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Nietzsche: il cristianesimo

Il cristianesimo visto da Nietzsche.

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Il cristianesimo Da quando vi sono uomini, l’ uomo ha gioito troppo poco: solo questo, fratelli, é il nostro peccato originale! Nel corso della storia umana sono state inventate diverse tavole di valori, ma in tutte le sue trasformazioni storiche, la morale ha sempre rappresentato una forma di costrizione esercitata sull’individuo. Una svolta decisiva in questa vicenda storica é rappresentata dal cristianesimo. Nietzsche lo interpreta come erede del platonismo: costruendo l’idea dell’esistenza di un mondo intelligibile, separato da quello sensibile e materiale, il platonismo aveva indicato nel primo il criterio della verità e la sede del valore, riducendo l’unico mondo, quello sensibile, a pura apparenza di valore. Su questo punto Nietzsche tornerà ripetutamente ancora nei suoi ultimi scritti, evidenziando come con il platonismo e la metafisica il mondo vero si era trasformato in una favola: e Nietzsche può amaramente affermare “Il mondo vero lo abbiamo eliminato: quale mondo è rimasto? Quello apparente forse?… Ma no! Col mondo vero abbiamo eliminato anche quello apparente!”. Ma con le sue tesi centrali il platonismo aveva anche gettato le basi per una morale della rinuncia, che il cristianesimo avrebbe eredito e sviluppato ulteriormente: per questo aspetto il cristianesimo appariva a Nietzsche come un platonismo per il volgo, coniugato tuttavia con la tradizione ebraica. Questa aveva introdotto nella storia della morale la rivolta degli schiavi: gli ebrei, infatti, rappresentano emblematicamente, a parere di Nietzsche, gli impotenti, ai quali é negata l’azione e che pertanto provano odio nei confronti dei potenti e del mondo e si consolano con una vendetta immaginaria. In tal modo, si sarebbe costituita la “morale del risentimento”, giunta al suo trionfo con il cristianesimo: secondo Nietzsche, essa ha introdotto una nuova tavole dei valori, ma si tratta di una morale di schiavi, perchè in essa l’azione, anzichè prorompere dall’individuo forte e sicuro, che dice sì a se stesso e alla vita, nasce solamente come reazione contro ciò che é esterno, contro gli altri e, in quanto tale, é soltanto una negazione della vita e della forza. Il soggetto che adotta i valori della morale del risentimento, infatti, riesce ad accettare la vita solo attribuendo ad altri la colpa della propria infelicità. Dal risentimento si sviluppa il senso di colpa, nel quale l’aggressione, anzichè scaricarsi all’esterno sugli altri, viene diretta su se stessi: a questo tema é dedicata, in particolare, la seconda dissertazione della “Genealogia della morale. Fortissima, come già abbiamo accennato, é l’importanza che Nietzsche attribuisce all’oblio: esso é una funzione attiva, che rende liberi dai vincoli del passato e, quindi, lascia posto al nuovo. Il senso di colpa, la “cattiva coscienza”, si radica invece nella memoria. La nozione di colpa ha origine, a parere di Nietzsche, dal concetto di debito, ossia di ciò che é dovuto per compensare un danno materiale. Per lungo tempo, nella storia umana, le pene furono inflitte per ira, non perchè si credeva che l’autore di un danno ne fosse responsabile, in quanto, essendo libero, avrebbe potuto agire diversamente. Allora il piacere di far violenza all’autore di un danno e il dolore che questi ne riceveva erano considerati equivalenti in valore al danno subito. In quelle epoche arcaiche, l’umanità non si vergognava della sua crudeltà; é il cosiddetto “incivilimento”, invece, stando a Nietzsche, che ha condotto la bestia-uomo a vergognarsi di tutti i suoi istinti. Con l’apparizione del Dio cristiano fa la sua comparsa il senso di colpa, in quanto il dolore e l’infelicità sono giustificati imputandoli ad una colpa commessa nei confronti dell’entità suprema, Dio, che diventa quindi il massimo creditore. Tratto geniale del cristianesimo é, a parere di Nietzsche, il fatto che sia il creditore a sacrificarsi per amore del debitore, ovvero Dio stesso, che si fa crocifiggere per risarcire la colpa dell’uomo. La c (segue nel file da scaricare)

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