Isaac Newton (1642-1727) è un sostenitore del metodo induttivo. Egli ritiene che l’elaborazione dei dati si deve sottomettere all’osservazione degli effetti e non alla formulazione delle molteplici ipotesi (“hypothesis non fingo”). Con questo approccio concepisce lo spazio in due modi: assoluto e relativo. Lo spazio assoluto è senza relazioni verso gli oggetti, è sempre uguale ed immobile. Lo spazio relativo, invece, è mobile e misurabile rispetto alle posizioni occupate dai corpi. In ogni caso, comunque, lo spazio è indipendente dallo scienziato che lo misura e, quindi, prescinde dall’esperienza. Come nel caso della “legge di gravitazione universale”, le sue tesi sono sviluppate sulle evidenze empiriche. Immanuel Kant (1724-1804), invece, ritiene che lo spazio sia una categoria dell’elaborazione razionale utilizzata dal soggetto per comprendere la realtà. La posizione occupata dagli oggetti materiali ed esterni è il presupposto della sensibilità e dell’esperienza che caratterizzano gli oggetti come oggetti della conoscenza soggettiva. La differenza principale tra i due modi di intendere lo spazio è la concezione dell’“apriori”: con la rivoluzione copernicana, Kant conferisce il primato alle condizioni razionali del soggetto o dei soggetti che interiorizzano l’oggetto. Egli è, al contrario di Newton, un sostenitore del metodo deduttivo.
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