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Psicologia sociale: i gruppi

Il concetto di gruppo nella psicologia sociale: cosa sono i gruppi e come si formano.

PSICOLOGIA SOCIALE: I GRUPPI. La sempre più crescente complessità ed eterogeneità dei sistemi sociali ha portato la psicologia sociale a volgere l’attenzione verso i gruppi e le loro caratteristiche strutturali al fine di comprendere meglio i meccanismi che regolano la loro esistenza e i rapporti intergruppali. La società si anima e prende forma infatti proprio a partire dallo sviluppo e dal mantenimento di questi “sistemi di appartenenze”.
Nel corso degli anni la definizione di gruppo è andata incontro a diverse modifiche fino a giungere alla sua forma attuale: un insieme di due o più persone unite da un destino comune che, in virtù di questa caratteristica, sviluppano un certo grado di interdipendenza (incentrata sulle attese e sugli scopi condivisi, sulle norme e sui valori) e la percezione di essere membri di uno stesso aggregato sociale che viene riconosciuto come tale da altre persone.

PSICOLOGIA SOCIALE: COME SI FORMA UN GRUPPO. A un livello generale, gli aspetti strutturali del gruppo coinvolgono elementi quali lo status, inteso come posizione nella scala di potere e la valutazione positiva o negativa di tale posizione, un sistema di norme che definisce i valori, riconosciuti e accettati dai membri, del gruppo favorendo l’omogeneità dei comportamenti e dei pensieri, e la leadership, intesa come processo che porta alcuni membri del gruppo a godere della facoltà di mobilitare e guidare gli altri membri nel conseguimento degli obiettivi. Per quel che riguarda la distribuzione di potere all’interno del gruppo, la teoria dell’aspettativa di status sostiene che questo si sviluppi sulla base delle aspettative che i membri del gruppo nutrono nei confronti degli altri membri circa il loro probabile contributo al raggiungimento dell’obiettivo comune.

I GRUPPI: LE TEORIE NELLA PSICOLOGIA. Fra i maggiori studiosi della realtà gruppale troviamo Lewin, Sherif e Tajfel, ognuno dei quali ha contribuito  alla forma dell’attuale definizione di gruppo focalizzando la propria attenzione su elementi differenti. Ad esempio, Lewin considera il destino comune e l’interdipendenza come elementi centrali del gruppo, concettualizzato in quanto totalità dinamica secondo la formula gestaltica per cui il tutto è più della somma delle singole parti. Sherif, invece, sottolinea come un gruppo consista di aspetti strutturali, poiché comporta l’organizzazione dei suoi membri, e valoriali, poiché ogni gruppo sviluppa una specifica cultura.
Infine Tajfel evidenzia come ogni gruppo si basi su un sentimento di appartenenza avente una componente cognitiva (la conoscenza del fatto di appartenere a uno specifico aggregato sociale), valutativa ( tale appartenenza a un gruppo piò connotarsi come positiva o negativa) ed emozionale (appartenere a un gruppo suscita sentimenti ed elicita emozioni). Inoltre, Tajfel suggerisce di valutare l’ interazione sociale sulla base di un continuum interpersonale-gruppo, una dimensione continua in cui collocare il comportamento sociale al fine di distinguere fra le azioni compiute in quanto persone e quelle compiute in quanto appartenenti a un gruppo sociale. Le variabili con cui un’azione viene posta in uno specifico punto del continuum interpersonale-gruppo riguardano la precisione con cui è possibile evidenziare le diverse categorie sociali che entrano in gioco nel comportamento da analizzare, il grado in cui il comportamento e gli atteggiamenti di ogni gruppo risultano essere variabili o uniformi, e la misura in cui il comportamento mostra uniformità e prevedibilità rispetto alla possibilità che sia da riferirsi a caratteristiche idiosincratiche della persona specifica.

LE CARATTERISTICHE DEI GRUPPI DI APPARTENENZA. Quali che siano le caratteristiche dei gruppi di appartenenza, è evidente come il farne parte influisca sull’identità dei suoi membri. Attraverso il processo di autocategorizzazione arriviamo infatti a definirci sulla base di queste appartenenze, ed alcuni esperimenti condotti da Horwitz, Tajfel e Sherif mostrano, attraverso la creazione di una situazione sperimentale chiamata “situazione intergruppi minima”, come la semplice appartenenza a un gruppo basti a dar vita a fenomeni di discriminazione intergruppale. La cosa interessante di questa tipologia di esperimenti è che la mera classificazione, sulla base di elementi effimeri e arbitrari (sul genere “ Voi siete i Rossi e voi altri siete i Blu”, per fare un esempio), delle persone in gruppi che non hanno né una storia condivisa né conflitti precedenti la classificazione rivela la velocità e la tenacia con cui queste possono sviluppare “un senso del Noi” esclusivo.

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