La vita, le opere e le innovazioni Sulla figura di Francis Bacon ( italianizzato in Francesco Bacone ) son corse le più disparate voci: si volle che fosse figlio naturale della regina Elisabetta e che fosse il segreto autore delle opere attribuite a Shakespeare. Egli nasce a Londra il 22 gennaio 1561 dal lord guardasigilli della regina Elisabetta. Studia a Cambridge, per poi trascorrere alcuni anni a Parigi al seguito dell’ ambasciatore di Francia. Tornato in patria riesce a intraprendere la carriera politica, conseguendo incarichi e onori sempre più elevati, grazie anche alla sua totale spregiudicatezza, che gli consentì, per esempio, di diventare accusatore pubblico del suo protettore, incriminato e mandato a morte per tradimento. Divenne avvocato generale nel 1607, procuratore generale nel 1613, lord guardasigilli nel 1617 e, infine, lord cancelliere nel 1618, funzione che gli consentiva di presiedere le principali corti di giustizia. Ma nel 1621 la fortuna gli voltò le spalle: accusato di aver ricevuto denaro da una delle parti che doveva giudicare, dovette riconoscersi colpevole di corruzione, fu sospeso dalle funzioni e condannato, a discrezione del re, a un’ ammenda e al carcere. Grazie al favore di cui ancora godeva presso la corona, riuscì ad aver condonate entrambe le pene, ma dovette ritirarsi a vita privata, finchò lo sorprese la morte nel 1626. Tra le prime opere importanti di Bacone vanno ricordati i Saggi ( 1597 ) e il Temporis partus masculus ( 1602 ), nel quale rivelò un atteggiamento culturale che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita: la critica alla tradizione filosofica antica ( con l’ esclusione di Democrito ) e medioevale, e l’ appello sulla costruzione di un nuovo sapere scientifico. Altre sue opere non trascurabili sono: Sull’ utilità e il progresso del sapere umano e divino ( in lingua inglese, 1605 ), i Cogitata et visa ( 1607 ), la Redargutio philosophiarum ( 1608 ), il De sapientia veterum ( 1609 ). Nel 1620 egli pubblica la sua opera più nota, il Novum Organum, che già nel titolo rivela la volontà di essere una nuova logica che si oppone al vecchio Organum di Aristotele. L’ opera è redatta in forma di aforismi, che dovevano preludere forse a un ampliamento successivo. Infatti, il Novum Organum si presenta come la seconda parte di una vasta opera, intitolata significativamente Instauratio magna scientiarum, che sarebbe dovuta essere divisa in sei parti. Di essa Bacone pubblica tuttavia soltanto, oltre al Novum Organum, la parte preliminare ( la prefazione e il piano dell’ opera ) e, nel 1623, la prima parte, costituita dalla traduzione latina ampliata dello scritto sull’ utilità e il progresso del sapere del 1605: De dignitate et augmentis scientiarum. Agli ultimi anni della sua vita appartiene anche La nuova Atlantide, che si inserisce nel filone utopico già intrapreso da Tommaso Moro e da Campanella. Nel quadro della rivoluzione scientifica che si svolge tra 1500 e 1600 si può anche inserire la figura di Francis Bacon, italianizzato in Francesco Bacone. Bisogna tuttavia precisare che questa riconduzione non è giustificata dalla scoperta di un metodo nel quale ( come nel caso di Galileo ) si ritrovino i principi delle moderne procedure scientifiche. Il metodo baconiano, se condivide con quello galileiano l’ esigenza di una sapiente combinazione di esperienza e ragionamento, è totalmente privo di quel legame con la matematica e con l’ analisi quantitativa dei fenomeni che costituisce una delle condizioni imprescindibili della scienza moderna. Sotto questo aspetto, anzi, Bacone è ancora ampiamente legato all’ analisi formale e qualitativa dei fenomeni, cioò a una procedura d’ indagine che rappresenta uno dei maggiori portati di quella tradizione aristotelico – scolastica che egli peraltro combatte con tutte le sue forze. La contiguità di Bacone con la nuova temperie culturale e scientifica determinatasi in quegli anni è piuttosto rappresentata dalla sua consapevolezza, assai moderna, del valore e della possibilità della scienza. Di una scienza, inoltre, che non è più intesa in chiave puramente teoretico – conoscitiva, ma è proiettata sull’ attività pratica e trova nella tecnica il suo naturale complemento. Per alcuni versi, quindi, Bacone ha le istanze della rivoluzione scientifica, per altri egli è da essa lontanissimo: è vicino alla rivoluzione nel momento in cui sente l’ esigenza di trovare un metodo di indagine azzerando il pensiero tradizionale: se la ricerca, a partire dai Presocratici, non ha funzionato, allora è per via della sua stessa impostazione: bisogna mettersi a monte della ricerca stessa, come peraltro fa lo stesso Galilei. Il ” discorso sul metodo ” ( per dirla alla Cartesio ) di Bacone è indubbiamente il Novum Organum. Bacone risulta essere ancora più legato alla rivoluzione scientifica per quel che riguarda il carattere operativo della scienza: la scienza è legata alla tecnica e la tecnica è legata alla scienza nel senso che un maggiore sviluppo tecnologico permette alla scienza di conseguire risultati più apprezzabili, ma un maggiore sviluppo scientifico consente la creazione di strumenti sempre più precisi; la conoscenza per Bacone vale nella misura in cui consente all’ uomo di operare sulla natura per migliorare le condizioni di vita dell’ uomo stesso. Viene così a cadere la concezione del sapere per il sapere, ossia del sapere come valore autonomo, del sapere che non serve a nulla e proprio perchò privo del legame di servitù è il più nobile dei saperi, come sosteneva Aristotele: per Bacone non è così: un sapere inutile va scartato perchò non serve per il legame che Bacone sostiene tra benessere dell’ umanità e scienza. Molti studiosi hanno sostenuto di poter definire Bacone come precursore della rivoluzione industriale del 1700: certo, lui vive nel 1600, un’ epoca ancora diversa da quella in cui si svilupperà la rivoluzione industriale, ma è significativo il fatto che lui sia inglese ( la rivoluzione partirà proprio da lì ): nel 1600 l’ attività produttiva in Inghilterra si sta sviluppando sempre più e si fanno anche sentire gli influssi del Calvinismo, una religione ” capitalista “, che vede nel produrre e nel guadagnare una forma di preghiera verso Dio e vede invece in chi non riesce a produrre e ad arricchirsi un nemico, un fallito ( a differenza del Cattolicesimo ). Bacone va collocato nel contesto della rivoluzione scientifica perchò, tra le varie cose, sente l’ esigenza dell’ esperimento, ossia l’ osservazione controllata. Ricapitolando, Bacone è vicino alla rivoluzione scientifica perchò sente l’ esigenza dell’ esperimento, di un metodo, e del sapere per produrre. Ma ciò che lo allontana dalla rivoluzione scientifica è il totale rifiuto della matematica: pensiamo a Galileo o a Keplero, che erano arrivati a formulare leggi fisiche in termini matematici; già Platone e i Pitagorici sentivano l’ esigenza di avvalersi della matematica. Bacone invece si colloca a riguardo su un ramo parallelo, un ramo secco per molti aspetti: teorizza molte cose sulla scienza, su come procedere, ma non fa alcuna scoperta: Galileo, servendosi della matematica, arriva invece a scoprire la legge di caduta dei gravi, il principio di inerzia, il principio della relatività classica e molti altri. Senza la matematica Bacone, che pur fa grandi teorizzazioni, non arriva a scoprire nulla: in altre parole, la scienza, senza matematica, è in un vicolo cieco. Indubbiamente la scienza degli anni e dei secoli a venire preferirà il metodo matematico di Galileo e ancora oggi la fisica la si studia abbinata alla matematica. Tuttavia se Bacone rifiuta la matematica ha le sue buone ragioni e non lo fa per presa di posizione: egli conduce una serrata polemica contro tutti i metodi strettamente logici e astratti con cui si era indagata la natura; la sua polemica è essenzialmente rivolta alla logica aristotelica, ai suoi occhi incapace di fare presa sulla realtà . Poi accomuna la matematica alla logica perchò gli pare che anch’ essa si muova su un terreno che esula dalla realtà , un terreno troppo astratto e ideale. Egli partendo da una critica alla logica aristotelica e alla matematica in quanto troppo astratte, finisce però per arrivare ad aderire a posizioni essenzialmente aristoteliche: rifiutando la matematica non può esaminare gli aspetti quantitativi della realtà e finisce quindi per esaminare quelli qualitativi, come a suo tempo aveva fatto Aristotele. Dobbiamo però dire in difesa di Bacone che nella scienza non esiste solo il metodo matematico – quantitativo: certo nella rivoluzione scientifica esso è predominante, tuttavia nel 1700 finirà per prevalere la chimica e nel 1800 – 1900 la biologia e la psicologia. Ora, è chiaro che nella fisica ( 1600 ) la matematica è fondamentale, ma è altrettanto chiaro che nella biologia e nella psicologia non lo è ! In altri termini, non tutta la scienza è fatta di matematica. Certo il 1600 è il secolo della matematica; ci si accorge di come essa funzioni benissimo per spiegare la fisica e si finisce per estendere l’ uso della matematica in tutti i campi, pensando che anche lì possa andare bene: la politica ( Hobbes ), la filosofia ( Cartesio )… La ricerca di Bacone è incentrata sulla raccolta di dati e anche qui egli si discosta da Galileo, il quale aveva preferito le intuizioni e le formulazioni, e si avvicina ad Aristotele che ogni mattina si recava in spiaggia dalle reti dei pescatori a raccogliere dati e ad esaminare la fauna e la flora marina: non a caso Aristotele era una sorta di biologo e, come detto, la biologia non si serve poi tanto del metodo matematico, ma lascia spazio a quello qualitativo. Oggi la raccolta dati è tipica dell’ etologia e della zoologia, per esempio. Bacone è in fondo una specie di naturalista, che si dedica molto alla raccolta dati. La politica e la nuova Atlantide Parallelamente all’ indagine scientifica e alla pubblicazione dei numerosi libri, Bacone, come accennato, intraprende anche la carriera politica ottenendo buoni risultati finchò non arriva l’ accusa di corruzione e l’ allontanamento dalla politica stessa. Le vicende politiche di Bacone sono importanti e ci fanno capire come nella valutazione di un politico si debbano scindere gli aspetti politici da quelli etici, che pur si intrecciano: conviene esaminarli separatamente. La politica di un uomo è buona o cattiva indipendentemente dal fatto che l’ uomo sia eticamente buono o cattivo: può essere onesto eticamente e disonesto politicamente, o viceversa; chiaramente le due cose in qualche modo si intrecciano. Questo discorso vale per Bacone: è stato evidentemente un politico corrotto, ma un uomo dalle idee politiche positive. Le sue idee politiche emergono soprattutto dall’ ultimo suo libro, la Nuova Atlantide. E’ un testo che va inserito nel genere letterario dell’ Utopia ( ou + topos = luogo che non c’ è ) tipicamente rinascimentale: pensiamo a Tommaso Moro, autore di ” Utopia “, o a Campanella, autore de ” La Città del Sole “. Bacone prende palesemente spunto dal mito di Atlantide, l’ isola beata improvvisamente affondata per via della tracotanza dei suoi cittadini, narrato da Platone nel Crizia. E’ senz’ altro interessante notare come Bacone prenda spunto da Platone ( da cui prenderà a prestito anche il mito della caverna ) pur non apprezzandolo affatto. In altre parole, Bacone scrive in polemica con Aristotele il Novum Organum in cui propone una nuova logica, e scrive in polemica con Platone la Nuova Atlantide in cui tratteggia un nuovo stato ideale. Platone a capo del suo stato aveva messo i filosofi, Campanella un sacerdote, Bacone pone invece gli scienziati: si tratta di un’ utopia tecnocratica nella quale, come per Platone, a governare sono i sapienti, ma di differente rispetto a Platone vi è proprio la concezione di sapiente: per Bacone i sapienti non sono i filosofi, bensì gli scienziati, dotati non di un sapere ” inutile ” ( come i filosofi, con il loro sapere per il sapere ), ma di un sapere pratico, ossia capace di trasformare la realtà e assicurare una vita migliore all’ intera umanità . Sono gli scienziati a detenere il potere e a promuovere il bene dei cittadini. Si tratta comunque di un’ utopia differente anche rispetto a quelle di Tommaso Moro e Campanella, che si ispiravano a motivi morali e sociali: il tema centra della Nuova Atlantide, invece, è da cercarsi nel potere che deriva all’ uomo dalla scienza. Il fine della ricerca scientifica stessa è ” l’ allargamento dei confini dell’ impero umano ” attraverso la conoscenza delle cause e dei moti delle cose. Al centro dell’ intera società utopica, comunque, Bacone mantiene la famiglia, la cui prosperità diventa un affare di stato, quasi come a dire che questo grande progetto utopico deve essere realizzato ( sebbene si tratti solo di un’ utopia ! ) partendo dal privato, dai piccoli amori domestici, per poi coinvolgere, estendersi e trasformarsi in universale. Bacone allontanato dalla vita politica, non può far altro che rifugiarsi in una costruzione statale che sa bene inattuabile, ma che egli desidera: da qui emerge come pur essendo un uomo politico corrotto egli abbia ideali sublimi quali il benessere dell’ intera umanità . Bacone immagina di approdare a Bensalem ( questo è il nome della città sull’ isola ideale ) in seguito ad un naufragio, quasi come se nel suo reale naufragio politico fosse approdato ad una visione meravigliosa: non si tratta di un naufragio causato per un atto di hybris o per un errore umano: il mare, l’ antica immagine della minaccia, va qui inteso come ciò che separa la beata isola di Bensalem dal resto del mondo, corrotto e governato da non-scienziati e, ovviamente, in questo caso il naufragio è un qualcosa di altamente positivo, che porta Bacone e i suoi compagni di viaggio a contatto con una cultura più avanzata, una civiltà che conosce tutte le altre, ma dalle altre non è conosciuta e che ha sempre saputo ( e intende continuare a farlo) rimanere ” pura “, non traviarsi, come invece hanno fatte tutte le altre; proprio per questo in un primo tempo si mostra riluttante ad accogliere e a far sbarcare gli stranieri, ma poi non esita ad aiutare l’ intero equipaggio. Non a caso uno degli ” ambasciatori ” che si reca sulla nave di Bacone e dei suoi compagni dice: ” Non sbarcate, nessuno di voi; anzi, affrettatevi a lasciare queste rive entro sedici giorni… Da parte nostra non mancheremo a nessun dovere pietoso “. E’ una società radicalmente diversa rispetto a quelle allora conosciute, ma tuttavia ha qualcosa in comune: le lingue che si parlano a Bensalem, ad esempio, sono il greco, l’ ebraico, il latino e lo spagnolo; la divinità che essi adorano è la stessa. Tutto ciò che gli abitanti di Bensalem si vedono intorno lo attribuiscono a Dio, lo vedono come vera signacula Creatoris: gli scienziati che reggono la città possono estendere il loro dominio sulla realtà , trasformarla, alterarla, imitarla, riprodurla, soltanto in quanto la conoscono secondo verità , secondo il suggello su di essa imposto da Dio; il mondo stesso è agli occhi di Bacone a totale disposizione dell’ uomo ( ” Il mondo è stato fatto per l’ uomo, e non l’ uomo per il mondo ” si racconta che egli fosse solito dire al suo cameriere ). Bensalem è un qualcosa di più che una semplice città , pare quasi essere un gigantesco laboratorio scientifico all’ aria aperta in cui ” il fine dell ‘ istituzione è la conoscenza delle cause, movimenti e forze interne alla natura, e l’ estensione dei confini del potere umano ad ogni cosa possibile “, dove si fanno preparati medicinali, si riproducono i fenomeni atmosferici, si generano artificialmente gli insetti, si depura l’ acqua salata per renderla dolce, si prolunga la vita dell’ uomo, si elaborano strumenti tecnici all’ avanguardia, si edificano torri altissime ( addirittura mezzo miglio di altezza ), si creano pozioni e acque nutrientissime, si sperimentano sugli animali ogni sorta di veleni per meglio provvedere alla salute del corpo umano… il tutto senza l’ apporto della matematica. Si possono però muovere due critiche alla costruzione statale di Bacone: 1 ) non è una democrazia; 2 ) la politica non è fatta solo di scelte tecniche come pare intenderla Bacone nella Nuova Atlantide: se si ha al governo un medico, per dire, ed egli con le sue competenze tecniche proibisce il fumo da medico avrà senz’ altro agito benissimo, ma non è detto che da politico abbia agito altrettanto bene: sono due aspetti in fin dei conti piuttosto distinti la tecnica e la politica. In Bacone è fortissima la convinzione che il governo stesso debba essere in mano agli scienziati, i quali devono governare in funzione del benessere dei cittadini. La scienza cui Bacone fa riferimento non è certo quella di matrice aristotelica che vedeva nel sapere in sò un valore: la scienza, per valere qualcosa, deve essere orientata all’ azione, deve poter avere influssi sulla realtà stessa, apportando modifiche e innovazioni utili per l’ uomo. Ma perchò questo avvenga non basta che ci siano scienziati al lavoro: essi devono proprio essere i capi dello Stato, devono avere pieno potere politico, proprio come nella città utopica di Bensalem: al potere non sono i filosofi di Platone, interamente proiettati nel mondo delle idee e nell’ osservazione del Bene, bensì gli scienziati che operano a tutti gli effetti sulla realtà . E’ vero che Bensalem è e rimane un’ utopia, tuttavia a partire da fine 1600 cominciarono a nascere le Accademie Scientifiche, organizzazioni a cavallo tra il pubblico e il privato di filosofi e scienziati che collaborano per il miglioramento del mondo operando sulla realtà : è evidente che questo sia in qualche modo derivato dal progetto utopico di Bacone, che quindi non è poi rimasto del tutto solo sulla carta, ma ha trovato un campo di applicazione nella realtà . Nasce proprio l’ idea che il sapere non sia frutto di un singolo individuo, ma un fatto cumulativo, una collaborazione tra scienziati del presente, del passato e del futuro: il lavoro del singolo scienziato non è altro che un singolo tassello da aggiungere all’ intera indagine scientifica, vista appunto come la somma di tutti i contributi di tutti gli scienziati che furono, che sono e che saranno. Ancora oggi la scienza è sostanzialmente concepita così. A Bensalem funziona proprio così, come una grande cooperativa di scienziati che fanno un lavoro di equipe per garantire il benessere di tutti. Per questo aspetto Bacone è senz’ altro moderno: il lavoro del singolo ha senso solo se in un contesto più ampio. A noi questo pare ovvio, ma all’ epoca non lo era affatto. Si può anche fare un paragone tra scienza moderna e magia: la magia è un sapere volto a mutare la realtà , è lo stravolgimento totale del sapere per il sapere aristotelico. Ma la vera differenza tra magia e scienza moderna sta nel fatto che la prima concepisce la scienza, il sapere per potere come dote di un solo individuo dalle qualità eccezionali ( il mago ), superiore a tutti gli altri uomini, che insegna segreti all’ apprendista stregone prestando attenzione che essi non trapelino e non vengano conosciuti dal resto della società : non a caso il mago scrive in un linguaggio ermetico, per non farsi capire dal popolo ( anche Eraclito in fondo concepiva così il sapere ): il sapere deve rimanere nelle mani di pochi eletti; il mago non è parte integrante di una comunità scientifica che coopera per il benessere di tutti. La scienza moderna vede invece il sapere come un bene collettivo ( non da nascondere ), che non può derivare dal talento di un singolo individuo e che per di più deve poter essere verificato da tutti: quasi una comunione del sapere. Questo ci permette anche di osservare come per Bacone il sapere non derivi dall’ intelligenza eccezionale del singolo: c’ è una grande rottura con il passato; tutte le conoscenze in medicina venivano ricondotte all’ intelligenza eccezionale di Ippocrate e di Galeno: per Bacone non è così; per arrivare al sapere non occorrono grandi intelligenze, ma basta procedere con metodo ( e non con grandi intuizioni dei singoli ): occorrono piccoli passi compiuti da tante persone. Il raggiungimento del sapere allora diventa un lavoro di equipe, realizzabile solo usando un metodo e collaborando. Non a caso Bacone scriveva molto in Inglese proprio per far arrivare a tutti il suo sapere e non ad una cerchia ristretta di persone. La âinstauratio magnaâ e il ânovum organumâ Esaminiamo ora il pensiero di Bacone attraverso le sue opere; nel Temporis partus masculus ( ” Il parto maschile del tempo “; maschile perchò i maschi erano preferiti alle femmine in quanto in grado di sottoporsi a sforzi fisici maggiori nel lavorare le terre ) Bacone si addentra nella questione di come la scienza debba essere un lavoro di equipe e possa arrivare solo col passare del tempo. Non a caso egli diceva sempre ” veritas filia temporis “; a noi pare ovvio che le verità vengano acquisite un pezzo alla volta nel corso del tempo, ma all’ epoca tanto ovvio non era; è solo col passare del tempo che il sapere umano può aumentare perchò si acquisiscono in continuazione nuove verità e così un uomo della preistoria dovrà partire se non da zero quasi; un uomo del medioevo avrà già invece sulle spalle molte conoscenze ed esperienze, ma un uomo del 1600 ne avrà ancora di più e quindi potrà avanzare nelle scoperte: c’ è un vero e proprio accumularsi del patrimonio scientifico. Per gli antichi e per i medioevali la perfezione era nel passato ( si parlava di età dell’ oro, guardando con rimpianto ad un’ epoca ormai finita ): dalla perfezione originale, l’ uomo era degenerato e decaduto; i medioevali per esprimere ciò che intendevano si servivano di una metafora: ” noi siamo dei nani in confronto agli antichi, che invece sono dei giganti “. Bacone riprende questa metafora per stravolgerne il significato: sarà anche vero che noi siamo dei nani ( ammettendo che gli antichi fossero meglio di noi ), ma siamo nani sulle spalle di giganti e finiamo quindi per essere più alti noi dei giganti stessi: noi, ammettendo di essere a loro inferiori, abbiamo il vantaggio di poter vedere più lontano, di avere accumulato e fatto tesoro delle verità da loro scoperte: partiamo avvantaggiati. Ecco allora che Bacone capovolge il luogo comune che gli antichi siano meglio dei moderni: un’ altra metafora usata dai medioevali e non solo per argomentare in favore di un presunto stato di inferiorità dei moderni rispetto agli antichi era: ” gli antichi sono i venerandi e saggi anziani, noi moderni siamo gli inesperti bambini “; anche qui Bacone capovolge la metafora per dimostrare la superiorità dei moderni: i bambini sono gli antichi, che avevano sulle spalle una mole inferiore di conoscenze, noi moderni siamo invece gli anziani, carichi di esperienza e sapere. Emerge quindi come la verità sia figlia del tempo, ossia matura con il trascorrere degli anni e con l’ accumularsi delle conoscenze. Il tempo per Bacone non è più ciò che fa dimenticare, come invece era per Platone: per Platone l’ intera vita umana non era altro che un rimpiangere e uno sforzarsi di ricordare ciò che si era un tempo, nell’ Iperuranio, quando l’ anima non era ancora stata calata nel corpo; per Bacone è l’ opposto: l’ uomo è saldamente proiettato verso il futuro e il progresso; non c’ è più sapere nel passato che nel presente; anzi, per Bacone il sapere sta più nel presente che nel passato e più nel futuro che nel presente. Prendiamo ora in esame il Novum Organum; la raccolta di opere logiche di Aristotele si chiamava Organum; Bacone intitola la sua opera logica Novum Organum proprio per presentare al mondo una nuova logica, radicalmente alternativa rispetto a quella di Aristotele. Va notato come il Novum Organum in realtà fosse stato concepito come la seconda parte di un’ opera a carattere enciclopedico intitolata Instauratio magna ( la grande costruzione del sapere ) che sarebbe dovuta essere in sei parti. La prima parte era intitolata De dignitate et augmentis scientiarum e si trattava la storia della scienza, poi si parlava del metdo con cui fare scienza e infine il progresso della scienza. Quando nel 1700 i filosofi illuministi scriveranno l’ Enciclopedia si richiameranno apertamente a Bacone per diversi motivi: in primo luogo anche loro saranno in favore di un sapere scientifico – tecnologico volto a far vivere meglio tutti; inoltre il carattere dell’ Enciclopedia sarà divulgativo: proprio come insegnava Bacone, il sapere va trasmesso a tutti e non deve essere nelle mani di pochi. Però ci sono anche nette differenze tra Enciclopedia illuministica e Instauratio magna di Bacone: l’ Instauratio magna non era una struttura per voci, bensì sembrava più essere una ” summa ” medioevale, una specie di trattato sull’ intero universo: Bacone vuole trattare tutto di tutto, ma in fin dei conti finisce per non fare neanche una scoperta scientifica di rilievo; Galileo, invece, non si cimenterà mai nello scrivere opere enciclopediche che trattino tutti i problemi dell’ universo: lui scrive su problemi specifici che gli si presentano al momento: qui sì che si vede la differenza tra scienziato moderno ( Galileo ), che si pone problemi concreti e singoli e indaga con metodo, e Bacone, che fa invece discorsi troppo generali che finiscono poi per non calarsi mai nel particolare e per non portarlo a scoperte scientifiche. Uno dei temi principali e più ricorrenti del 1600 è il metodo: Cartesio, per esempio, sarà in quegli anni autore di un ” Discorso sul metodo “; e la seconda parte della Instauratio magna di Bacone, ossia il Novum Organum, delinea il nuovo metodo baconiano, diviso in due parti, la pars destruens, con la quale si confutano ( si distruggono ) le tesi contrapposte, e la pars construens, con la quale si avanzano le proprie tesi, dopo essersi liberati il campo con la pars costruens. Anche quest’ idea dell’ abbattere con una pars destruens le tesi in contrasto con quelle che si vogliono affermare è piuttosto tipico del 1600: occorre abbattere a partire dalle fondamenta l’ antico edificio del sapere per poi costruire su fondamenta più stabili; se le ricerche degli antichi non hanno portato alla verità , allora il loro errore consisteva proprio nel metodo con cui hanno indagato. Così fa Bacone: propone un nuovo metodo, una nuova logica ( radicalmente diversa da quella aristotelica ) e una nuova società utopica ( nettamente diversa da quella di Platone ): la pars destruens baconiana è costituita dalla cosiddetta teoria degli idola: egli è convinto che siano presenti nella mente umana certe convinzioni, potremmo dire pregiudizi, che limitano la possibilità di conoscere in modo oggettivo la realtà ; per Bacone in fondo la mente umana non è altro che uno specchio che riflette ciò che c’ è nella realtà : ma deve essere uno specchio liscio, senza pregiudizi, altrimenti finisce per deformare la realtà : sono proprio i pregiudizi che portano la mente umana a deformare la realtà , ossia ad intenderla in modo diverso da come è effettivamente. Da notare che in qualche modo in Italiano la parola ” riflessione ” implica l’ idea della realtà che si riflette nello specchio della nostra mente. Il compito della pars destruens di Bacone è proprio quello di estirpare questi pregiudizi, ossia i giudizi dati a priori: in lui è presente la convinzione che l’ uomo sia indotto ad anticipare la natura con i pregiudizi, ossia a poter pensare di conoscere la natura ancor prima di averla esaminata: per essere interpretata, ovviamente, la natura va osservata in modo accurato e senza pregiudizi. I pregiudizi Bacone li chiama idola, trascrizione del greco ” eidolon “, che può essere tradotto tanto con ” simulacro ” quanto con ” idolo “: tuttavia la dizione idolo è da preferirsi perchò suggerisce come questi pregiudizi siano rappresentazioni, immagini preconcette che si sovrappongono a quelle vere, quasi come dei veri e propri fantasmi immaginativi. La parola idolo suggerisce inoltre che noi uomini è come se tendessimo a venerare e ad accettare senza porci problemi questi fantasmi immaginativi: idolo nel linguaggio religioso è un falso dio costruito dall’ uomo, ma che nella realtà non trova corrispondenza. Bacone individua quattro tipi di idola che ci impediscono di avere con la natura un approccio puro: 1 ) idola tribus ( pregiudizi della tribù, dell’ umanità ): si tratta di pregiudizi radicati non nella mente di una o più persone, ma nella mente dell’ intera razza umana: non c’ è uomo che non li abbia. Il più importante degli idola tribus è senz’ altro la fallibilità dei sensi: noi siamo tutti convinti che la nostra sensibilità non possa ingannarci: questo è un pregiudizio insito nella mente di tutta l’ umanità ; Bacone invece sostiene che i sensi possano ingannarci; così quando vediamo un remo immerso in acqua ci sembra spezzato per un effetto ottico, chi non ci dice che, così come con il remo, i sensi non ci ingannino sempre? Un altro grande pregiudizio tribus, dell’ umanità , è la tendenza a vedere un principio d’ ordine anche dove esso non è presente: noi costruiamo, coi nostri pregiudizi, degli ordini nella nostra mente e poi abbiamo la pretesa di attribuirli al mondo esterno: siamo convinti a priori che ci debba essere un ordine nel cosmo; Keplero all’ incirca in quegli anni orienta la sua ricerca scientifica alla ricerca di un ordine cosmico, partendo dal presupposto che esso vi sia; più in generale, l’ intera filosofia non era forse nata come tentativo di trovare un unico principio che stesse dietro all’ intero realtà ? Pensiamo a Talete che l’ aveva ravvisato nell’ acqua o ad Eraclito che l’ aveva scovato nel fuoco: prevale in noi la convinzione che al di là delle cose molteplici e diverse ci debba essere un principio unificatore. Bacone non è di questo parere: si tratta solo di un nostro pregiudizio l’ essere convinti che ovunque vi sia un ordine ! 2 ) Idola specus ( della caverna ), con un fortissimo richiamo a Platone e al suo mito della caverna: da notare ancora una volta come Bacone si richiami a filosofi antichi ma solo in termini negativi: egli non li apprezza perchò convinto che il loro metodo d’ indagine fosse totalmente sbagliato. Il mito della caverna era il compendio della filosofia platonica: gli uomini, incatenati sul fondo della spelonca, vedevano proiettate sul fondo immagini deformate della realtà . Per Bacone la caverna è la mente di ciascuno di noi: ogni singola mente, sebbene vi siano pregiudizi presenti in tutte le menti ( gli idola tribus ), ha la sua specificità e tende a vedere la realtà a modo suo; ci sono persone che, per esempio, tendono maggiormente a notare le differenze tra le cose, mentre ce ne sono altre che tendono a vedere le analogie tra le cose: ciascuno forza la realtà in una direzione, seguendo la sua inclinazione naturale. Detto così, però, sembrerebbe che gli idola specus fossero innati nella mente di ciascuno; tuttavia, Bacone fa notare come in realtà possano essere radicati nella mente di una persona anche a causa dell’ educazione che ha ricevuto e del contesto in cui ha vissuto: che uno tenda più a vedere le differenze che non le analogie tra le cose può essere innato; tuttavia può anche derivargli dal fatto che in famiglia gli abbiano insegnato a ragionare così. Ciò non toglie però che anche gli idola specus debbano essere eliminati in quanto pericolosi pregiudizi. E’ senz’ altro evidente la differenza tra idola tribus ( dell’ intera umanità ) e idola specus ( delle singole persone ): probabilmente Bacone deve essere arrivato a questa concezione partendo dalla celebre frase di Protagora ” l’ uomo è misura di tutte le cose “: questa espressione viene generalmente interpretata in una duplice maniera: a ) l’ uomo in quanto tale ( il genere umano ) conosce le cose come gli appaiono e non può fare altrimenti; b ) ogni singolo uomo vede le cose a modo suo e in modo diverso da tutti gli altri. Fatta questa distinzione, appare evidente come Bacone abbia voluto separare questi due concetti presenti entrambe nella frase ” l’ uomo è misura di tutte le cose ” introducendo appunto il concetto di idola tribus, l’ uomo in quanto tale ( il genere umano ) conosce le cose come gli appaiono e non può fare altrimenti, e idola specus, ogni singolo uomo vede le cose a modo suo e in modo diverso da tutti gli altri. 3 ) Idola fori ( del foro, del mercato ): è probabilmente la scoperta più interessante e innovativa ( soprattutto per l’ epoca ) di Bacone. Si chiamano idoli del mercato perchò hanno a che fare con il linguaggio; Bacone fa notare una cosa per noi ovvia, per gli uomini del suo tempo innovativa: nel linguaggio esiste sempre una discrepanza tra le parole ed i significati ad esse attribuiti. In altre parole, se tutti sanno che si parla in conseguenza di come si pensa, forse non tutti sanno che è vero anche l’ opposto, che si pensa in conseguenza di come si parla: ecco allora che sorge il rischio di commettere errori di pensiero derivanti da errori di linguaggio. Il primo rischio evidente è quello di inventare parole che non trovino corrispondenza nella realtà : parole prive di senso, che non designano nulla di nulla, ma che col passare del tempo sono passate ad esistere: ecco allora che Bacone cita parole come ” primo mobile “, ” sfere planetarie “: nei cieli non esistono le sfere cristalline, però a forza di parlarne è passata la convinzione che esistano. E’ evidente la critica mossa ad Aristotele, che aveva inventato tali parole, dando nomi a cose che non esistono. Bacone cita anche ” elemento del fuoco “: il fuoco non è un elemento, una cosa, bensì è un processo ( di combustione ): dei classici 4 elementi di Empedocle ( terra, acqua, aria, fuoco ), l’ acqua, la terra e l’ aria sono effettivamente elementi, ma il fuoco no ! A forza però di dire ” elemento fuoco ” è passata la convinzione che il fuoco sia un elemento: ecco che l’ errore di linguaggio diventa errore di pensiero. Ma gli idola fori comportano un rischio ancora più grande di questo: le parole, infatti, fa notare Bacone, non sempre ritagliano in modo corretto la realtà ; la funzione delle parole è di permetterci di comunicare, esse, cioò, definiscono, raccolgono in sò le cose cui ci si vuole riferire: ma se uso parole che ritagliano male la realtà finisco per ragionare in modo scorretto. Bacone cita a proposito la parola ” umido “, che comprende l’ acqua quanto gli altri liquidi: tuttavia, se uno dice ” umido ” subito pensiamo tutti all’ acqua. Persone diverse in contesti diversi intendono una parola in modo diverso gli uni dagli altri: le parole devono come minimo essere usate con lo stesso significato ! Tutto questo implica che uno degli scopi principali della filosofia è analizzare il significato delle parole: Bacone non a caso è inglese. Già dal Medioevo si colgono specifiche correnti e direzioni filosofiche a seconda delle nazioni: così come i costumi dei popoli cominciano sempre più a differenziarsi, anche le filosofie si differenziano di nazione in nazione. Gli Inglesi tendono per lo più ad occuparsi di scienza e linguaggio, e Bacone ne è un fulgido esempio: tuttavia già nel Medioevo c’ erano stati personaggi quali Guglielmo da Ockham, interessatissimo al significato delle parole, o Ruggero Bacone ( appassionato di alchimia e scienza ). Ancora oggi gli Inglesi sono alquanto all’ avanguardia nello studio del linguaggio e della scienza: si è convinti che si debba rendere il linguaggio il più rigoroso possibile per non cadere in errori di ragionamento simili a quelli indicati da Bacone. 4 ) Idola theatri ( del teatro ): si chiamano così perchò sono i pregiudizi indotti dalle diverse scuole filosofiche che Bacone, per sottolineare la loro lontananza dalla realtà , assimila a favole che vengono idealmente rappresentate sulla scena teatrale: se uno ha studiato una dottrina filosofica, finisce poi per interpretare l’ intera realtà in base a quella dottrina, convinto che la realtà sia interamente interpretabile con una dottrina: questo è il pregiudizio. Queste dottrine diventano come sfondi artificiali che sostituiscono al mondo vero un mondo artificiale realizzato a tavolino dai filosofi. Dobbiamo subito notare una cosa dopo aver esposto la pars destruens: il linguaggio di Bacone è strano, ricco di parole evocative, atipiche per uno scienziato e per un filosofo: sono parole che sanno quasi di magia ( idola, specus, tribus… ); in effetti Bacone risulta ancora legato alla tradizione alchemica con il suo linguaggio misterioso, ermetico: certo, è uno scienziato moderno, che rende pubblico il suo sapere, che collabora con gli altri scienziati e che mira al benessere dell’ umanità , ma da questo punto di vista rimane ancora qualche residuo magico in lui. Va subito specificata un’ altra cosa: Bacone è pienamente convinto che i pregiudizi ( idola ) non siano insormontabili: è possibile estirparli dalla mente degli uomini: sono come dei filtri, delle lenti colorate che ci fanno vedere la realtà in modo diverso da come è effettivamente; tuttavia, se queste lenti per Protagora e anche per Kant non possono essere rimosse, per Bacone non è così: è possibile rimuoverle e vedere il mondo come effettivamente è. Dopo la pars destruens inizia quella costruens: Bacone per costruire le sue teorie si serve soprattutto del metodo induttivo ( da tanti particolari arrivare all’ universale ); egli critica il metodo deduttivo ( dall’ universale al particolare ) di Aristotele, ma ne biasima anche quello induttivo: in fin dei conti mira a contestare in generale l’ intero metodo aristotelico. Bacone parla anche di vera induzione ( ossia la sua ) e falsa induzione, riferendosi apertamente a quella aristotelica: l’ induzione di Aristotele, spiega Bacone, non era altro che un processo assurdo e farraginoso, nel quale si partiva da casi particolarissimi, raccolti in modo disordinato e casuale, per poi passare a verità generali e per poi dare origine a verità intermedie ( quelli che Bacone chiama assiomi medi ); facciamo un esempio classico: Aristotele parte dal caso particolare, esaminando un tot di animali presi a caso: constata che essi sono mortali, quindi arriva a dire che tutti gli animali sono mortali; poi passa alla verità generalissima, ossia che tutti gli uomini sono mortali, e infine approda ad una verità intermedia, meno generale della precedente: tutti gli uomini sono mortali: arriva ad una verità intermedia passando in modo assurdo tramite una verità generalissima. La vera induzione per Bacone deve essere graduale e metodica, dove le verità generalissime finiscono per non essere mai raggiunte: a lui interessano quelle intermedie perchò il sapere è potere, deve poter far presa sulla realtà ed è evidente che le verità troppo generali finiscono per andare oltre la realtà , per sganciarsi da essa. Per conoscere e operare sulla natura servono le verità intermedie, le regole della natura, in ultima istanza le leggi fisiche: voglio sortire questo effetto sulla natura, quindi devo avvalermi di questa causa. Le verità troppo generali non fanno presa sulla realtà , finiscono per essere teoricamente vaghe e praticamente inapplicabili. Il passare da verità generalissime a verità intermedie non è altro che un’ assurdità agli occhi di Bacone perchò non fa altro che aumentare la probabilità di errore. Il vero punto di arrivo allora non sono più le verità generali, ma quelle intermedie ( gli assiomi medi ), che mi danno regole di comportamento dei fenomeni e non si staccano troppo dalla realtà : esse sono le leggi fisiche. E’ evidente che l’ idea di lavorare con un metodo non può che comportare l’ idea di usare l’ esperimento, sebbene Bacone non lo intenda affatto come quantificazione dei dati osservativi proprio perchò egli non approva la matematica, in quanto essa, come la logica aristotelica, è una verità troppo generale e distaccata dalla realtà . L’ idea di esperimento, comunque, è presente in Bacone nel momento in cui egli si accorge dell’ inutilità di limitarsi a fare osservazioni empiriche: l’ esperienza, da sola, non porterà mai alla verità , ma solo ad un futile accumulo di casi particolari: ecco allora che Bacone sente l’ esigenza dell’ esperimento, che però non intende come aveva fatto Galileo, bensì tende a vederlo come esperienza organizzata con metodo ( seppur senza quantificazioni ). Nel Novum Organum, scritto in forma di aforismi che risentono della tradizione alchemica, compare un’ interessante metafora: Bacone paragona i tre tipi di scienziati esistenti ( quelli che fanno solo esperienze, quelli che non ne fanno, e quelli che fanno esperienze miste a rielaborazioni ) a tre tipi di insetti ( anche se in realtà il ragno non è un insetto: ma lui non lo sapeva ): gli scienziati che si limitano ad osservare la realtà , ossia a fare esperienza, raccogliendo caterve di singoli casi, senza tuttavia giungere alla verità ( proprio perchò non usano l’ esperimento ) sono paragonati alle formiche, che per tutta la buona stagione accumulano materiale: anche gli scienziati empirici, in fondo, si limitano ad accumulare materiale osservativo, convinti che da esso possa derivare la verità . Gli scienziati che non fanno esperienze, ma lavorano solo in modo astratto, svolgendo esperimenti mentali, senza mai confrontarsi con la natura, sono paragonati ai ragni, che, con un processo tutto interno a se stessi, fabbricano belle ragnatele complesse, con le quali possono facilmente catturare gli sprovveduti: così questi scienziati fanno percorsi interamente mentali e hanno la pretesa che ciò che hanno nella loro testa sia la verità della natura; essi costruiscono delle belle ” ragnatele ” mentali e gli sprovveduti finiscono per cadere in trappola, credendo a quanto essi dicono. Bacone accusa Aristotele stesso di essere un ” ragno “, quasi come se Aristotele esperienze non ne avesse fatte… In realtà , Bacone confonde Aristotele con gli aristotelici dei suoi tempi, che vivevano in un ” mondo di carta “, evitando le esperienze e si limitavano a difendere strenuamente le tesi del maestro: Galileo stesso li accusa, ma non accusa invece Aristotele, sapendo che in fondo egli fu il re dell’ esperienza. Infine ci sono gli scienziati che fanno incetta di dati osservativi e che in più li rielaborano con la propria testa, arrivando così alle verità : essi sono paragonati alle api, che raccolgono materiali, li rielaborano e producono il miele: così questi scienziati, dopo un’ accurata raccolta dati, sentono l’ esigenza di rielaborarli con metodo e di produrre il mellifluo sapere. Questa degli insetti non è la sola metafora presente nel Novum Organum: Bacone ne usa anche un’ altra, particolarmente significativa e interessante: quella dei pesi: lo scopo del metodo non è quello di mettere le ali all’ intelletto, liberandolo e facendolo volare liberamente; anzi, lo scopo del metodo è quello di mettere pesi all’ intelletto umano, impedendogli di volare troppo facilmente verso le conclusioni: lo scienziato deve muoversi con ponderazione e giudizio, con i piedi di piombo sembra quasi suggerire la metafora, che, tra l’ altro, suggerisce anche come la scienza debba procedere per Bacone non tanto grazie alle capacità straordinarie dei singoli e delle loro intelligenze, quanto piuttosto grazie all’ impiego di un metodo preciso e valido. Si tratta ora di definire questo metodo quale sia: il metodo di Bacone ha diverse fasi: la prima fase è la storia naturale, ossia l’ osservazione dei fenomeni naturali ( il termine storia deriva dalla radice greca id- del verbo orao, che significa ” vedere “: la storia naturale consiste proprio nel descrivere i fenomeni naturali osservati ); il sapere umano per Bacone è distinguibile in tre parti: a ) la storia ( che si fonda sulla memoria ); b ) la poesia ( che si fonda sull’ immaginazione ); c ) filosofia ( che si fonda sulla ragione ): la scienza naturale non è altro che una branca della filosofia e parte dalla storia naturale, ossia l’ osservazione e la descrizione dei fenomeni naturali; ma in che cosa consiste questa storia naturale? Nella raccolta di dati dell’ esperienza e nella rielaborazione di questi dati con la ragione; rielaborare con la ragione significa catalogare con metodo il materiale raccolto; riorganizzare secondo un metodo per Bacone significa riorganizzare con le tre tavole, ossia con tre elenchi ragionati di esperienze fatte: non è un’ elencazione casuale e disordinata. Quali sono queste tre tavole? 1 ) tavola della presenza; 2 ) tavola dell’ assenza; 3 ) tavola dei gradi. Bacone si pone essenzialmente alla ricerca della forma di una determinata natura, ossia l’ essenza di un determinato fenomeno: per arrivare a questo egli riduce un fenomeno la cui essenza è ignota ad un fenomeno la cui essenza è nota, passando tramite le tre tavole: ad esempio, Bacone esamina l’ essenza del calore: cerca un fenomeno a cui il calore possa essere ricondotto; ecco allora che nella tavola della presenza mette tutti quei casi in cui il calore si presenta: il sole, il fuoco, lo sfregamento, ecc. Il sole e il fuoco, a loro volta, sembrano suggerire un collegamento tra calore e luce. Certo nella tavola di presenza si mettono anche cose legate al calore ma non legate alla luce: per esempio lo sfregamento o la pelliccia. Bacone arriva anche a dire che le sensazioni di freddo intenso sono analoghe a quelle di caldo intenso: quando mettiamo le mani nella neve abbiamo una sensazione analoga a quando le mettiamo nell’ acqua calda. Dopo di che, si passa alla tavola dell’ assenza, il cui vero nome sarebbe tavola dell’ assenza in prossimità : significa che nella tavola dell’ assenza non vanno inseriti tutti i casi nel quale il fenomeno calore è assente, anche perchò sarebbe quasi impossibile, bensì vanno inseriti solo quei casi che presentano analogie con quelli già citati nella tavola della presenza: esaminando l’ essenza del calore, Bacone mette nella tavola dell’ assenza la luna, che presenta analogie col sole ( gli è cioò in prossimità come caso ), che già aveva messo nella tavola della presenza: è luminosa pure lei, ma non ha il calore: di conseguenza il rapporto calore – luce vacilla; allora esamina il rapporto calore – sfregamento ( ossia calore – movimento ) e scopre che in fondo è quello vero: il calore è riducibile al movimento delle particelle dell’ oggetto caldo. E’ interessante notare come Bacone si trovi di fronte ad un serio problema con l’ induzione, un problema logico: se faccio un’ induzione su un limitato numero di casi, c’ è il rischio che il numero dei casi non presi in considerazione mi smentisca: esamino un tot di uomini, vedo che prima o poi muoiono e dico che gli uomini sono mortali: passo da casi particolari ad universale: ma io ho esaminato 100, 200, magari anche un milione di uomini: ma chi mi dice che tra tutti quelli che non ho esaminato non ce ne siano di immortali? Per assurdo, potrei anche esaminare tutti gli uomini presenti sulla faccia della terra più quelli finora esistiti e dire: tutti gli uomini sono mortali. Ma questa non sarebbere più un’ induzione in fin dei conti; e poi, comunque, anche osservando che tutti gli uomini finora esistiti sono morti, non potrò mai dire che tutti gli uomini sono mortali perchò non potrò mai esaminare gli uomini che ancora non sono nati: ecco allora che il metodo dell’ induzione comporta seri problemi; in realtà Bacone non affronterà questo problema e lo lascerà in eredità al 1800. Egli, però, cerca di porre rimedio a questa aporia dell ‘ induzione, per far sì che, anche se limitata a casi particolari, abbia valenza generale: ecco allora che l’ induzione di Bacone esamina una miriade di casi particolari e non li raccoglie a caso: ecco allora che i dati dell’ esperienza vengono organizzati con metodo, arrivando così ad una sorta di esperimento senza la matematica, potremmo dire: un esperimento che consiste nell’ esaminare i casi dopo averli ordinati con metodo: ritornando alla teoria del calore, dopo aver constatato che non è riconducibile alla luce perchò se è vero che il sole è caldo e luminoso, è anche vero che la luna è luminosa ma non calda, Bacone prende in considerazione l’ ipotesi che derivi dallo sfregamento ( dal movimento ). Ecco allora che si passa alla tavola dei gradi, nella quale si inseriscono le cose rispondendo alla domanda ” esiste qualcosa che cresce al crescere del calore o che diminuisce al diminuire del calore? ” Se sì, allora sarà dimostrata l’ ipotesi che calore e movimento siano connessi. Questa tavola dei gradi fa subito venire alla mente la proporzionalità ( diretta e indiretta ), tipica delle leggi fisiche: però per Bacone questi gradi non sono concepiti in termini quantitativi, come era per Galileo, che si chiedeva ” al variare di x, di quanto varia y? “: a Bacone non interessano le quantità , ma le qualità : gli basta sapere che un fenomeno cresce o diminuisce al crescere o al diminuire di quello preso in esame: non gli interessa di quanto cresca o diminuisca. La seconda parte del metodo, dopo quella delle tavole, è quella dell’ organizzazione, che consente di avanzare ipotesi: la prima ipotesi che si avanza Bacone la definisce la prima vendemmia, con la quale si raccolgono i primi frutti: certo, non si tratta ancora della verità , ma solo di un’ ipotesi ( la prima di tante ). Da notare che finora il metodo baconiano è stato costituito solo di esperienza e non di esperimento, seppur c’ è stata la raccolta dati in modo ordinato. Anche in Bacone, come pure in Galileo, emerge l’ atto creativo, il salto della mente umana: certo, si tratta di un salto notevolmente inferiore rispetto a quello previsto da Galileo, ma è sempre un salto: in Bacone c’ è un lavoro metodico che porta alle ipotesi e non si parte subito con l’ intuizione galileiana. Dopo di che, subentra la verifica delle ipotesi: ecco che entrano in gioco gli esperimenti ( che Bacone definisce istanze prerogative ), senza i quali non si possono verificare le ipotesi; esistono ben 27 tipi di questi esperimenti. Il termine istanza prerogativa, tradotto letteralmente, significa esempio privilegiato; dunque con la pars construens si raccolgono i dati con le 3 tavole e si superano le due aporie già citate dell’ induzione ( se esamino un pò di casi e generalizzo c’ è il rischio che i casi non esaminati mi smentiscano; ma se esamino tutti i casi presenti non è più un’ induzione ) per poi arrivare alla prima vendemmia, ossia la prima ipotesi sulla forma della natura ricercata: questa prima vendemmia, come detto, è solo il punto di partenza e non di arrivo: per arrivare alla conclusione del processo bisogna verificare che l’ ipotesi ( la prima vendemmia ) sia corretta; ecco allora che entra in gioco l’ esperimento, inteso non tanto come esperienza controllata e misurata in termini matematici, quanto piuttosto come esempio privilegiato ( istanza prerogativa ). Per Bacone, infatti, l’ esperimento non è altro che un esempio privilegiato, selezionato e ricostruito: la natura ci fornisce solo esperienze alla rinfusa che non ci porteranno mai a verità e a leggi fisiche: spetta a noi trasformare l’ esperienza in esperimento. Per spiegare il concetto Bacone ricorre ad un’ immagine di tipo giuridico ( all’ epoca era in vigore la pratica della tortura ): egli concepisce l’ esperimento come una tortura nei confronti della natura, come un obbligare la natura a dirci delle cose utili: essa infatti tende solitamente a darci solo spunti, esperienze casuali; bisogna instaurare un vero e proprio interrogatorio sotto tortura dove si costringe la natura a dirci ciò che ci serve. Talvolta Bacone ricorre addirittura all’ immagine del far violenza sessuale alla natura, vista come donna. In un certo senso l’ atteggiamento di Bacone risulta ambiguo perchò, altrove, egli dice che la natura la si può comandare solo servendola, ossia senza imporle leggi non sue e interpretazioni forzate: lo scopo umano è dominare la natura, ma l’ unico modo per riuscirvi è servirla, procurandosi così gli strumenti per operare su di essa; ma con le metafore giudiziarie appena citate sembra dire qualcosa di ben diverso, suggerendo un dominio brutale e forzato. Se Bacone è il profeta della rivoluzione industriale del 1700 per quel che riguarda la concezione del sapere finalizzato a produrre, egli lo è anche quando sostiene che l’ uomo debba dominare completamente la natura, violentandola e trattandola da donna: infatti è proprio a partire dalla rivoluzione industriale che verrà invertito il rapporto uomo-natura: fino ad allora l’ uomo era dominato dalla natura e non poteva far altro che servirla; ma a partire dal 1700 il rapporto viene stravolto: è l’ uomo che domina ( spesso senza criterio ) la natura. Come dicevamo ci sono 27 tipologie di istanze prerogative e, a livello di curiosità , vanno senz’ altro ricordate le istanze magiche: in Bacone l’ idea di magia continua a permanere, ma in modo differente rispetto a quanto poteva essere in un Giordano Bruno: Bacone è legato alla magia essenzialmente per la concezione che ha del sapere ( il sapere per potere ) e per il linguaggio di cui si serve ( gli idola tribus, per esempio ). Ma che cosa sono queste istanze magiche? Sono casi in cui una causa minima ha un effetto clamoroso, immenso tanto da parere magico ed inspiegabile, quando cioò il rapporto causa-effetto è sproporzionato e desta stupore. Questo non significa che Bacone metta fra le istanze magiche effetti inspiegabili; egli, tanto per fare un esempio, avrebbe senz’ altro messo tra le istanze magiche la bomba atomica, dove da una reazione del nucleo scaturisce un effetto straordinario. Più interessanti risultano invece le istanze fruttifere e quelle lucifere; le istanze fruttifere sono quegli esperimenti che portano immediatamente dei frutti, ossia che hanno un’ immediata utilità pratica. Le istanze lucifere invece sono quegli esperimenti che non portano subito dei frutti, ma portano la luce, ci illuminano, ci danno delle conoscenze teoretiche senza risultati pratici. Ci si può aspettare che Bacone, profeta della rivoluzione industriale, preferisse le istanze fruttifere, che danno un sapere immediatamente utile, ma non è così: egli finisce per preferire le istanze lucifere, quelle che danno conoscenze teoretiche prive di immediata applicabilità pratica: per capire a fondo perchò Bacone le preferisse facciamo un esempio matematico, sebbene la matematica esuli dal campo di interesse di Bacone: ai tempi degli antichi greci è vero che c’ erano conoscenze matematiche di utilità pratica ( istanze prerogative ): per esempio il sapere contare poteva servire per fare acquisti; ma è altrettanto vero che ce n’ erano altre che non avevano pressochò alcuna applicabilità pratica ( istanze lucifere ): pensiamo al teorema di Talete o di Pitagora: nessuno poteva immaginare che questi teoremi potessero avere un’ applicabilità pratica, eppure li formularono. Poi a migliaia di anni dai Greci questi teoremi privi di applicabilità pratica sono tornati utili anche dal punto di vista pratico: pensiamo all’ ingegneria moderna, che non ci sarebbe se non ci fossero state le conoscenze matematiche dei Greci, che però allora erano pressochò inutili. Così ragiona anche Bacone: anche quando si è convinti che il sapere valga solo come operativo, non si può tuttavia sapere quali conoscenze saranno utili in futuro, bensì si sanno solo quelle utili al momento. Così Bacone arriva a dire che le istanze lucifere sono più preziose delle fruttifere perchò possono avere un valore nel futuro e possono portare al progresso ancora più di quelle fruttifere. D’ altronde se ci si limitasse a fare solo scoperte fruttifere ( utili nell’ immediato ) saremmo ancora all’ età della pietra o poco più. In altre parole, il succo della distinzione baconiana tra le due forme di istanze, fruttifere e lucifere, è questo: è più importante un esperimento in grado di darmi conoscenze nuove piuttosto che uno che mi dia conoscenze pratiche senza allargarmi il campo del sapere. Tra le 27 tipologie di istanze prerogative, risultano poi interessanti le instantia crucis ( le istanze dell’ incrocio ): il nome di queste istanze deriva dal fatto che lungo le strade, laddove vi erano dei bivi, venivano posti dei cartelli stradali a forma di croce che lo segnalavano. Si perviene alle istanze dell’ incrocio quando, dopo la prima vendemmia, ci si trova con in mano due ipotesi apparentemente entrambe valide: l’ unica cosa da fare è attuare un nuovo esperimento che escluda una delle due ipotesi e che indichi la strada giusta. Bacone fa un esempio interessante, riguardante un problema sul quale, all’ incirca negli stessi anni, si arrovella anche Galileo: il peso deriva da una forza di attrazione della Terra o è una caratteristica intrinseca dei corpi? Se fosse una caratteristica intrinseca dei corpi allora cadrebbe la distinzione tra massa e peso; a parità di massa, infatti, il peso varia a seconda di dove ci si trovi ( sulla Terra, sulla Luna… ); ma se il peso non dipende dall’ attrazione, allora si pesa sempre allo stesso modo ovunque, quindi peso e massa coincidono. Bacone per scartare una delle due ipotesi fa un esperimento piuttosto significativo, più che altro concettuale: immaginiamo di avere due orologi meccanici sincronizzati tra loro, uno a peso e uno a molla; immaginiamo poi di allontanarci sempre più dal centro della Terra o di avvicinarci sempre più ( salendo su monti o scavando sotto terra ): a questo punto, allontanandoci o avvicinandoci sempre più al centro della Terra, i due orologi, da sincronizzati che erano in partenza, non lo saranno più perchò quello a molla funzionerà allo stesso modo ovunque si trovi, quello a peso, invece, varierà nel suo funzionamento e si comporterà diversamente a seconda che ci allontaniamo o ci avviciniamo al Centro della Terra perchò sentirà sempre di più ( se ci avviciniamo ) o sempre di meno ( se ci allontaniamo ) l’ attrazione verso il centro della Terra. Grazie a questo esperimento Bacone sceglie la via dell’ attrazione: il peso dipende dall’ attrazione esercitata dal centro della Terra, proprio come arriva a dire anche Galileo. La differenza tra i due scienziati – filosofi è che, mentre Galileo ci arriva in termini quantitativi, Bacone ci arriva invece in termini qualitativi: nel suo esperimento non troviamo un solo dato quantitativo. L’ indagine stessa di Bacone mira a scoprire la forma, l’ essenza delle cose ( Galileo invece diceva di non voler ” tentare l’ essenza delle cose ” ). Ma Bacone sa bene come la parola forma rievochi la tradizione aristotelica e allora spiega che ciò che lui intende con forma è tutt’ altra cosa rispetto a ciò che intendeva Aristotele: Bacone ricercando la forma dà leggi di comportamento dei fenomeni ( accostandosi così alla rivoluzione scientifica ); tuttavia egli non cerca leggi fisiche espresse in termini matematici, bensì in termini qualitativi. Quando poi sostiene che la sua concezione di forma sia radicalmente diversa da quella di Aristotele cade in errore: Bacone dice che la sua forma si distingue da quella di Aristotele perchò in movimento, sempre dinamica e in grado di spiegare i fenomeni. Bacone avrebbe avuto ragione a dire che la sua forma è diversa da quella degli aristotelici del 1600, che vedevano la forma come qualcosa di stabile e non mutevole. Ma in fin dei conti la vera forma di Aristotele è più vicina a quella di Bacone di quanto ci si possa immaginare: sia Bacone sia Aristotele, infatti, concepiscono la forma come essenza qualitativa delle cose ( Galileo, invece, rinuncia alle qualità per esaminare le quantità ). Bacone invece riprende in tutto e per tutto da Aristotele il verum scire est scire per causas: sempre Galileo si era riproposto di non esaminare il cosa e il perchò ma il come. Bacone, poi, nella forma distingue tra schematismo latente ( come è fatta una cosa ) e processo latente ( come funziona una cosa ); in ultima istanza questi due aspetti sono la statica e la dinamica: lo schematismo mi dice la struttura nascosta da un punto di vista statico; il processo, invece, non mi dice come è fatto, ma come funziona: non sono altro che la causa formale e la causa efficiente di Aristotele. Per Aristotele la forma aveva una duplice valenza: in un corpo, ad esempio, mi diceva la struttura del corpo ( come sono organizzati i tessuti muscolari, per esempio ) e in più era il principio dinamico che faceva funzionare l’ intero organismo ( l’ anima ): in fondo è lo stesso che dice Bacone con lo schematismo e il processo. Non è quindi sbagliato dire che Bacone è più vicino al suo acerrimo nemico Aristotele di quanto non lo fossero gli aristotelici del 1600.
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