Nella prefazione del Tractatus, Wittgenstein chiarisce qual ò l’intento del libro: ” il libro tratta i problemi filosofici e mostra, credo, che la formulazione di questi problemi si fonda sul fraintendimento della logica del nostro linguaggio. Tutto il senso del libro si potrebbe riassumere nelle parole: quanto può dirsi, si può dir chiaro; e su ciò di cui non si può parlare, si deve tacereâ¦la verità dei pensieri qui comunicati mi sembra intangibile e definitiva. Sono dunque dell’avviso d’aver definitivamente risolto nell’essenziale i problemi “. Sulle orme dello stile adottato da Spinoza nell’ Etica, il Tractatus si presenta non come un’opera in qualche modo discorsiva, ma come un insieme di enunciati numerati (a volte abbastanza ampi e argomentati, a volte molto brevi e talvolta addirittura brevissimi) e legati tra loro da determinate connessioni logiche (corollari, deduzioni, inferenze, ecc). Più precisamente, esso muove da una matrice generativa costituita da 7 proposizioni centrali, dalle quali dipende tutta una serie di ulteriori proposizioni riguardanti questioni di logica, ontologia e filosofia del linguaggio e della matematica: 1) Il mondo ò tutto ciò che accade; 2) Ciò che accade, il fatto, ò il sussistere di stati di cose; 3)L’immagine logica dei fatti ò il pensiero; 4) Il pensiero ò la proposizione munita di senso; 5) La proposizione ò una funzione di verità elle proposizioni elementari; 6) La forma generale della funzione di verità ò: [pxN(x ) ]; 7) Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere. Su un piano generale, il Tractatus contiene una concezione della realtà dal punto di vista conoscitivo strettamente intrecciata (fino a identificarvisi) con una concezione del linguaggio. Si deve idealmente partire da una cosa: il darsi del mondo. E il mondo ò tutto ciò che accade e questo mondo, ovvero questa serie di accadimenti, ò costituito interamente da fatti: ogni fatto (complesso) si compone di una pluralità di fatti elementari, detti da Wittgenstein ” stati di cose “, i quali a loro volta sono connessioni di ” oggetti semplici “. Questi ultimi rappresentano la ” sostanza del mondo ” e si possono aggregare in svariate composizioni o ” configurazioni “. Se ò vero che l’esperienza gnoseologica si riferisce essenzialmente a tali configurazioni complesse, ò anche vero che la sostanza del mondo ò quella che si ò detto: anzi, Wittgenstein sottolinea significativamente che ” l’oggetto [semplice] ò il fisso, il sussistente; la configurazione ò il vario, l’incostante ” (2. 0271). A questa concezione del mondo corrisponde (in un senso molto organico) una concezione del linguaggio. La prima teoria radicale enunciata in merito da Wittgenstein riguarda il rapporto linguaggio-pensiero: si potrebbe infatti ritenere che dinanzi al mondo stia prima di tutto il pensiero. Ma non ò così: nei riguardi del pensiero, Wittgenstein assume un atteggiamento anti- materialistica, anti-interioristica e anti-soggettivistica che non abbandonerà , grosso modo, mai. Anzi, nel Tractatus tale posizione ò espressa in un modo particolarmente radicale, che in un secondo tempo verrà modificato. In primis, Wittgenstein dichiara che il pensiero ò essenzialmente ” l’immagine logica dei fatti ” (proposizione 3): dove ò da notare il privilegiamento ideale del fatto e la relativa subordinazione ad esso del pensiero, sia la natura logica che il pensiero degno del nome deve avere. In secundis, si afferma che il pensiero si dà tutto e soltanto nella sua espressione linguistica; più precisamente, il pensiero ò linguaggio organizzato secondo una determinata forma; esso ò, come recita l’enunciato 4, ” la proposizione munita di senso “. Dinanzi al mondo, quindi, sta il linguaggio. Occorre domandarsi come vada interpretata questa seconda polarità o dimensione: enunciando una tesi che Russell farà integralmente sua, Wittgenstein asserisce che il linguaggio ò costituito da ” proposizioni molecolari ” complesse, riducibili a ” proposizioni atomiche ” elementari, non ulteriormente scomponibili. Queste ultime proposizioni sono gli enunciati linguistici più semplici, dei quali si può predicare il vero e il falso. In linea di massima, le proposizioni atomiche sono combinazioni di nomi corrispondenti agli oggetti: ” il nome significa l’oggetto. L’oggetto ò il suo significato ” (3. 203).
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- Filosofia - 1900