiis imposta Typhoeo.
Hic Mars armipotens animum virisque Latinis
addidit et stimulos acris sub pectore vertit,
immisitque Fugam Teucris
atrumque Timorem.
undique conveniunt, quoniam data copia pugnae, 9.720
bellatorque animo deus incidit.
Pandarus, ut
fuso germanum corpore cernit
et quo sit fortuna loco, qui casus agat res,
portam vi multa converso cardine torquet
obnixus latis umeris, multosque suorum 725
moenibus exclusos duro in certamine linquit;
ast alios secum includit
recipitque ruentis,
demens, qui Rutulum in medio non agmine regem
viderit inrumpentem ultroque incluserit urbi,
immanem veluti pecora inter inertia tigrim. 730
continuo nova lux oculis effulsit et arma
horrendum sonuere, tremunt
in vertice cristae
sanguineae clipeoque micantia fulmina mittit.
agnoscunt faciem invisam atque immania membra
turbati subito Aeneadae. tum Pandarus ingens 735
emicat et mortis fraternae fervidus ira
effatur: ‘non haec
dotalis regia Amatae,
nec muris cohibet patriis media Ardea Turnum.
castra inimica vides, nulla hinc exire
potestas.’
olli subridens sedato pectore Turnus: 9.740
‘incipe, si qua animo virtus, et consere dextram,
hic
etiam inventum Priamo narrabis Achillem.’
dixerat. ille rudem nodis et cortice crudo
intorquet summis adnixus
viribus hastam;
excepere aurae, vulnus Saturnia Iuno 745
detorsit veniens, portaeque infigitur hasta.
‘at non hoc
telum, mea quod vi dextera versat,
effugies, neque enim is teli nec vulneris auctor’.
sic ait, et sublatum alte
consurgit in ensem
et mediam ferro gemina inter tempora frontem 750
dividit impubisque immani vulnere malas.
fit
sonus, ingenti concussa est pondere tellus;
conlapsos artus atque arma cruenta cerebro
sternit humi moriens, atque illi
partibus aequis
huc caput atque illuc umero ex utroque pependit. 755
Versione tradotta
Pandaro e Bizia, nati da Alcanore dell'Ida,
che Iera silvestre allevò nel bosco
di Giove
giovani uguali agli abeti della patria ed ai monti,
aprono la porta, che era affidata da un ordine del capo,
675
confidando nelle armi, inoltre invitano il nemico alle mura.
Essi dentro a destra e sinistra stan come torri
torri
armati di ferro e splendenti nelle alte teste di creste:
come attorno ai limpidi fiumi sia sulle rive del Po
o
lungo l'ameno Adige si ergono aeree due querce 680
ed alzano al cielo il capo intonso e
ondeggiano con l'altissima
cima.
I Rutuli irrompono, come vedono le entrate che s'aprono:
subito Quercente ed Aquicolo, bello nell'armi,
e
Tmaro focoso di animo ed il mavorzio Emone 685
con tutte le squadre o sconfitti voltaron le spalle
o deposero la vita
sulla soglia stessa della porta.
Allora di più le ire crescono negli animi discordi,
e già i Troiani riuniti si
addensano nello stesso posto
ed osano venire alle mani ed avanzare più lontano. 690
A condottiero Turno che in
un'altra parte infuriava
e scompigliava uomini, vien portata la notizia, che il nemico
imperversa con nuova strage ed
offre le porte aperte.
Abbandona l'azione ed incitato da ira tremenda
si precipita alla porta dardania ed ai fratelli
superbi. 695
E, lanciato un giavelotto, stende per primo Antifate
(costui si metteva per primo ), bastardo del
grande
Sarpedone da madre tebana: il cornio italo vola
tra la tenera aria e conficcatosi nello stomaco se ne va
nel
profondo petto; la caverna della nera ferita getta un'onda 700
spumeggiante, ed il ferro s'intiepidisce nel polmone
trapassato.
Poi con la mano atterra Merope, Erimanto, poi Afidno,
poi Bizia che arde negli occhi e nell'animo
freme,
non con un dardo, infatti egli non avrebbe dato la vita
con un dardo, ma stridendo grandemente venne una violenta
falarica lanciata a modo di fulmine, che non sostenne 706
né doppia pelle di toro né la fedele corazza con duplice
squama
ed oro; le gigantesche membra crollate stramazzano,
la terra dà un gemito e l'enorme scudo sopra
rimbomba.
Tale sul lido euboico di Baia a volte cade 710
una pila di sassi, che prima costruita a grandi
mucchi
gettano in mare, così quella inclinata trascina
il crollo e completamente schiacciata si sdraia sui fondali;
i
mari si mescolano e le nere sabbie si sollevano,
allora l'alta Procida trema al rimbombo ed Ischia, duro 715
letto
imposto a Tifeo dai comandi di Giove.
Allora Marte potentenelle armi aggiunse vigore e forze
ai Latini e mise nel petto
acuti sproni,
inviò ai Teucri Fuga e Timore.
Giungono da ogni parte, poicè è data possibilità di scontro, 720
ed il
dio guerriero è penetrato nell'animo.
Pandaro, come vede il fratello col corpo crollato
ed in quale luogo sia la
fortuna, quale casualità guidi le cose,
girato il cardine con molta forza spinge la porta
sforzandosi con le larghe
spalle e la scia molti dei suoi 725
chiusi fuori dalle mura nell'aspra lotta;
ma richiude altri con sé e gli accoglie
accorrenti,
pazzo, da non vedere il re rutulo nel mezzo dello scontro
che entrava e da chiuderlo per di più nella città,
come una gigantesca tigre tra timidi greggi. 730
Subito una strana luce sfavillò agli occhi e le armi
orribilmente
risuonarono, tremano in alto le creste
sanguinee e dallo scudo irradia fulmini brillanti.
Riconoscono l'aspetto nemico
e le gigantesche membra.
Sibito gli Eneadi si turbarono. Allora l'enorme Pandaro 735
spicca e acceso d'ira per la
morte del fratelo
afferma: " Non questa (è) la reggia dotale di Amata,
né il centro di Ardea protegge Turno con le patrie
mura.
Vedi un campo nemico, nessuna possibilità di uscire di qui."
Sorridendogli Turno, sedato il petto: 740
"Comincia, se qualche valore c'è incuore, ed impugna la destra,
anche qui dirai a Priamo aver trovato un
Achille."
Aveva detto. Egli sforzandosi con sforzi estremi vibra
la lancia rozza di nodi e dalla cruda corteccia;
la
ricevettero le arie, Giunone Saturnia deviò il colpo 745
che arrivava, e la lancia si conficca sulla porta.
"Ma non
sfuggirai questa arma, che la mia destra lancia
con forza, non è lo stesso l'autore del lancio e del colpo."
Così
disse, e s'alza sulla spada alzata in alto
e spacca col ferro in mezzo la fronte fra le due tempie 750
e le guance
giovanili con un'immensa ferita.
C'è un tonfo, la terra fu scossa dall'enorme peso;
morente stende a terra le
membra crollate e le armi
cruente di cervello, e gli penzolò in parti uguali
qua e là la testa da entrambe le spalle.
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- Letteratura Latina
- Libro 9 - 12
- Virgilio