“E per tutti i ragazzi e le ragazze che difendono un libro, un libro vero” ha cantato Roberto Vecchioni all’ultimo Festival di San Remo, riuscendo ad ottenere una meritata vittoria. In un’epoca di transizione che si prepara a sostituire completamente il mondo cartaceo con il mondo digitale, c’è ancora chi si ostina ad urlare e a ricordare quanto sia importante studiare, apprendere da libri fatti di pagine lisce o ruvide, lucide o opache, che possono essere sottolineate, scritte, personalizzate a proprio piacimento.
Possedere un’opera, un testo scolastico, una raccolta di poesie tra le mani, significa appropriarsi completamente e affezionarsi a quei caratteri stampati, vuol dire custodirli gelosamente.
Consuetamente mi vien ripetuto sia dai miei professori, sia indirettamente dagli autori dei libri che utilizzo a scuola, che nel VII-VI secolo a.C. circa, esisteva una società aurale, divisa, cioè, tra coloro che erano in grado di leggere e scrivere e coloro che, non essendone capaci, continuavano a tramandare oralmente racconti mitologici e gesta eroiche. Traslando questa situazione nel mondo contemporaneo, possiamo notare come tra le due epoche lontanissime vi siano delle congruenze: anche oggi c’è chi si rifiuta di imparare ad utilizzare il computer e, preferisce, dunque, trascorrere dei pomeriggi in biblioteche comunali a consultare della carta scritta e chi,del notebook o del portatile non può più fare a meno.
Un tempo nella disputa oralità-scrittura, com’è ben noto, a prevalere fu quest’ultima e, da allora, la vita di ogni singolo individuo, cambiò notevolmente: stesura di leggi scritte che tutelavano maggiormente e, probabilmente, più equamente la persona, possibilità di registrare avvenimenti, biografie, catastrofi per permettere, poi, ai posteri di studiare su fonti certe, diffusione di un nuovo mezzo di conoscenza, il libro. Oggettivamente per poter parlare di “libro” inteso come volume stampato con copertina, pagine, frontespizio, bollatura, bisogna aspettare il 1456, anno in cui Gutenberg portò a termine l’invenzione della stampa a caratteri mobili. Durante la rivoluzione protestante, avviata nel 1517 con l’affissione delle 95 tesi sulla cattedrale di Wittenberg del monaco tedesco Martin Lutero, la nascita della stampa contribuì alla diffusione della Bibbia tradotta in tedesco e permise a diversa gente di poter possedere almeno un testo sacro.
Prima del 1456 chiunque desiderasse avere un libro, doveva rivolgersi ai monaci amanuensi, così chiamati dato che la loro attività principale consisteva nel ricopiare precisamente e, molto pazientemente, dei testi che prendevano, poi, il nome di manoscritti. L’impiego della copiatura richiedeva diverso tempo e queste opere non potevano che essere richieste da famiglie nobili e ricche che avevano il giusto denaro per poter pagare somme molto elevate.
Un simile ragionamento, forse, potrebbe appartenere anche ai giorni nostri ma bisogna prendere in considerazione dei soggetti differenti: i libri e il mondo digitale. Le aziende telefoniche, in contesa tra loro, promuovono tariffe per “accontentare” tutti coloro che hanno fatto di Internet il proprio mondo (non solo virtuale). Dal punto di vista economico molte famiglie trovano conveniente acquistare un ADSL che, con una quota mensile fissa, assicura una navigazione nel web ventiquattrore su ventiquattro. Avere a disposizione quest’opportunità, vuol dire, per certi versi risparmiare. A settembre, ogni anni, milioni di genitori devono stringere i denti per poter acquistare i libri per i proprio figli. Annualmente si parla di CaroLibri e di percentuali che tendono ad aumentare. Chi ha più di un figlio deve far fronte in un solo mese a delle spese stratosferiche e nonostante il tenore di vita sia migliorato, il cambio di moneta, e la crisi finanziaria in cui l’intero mondo versa ultimamente hanno impedito di vivere alla maggior parte delle persone serenamente, senza, cioè, dover temere di non riuscire a coprire le uscite mensili.
Con delle recenti disposizioni di legge, i testi in adozione presentano una forma mista, sia cartacea che digitale e questa nuova trovata può essere analizzata in due diversi modi. Sicuramente tanti pensano che, ora come ora, sia più facile e meno costoso stampare i libri stando a casa, evitando così code in libreria e corse esasperate negli ultimi giorni; in realtà, credo che questo procedimento sia più economico solo in apparenza, in quanto bisogna sommare il costo della connessione ad Internet, dei fogli da utilizzare, delle cartucce e, di conseguenza si finisce col risparmiare solo qualche euro. Molti insegnati, magari legati alla “tradizione libro” non concepiscono, ancora, l’idea che presto, purtroppo, i bambini non proveranno più gioia sfogliando dei testi scritti, non si emozioneranno più dinanzi a dei volumi dalla pagine ingiallite che “profumano di vecchio”, Difendiamo la bellezza di quella concretezza che noi possiamo toccare con mano e cerchiamo di viaggiare sul pianeta “Internet” senza dimenticare quanto quel mondo sia così astratto e lontano da noi.
Il futuro? E’ tutto da vedere. La mia unica speranza è, un giorno, poter rimproverare mio figlio perché ha imbrattato dei banchi in delle normali aule scolastiche e non dover assistere ad un cambiamento epocale con la definitiva creazione di scuole con soli laboratori informatici.
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