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Giochi linguistici e forme di vita Dopo la composizione del Tractatus , Wittgenstein, certo di aver risolto nell’essenziale tutti i problemi, abbandonò la filosofia, ma nel maggio 1928 udì a Vienna una conferenza di Brouwer sui fondamenti dell’aritmetica, in cui di dimostrava che la matematica non é un corpo di leggi eterne, ma un complesso di operazioni, fondate sull’intuizione originaria della serie numerica. In Wittgenstein tornò a ridestarsi l’interesse assopitosi per la filosofia della matematica; egli andò convincendosi che l’intrusione della logica nella matematica, perseguita da Frege e Russell, aveva effetti perniciosi, perchè creava l’illusione di un linguaggio ideale perfetto. La sua esperienza di maestro gli dava la conferma che il modo in cui si fa matematica nelle scuole elementari é rigoroso ed esatto e non ha per niente bisogno di correzioni tramite gli strumenti della logica. Il calcolo si giustifica da sè come un gioco che si giustifica in base alle proprie regole; ma che cosa vuol dire seguire una regola? Le tracce della riflessione di Wittgenstein su questi argomenti sono documentate già a partire dal 1933, negli appunti raccolti nei Quaderni blu e marrone e poi nelle Osservazioni sopra i fondamenti della matematica , tra il 1937 e il 1944. La matematica é un insieme molteplice di tecniche, che esibiscono la struttura che é propria di un gioco. Un calcolo infatti é un complesso di operazioni compiute in conformità a certe regole, le quali, come le regole di un gioco, prescrivono o proibiscono determinate mosse. A differenza di altri giochi, però, come per esempio gli scacchi, la matematica può entrare a far parte anche di altri giochi: essa serve anche a contare, a misurare, a fare inferenze e così via. Se cambiassero o scomparissero le regole degli scacchi, la nostra vita quotidiana non ne sarebbe gravemente modificata; ma se cambiassero le regole della matematica, sarebbe ancora possibile la maggior parte dei giochi della vita quotidiana e, in generale, comunicare? Si tratta allora di indagare su che cosa voglia dire in matematica seguire una regola per compiere inferenze e dimostrazioni, chiedendosi anche che cosa succederebbe se non si seguisse quella regola, per esempio se non si effettuassero le inferenze in quel determinato modo che di fatto é impiegato. La prova o dimostrazione matematica é una successione finita di passi, che possono essere seguiti e, nella loro configurazione grafica, abbracciati con lo sguardo. Ma essa é anche riproducibile e, per questo aspetto, può essere considerata un modello, che costituisce la regola di un procedimento. In quanto modello, la regola non ha bisogno di essere giustificata, proprio come avviene nelle regole della grammatica: la regola (ad esempio, che l’articolo debba precedere il sostantivo) é applicata concretamente e nel suo uso consiste la sua stessa giustificazione. In questo senso, regole e modelli sono convenzioni e non devono essere intese come leggi logiche, inscritte in un mondo esterno ed immutabile, come pretendevano Frege e Russell e come Wittgenstein stesso aveva creduto nel Tractatus . Se si pone il quesito ‘ Perchè a certe proposizioni o a certi numeri ne seguono determinati altri? ‘, si é portati a rispondere che ciò é dipendente dal fatto che tra numeri o proposizioni esistono relazioni in sè, dotate di intrinseca necessità. Ma questo quesito, per Wittgenstein, é mal formulato; il quesito formulato bene é ‘Perchè a determinate proposizioni o numeri ne facciamo sempre seguire certi altri? ‘. In quest’ultimo caso allora la risposta diventa ‘Perchè ci hanno insegnato a inferire o a contare così e così facciamo nella vita di ogni giorno’. Queste riflessioni di Wittgenstein sulla matematica si accompagnano all’abbandono dell’idea che sia possibile e abbia un senso trovare la forma generale della proposizione, cioè un linguaggio ideale con un’unica struttura portante. Egli acquista sempre più consapèevolezza dell’esistenza di una pluralità di gi (segue nel file da scaricare)
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