Maestra strattona alunni in classe, per la Cassazione potrebbe finire in carcere - Studentville

Maestra strattona alunni in classe, per la Cassazione potrebbe finire in carcere

Una docente ha instillato terrore in classe attuando comportamenti di violenza psicologica, mettendo in discussione i limiti dell'abuso dei mezzi di correzione nelle scuole.
Maestra strattona alunni in classe, per la Cassazione potrebbe finire in carcere

Sta riscuotendo grande risonanza una recente sentenza emessa dalla Corte di Cassazione, nello specifico la numero 35494 del 23 agosto, che ha stabilito la fondamentale distinzione legale tra abuso dei mezzi di correzione e reato di maltrattamento nei confronti dei minori. E che, per questo, potrebbe cambiare di molto le cose in ambito scolastico. Approfondiamola nel dettaglio.

Differenza tra abuso di mezzi di correzione e maltrattamento minori

La suddetta sentenza, come dicevamo, ha chiarito che l’abuso dei mezzi di correzione (trattato dall’articolo 571 del c.p.), riguarda situazioni in cui vengono utilizzati metodi o comportamenti correttivi in modo inappropriato, pur rimanendo all’interno dei limiti ordinari e consentiti. Questi metodi possono comprendere l’esclusione temporanea del minore dalle attività ludiche o didattiche, l’imposizione di condotte riparatorie o forme di rimprovero che non siano di natura particolarmente grave.

Stabilisce, invece, che il ricorso sistematico alla violenza come metodo di trattamento nei confronti di un minore, non possa rientrare nel concetto di abuso di mezzi di correzione. Ma che, anzi, costituisca a tutti gli effetti un caso di maltrattamento. E, pertanto, è punibile dalla legge in maniera più severa. La sentenza mira a garantire che i minori siano protetti dalla legge e che le azioni correttive dei genitori o degli educatori siano svolte in modo responsabile e nei limiti previsti dalla legge. E contribuisce a fornire una chiara guida legale per il futuro su come valutare e distinguere le due situazioni.

Maltrattamento dei minori, il caso

Il caso al quale si riferisce la sentenza in oggetto è quello di una docente recentemente condannata dopo aver seminato terrore ed aver creato un clima di timore e soggezione all’interno della sua classe. Secondo quanto riportato negli atti del processo, la donna si sarebbe resa responsabile di ripetuti episodi di violenza psicologica, riservando ai suoi alunni giudizi sdegnosi ed avvilenti. Li avrebbe strattonati in aula, avrebbe strappato davanti ai loro occhi i loro disegni. Li avrebbe, in sostanza, ripetutamente umiliati. Questi suoi comportamenti hanno avuto effetti catastrofici sui bambini. Tanto dannosi da provocare negli stessi una profonda sfiducia nelle proprie capacità. Minandone l’autostima e instillando nelle loro menti l’idea di meritare di essere puniti.

E’ in questo contesto che la Corte di Cassazione ha stabilito che qualsiasi forma di violenza fisica o psicologica, anche se motivata da un presunto intento educativo, vada oltre il concetto di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina in ambito scolastico. In sostanza, non si può giustificare la violenza, né fisica né psicologica, come parte di un processo educativo.

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