Nell’ ” Epistola al Lettore ” che introduce il Saggio sull’ intelligenza umana, Locke fornisce un’ importante informazione sull’ origine della sua opera. Eco il suo racconto: “cinque o sei amici miei, essendosi riuniti in casa mia, ed esendo venuti a discorrere attorno a un argomento ben diverso da quello che io tratto in quest’ opera, ben presto si trovarono a un punto morto per le difficoltà che sorsero da ogni parte”. Uno degli amici che parteciparono a quella riunione ci informa che il tema di discussione era costituito dai “principi della morale e della religione rivelata”. Si discuteva dunque di un argomento di filosofia pratica, la quale stava molto a cuore a Locke e al suo ambiente culturale. Tuttavia non si riuscì a concludere nulla per il fatto che, come ci dice Locke stesso subito dopo, “eravamo su una strada sbagliata e, prima di impegnarci in ricerche di quel genere, era necessario esaminare le nostre stesse capacità , e vedere quali oggetti siano alla portata della nostra intelligenza, e quali siano superiori alla nostra comprensione”. Occorreva, in altri termini, definire con esattezza i limiti della conoscenza umana: sì, perchò per Locke la ragione è come una candela che ci illumina il cammino; è l’ unica luce che possa illuminarci il cammino, ma rimane comunque una luce fioca, che non può illuminare tutto. Per condurre questa indagine, Locke scrive il Saggio. E poichò l’ esame della conoscenza umana deve cominciare dal problema della sua origine, egli dedica il primo libro di quest’ opera a una rigorosa analisi e critica dell’ innatismo. I sostenitori dell’ esistenza di idee innate fondevano la loro tesi sull’ affermazione dell’ esistenza di verità fondamentali che riscuotono necessariamente il consenso di tutti gli uomini. Ma in realtà , controbatte Locke, questo consenso non esiste affatto. Se consideriamo ad esempio i principi teoretici che pretendono di essere innati (come: ò impossibile che una cosa sia e non sia allo stesso tempo), vediamo che i bambini e gli idioti non ne sono affatto in possesso. Per quanto riguarda i principi pratici la considerazione della storia dell’ umanità e i resoconti degli esploratori di terre lontane mostrano come non esista nessuna regola comportamentale che non sia ignorata o infranta da qualche parte del mondo: anzi, cose che in un luogo sono ritenute abominevoli, in un altro sono considerate come altamente meritevoli. Se non si può scaturire da nozioni connaturate in noi sin dalla nascita, da dove proviene dunque la conoscenza? A questo punto la risposta ò obbligata. Ogni nostra rappresentazione mentale, ovvero, nel linguaggio che Locke eredita da Cartesio, ogni idea, giunge necessariamente dall’ esperienza. Quest’ ultima si presenta sotto due forme. Da un lato essa ò sensazione, la quale ci fornisce le idee che provengono dagli oggetti esterni attraverso i cinque sensi; dall’ altro essa ò riflessione, che stà invece all’ origine delle idee relative alle operazioni interne della mente, compresi gli stati d’ animo e le passioni. Sensazione e riflessione sono le due sole fonti della nostra conoscenza: ogni sapere che pretenda di avere un’ origine diversa ò per ciò stesso privo di fondamento.
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- Filosofia - 1600