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La nausea La nausea , scritta da Sartre quando correva il 1938, non é certo un romanzo nel senso tradizionale del termine, in quanto manca di veri e propri eventi narrativi. Si tratta infatti di un vero e proprio diario filosofico tenuto da Antoine Roquentin, un intellettuale sradicato che conduce la sua vita a Bouville, città immaginaria che, come si può evincere dalle descrizioni, ricorda Le Havre, dove Sartre si trovava ad insegnare in quegli anni. La vita di questo intellettuale non é certo avvincente e ricca di emozioni: egli alloggia in una camera d’albergo, scrive senza convinzione alcuna la monografia di un personaggio storico minore, va di tanto in tanto a letto con la padrona di un caffè, e si annoia nella solitudine più squallida ed esasperante. Lo circonda infatti un mondo ermeticamente chiuso, l’ambiente meschino e convenzionale della piccola borghesia di provincia, da cui si sente lontanissimo. ‘ Mi sembra di appartenere ad un’altra specie. Escono dagli uffici, dopo la giornata di lavoro, guardano le case e le piazze con aria soddisfatta, pensano che é la loro città, una bella città borghese. Non hanno paura, si sentono a casa propria… Gli imbecilli. Mi ripugna pensare che sto per rivedere le loro facce solide e rassicurate ‘. Li odia ancora di più quando contempla al Museo il ritratto dei borghesi illustri di Bouville, ‘ irritanti nella loro rispettabilità stereotipata e nella loro spocchia ‘. E’ evidente che essi si credono in regola con Dio, con la Legge, con la loro coscienza: ‘ Addio, bei gigli, così delicati nei vostri piccoli santuari dipinti, addio bei gigli, nostro orgoglio e nostra ragion d’essere, addio Sporcaccioni ‘. Così, mancando di un effettivo rapporto interpersonale con gli ‘altri’, il narratore si rende conto in modo sempre più acuto che niente giustifica l’esistenza; l’unico personaggio descritto con un certo rilievo é il patetico Autodidatta, che rappresenta l’illusione della cultura: egli ha aderito al socialismo, dice di amare più di ogni cosa gli uomini e di non credere in Dio. Roquentin si rende così conto che non vi é nulla che possa giustificare l’esistenza; è l’uomo che dà senso al mondo, mentre il mondo, di per sé, non ha alcun senso. Riflettendo sulle ragioni della propria esistenza e del mondo che lo circonda, ha l’esperienza rivelatrice della nausea. La nausea è il sentimento che ci invade quando si scopre l’essenziale assurdità e contingenza della realtà. Scoprire che il mondo non ha un senso, così come un senso non ha l’esistenza, provoca la nausea, un disgusto di tutto: oltre che degli uomini, buffi manichini inautentici (checchè ne pensi l’Autodidatta), delle cose, gratuite e ingiustificabili. ‘ Il mondo… questo grosso essere assurdo. Non ci si poteva nemmeno domandare da dove uscisse fuori, tutto questo, né come mai esisteva un mondo invece che niente. Non aveva senso, il mondo era presente dappertutto, davanti, dietro. Non c’era stato niente prima di esso. Niente. Non c’era stato un momento in cui esso avrebbe potuto non esistere. Era appunto questo che m’irritava : senza dubbio non c’era alcuna ragione perché esistesse, questa larva strisciante. Ma non era possibile che non esistesse. Era impensabile : per immaginare il nulla occorreva trovarcisi già, in pieno mondo, da vivo, con gli occhi spalancati, il nulla era solo un’idea nella mia testa, un’idea esistente, fluttuante in quella immensità : quel nulla non era venuto prima dell’esistenza, era un’esistenza come un’altra e apparsa dopo molte altre […] Scoprire che il mondo non ha senso, che è assurdo, provoca la nausea. […] L’essenziale è la contingenza. Voglio dire che, per definizione, l’esistenza non è la necessità. Esistere è essere lì, semplicemente : gli esistenti appaiono, si lasciano incontrare ma non li si può mai dedurre. C’è qualcuno, credo, che ha compreso questo. Soltanto ha cercato di sormontare questa contingenza inventando un essere necessario e causa di sé. orbene, non c’è alcun essere necessari (segue nel file da scaricare)
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